Casa salesiana di Châtillon

Situata in una bella zona montagnosa, ai piedi delle Alpi, vicino alla Svizzera, la Casa salesiana di Châtillon ha una storia particolare e di successo.

Nella regione della Valle d’Aosta, si trova un comune di nome Châtillon (il nome proviene dal latino “Castellum”) che si situa tra il Monte Zerbion a nord e il Monte Barbeston a sud; è il terzo comune più popolato della regione.
Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, in questa località fu fondata un’azienda, Soie de Châtillon (in italiano: “Seta di Châtillon”), che iniziava a lavorare nel settore delle tecnofibre con tecnologia moderna. La presenza delle centrali idroelettriche nelle vicinanze che fornivano l’energia elettrica ha condizionato la scelta del posto per l’impresa, visto che non esistevano ancora reti elettriche estese per trasportare l’elettricità.
Nel 1942 l’azienda passa sotto la proprietà della Società Saifta (Società Anonima Italiana per le Fibre Tessili Artificiali S.p.A.).
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Società Saifta, che gestiva lo stabilimento “Soie” di Châtillon, destinato inizialmente al convitto per le operaie, chiama i salesiani e mette loro a disposizione questi edifici per accogliere, in qualità di convittori, orfani di guerra e figli dei dipendenti della “Soie”. Così ha inizio l’Istituto Orfanotrofio Salesiano “Don Bosco” di Châtillon, nome che è rimasto fino a oggi, anche se gli orfani non ci sono più.
Alla fine dell’agosto del 1948, 33 ragazzi iniziavano un corso di Avviamento Professionale di tipo Industriale nelle due specializzazioni per Meccanici-aggiustatori e Falegnami-ebanisti: quest’ultima specializzazione era molto utile nella zona geografica montuosa, ricca di boschi.
Alcuni mesi più tardi, il 5 febbraio del 1949 si inaugurava ufficialmente l’Orfanotrofio “Don Bosco”, destinato ad accogliere i giovani poveri della Valle d’Aosta ed avviarli all’apprendimento di una professione.
Con l’introduzione della scuola dell’obbligo, nell’anno 1965, l’Avviamento Professionale viene sostituito dalla Scuola Media, e la Scuola Tecnica dall’Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato (IPIA), nelle due specializzazioni: Congegnatori meccanici ed Ebanisti-mobilieri.
Alla fine degli anni ’70, la Società Saifta entra in crisi, smette di sostenere economicamente l’Orfanotrofio e mette in vendita la struttura “Soie”. La Regione Valle d’Aosta, nel maggio 1980, accorgendosi dell’importanza e del valore dell’opera – che nel frattempo si era tanto sviluppata –acquista tutta la struttura educativa e la offre in gestione ai Salesiani.
Le attività scolastiche continuano, sviluppandosi nella scuola professionale, frutto della collaborazione dei salesiani con le ditte del territorio.
Dal 1997 il Centro di Formazione Professionale (CFP) offre corsi per falegnami, meccanici, grafici.
Nel 2004 il CFP offre corsi per impiantisti elettrici e anche corsi post diploma.
Dal 2006 ci sono corsi per impiantisti elettrici, meccanici, corsi post diploma e meccanici d’auto.
A partire dall’anno scolastico 2010-2011, con la riforma Gelmini, l’Istituto Professionale passa da percorso triennale a percorso quinquennale.

Attualmente la Casa Salesiana, chiamata l’Istituto Orfanotrofio Salesiano “Don Bosco”, ha vari ambiti educativi:
– un Centro di Formazione Professionale: corso triennale di motoristica d’auto e carrozzeria; corsi per lavoratori e imprese (corsi di formazione iniziale post diploma diurni e serali di aggiornamento per occupati), che fanno parte della federazione CNOS/FAP Regione Valle d’Aosta, nata nel luglio 2001;
– un Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato (IPIA), con due indirizzi: MAT (Manutenzione Assistenza Tecnica-meccanica); PIA (Produzione Industria Artigianato-Made in Italy-legno);
– una Scuola Media, scuola secondaria di primo grado, paritaria, che accoglie ragazzi/e della media-bassa valle;
– un Convitto Don Bosco, riservato agli studenti frequentanti l’IPIA, che ospita dal lunedì al venerdì i ragazzi provenienti dal vicino Piemonte o dalle vallate.

La preparazione di questi giovani è affidata a una comunità educante, che ha come primi protagonisti la comunità salesiana, i laici docenti, educatori, collaboratori, e anche i genitori e i gruppi della famiglia salesiana (cooperatori, exallievi).

L’attenzione educativa non si è fermata però solo alla preparazione umana e professionale per formare onesti cittadini, ma anche per fare dei buoni cristiani.
Anche se gli spazi della casa – essendo troppo piccoli – non permettono di svolgere le attività di formazione cristiana, si è trovata una soluzione per queste e per le celebrazioni importanti. Più in alto e a poca distanza della Casa Salesiana di Châtillon si trova l’antica parrocchia San Pietro (attestata già dal XII secolo), che ha una grande chiesa. L’accordo con la parrocchia ha portato molti frutti, inclusi quelli della propagazione della devozione alla Madonna di don Bosco, Maria Ausiliatrice, invocazione cara ai salesiani. Il frutto di questa devozione si è manifestato anche nel ritrovo della salute di varie persone (Blanchod Martina, Emma Vuillermoz, Pession Paolina, ecc.), attestata dagli scritti dei tempi.

Il desiderio sincero di fare il bene da parte di tutti coloro che hanno dato il loro contributo allo sviluppo, ha portato al successo di quest’opera salesiana.
Prima di tutto gli imprenditori che hanno capito la necessità e importanza dell’educazione dei ragazzi a rischio, e nello stesso tempo hanno promosso la formazione di possibili futuri dipendenti. Non hanno solo offerto le loro strutture, ma hanno anche sostenuto economicamente le attività educative.
Poi la saggezza delle autorità locali, che hanno capito l’importanza dell’opera svolta in più di trent’anni e si sono subito offerti di continuare a offrire il sostegno a favore dei ragazzi e anche delle ditte del territorio, dotandole così di lavoratori qualificati.
Non da ultimo, si deve riconoscere il lavoro svolto dai salesiani e dai loro collaboratori di ogni genere che hanno fatto il possibile affinché non si spegnesse la speranza del futuro: i giovani e la loro educazione integrale.
Questa professionalità nella preparazione dei giovani, insieme con la cura delle strutture logistiche (aule, laboratori, palestre, cortili), l’accurata e costante manutenzione dei locali, il collegamento con il territorio, hanno portato a un ampio riconoscimento che si riflette anche nel fatto che una via e una piazza di Châtillon sono dedicate a san Giovanni Bosco.

Quando gli uomini cercano il bene sinceramente e si sforzano per conseguirlo, Dio dà la sua benedizione.




Il grande dono della santità di Artemide Zatti, salesiano coadiutore (video)

            La cronaca del collegio salesiano di Viedma ricorda che, secondo l’usanza, il 15 marzo 1951 al mattino il campanone annuncia il volo al cielo del confratello coadiutore Artemide Zatti, e riporta queste profetiche parole: «Un fratello in meno in casa e un santo in più in cielo».
            La canonizzazione di Artemide Zatti, il 9 ottobre 2022, è un dono di grazia; la testimonianza di santità che il Signore ci dona attraverso questo fratello che ha vissuto la sua vita nella docilità allo Spirito Santo, nello spirito di famiglia tipico del carisma salesiano, incarnando la fraternità verso i confratelli e la comunità salesiana, e la prossimità verso i poveri e gli ammalati e verso chiunque incontrava sulla sua strada, è un evento di benedizione da accogliere e far fruttificare.
            Sant’Artemide Zatti risulta modello, intercessore e compagno di vita cristiana, vicino a ciascuno. Infatti, la sua avventura ce lo presenta come persona che ha sperimentato la fatica quotidiana dell’esistenza con i suoi successi e i suoi fallimenti. Basta ricordare il distacco dal paese natale per emigrare in Argentina; la malattia della tubercolosi che irrompe come un uragano nella sua giovane esistenza, frantumando ogni sogno e ogni prospettiva di futuro; il vedere demolire l’ospedale che aveva costruito con tanti sacrifici ed era diventato santuario dell’amore misericordioso di Dio. Ma Zatti trova sempre nel Signore la forza di rialzarsi e proseguire il cammino.

Testimone di speranza
            Per il tempo drammatico che stiamo vivendo segnato dalla pandemia, da tante guerre, dall’emergenza climatica e soprattutto dalla crisi e dall’abbandono della fede in tante persone, Artemide Zatti ci incoraggia a vivere la speranza come virtù e come atteggiamento di vita in Dio. La sua storia ci ricorda come il cammino verso la santità richieda molto spesso un cambio di rotta e di visione. Artemide in diversi passaggi della sua vita ha scoperto nella Croce la grande opportunità di rinascere e ripartire:
            – quando da ragazzo, nei duri e faticosi lavori di campagna, impara subito ad affrontare le fatiche e le responsabilità che lo avrebbero sempre accompagnato negli anni della maturità;
            – quando a 17 anni con la sua famiglia emigra in Argentina in cerca di maggior fortuna;
            – quando giovane aspirante alla vita salesiana è colpito da tubercolosi, contagiato da un giovane sacerdote che stava aiutando proprio perché molto malato. Il giovane Zatti sperimenta nella propria carne il dramma della malattia, non solo come fragilità e sofferenza del corpo, ma anche come un qualcosa che tocca il cuore, che genera paure e moltiplica interrogativi, facendo emergere con preponderanza la domanda di senso per tutto quello che succede e quale futuro gli si pari davanti, vedendo che ciò che sognava, e a cui anelava, d’improvviso viene meno. Nella fede si rivolge a Dio, ricerca un nuovo significato e una nuova direzione all’esistenza a cui non trova né subito, né facilmente risposta. Grazie alla presenza saggia e incoraggiante di padre Cavalli e di padre Garrone e leggendo in spirito di discernimento e di obbedienza le circostanze della vita, matura la vocazione salesiana come fratello coadiutore dedicando tutta la vita alla cura materiale e spirituale degli ammalati e all’assistenza ai poveri e ai bisognosi. Decide di restare con Don Bosco, vivendo in pienezza l’originale vocazione del coadiutore;
            – quando deve affrontare prove, sacrifici e debiti per portare avanti la missione a favore dei poveri e degli ammalati gestendo l’ospedale e la farmacia, confidando sempre nell’aiuto della Provvidenza;
            – quando vede demolire l’ospedale a cui aveva dedicato tante energie e risorse, per costruirne uno nuovo;
            – quando nel 1950 cade da una scala e si manifestano i sintomi di un tumore, da lui stesso lucidamente diagnosticato, che lo avrebbe portato alla morte, poi avvenuta il 15 marzo 1951: continua tuttavia ad attendere alla missione alla quale si era consacrato, accettando le sofferenze di questo ultimo tratto di vita.

L’esodo pasquale: da Bahía Blanca a Viedma
            Con tutta probabilità Artemide giunse a Bahía Blanca da Bernal nella seconda metà di febbraio del 1902. La famiglia lo ricevette con la pena e l’affetto che si può immaginare. Soprattutto la mamma si dedicò a lui con tanto amore perché recuperasse forze e salute, vista l’estrema debolezza in cui versava, e desiderava curarlo lei stessa. Chi si oppose a questa soluzione fu proprio Artemide che, sentendosi ormai intimamente legato ai salesiani, voleva ubbidire a quanto avevano deciso i superiori di Bernal e recarsi a Junín de los Andes per curare la salute. Il pensiero dominante e non più rinunciabile per lui era la volontà di seguire la vocazione per la quale si era incamminato, diventare salesiano sacerdote e, nonostante il buio sul suo futuro, per essa avrebbe affrontato ogni difficoltà e sacrificio: intendeva rinunziare anche alle cure della mamma e della famiglia, nel timore che avrebbero potuto fermarlo nel suo proposito. Egli ha incontrato Gesù, ne ha sentito la chiamata, lo vuole seguire, anche se forse non sarà nei modi che lui pensa e desidera.
            I genitori, per risolvere il problema del figliolo, si rivolsero al consigliere di famiglia padre Carlo Cavalli, il quale sconsigliò assolutamente e provvidenzialmente di mandare Artemide a Junín, località troppo lontana per le sue deboli forze. Invece, poiché proprio in quegli anni si era affermata a Viedma la fama di padre Evasio Garrone come dottore, molto saggiamente padre Cavalli pensò che fosse miglior cosa affidarlo a lui per una buona cura. Anche la distanza di soli 500 km, con i mezzi di trasporto dell’epoca, faceva propendere per questa soluzione. La famiglia accettò, il buon parroco pagò il viaggio sulla Galera del signor Mora e Artemide, convinto dal suo direttore spirituale, partì per Viedma.
            La Galera, una specie di corriera tirata da cavalli, era l’unico mezzo di trasporto pubblico del tempo per viaggiare da Bahía Blanca a Viedma, attraversando il fiume Colorado. Ci fu anche il contrattempo che la Galera smarrì il cammino, per cui i viaggiatori dovettero dormire alle intemperie e arrivarono il martedì e non il lunedì, come previsto. Il viaggio dovette essere molto doloroso, anche se Artemide «copre tutto con l’ottimismo di un santo con fame e sete di immolazione. Ma cosa ha sofferto quel pover’uomo solo Dio lo sa».

            Ecco il testo della lettera scritta da Artemide ai familiari subito dopo l’arrivo a Viedma.

Cari genitori e fratelli.
Viedma, 5.3.902

Arrivato a Viedma ieri mattina, dopo felice viaggio di «Galera» oggi prendo l’occasione di scrivervi facendovi noto che andai bene, come dissi, perché la «Galera» andava poco carica di gente e mercanzie, solo altro vi dirò che dovevamo arrivare al lunedì a Patagones, ma per aver perduto il cammino dormimmo nel campo a cielo scoperto ed arrivammo martedì mattina, dove con gran giubilo trovai i miei confratelli salesiani. In quanto alla salute mi visitò il medico R. D. Garrone e mi promise che in un mese sarò perfettamente sano. Con l’aiuto di Maria SS. nostra buona Madre, e di D. Bosco speriamo sempre bene. Pregate per me ed io pregherò per voi e mi firmo vostro

ARTEMIDE ZATTI
Addio a tutti

            Questa lettera è un capolavoro di speranza, un condensato di ottimismo evangelico: è una parabola di vita dove, nonostante aleggi lo spettro della morte e si smarrisca la strada, c’è un orizzonte che si apre all’infinito. In quella notte, passata nei campi della terra patagonica contemplando le stelle, il giovane Artemide esce dal suo turbamento, dal suo scoraggiamento. Liberato da uno sguardo puntato solo verso il basso, può alzare gli occhi e guardare il cielo per contare le stelle; liberato dalla tristezza e dalla paura di non avere futuro, liberato dalla paura di rimanere solo, dalla paura della morte, fa l’esperienza che la bontà di Dio è immensa come un cielo stellato e che le grazie possono essere infinite, come le stelle. Così al mattino giunge a Viedma come nella terra promessa, dove «con grande giubilo» è accolto da quelli che ritiene già confratelli, dove sente parole e promesse che parlano di guarigione, dove con piena fiducia nell’«aiuto di Maria SS. nostra buona Madre e di Don Bosco», approda alla città dove avrebbe profuso la sua carità per tutta la vita. Passati i guadi in piena del Rio Colorado, rinasceva anche la speranza per la sua salute e per il suo futuro.

El pariente de todos los pobres
            Artemide Zatti ha consacrato la sua vita a Dio nel servizio ai malati e ai poveri, che diventano i suoi tesori. Responsabile dell’Ospedale San José in Viedma, allarga la cerchia degli assistiti raggiungendo, con l’inseparabile bicicletta, tutti i malati della città, specialmente i più poveri. Amministra tanto denaro, ma la sua vita è poverissima: per il viaggio in Italia in occasione della canonizzazione di Don Bosco gli si dovettero prestare vestito, cappello e valigia. È amato e stimato dagli ammalati; amato e stimato dai medici che gli danno la massima fiducia, e si arrendono all’ascendente che scaturisce dalla sua santità. Il segreto di tanto ascendente? Eccolo: per lui ogni ammalato era Gesù in persona. Alla lettera! Da parte sua non ci sono dubbi: tratta ciascuno con la medesima tenerezza con cui avrebbe trattato Gesù stesso, offrendo la propria camera in casi di emergenza, o collocandovi anche un cadavere in momenti di necessità. Continua instancabile la sua missione tra i malati con serenità, fino al termine della vita, senza prendersi mai riposo.
            Con il suo retto atteggiamento ci restituisce una visione salesiana del «saper rimanere» nella nostra terra di missione per illuminare chi rischia di perdere la speranza, per rafforzare la fede di chi si sente venir meno, per essere segno dell’amore di Dio quando “sembra” che Egli sia assente dalla vita di ogni giorno.
            Tutto questo lo portava a riconoscere la singolarità di ogni malato, con la sua dignità e le sue fragilità, sapendo che il malato è sempre più importante della malattia, e per questo curava l’ascolto dei pazienti, della loro storia, delle loro ansie, delle loro paure. Sapeva che anche quando non è possibile guarire, sempre è possibile curare, sempre è possibile consolare, sempre è possibile far sentire una vicinanza che mostra interesse alla persona prima che alla sua malattia. Si ferma, ascolta, stabilisce una relazione diretta e personale con l’infermo, sente empatia e commozione per lui o per lei, si lascia coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio.
Artemide ha vissuto la prossimità come espressione dell’amore di Gesù Cristo, il Buon Samaritano, che con compassione si è fatto vicino a ogni essere umano, ferito dal peccato. Si è sentito chiamato ad essere misericordioso come il Padre e ad amare, in particolare, i fratelli malati, deboli e sofferenti. Zatti ha stabilito un patto tra lui e i bisognosi di cura, un patto fondato sulla fiducia e il rispetto reciproci, sulla sincerità, sulla disponibilità, così da superare ogni barriera difensiva, mettendo al centro la dignità del malato. Questa relazione con la persona malata aveva per Zatti la sua fonte inesauribile di motivazione e di forza nella carità di Cristo.
            E ha vissuto questa vicinanza, oltre che personalmente, in forma comunitaria: infatti ha generato una comunità capace di cura, che non abbandona nessuno, che include e accoglie soprattutto i più fragili. La testimonianza di Artemide ad essere Buon Samaritano, ad essere misericordioso come il Padre, era una missione e uno stile che coinvolgeva tutti coloro che in qualche modo si dedicavano all’ospedale: medici, infermieri, addetti all’assistenza e alla cura dei malati, religiose, volontari che donavano tempo prezioso a chi soffre. Alla scuola di Zatti il loro servizio accanto ai malati, svolto con amore e competenza, diventa una missione. Zatti sapeva e inculcava la consapevolezza che le mani di tutti coloro che erano con lui toccavano la carne sofferente di Cristo e dovevano essere segno delle mani misericordiose del Padre.

Salesiano coadiutore
            La simpatica figura di Artemide Zatti è invito a proporre ai giovani il fascino della vita consacrata, la radicalità della sequela di Cristo obbediente, povero e casto, il primato di Dio e dello Spirito, la vita fraterna in comunità, lo spendersi totalmente per la missione. La vocazione del salesiano coadiutore fa parte della fisionomia che Don Bosco volle dare alla Congregazione Salesiana. Essa sboccia più facilmente laddove sono promosse tra i giovani le vocazioni laicali apostoliche e viene loro offerta una gioiosa ed entusiastica testimonianza della consacrazione religiosa, come quella di Artemide Zatti.

Artemide Zatti santo!
            Sulla scia di San Francesco di Sales, assertore e promotore della vocazione alla santità per tutti, la testimonianza di Artemide Zatti ci ricorda, come afferma il Concilio Vaticano II, che: «tutti i fedeli d’ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità, la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste». Sia san Francesco di Sales, sia Don Bosco, sia Artemide fanno della vita quotidiana un’espressione dell’amore di Dio, ricevuto e ricambiato. La testimonianza di Artemide Zatti ci illumina, ci attrae e ci mette anche in discussione, perché è “Parola di Dio” incarnata nella storia e vicina a noi.
            Attraverso la parabola della vita di Artemide Zatti risalta anzitutto la sua esperienza dell’amore incondizionato e gratuito di Dio. In primo luogo, non ci sono le opere che lui ha compiuto, ma lo stupore di scoprirsi amato e la fede in questo amore provvidenziale in ogni stagione della vita. È da questa certezza vissuta che sgorga la totalità di donazione al prossimo per amore di Dio. L’amore che riceve dal Signore è la forza che trasforma la sua vita, dilata il suo cuore e lo predispone ad amare. Con lo stesso Spirito, lo Spirito di santità, amore che ci guarisce e ci trasforma Artemide:
            – fin da ragazzo fa scelte e compie gesti di amore in ogni situazione e con ogni fratello e sorella che incontra, perché si sente amato e ha la forza di amare;
            – ancora adolescente in Italia, egli sperimenta i disagi della povertà e del lavoro, ma pone il fondamento di una solida vita cristiana, dando le prime prove della sua carità generosa;
            – emigrato con la famiglia in Argentina, sa custodire e far crescere la sua fede, resistendo a un ambiente spesso immorale e anticristiano e maturando, grazie all’incontro con i salesiani e all’accompagnamento spirituale di padre Carlo Cavalli, l’aspirazione alla vita salesiana, accettando di ritornare sui banchi di scuola con ragazzini di dodici anni, lui che di anni ne aveva già venti;
            – si offre con pronta disponibilità ad assistere un sacerdote malato di tubercolosi e ne contrae il male, senza dire una parola di lamento o di recriminazione, ma vivendo la malattia come tempo di prova e purificazione, portandone con fortezza e serenità le conseguenze;
            – guarito in modo straordinario, per intercessione di Maria Ausiliatrice, dopo aver fatto la promessa di dedicare la sua vita agli ammalati e ai poveri, vive con radicalità evangelica e gioia salesiana la consacrazione apostolica quale salesiano coadiutore;
            – vive in forma straordinaria il ritmo ordinario delle sue giornate: pratica fedele ed edificante della vita religiosa in gioiosa fraternità; servizio sacrificato a tutte le ore e con tutte le prestazioni più umili ai malati e ai poveri; lotta continua contro la povertà, nella ricerca di risorse e di benefattori per far fronte ai debiti, confidando esclusivamente nella Provvidenza; disponibilità pronta a tutte le sventure umane che chiedono il suo intervento; resistenza ad ogni difficoltà e accettazione di ogni caso avverso; dominio di sé e serenità gioiosa e ottimistica che si comunica a tutti coloro che lo avvicinano.

Settantun anni di questa vita di fronte a Dio e di fronte agli uomini: una vita consegnata con gioia e fedeltà fino alla fine, incarnata nella quotidianità, nelle corsie dell’ospedale, in bicicletta per le strade di Viedma, nei travagli della vita concreta per far fronte a esigenze e bisogni di ogni genere, vivendo le cose di ogni giorno in spirito di servizio, con amore e senza clamore, senza rivendicare niente, con la gioia della donazione, abbracciando con entusiasmo la vocazione di salesiano coadiutore e diventando riflesso luminoso del Signore.

Film visto prima della conferenza



Video de la conferenza: Il grande dono della santità di Artemide Zatti
Conferenza tenuta da don Pierluigi CAMERONI, Postulatore Generale della Società Salesiana di san Giovanni Bosco a Torino-Valdocco, nel 14.11.2023.






Don Bosco e sua madre

            Nel 1965 venne commemorato il 150° anniversario della nascita di Don Bosco. Tra le conferenze per l’occasione ce ne fu una fatta da Mons. Giuseppe Angrisani, allora Vescovo di Casale, e Presidente Nazionale degli Exallievi sacerdoti. L’oratore nel suo discorso, accennando a Mamma Margherita, ebbe a dire di Don Bosco: «Per fortuna sua quella mamma gli fu a fianco per tanti e tanti anni, ed io penso e credo di essere nel vero affermando che l’aquila dei Becchi non avrebbe spiccato il volo fino ai confini della terra se la rondinella della Serra di Capriglio non fosse venuta a nidificare sotto la trave dell’umilissima casa della famiglia Bosco» (BS, sett. 1966, p. 10).
            Quella dell’illustre oratore fu un’immagine altamente poetica, che esprimeva tuttavia una realtà. Non per nulla 30 anni prima, G. Joergensen, senza voler profanare la Sacra Scrittura, si permetteva di iniziare il suo Don Bosco edito dalla SEI con le parole: «In principio c’era la madre».
L’influsso materno negli atteggiamenti religiosi del fanciullo e nella religiosità dell’adulto è riconosciuto dagli esperti di psicologia religiosa ed è, nel caso nostro, più che evidente: San Giovanni Bosco, che ebbe sempre per sua madre la più grande venerazione, ricopiò da lei un profondo senso religioso della vita. «Dio domina come un sole meridiano la mente di Don Bosco» (Pietro Stella).

Iddio in cima ai suoi pensieri
            È un fatto facile da documentarsi: Don Bosco ebbe sempre Iddio in cima a tutti i suoi pensieri. Uomo di azione, fu prima di tutto uomo di preghiera. Ricorda egli stesso che fu la madre ad insegnargli a pregare, cioè a conversare con Dio:
            — Mi faceva mettere coi miei fratelli in ginocchio mattino e sera, e tutti insieme recitavamo le preghiere in comune (MO 21-22).
            Quando Giovanni dovette lasciare il tetto materno e andar garzone di campagna alla cascina Moglia, la preghiera era già il suo abituale alimento e conforto. In quella casa di Moncucco «si adempivano i doveri del buon cristiano con la regolarità delle inveterate abitudini domestiche, tenaci sempre nelle famiglie campagnole, tenacissime a quei tempi di vita sanamente paesana» (E. Ceria). Ma Giovanni faceva già qualcosa di più: pregava in ginocchio, pregava spesso, pregava a lungo. Anche fuori casa, mentre conduceva le vacche al pascolo, sostava ogni tanto in preghiera.
            La mamma gli aveva anche instillato nel cuore una tenera devozione alla Vergine Santissima. Alla sua entrata in Seminario, gli aveva detto:
            — Quando sei venuto al mondo, ti ho consacrato alla Beata Vergine; quando hai cominciato i tuoi studi, ti ho raccomandato la devozione a questa nostra Madre; e se diverrai sacerdote, raccomanda e propaga sempre la devozione a Maria (MO, 89).
            Mamma Margherita, dopo aver educato il figlio Giovanni nella casetta dei Becchi, dopo averlo maternamente seguito ed incoraggiato nel suo duro cammino vocazionale, visse ancora per dieci anni al suo fianco, coprendo un delicatissimo ruolo materno nell’educazione di quei giovani da lui radunati, con uno stile che rivive in tanti aspetti della prassi educativa di Don Bosco: consapevolezza della presenza di Dio, laboriosità che è senso della dignità umana e cristiana, coraggio ispiratore di opere, ragione che è dialogo e accettazione degli altri, amore esigente ma rasserenante.
            Senza alcun dubbio, quindi, la madre svolse una funzione unica nell’educazione e nel primo apostolato del figlio, incidendo profondamente sullo spirito e sullo stile del suo futuro operare.
            Fatto sacerdote ed iniziato il lavoro tra la gioventù, Don Bosco diede il nome di Oratorio alla sua opera. Non è senza motivo che il centro propulsore di tutte le opere di Don Bosco sia stato chiamato “Oratorio”. Il titolo indica l’attività dominante, lo scopo principale di un’impresa. E Don Bosco, come lui stesso confessava, diede il nome di Oratorio alla sua «casa» per indicare chiaramente come la preghiera fosse la sola potenza su cui fare assegnamento.
            Non aveva nessun’altra forza a disposizione per animare i suoi oratori, avviare l’ospizio, risolvere il problema del pane quotidiano, porre le basi del la sua Congregazione. Perciò molti, lo sappiamo, dubitarono persino della sua sanità mentale.
            Ciò che i grandi non capivano, lo capirono invece i piccoli, cioè i giovani che, dopo averlo conosciuto, non si staccavano più da lui. Vedevano in lui la viva immagine del Signore. Sempre calmo e sereno, tutto a loro disposizione, fervente nel pregare, faceto nel parlare, paterno nel guidarli al bene, tenendo poi sempre viva in tutti la speranza della salvezza. Se qualcuno, asserisce un teste, gli avesse domandato a bruciapelo: Don Bosco, dov’è incamminato? egli avrebbe risposto: Andiamo in Paradiso!
Questo senso religioso della vita, che permeò tutte le opere e gli scritti di Don Bosco, era evidente retaggio di sua madre. La santità di Don Bosco era attinta alla fonte divina della Grazia e si modellava su Cristo, maestro di ogni perfezione, ma affondava le radici in un valore spirituale materno, la sapienza cristiana. L’albero buono produce frutti buoni.

Glielo aveva insegnato Lei
            La mamma di Don Bosco, Margherita Occhiena, dal novembre 1846, quando a 58 anni di età, aveva lasciato la sua casetta dei Becchi, divideva con il figlio a Valdocco una vita di privazioni e sacrifici tutta spesa per i monelli della periferia di Torino. Passarono quattro anni, e lei si sentiva ormai venire meno le forze. Una grande stanchezza le era penetrata nelle ossa, una forte nostalgia nel cuore. Entrò nella stanza di Don Bosco e disse: «Ascoltami, Giovanni, non è più possibile andar avanti così. I ragazzi tutti i giorni me ne combinano una. Ora mi gettano a terra la biancheria pulita stesa al sole, ora mi calpestano la verdura nell’orto. Stracciano i vestiti in modo che non c’è più verso di rattopparli. Perdono calze e camicie. Portano via gli arnesi di casa per i loro divertimenti e mi fanno girare tutto il giorno per ritrovarli. Io, in mezzo a questa confusione, ci perdo la testa, Vedi! Quasi, quasi, me ne ritorno ai Becchi».
            Don Bosco fissò in volto sua mamma, senza parlare. Poi le indicò il Crocifisso appeso alla parete. Mamma Margherita capì. I suoi occhi si riempirono di lacrime.
            — Hai ragione, hai ragione, esclamò; e tornò alle sue faccende, per altri sei anni, fino alla sua morte (G.B. LEMOYNE, Mamma Margherita, Torino, SEI, 1956, p. 155-156).
            Mamma Margherita nutriva una profonda devozione alla Passione di Cristo, a quella Croce che dava senso, forza e speranza a tutte le sue croci. Lo aveva insegnato lei a suo figlio. Le bastò uno sguardo al Crocifisso!… Per lei la vita era una missione da compiere, il tempo un dono di Dio, il lavoro un contributo umano al disegno del Creatore, la storia dell’uomo cosa sacra perché Dio, nostro Signore, Padre e Salvatore, è al centro, al principio e alla fine del mondo e dell’uomo.
Lei aveva insegnato tutto questo a suo figlio con la parola e con l’esempio. Madre e figlio: una fede ed una speranza riposte in Dio solo, e una carità ardente che bruciò nel loro cuore sino alla morte.




Cardinali salesiani

Durante la storia della Congregazione Salesiana, i papi hanno scelto alcuni suoi membri come cardinali, cioè come suoi collaboratori più stretti, nel governo della Chiesa Universale. Motivo sempre di gioia e di tristezza: gioia per l’apprezzamento del servizio svolto da certi salesiani, tristezza perché la Congregazione deve far a meno di uno dei suoi più preziosi membri.

Il nome di “cardinale” deriva dal latino e significa “cardine”, cioè un punto attorno al quale gira di solito una porta. O forse si può capire meglio se ricordiamo le virtù cardinali, ossia le virtù attorno le quali ruotano tutte le altre virtù umane.
I cardinali sono le persone che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine e che sono chiamate dal Papa a svolgere una missione accanto a lui nella Chiesa Universale, sia individualmente sia collegialmente. Ricoprono i più importanti incarichi nella Curia romana.
La loro importanza sta anche nel fatto che sono coloro che hanno la missione di eleggere il nuovo pontefice (si tratta solo degli elettori, cioè quelli che non hanno compiuto 80 anni), con il Collegio Cardinalizio riunito in Conclave, quando si verifica la Sede Vacante.
Ci sono tre gruppi di cardinali: Cardinali-vescovi, che sono i titolari delle diocesi suburbicarie (fuori dalle mura di Roma o nel circondario della città) e, per decisione successiva al Concilio Vaticano II, i patriarchi orientali elevati al cardinalato (che conservano il titolo della propria sede patriarcale); Cardinali-presbiteri – i più numerosi –, e i Cardinali-diaconi. A questi ultimi due ordini si assegnano rispettivamente titoli o diaconie (chiese) a Roma. Questi titoli onorifici rispecchiano la vicinanza che devono avere rispetto al Papa.
I Cardinali-vescovi sono di solito 6 (ci sono 6 Sedi suburbicarie), però oggi, in virtù di una dispensa papale, vengono nominati altri 4 Cardinali-vescovo ad personam (senza che il titolo cardinalizio sia elevato a titolo episcopale) e altri 2 patriarchi, in totale 12, dei quali 6 sono elettori.
I Cardinali-presbiteri sono 182, dei quali 97 sono elettori.
I Cardinali-diaconi sono 27, dei quali 16 sono elettori.
In totale sono 221 cardinali, dei quali 119 sono elettori.

Di solito i cardinali si scelgono tra i vescovi, gli arcivescovi, i metropoliti o i patriarchi, ma ci sono state nomine anche fra i sacerdoti. Papa san Giovanni Paolo II ha nominato 9 sacerdoti come cardinali, papa Benedetto XVI ha nominato 5 sacerdoti come cardinali e papa Francesco finora ha nominato 8 sacerdoti come cardinali, 10 se consideriamo l’ultimo annuncio del 9 luglio.

Il primo salesiano ad essere elevato alla dignità cardinalizia è stato l’arcivescovo Giovanni Cagliero, il 6 dicembre del 1915. Dopo di lui, altri 18 salesiani hanno ricevuto la berretta cardinalizia e il ventesimo, don Ángel FERNÁNDEZ ARTIME, la riceverà il prossimo 30 settembre. Lui è il primo Rettor Maggiore a ricevere la porpora cardinalizia.
Per molti che guardano dall’esterno la prima cosa che vedono è la dignità che implica; ma anche se è reale, papa Francesco ricorda che non è un privilegio, ma è un servizio, e il colore rosso significa che deve essere svolto fino all’effusione del sangue. Ed è un servizio non specificato che richiede la disponibilità totale. Ad Abramo, Dio ha chiesto di mettersi in cammino senza specificare dove andrà, per provare la sua fede; similmente succede anche ai nuovi cardinali.

Auguriamo al nostro Rettor Maggiore, don Ángel tante grazie dal Signore che lo guidi nella nuova missione e gli assicuriamo la nostra preghiera.

Nella speranza di far conoscere sempre più i cardinali salesiani, presentiamo di seguito l’elenco di tutti questi porporati con le date e gli incarichi più importanti che hanno avuto o che continuano a ricoprire fino ad oggi.

Giovanni CAGLIERO  
Nato 11.01.1838, Castelnuovo d’Asti, Italia
Ordinato sacerdote 14.06.1862
Consacrato Vescovo 07.12.1884
Creato Cardinale 06.12.1915
Stemma  
Motto Recto fixus Calli ero
Vicario Apostolico della Patagonia Settentrionale (Argentina) 30.09.1884 – 24.03.1904
Vescovo titolare di Magyddus 30.10.1884 – 24.03.1904
Arcivescovo titolare di Sebastia 24.03.1904 – 06.12.1915
Delegato apostolico in Costa Rica, Nicaragua e Honduras 07.08.1908 – 06.12.1915
Cardinale-Parroco di S. Bernardo alle Terme 09.12.1915 – 16.12.1920
Cardinale vescovo di Frascati 16.12.1920 – 28.02.1926
Fu ispettore per 2 anni, vescovo per 41 anni di cui 10 Cardinale  
Morto 28.02.1926, Roma, Italia, † 88
   
Agosto HLOND, Venerabile  
Nato 05.07.1881, Brzęczkowice, Polonia
Ordinato sacerdote 23.09.1905
Consacrato Vescovo 03.01.1926
Creato Cardinale 20.06.1927
Stemma  
Motto Da mihi animas cetera tolle
Amministratore apostolico dell’Alta Slesia (Polonia) 07.11.1922 – 28.10.1925
Vescovo di Katowice (Polonia) 28.10.1925 – 24.06.1926
Presidente della Conferenza Episcopale della Polonia 1926 – 22.10.1948
Arcivescovo metropolita di Poznań (Polonia) 24.06.1926 – 03.05.1946
Arcivescovo metropolita di Gniezno (Polonia) 24.06.1926 – 22.10.1948
Cardinale-Presbitero di S. Maria della Pace 22.12.1927 – 22.10.1948
Fondatore della Società di Cristo per gli immigrati polacchi 08.09.1932
Arcivescovo metropolita di Warszawa (Polonia) 13.06.1946 – 22.10.1948
Cardinale e religioso dei Salesiani di San Giovanni Bosco  
Servus Dei. Fu per 3 anni ispettore, per 3 anni amministratore apostolico, per 23 anni Arcivescovo di Warszawa e per 21 anni Cardinale primate di Polonia. E’ in corso la causa di canonizzazione  
Morto 22.10.1948, Varsavia, Polonia, † 67
   
Raúl SILVA HENRÍQUEZ  
Nato 27.09.1907, Talca, Chile
Ordinato sacerdote 03.07.1938
Consacrato Vescovo 29.11.1959
Creato Cardinale 19.03.1962
Stemma  
Motto Caritas christi urget nos
Vescovo di Valparaíso (Cile) 24.10.1959 – 14.05.1961
Arcivescovo metropolita di Santiago (Cile) 14.05.1961 – 03.05.1983
Presidente di Caritas Internationalis 1962 – 1965
Cardinale-Presbitero di S. Bernardo alle Terme 22.03.1962 – 09.04.1999
Presidente della Conferenza episcopale del Cile 1963 – 1968
Presidente della Conferenza Episcopale del Cile 1972 – 1976
Fu vescovo di Valparaiso per 3 anni, arcivescovo di Santiago del Cile per 11 anni e cardinale per 22 anni  
Morto 09.04.1999, Santiago, Chile, † 91
   
Stepán TRÓCHTA  
Nato 26.03.1905, Francova Lhota, Repubblica Ceca
Ordinato sacerdote 29.06.1932
Consacrato Vescovo 16.11.1947
Creato Cardinale in pectore 28.04.1969
Rivelato come cardinale 05.03.1973
Stemma  
Motto Actio sacrificium caritas
Vescovo di Litoměřice (Cechia) 27.09.1947 – 06.04.1974
Cardinale-Presbitero di S. Giovanni Bosco in Via Tuscolana 12.04.1973 – 06.04.1974
Fu vescovo di Litoměřice (Cechia) per 26 anni e Cardinale per 5 anni  
Morto 06.04.1974, Litoměřice, Repubblica Ceca, † 69
   
Ignacio Antonio VELASCO GARCÍA  
Nato 17.01.1929, Acarigua, Venezuela
Ordinato sacerdote 17.12.1955
Consacrato Vescovo 06.01.1990
Creato Cardinale 21.02.2001
Stemma  
Motto Servus Christi pro fratribus
Vescovo titolare di Utimmira 23.10.1989 – 27.05.1995
Vicario apostolico di Puerto Ayacucho (Venezuela) 23.10.1989 – 27.05.1995
Amministratore Apostolico di San Fernando de Apure (Venezuela) 27.05.1992 – 12.07.1994
Arcivescovo metropolita di Caracas (Venezuela) 27.05.1995 – 06.07.2003
Cardinale-Presbitero di S. Maria Domenica Mazzarello 21.02.2001 [24.05.2001] – 06.07.2003
Fu ispettore per 6 anni, consigliere regionale per 6 anni, vescovo per 13 anni, e Cardinale per 2 anni  
Morto 06.07.2003, Caracas, Venezuela, † 74
   
Alfons Maria STICKLER  
Nato 23.08.1910, Neunkirchen, Austria
Ordinato sacerdote 27.03.1937
Consacrato Vescovo 01.11.1983
Creato Cardinale 25.05.1985
Stemma  
Motto Omnia et in omnibus Christus
Rettore Magnifico dell’Ateneo Pontificio Salesiano 1958 – 1966
Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana 1971 – 07.09.1983
Arcivescovo titolare di Bolsena 07.09.1983 – 25.05.1985
Pro-Librario della Biblioteca Apostolica Vaticana 07.09.1983 – 27.05.1985
Pro-Archivista dell’Archivio Segreto Vaticano 09.07.1984 – 27.05.1985
Cardinale-diacono di S. Giorgio in Velabro 25.05.1985 – 29.01.1996
Archivista dell’Archivio Segreto Vaticano 27.05.1985 – 01.07.1988
Bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana 27.05.1985 – 01.07.1988
Cardinale-Parroco di S. Giorgio in Velabro 29.01.1996 – 12.12.2007
Fu Arcivescovo titolare di Bolsena per 2 anni e Cardinale per 22 anni  
Morto 12.12.2007, Stato della Città del Vaticano, † 97
   
Rosalio José CASTILLO LARA  
Nato 04.09.1922, San Casimiro, Venezuela
Ordinato sacerdote 04.09.1949
Consacrato Vescovo 24.05.1973
Creato Cardinale 25.05.1985
Stemma  
Motto Misericordia et veritas
Vescovo coadiutore di Trujillo (Venezuela) 26.03.1973 – 05.10.1981
Vescovo titolare di Præcausa 26.03.1973 – 26.05.1982
Segretario della Pontificia Commissione per la revisione del Codice di Diritto Canonico 12.02.1975 – 22.05.1982
Presidente della Commissione disciplinare della Curia romana 05.10.1981 – 1990
Pro-Presidente della Pontificia Commissione per l’Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico 22.05.1982 – 18.01.1984
Arcivescovo titolare di Præcausa 26.05.1982 – 25.05.1985
Pro-Presidente della Pontificia Commissione per l’Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico 18.01.1984 – 27.05.1985
Cardinale-diacono di Nostra Signora di Coromoto in S. Giovanni di Dio 25.05.1985 – 29.01.1996
Presidente del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi 27.05.1985 – 06.12.1989
Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica 06.12.1989 – 24.06.1995
Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano 31.10.1990 – 14.10.1997
Cardinale-Presbitero di Nostra Signora di Coromoto in S. Giovanni di Dio 29.01.1996 – 16.10.2007
Fu presidente della Commissione Pontificia per lo Stato della Città del Vaticano per 7 anni  
Morto 16.10.2007, Caracas, Venezuela, † 85
   
Miguel OBANDO BRAVO  
Nato 02.02.1926, La Libertad, Nicaragua
Ordinato sacerdote 10.08.1958
Consacrato Vescovo 31.03.1968
Creato Cardinale 25.05.1985
Stemma  
Motto Omnibus omnia factus
Vescovo titolare di Putia in Byzacena 18.01.1968 – 16.02.1970
Vescovo ausiliare di Matagalpa (Nicaragua) 18.01.1968 – 16.02.1970
Arcivescovo metropolita di Managua (Nicaragua) 16.02.1970 – 01.04.2005
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1971 – 1975
Presidente del Segretariato episcopale dell’America centrale e di Panama 1976 – 1981
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1979 – 1983
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1985 – 1989
Cardinale-Presbitero di S. Giovanni Evangelista a Spinaceto 25.05.1985 – 03.06.2018
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1993 – 1997
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1999 – 2005
Fu per 2 anni Vescovo ausiliare di Matagalfa, per 15 anni Vescovo di Managua, per 15 anni Cardinale  
Morto 03.06.2018, Managua, Nicaragua, † 92
   
Antonio María JAVIERRE ORTAS  
Nato 21.02.1921, Siétamo, Spagna
Ordinato sacerdote 24.04.1949
Consacrato Vescovo 29.06.1976
Creato Cardinale 28.06.1988
Stemma  
Motto Ego vobiscum sum
Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana 1971 – 1974
Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica 20.05.1976 – 26.05.1988
Arcivescovo titolare di Meta 20.05.1976 – 28.06.1988
Cardinale-diacono di S. Maria Liberatrice a Monte Testaccio 28.06.1988 – 09.01.1999
Archivista dell’Archivio Segreto Vaticano 01.07.1988 – 24.01.1992
Bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana 01.07.1988 – 24.01.1992
Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti 24.01.1992 – 21.06.1996
Cardinale-Presbitero di S. Maria Liberatrice a Monte Testaccio 09.01.1999 [24.04.1999] – 01.02.2007
Fu arcivescovo titolare di Meta per 12 anni e Cardinale per 18 anni  
Morto 01.02.2007, Roma, Italia, † 85
   
Óscar Andrés RODRÍGUEZ MARADIAGA  
Nato 29.12.1942, Tegucigalpa, Honduras
Ordinato sacerdote 28.06.1970
Consacrato Vescovo 08.12.1978
Creato Cardinale 21.02.2001
Stemma  
Motto Mihi vivere Christus est
Vescovo titolare di Pudentiana 28.10.1978 – 08.01.1993
Vescovo ausiliare di Tegucigalpa (Honduras) 28.10.1978 – 08.01.1993
Segretario Generale della Conferenza Episcopale dell’Honduras 1980 – 1988
Amministratore Apostolico di Santa Rosa de Copán (Honduras) 1981 – 27.01.1984
Segretario generale del Consiglio episcopale latinoamericano 1987 – 1991
Amministratore Apostolico di San Pedro Sula (Honduras) 1993 – 11.11.1994
Arcivescovo metropolita di Tegucigalpa (Honduras) 08.01.1993 – 26.01.2023
Presidente del Consiglio episcopale latinoamericano 1995 – 1999
Presidente della Conferenza episcopale dell’Honduras 1996 – 13.06.2016
Cardinale-Presbitero di S. Maria della Speranza 21.02.2001 [27.05.2001] – …
Presidente di Caritas Internationalis 05.06.2007 [09.06.2007] – 15.05.2015
Coordinatore del Consiglio dei Cardinali 13.04.2013 – 07.03.2023
Cardinale emerito 2023
Anni 80
   
Tarcisio BERTONE  
Nato 02.12.1934, Romano Canavese, Italia
Ordinato sacerdote 01.07.1960
Consacrato Vescovo 01.08.1991
Creato Cardinale 21.10.2003
Stemma  
Motto Fidem custodire concordiam servare
Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana 01.06.1989 – 04.06.1991
Arcivescovo metropolita di Vercelli (Italia) 04.06.1991 – 13.06.1995
Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede 13.06.1995 – 10.12.2002
Arcivescovo metropolita di Genova (Italia) 10.12.2002 – 29.08.2006
Cardinale-Presbitero di S. Maria Ausiliatrice in Via Tuscolana 21.10.2003 [24.03.2004] – 10.05.2008
Segretario di Stato della Segreteria di Stato 15.09.2006 – 15.10.2013
Presidente della Commissione Interdicasteriale sulle Chiese particolari 15.09.2006 – 15.10.2013
Presidente della Commissione Interdicasteriale per la Chiesa nell’Europa Orientale 15.09.2006 – 15.10.2013
Cardinale Protettore della Pontificia Accademia Ecclesiastica 15.09.2006 – 15.10.2013
Membro della Commissione cardinalizia di vigilanza sull’Istituto per le Opere di Religione 14.10.2006 – .03.2008
Camerlengo di Santa Romana Chiesa della Camera Apostolica 04.04.2007 – 20.12.2014
Presidente della Commissione cardinalizia di vigilanza sull’Istituto per le Opere di Religione 03.2008 – 15.01.2014
Cardinale vescovo di Frascati 10.05.2008 [03.10.2009] – …
Cardinale Camerlengo emerito di S.R.C. 2014
Anni 88
   
Giuseppe ZEN ZE-KIUN  
Nato 13.01.1932, Shanghai, Cina
Ordinato sacerdote 11.02.1961
Consacrato Vescovo 09.12.1996
Creato Cardinale 24.03.2006
Stemma  
Motto Ipsi cura est
Cardinale-Presbitero di S. Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca  
Vescovo coadiutore di Hong Kong 13.09.1996 – 23.09.2002
Vescovo di Hong Kong 23.09.2002 – 15.04.2009
Cardinale-Presbitero di S. Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca 24.03.2006 [31.05.2006] – …
Cardinale emerito di Hong Kong  
Anni 91
   
Raffaele FARINA  
Nato 24.09.1933, Buonalbergo, Italia
Ordinato sacerdote 01.07.1958
Consacrato Vescovo 16.12.2006
Creato Cardinale 24.11.2007
Stemma  
Motto Dominus spes nostra
Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana 1977 – 1983
Segretario del Pontificio Comitato di Scienze Storiche 1981 – 1989
Sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura 1986 – 1991
Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana 1991 – 1997
Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana 25.05.1997 – 25.06.2007
Vescovo titolare di Oderzo 15.11.2006 – 25.06.2007
Arcivescovo titolare di Oderzo 25.06.2007 – 24.11.2007
Archivista dell’Archivio Segreto Vaticano 25.06.2007 – 09.06.2012
Bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana 25.06.2007 – 09.06.2012
Cardinale-diacono di S. Giovanni della Pigna 24.11.2007 [05.04.2008] – 19.05.2018
Presidente della Pontificia Commissione di Riferimento per l’Istituto per le Opere di Religione 24.06.2013 – 22.05.2014
Cardinale-Presbitero di S. Giovanni della Pigna 19.05.2018 – …
Cardinale emerito 2014
Anni 89
   
Angelo AMATO  
Nato 08.06.1938, Molfetta, Italia
Ordinato sacerdote 22.12.1967
Consacrato Vescovo 06.01.2003
Creato Cardinale 20.11.2010
Stemma  
Motto Sufficit gratia mea
Prorettore dell’Università Pontificia Salesiana 01.10.1991 – 02.12.1991
Prelato-Segretario della Pontificia Accademia di Teologia 1999 – 19.12.2002
Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede 19.12.2002 – 09.07.2008
Arcivescovo titolare della Sila 19.12.2002 – 20.11.2010
Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi 09.07.2008 – 31.08.2018
Cardinale diacono di S. Maria in Aquiro 20.11.2010 [11.02.2011] – 03.05.2021
Cardinale-Presbitero di S. Maria in Aquiro 03.05.2021 – …
Cardinale emerito 2018
Anni 85
   
Ricardo EZZATI ANDRELLO  
Nato 07.01.1942, Campiglia dei Berici, Italia
Ordinato sacerdote 18.03.1970
Consacrato Vescovo 08.09.1996
Creato Cardinale 22.02.2014
Stemma  
Motto Para evangelizar
Vescovo di Valdivia (Cile) 28.06.1996 – 10.07.2001
Vescovo titolare di La Imperial 10.07.2001 – 27.12.2006
Vescovo ausiliare di Santiago (Cile) 10.07.2001 – 27.12.2006
Arcivescovo metropolita di Concepción (Cile) 27.12.2006 – 15.12.2010
Presidente della Conferenza episcopale del Cile .11.2010 – 11.11.2016
Arcivescovo metropolita di Santiago (Cile) 15.12.2010 – 23.03.2019
Cardinale-Presbitero del SS. Redentore a Valmelaina 22.02.2014 [11.10.2014] – …
Cardinale emerito 2019
Anni 81
   
Carlo MAUNG BO  
Nato 29.10.1948, Mohla, Myanmar
Ordinato sacerdote 09.04.1976
Consacrato Vescovo 16.12.1990
Creato Cardinale 14.02.2015
Stemma  
Motto Omnia possum in Eo
Amministratore Apostolico di Lashio (Myanmar) 1985 – 1986
Prefetto apostolico di Lashio (Myanmar) 1986 – 07.07.1990
Vescovo di Lashio (Myanmar) 07.07.1990 – 13.03.1996
Vescovo di Pathein (Myanmar) 13.03.1996 – 24.05.2003
Presidente della Conferenza episcopale cattolica di Myanmar 2000 – 2006
Arcivescovo metropolita di Yangon (Myanmar) 24.05.2003 – …
Cardinale-Presbitero di S. Ireneo a Centocelle 14.02.2015 [21.10.2015] – …
Presidente della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia 16.11.2018 [01.01.2019] – …
Presidente della Conferenza episcopale del Myanmar 2020 – …
Amministratore Apostolico di Myitkyina (Myanmar) 18.11.2020 – …
Anni 74
   
Daniel Fernando STURLA BERHOUET  
Nato 04.07.1959, Montevideo, Uruguay
Ordinato sacerdote 21.11.1987
Consacrato Vescovo 04.03.2012
Creato Cardinale 14.02.2015
Stemma  
Motto Servir al Señor con alegría
Vescovo titolare di Phelbes e 10.12.2011 – 11.02.2014
Vescovo ausiliare di Montevideo (Uruguay) 10.12.2011 – 11.02.2014
Arcivescovo Metropolita di Montevideo (Uruguay) 11.02.2014 – …
Cardinale-Presbitero di S. Galla 14.02.2015 [17.05.2015] – …
Vicepresidente della Conferenza episcopale dell’Uruguay 16.11.2021 [01.04.2022] – …
Anni 64
   
Cristóbal LÓPEZ ROMERO  
Nato 19.05.1952, Vélez-Rubio, Spagna
Ordinato sacerdote 19.05.1979
Consacrato Vescovo 10.03.2018
Creato Cardinale 05.10.2019
Stemma  
Motto Adveniat Regnum Tuum
Arcivescovo di Rabat (Marocco) 29.12.2017 – …
Amministratore Apostolico di Tánger (Marocco) 24.05.2019 – 25.02.2022
Cardinale-Presbitero di S. Leone I 05.10.2019 [16.02.2020] – …
Presidente della Conferenza Episcopale Regionale del Nord Africa 15.02.2022 – …
Anni 71
   
Virgilio DO CARMO DA SILVA  
Nato 27.11.1967, Venilale, Timor-Este
Ordinato sacerdote 18.12.1998
Consacrato Vescovo 19.03.2016
Creato Cardinale 27.08.2022
Stemma  
Motto Ad Deum Patrem Omnipotentem
Vicepresidente della Conferenza Episcopale di Timor 2016 – …
Vescovo di Díli (Timor Est) 30.01.2016 – 11.09.2019
Arcivescovo Metropolita di Díli (Timor Est) 11.09.2019 – …
Cardinale-Presbitero di S. Alberto Magno 27.08.2022 [07.05.2023] – …
Anni 55
   
Ángel FERNÁNDEZ ARTIME  
Nato 21.08.1960, Gozón-Luanco, Spagna
Ordinato sacerdote 04.07.1987
Creato Cardinale 30.09.2023
Consacrato Vescovo 2024 – ?
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Motto Sufficit tibi gratia mea
Anni 63



Don Bosco e la raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta

Chi l’avrebbe mai detto? Don Bosco ecologista anzitempo? Don Bosco pioniere della raccolta differenziata dei rifiuti a domicilio 140 anni fa?

Si direbbe di sì, stando almeno ad una delle lettere che abbiamo recuperato negli anni scorsi e che si trova nel IX volume dell’epistolario (no. 4144). Si tratta di una circolare a stampa del 1885 che nel suo piccolo – la città di Torino dell’epoca – anticipa e, ovviamente a suo modo, “risolve” i grandi problemi che affronta la nostra società, quella cosiddetta dei “consumi” e dell’“usa e getta”.

Il destinatario
Trattandosi di una lettera circolare il destinatario è generico, una persona conosciuta o meno. Don Bosco con furbizia ne “cattura” subito l’attenzione definendola “benemerita e caritativa”. Fatta tale premessa, don Bosco indica al suo corrispondente un dato di fatto sotto gli occhi di tutti:

La S. V. saprà che le ossa, avanzate dalla mensa e generalmente dalle famiglie gettate nella spazzatura come oggetto d’ingombro, riunite in grande quantità riescono in quella vece utili alla umana industria, e sono perciò ricercate dagli uomini dell’arte [= industria] pagate alcuni soldi per miriagramma. Una società di Torino, colla quale mi sono messo in rapporto, ne acquisterebbe in qualsivoglia quantità”. Dunque ciò che darebbe fastidio, tanto in casa che fuori casa, magari per le strade della città, viene saggiamente utilizzato con vantaggio di tanti.

Un’alta finalità
A questo punto don Bosco lancia la sua proposta: “In vista di ciò e in conformità di quanto si va già praticando in alcuni paesi a favore di altri Istituti di beneficenza, io sono venuto nel pensiero di ricorrere alle benestanti e benevole famiglie di questa illustre città, e pregarle, che invece di lasciare che vada a male e torni disutile questo rifiuto della loro tavola, lo vogliano cedere gratuitamente a benefizio dei poveri orfanelli raccolti ne’ miei Istituti, e specialmente a vantaggio delle Missioni di Patagonia, dove i Salesiani con ingenti spese e con pericolo della propria vita stanno ammaestrando ed incivilendo le tribù selvagge, per far loro godere i frutti della Redenzione e del verace progresso. Simile ricorso e siffatta preghiera io fo pertanto alla S. V. benemerita, convinto che vorrà prenderli in benigna considerazione ed esaudirli.

Il progetto sembrava appetibile da più parti: le famiglie si liberavano di parte dei rifiuti da tavola, la ditta era interessata a raccoglierli per riutilizzarli diversamente (prodotti alimentari per animali, concimi per la campagna ecc.); don Bosco ne ricavava denaro per le missioni… e la città rimaneva più pulita.

Una perfetta organizzazione
La situazione era chiara, l’obiettivo era alto, i vantaggi erano di tutti, ma non potevano bastare. Occorreva procedere alla raccolta di ossa “porta a porta” in tutta la città. Don Bosco non si scompone. Settantenne, ha ormai dalle sue profonde intuizioni, lunga esperienza ma anche grande capacità manageriali. Ecco allora organizzare tale “impresa” facendo attenzione ad evitare i sempre possibili abusi nelle varie fasi dell’operazione-raccolta: “A quelle famiglie, che avranno la bontà di aderire a questa umile mia domanda, sarà consegnato un apposito sacchetto, ove riporre le ossa mentovate, le quali verrebbero spesso ritirate e pesate da persona a ciò incaricata dalla società acquisitrice, rilasciandone un buono di ricevuta, il quale per caso di controllo colla società medesima sarebbe di quando in quando ritirato a nome mio. Così alla S. V. non resterà altro da fare che impartire gli ordini opportuni, affinché questi inutili avanzi della sua mensa, che andrebbero dispersi, siano riposti nel sacchetto medesimo, per essere consegnati al raccoglitore e quindi venduti ed usufruiti dalla carità. Il sacchetto porterà le lettere iniziali O. S. (Oratorio Salesiano), e la persona che passerà a vuotarlo presenterà pure un qualche segno, per farsi conoscere dalla S. V. o dai suoi famigli[ari]”.
Che dire? Se non che il progetto sembra valido in tutte le sue parti, addirittura migliore di qualche analogo progetto delle nostre città di terzo millennio!

Gli incentivi
Ovviamente la proposta andava sostenuta con qualche incentivo, non certo di tipo economico o promozionale, bensì morale e spirituale. Quale? Eccolo: “la S. V. si renderà benemerita delle opere sopraccennate, avrà la gratitudine di migliaia di poveri giovinetti, e quello che maggiormente importa ne riceverà la ricompensa da Dio promessa a tutti coloro, che si adoperano al benessere morale e materiale del loro simile”.

Una modulistica precisa
Da uomo concreto escogita un mezzo, che diremmo modernissimo, per riuscire nella sua impresa: chiede ai suoi destinatari di rimandargli indietro il tagliando, messo in calce alla lettera, che porta il suo indirizzo: “La pregherei ancora di volermene assicurare per mia norma e pel compimento delle pratiche a farsi, col distaccare e rimandarmi la parte di questo stampato, la quale porta il mio indirizzo. Appena avuta la sua adesione darò ordine che le sia consegnato il mentovato sacchetto”.
Don Bosco chiude la sua lettera con la consueta formula di ringraziamento e di augurio, che tanto tornava gradito ai suoi corrispondenti.
Don Bosco, oltre che essere un grande educatore, un lungimirante fondatore, un uomo di Dio, è stato anche un genio della carità cristiana.




Questo è amore…

Questo è il bene semplice e silenzioso che ha fatto Don Bosco. Questo è il bene che continuiamo a fare insieme.

Amici, lettori del Bollettino Salesiano: ricevete come ogni mese il mio cordiale saluto, un saluto che preparo lasciando parlare il mio cuore, un cuore che vuole continuare a guardare al mondo salesiano con quella speranza e quella certezza che aveva Don Bosco stesso, che insieme possiamo fare molto bene e che il bene che si fa deve essere fatto conoscere.
Rivedo in tanti salesiani la “passione” di don Bosco per la felicità dei giovani. Una formula divenuta famosa cerca di condensare il sistema educativo di don Bosco in tre parole: ragione, religione, amore. Scuola, chiesa, cortile. Una casa salesiana è tutto questo realizzato nella pietra. Ma l’oratorio di don Bosco è molto di più. È un arsenale di stimoli e creatività: musica, teatro, sport e passeggiate che sono vere immersioni nella natura. Il tutto condito da un affetto reale, paterno, paziente, entusiasta.

Madre coraggio
Ebbene, mentre leggo con dolore e preoccupazione la cronaca del Sudan, dove la situazione di tutti è molto difficile, e anche la situazione salesiana, oggi vorrei offrire un’altra bella testimonianza, anche se questa volta non sono stata testimone oculare, ma racconto quello che mi è stato condiviso.
La scena si svolge a Palabek (Uganda), dove, in concomitanza con l’arrivo dei primi rifugiati, cinque anni fa, noi salesiani di Don Bosco abbiamo voluto andare con i primi rifugiati. La tenda era l’alloggio e la cappella per la preghiera e la celebrazione della prima Eucaristia era l’ombra di un albero.
Ogni giorno al Palabek arrivavano centinaia e centinaia di rifugiati dal Sudan. Prima a causa del conflitto nel Sud Sudan. A distanza di anni, continuano ad arrivare, ora a causa del conflitto in Sudan (Nord Sudan, si intende).
A dirmi quello che vi sto raccontando è stato il Consigliere generale per le Missioni che qualche giorno prima era andato a Palabek per continuare ad accompagnare questa presenza in un campo profughi dove sono già state accolte decine di migliaia di persone.
Dieci giorni fa è arrivata una donna con undici bambini. Da sola, senza alcun aiuto, aveva attraversato diverse regioni piene di pericoli per sé e per i bambini; aveva percorso più di 700 chilometri a piedi nell’ultimo mese e il gruppo di bambini stava crescendo. Ed è di questo che voglio parlare, perché questa è UMANITÀ e questo è AMORE. Questa donna è arrivata a Palabek con undici bambini affidati a lei, e li ha presentati tutti come suoi figli. Ma in realtà sei erano suoi figli frutto del suo grembo. Altri tre erano figli del fratello morto da poco e di cui si era fatta carico, e altri due erano piccoli orfani che aveva trovato per strada, soli, senza nessuno e naturalmente senza documenti (chi può pensare ai documenti e alla documentazione quando mancano le cose più essenziali per la vita?), ed erano diventati figli adottivi di questa donna.
In alcune occasioni, una madre che ha dato la vita per difendere il proprio figlio è stata definita “madre coraggio”. In questo caso, vorrei dare a questa madre di undici figli il titolo di Madre Coraggio, ma soprattutto di donna che sa molto bene – nelle “viscere del suo cuore” -, cosa sia amare, fino a soffrire, perché vive e ha vissuto in assoluta povertà con i suoi undici figli.
Benvenuta a Palabek, Mamma coraggiosa. Benvenuta alla presenza salesiana. Senza dubbio si farà tutto il possibile perché a questi bambini non manchi il cibo, e poi un posto per giocare e ridere e sorridere – nell’oratorio salesiano – e un posto nella nostra scuola.
Questo è il bene semplice e silenzioso che ha fatto Don Bosco. Questo è il bene che continuiamo a fare insieme perché, credetemi, sentire che non siamo soli, avere la certezza che molti di voi vedono con piacere e simpatia lo sforzo che facciamo ogni giorno a favore degli altri, ci dà anche molta forza umana, e senza dubbio il Buon Dio la fa crescere.
Vi auguro una buona estate. Senza dubbio la nostra, anche la mia, sarà più serena e confortevole di quella di questa mamma di Palabek, ma credo di poter dire che avendo pensato a lei e ai suoi figli, abbiamo, in qualche modo, costruito un ponte.
Siate molto felici.




Verso una visione missionaria rinnovata

Le missioni salesiane all’estero, una delle caratteristiche della Congregazione fondata di san Giovanni Bosco, iniziate durante la sua vita, continuano, anche se i concetti di missione e missionari sono cambiati per la necessità dei tempi.

Oggi ci troviamo in un contesto diverso rispetto a quello dei progetti missionari che hanno diffuso la Congregazione in America (1875), in Asia (1906) e in Africa (1980). Nuove prospettive ed interrogativi hanno portato nuove riflessioni missiologiche. Urge una visione rinnovata delle missioni salesiane.

In molti Paesi, inclusi i paesi di antica tradizione cristiana, ci sono dei centri urbani, o quartieri, dove vivono persone che non conoscono Gesù, altre che, dopo averlo conosciuto, lo hanno abbandonato, o altri ancora che vivono la loro fede come una tradizione culturale. Dunque, oggi “le missioni” non possono essere comprese solo in termini geografici, di movimento verso “le terre di missione” come una volta, ma anche in termini sociologici, culturali e, perfino, di presenza nel continente digitale. Oggi “le missioni” si trovano dovunque ci sia bisogno di annunciare il Vangelo. Ed i missionari provengono dai cinque continenti e sono inviati ai cinque continenti.

I missionari salesiani collaborano con la Chiesa nel compiere la sua missione per evangelizzare (Mt 28,19-20). Annunciare il Vangelo, specialmente ai giovani, è il compito missionario primario di ogni salesiano. Le iniziative dei salesiani per la promozione umana, motivate da una fede profonda, sono un Primo Annuncio di Gesù Cristo. Come educatori-pastori ogni salesiano apprezza i “raggi di Verità” nelle culture e nelle altre religioni. Nei contesti in cui non si può nemmeno menzionare il nome di Gesù, lo annunciamo con la testimonianza di vita salesiana personale e comunitaria. È l’intenzionalità nel promuovere il Primo Annuncio che può aiutarci nel superare il pericolo di essere considerati come dei fornitori di servizi sociali o dei lavoratori sociali anziché testimoni del primato di Dio ed annunciatori del Vangelo.

I giovani Salesiani missionari oggi portano un nuovo paradigma di missioni e un rinnovato modello di missionari: il missionario salesiano non è solo colui che dà, che porta progetti e magari raccoglie soldi, ma soprattutto colui che vive con il suo popolo, che dà grande importanza alla relazione interpersonale; non solo insegna, ma soprattutto impara dal popolo che serve, che non è solo destinatario passivo dei suoi sforzi. Di fatto, non è il fare che conta, ma l’essere, che diventa un’autorevole proclamazione di Gesù Cristo.

Esistono ancora missionari salesiani che offrono la loro vita per la testimonianza di Gesù? Sì, e non provengono più dell’Europa come una volta, ma vengono da tutto il mondo e vanno in tutto il mondo. Presentiamo alcuni giovani missionari che hanno risposto alla chiamata divina.

Parliamo del 28enne malgascio François Tonga che è andato missionario in Albania a testimoniare la sua identità cristiana e religiosa salesiana. Il suo compito di tirocinante nella casa salesiana della capitale, Tirana, è di coordinare le lezioni scolastiche di più di 800 ragazzi. È una sfida non da poco imparare la lingua e capire la cultura albanese, per dare testimonianza in un contesto maggioritario musulmano, anche se – grazie a Dio – non si vive in una situazione di scontro tra le religioni, ma di rispetto reciproco. È una testimonianza fatta di presenza e assistenza tra i ragazzi poveri ed emarginati, e di preghiera per i giovani che si incontrano ogni giorno. E la risposta non si fa attendere: giovani, genitori e collaboratori danno il loro aiuto e offrono una buona accoglienza.

E il caso anche di un altro 28enne, Joël Komlan Attisso, togolese di origine che ha accettato di essere inviato da tirocinante in missione nella Scuola Secondaria Tecnica Don Bosco di Kokopo, nella Provincia della Nuova Britannia Orientale di Papua Nuova Guinea. La missione, con la grazia di Dio, di essere chiamati e inviati a servire tutti – e specialmente i giovani – porta già i suoi frutti: l’accoglienza, l’apertura, l’aiuto e l’amore si scambia, anche se si appartiene a realtà culturali diverse. Questo fa ricordare il sogno di don Bosco sull’Oceania, quando vide una  moltitudine di giovani che dicevano: “«Venite in nostro aiuto! Perché non compite l’opera che i vostri padri hanno incominciata?» […] Mi pare che tutto questo insieme indicasse che la divina Provvidenza offriva una porzione del campo evangelico ai Salesiani, ma in tempo futuro. Le loro fatiche otterranno frutto, perché la mano del Signore sarà costantemente con loro, se non demeriteranno de’ suoi favori.

Parliamo anche del vietnamita 30enne Joseph Thuan Thien Truc Tran, coadiutore salesiano, laureato in informatica e inviato a Juba nel Sud Sudan, dove gli impegni non mancano: tre scuole elementari, una scuola secondaria, una scuola tecnica, una parrocchia, un campo per gli sfollati e un pre-noviziato, in totale, un complesso di circa 5000 studenti. Attirato della testimonianza di un salesiano che ha lavorato come medico nel Sudan, don John Lee Tae Seok ha deciso di dire il suo “sì” di totale disponibilità a essere inviato nella missione indicata dai suoi superiori, affidandosi esclusivamente alla fede e alla grazia di Dio, tanto necessaria in uno dei paesi considerato tra i più pericolosi al mondo.

Un altro giovane salesiano tirocinante che ha dato la sua disponibilità per le missioni è Rolphe Paterne Mouanga, della Repubblica del Congo (Congo-Brazzaville o ex Congo francese). Inviato nella casa salesiana “Don Bosco Central”di Santa Cruz in Bolivia, in un’opera che comprende oratorio, scuola primaria, scuola secondaria e parrocchia, è uno dei due primi missionari dell’Africa in questo paese, assieme al suo compatriota David Eyenga. Le sue origini africane lo aiutano a familiarizzare con i giovani che sono incuriositi e interessati a conoscerlo e questo rapporto si rafforza attraverso lo sport, verso cui è tanto portato. La diversità culturale della Bolivia è una vera sfida, perché non si tratta solo di integrarsi nella cultura locale ma anche di essere flessibile nell’adattarsi a ogni situazione. Però l’apertura, l’accoglienza, la collaborazione e la condivisione dei giovani e dei collaboratori lo aiutano in questo impegno. Vuole mostrarsi aperto e disponibile a integrarsi con quello che lui ormai considera “il suo popolo”.

L’altro compaesano di Rolphe, David Eyenga, è stato inviato anche lui in Bolivia, ma nella casa salesiana di Kami, Cochabamba: una presenza salesiana complessa che comprende una scuola tecnica agraria, la parrocchia, un’opera di assistenza e promozione sociale, un internato e anche una radio. Anche in questa zona si sentono fortemente le differenze culturali, nel modo di relazionarsi con gli altri, soprattutto in termini di ospitalità, pasti, danze e altre tradizioni locali. Questo richiede molta pazienza per riuscire a rapportarsi con la mentalità locale. Si spera e si prega che la presenza dei missionari sia uno stimolo anche per le vocazioni locali.

Emmanuel Jeremia Mganda, un 30enne di Zanzibar, Tanzania è un altro giovane che ha accolto l’invito di Dio alla missione. È stato inviato in Amazzonia, Brasile, tra gli yanomami, una tribù indigena che vive in comunità a Maturacá. I suoi compiti educativi nell’oratorio e l’attività religiosa lo hanno arricchito pastoralmente e spiritualmente. L’accoglienza che ha ricevuto, mostratasi anche nel nome dato, di “YanomamiInshiInshi” (Yanomami nero), lo ha fatto sentire come uno di loro, lo ha aiutato molto a integrarsi, a capire e a condividere l’amore per il Creato e la protezione di questo bene di Dio.

C’è speranza che le missioni iniziate da don Bosco, quasi 150 anni fa, continuino? Che il sogno di don Bosco – o meglio dire – che i sogni di don Bosco arrivino a compimento? C’è una sola risposta: la volontà divina non può venire meno, basta che i salesiani rinuncino alle loro comodità e agiatezze e si dispongano ad ascoltare la chiamata divina.




Lettera Rettor Maggiore. Appello missionario 2023

Ricordiamo il giorno in cui 163 anni fa – 18 dicembre 1859 – Don Bosco fondò la nostra “Pia Società di San Francesco di Sales”. Da allora essa non ha mai smesso di diffondersi. Grazie ai nostri missionari oggi il carisma di Don Bosco è presente in 134 paesi, e stiamo preparando ad iniziare nuove presenze in Niger e Algeria per l’anno prossimo. Già il 6° successore di Don Bosco, Don Luigi Ricceri, ci ha ricordato che lo spirito e l’impegno missionario non erano solo un interesse personale del nostro fondatore ma un vero charisma fundationis che egli ha trasmesso a noi e a tutta la Famiglia Salesiana (ACG 267, p.14). Ecco perché oggi è una bella occasione per inviarvi questo appello missionario.

All’invio della prima spedizione missionaria nel 1875 Don Bosco aveva fatto una profezia: “… Chi sa, che non sia questa partenza e questo poco come un seme da cui abbia a sorgere una grande pianta? … Chi sa che questa partenza non abbia svegliato nel cuore di molti il desiderio di consacrarsi a Dio nelle Missioni, facendo corpo con noi e rinforzando le nostre file? Io lo spero. …” (MB XI, 385). Infatti, nonostante che nel 1875 ci fossero solo 171 salesiani (64 professi perpetui di cui 49 sacerdoti, e 107 professi temporanei) e 81 novizi, Don Bosco aveva inviato 11 salesiani in Argentina. Alla sua morte c’erano 773 salesiani di cui 137 erano missionari inviati da Don Bosco stesso in 11 spedizioni missionarie.

Oggi ci troviamo in un contesto molto diverso dal tempo di Don Bosco. Oggi le missioni’ non possono essere comprese solo come movimento verso le terre di missione’, come una volta. Oggi i missionari salesiani provengono dai cinque continenti e sono inviati dal Rettor Maggiore ai cinque continenti. In un mondo in cui le frontiere rischiano di chiudersi sempre più, i missionari salesiani sono inviati non solo per rispondere al bisogno di personale ma, soprattutto, per testimoniare che per noi non ci sono frontiere, per contribuire al dialogo interculturale, all’inculturazione della fede e del nostro carisma e per innescare processi che possano generare nuove vocazioni locali.

Nella mia prima lettera come Rettor Maggiore ho manifestato la mia convinzione che “una grande ricchezza della nostra Congregazione sia proprio la sua capacità missionaria” (ACG 419, p. 24). Ho la ferma convinzione che noi salesiani abbiamo bisogno di camminare verso una maggiore consapevolezza della nostra internazionalità. E la generosità missionaria dei confratelli è una testimonianza profetica che la nostra Congregazione è senza frontiere. Infatti, la presenza dei missionari nell’Ispettoria aiuta a riflettere meglio l’internazionalità della nostra Congregazione e a capire che il carisma salesiano non è monocolore e che le differenze e la multiculturalità arricchiscono l’Ispettoria e tutta la nostra Congregazione.

Al contrario, un’Ispettoria composta solo da confratelli della stessa cultura rischia di ridursi a un’enclave etnica, meno sensibile alla sfida d’interculturalità e meno capace di vedere oltre i confini del proprio mondo culturale. E per questo che ho insistito varie volte che noi non facciamo professione religiosa per un paese o per un’Ispettoria. Siamo Salesiani di Don Bosco nella Congregazione e per la missione, là dove ci sia più bisogno di noi e dove sia possibile il nostro servizio.

Già nel 1972 il nostro Capitolo Generale Speciale aveva considerato il rilancio missionario come “un termometro della vitalità pastorale della Congregazione e un mezzo efficace contro il pericolo dell’imborghesimento” (CGS, 296). La capacità dei confratelli di accogliere e accompagnare i nuovi missionari inviati nella propria Ispettoria è altrettanto un termometro del proprio spirito missionario.

Grazie allo spirito missionario nella nostra Congregazione, ci sono ancora confratelli che partono per donare la propria vita a Dio come missionari. Al mio appello del 18 dicembre 2021 scorso 36 salesiani hanno risposto inviandomi la lettera della loro disponibilità missionaria. Dopo un attento discernimento, 25 sono stati scelti come membri della 153a spedizione missionaria quest’anno. Gli altri continuano il loro discernimento.

Dunque, con questa lettera, invito voi, cari confratelli, a pregare e fare un attento discernimento per scoprire se il Signore vi chiama, dentro la nostra comune vocazione salesiana, ad essere missionari, scelta che implica un impegno per tutta la vita (ad vitam).

Invito gli Ispettori, con loro Delegati per l’animazione missionaria (DIAM), ad essere i primi ad aiutare i confratelli a coltivare il desiderio missionario e a facilitare il loro discernimento, invitandoli, dopo il dialogo personale, a mettersi a disposizione del Rettor Maggiore per rispondere ai bisogni missionari della Congregazione. Poi il Consigliere Generale per le Missioni, a nome mio, continuerà il discernimento che porterà alla scelta dei missionari per la 154 spedizione missionaria che si terrà, Dio volendo, domenica 24 settembre 2023, nella Basilica di Maria Ausiliatrice di Valdocco, come si è fatto sin dal tempo di Don Bosco.

Il dialogo con il Consigliere Generale per le Missioni e la riflessione condivisa all’interno del Consiglio Generale mi permette di precisare le urgenze individuate per il 2023, dove vorrei che un numero significativo di confratelli potesse essere inviato:
• in Sudafrica, Mozambico e nelle nuove frontiere nel continente Africano;
• in Albania, Kosovo, Slovenia e in altre nuove frontiere del Progetto Europa;
• in Azerbaijan, Bangladesh, Nepal, Mongolia e Yakutia;
• nelle nostre numerose presenze nelle isole dell’Oceania;
• nelle frontiere missionarie dell’America Latina e con i popoli indigeni.

Vi saluto, cari confratelli, con vero affetto e con un ricordo davanti l’Ausiliatrice e Don Bosco qui a Valdocco.

Torino Valdocco, 18 dicembre 2022




Gli invisibili altri don Bosco

I lettori del Bollettino Salesiano sanno già del viaggio intercontinentale che ha fatto l’urna di don Bosco alcuni anni fa. I resti mortali del nostro santo hanno raggiunto decine e decine di nazioni in tutto il mondo e si sono soffermati in un migliaio di città e paesi, accolti ovunque con ammirazione e simpatia. Non so quale salma di santo abbia viaggiato tanto e quale salma di italiano sia stata accolta con tanto entusiasmo oltre i confini del proprio paese. Forse nessuna.

Se questo “viaggio” è storia conosciuta, non lo è certamente il viaggio intercontinentale fatto dell’ACSSA (Associazione dei Cultori di Storia Salesiana) dal novembre 2018 al marzo 2019 per coordinare una serie di quattro Seminari di studio promossi dalla stessa Associazione nelle città di Bratislava (Slovacchia), Bangkok (Thailandia), Nairobi (Kenia), Buenos Aires (Argentina). Il quinto era stato celebrato a Hyderabad (India) nel giugno 2018.

Ebbene: in questi viaggi non ho visto le case, i collegi, le scuole, le parrocchie, le missioni salesiane, come ho fatto altre volte e come può fare chiunque viaggi un po’ ovunque dal nord al sud, dall’est all’ovest del mondo; ho invece incontrato una storia di don Bosco, tutta da scrivere.

Gli altri don Bosco

Il tema dei Seminari di studio era infatti quello di presentare figure di Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, defunti, che, in un periodo breve o lungo della loro vita, si fossero segnalate come particolarmente significative e rilevanti, e soprattutto abbiano lasciato traccia dopo la loro morte. Alcuni di loro poi, sono stati degli autentici “innovatori” del carisma salesiano, capaci di inculturarlo nelle modalità più varie, ovviamente nella più assoluta fedeltà a don Bosco e al suo spirito.

Ne è sorta una galleria di un centinaio di uomini e donne del XX secolo, tutti diversi fra loro, che hanno saputo farsi “altri don Bosco”: aprire cioè gli occhi sulla loro terra di nascita o di missione, rendersi conto dei bisogni materiali, culturali, spirituali dei giovani colà residenti, soprattutto dei più poveri, ed “inventarsi” il modo di soddisfarli il meglio possibile.

Vescovi, preti, suore, salesiani laici, membri della Famiglia salesiana: tutti personaggi, uomini e donne, che senza essere santi – nelle nostre ricerche abbiamo escluso per principio i santi e quelli già avviati agli altari – hanno realizzato in pienezza la missione educativa di don Bosco in ambiti e ruoli diversi: come educatori e sacerdoti, come professori e maestri, animatori di oratori e centri giovanili, fondatori e direttori di opere educative, formatori di vocazioni e di nuovi istituti religiosi, come scrittori e musici, architetti e  costruttori di chiese e collegi, artisti del legno e della pittura, missionari ad gentes, testimoni della fede in carcere, semplici salesiani e semplici Figlie di Maria Ausiliatrice. Fra loro non pochi hanno vissuto spesso una vita di duri sacrifici, superando ostacoli di ogni genere, imparando lingue difficilissime, rischiando sovente la morte per mancanza di condizioni igienico-sanitarie accettabili, per condizioni climatiche impossibili, per regimi politici ostili e persecutori, anche per attentati veri e propri. L’ultimo di questi è avvenuto proprio mentre ero in partenza per Nairobi: il salesiano spagnolo, don Cesare Fernández, assassinato a sangue freddo il 15 febbraio 2018 alla frontiera fra Togo e Burkina Faso. Uno dei più recenti “martiri” salesiani, potremmo definirlo con cognizione di causa, conoscendone la persona.

Una storia da conoscere

La Boca, quartiere di Buenos Aires, Argentina; prima missione fra gli emigrati

Che dire allora? Che anche questa è storia sconosciuta di don Bosco, o, se vogliamo, dei Figli e delle Figlie del santo. Se la l’urna del santo è stata accolta, come dicevamo, con tanto rispetto e stima da autorità pubbliche e dalla popolazione semplice anche in paesi non cristiani, significa che i suoi Figli e Figlie non ne hanno solo cantate le lodi – anche questo è stato fatto di sicuro, visto che l’immagine di don Bosco si ritrova un po’ ovunque –  ma ne hanno realizzato i sogni: far conoscere l’amore di Dio per i giovani, portare la buona novella del Vangelo dovunque, fino alla fine del mondo (nella Terra del Fuoco!).

Chi, come me ed i miei colleghi dell’ACSSA, ha potuto in febbraio e marzo del 2018 ascoltare esperienze di vita salesiana vissuta nel secolo XX in una cinquantina di paesi di quattro continenti, non può che affermare, come fece sovente don Bosco guardando lo sviluppo impressionante della congregazione sotto i suoi occhi: “Qui c’è il dito di Dio”.  Se il dito di Dio c’è stato nelle opere e fondazioni salesiane, c’è stato anche negli uomini e donne che all’ideale evangelico realizzato alla maniera di don Bosco hanno consacrato l’intera loro esistenza.

“Santi della porta accanto” questi personaggi presentati? Qualcuno certamente, pur considerando i loro limiti personali, i loro caratteri, i loro capricci, e, perché no, i loro peccati (ma che solo Dio conosce). Tutti però erano muniti di immensa fede, di tanta speranza, di forte carità e generosità, di tanto amore a don Bosco e alle anime. Alcuni poi – si pensi ai missionari e missionarie pionieri in Patagonia – si è tentati di definirli veri “pazzi”, pazzi per Dio e per le anime ovviamente.

Gli esiti concreti di questa storia sono sotto gli occhi di tutti, ma i nomi di molti protagonisti sono rimasti finora pressoché “invisibili”. Possiamo conoscerli leggendo “Volti di uno stesso carisma: Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice nel XX secolo”, un libro multilingue, dalla Editrice LAS, dentro la Collana, “Associazione Cultori Storia Salesiana – Studi”.

Se il male trascina, il bene fa altrettanto. “Bonum est diffusivum sui” scriveva san Tommaso d’Aquino secoli fa. I salesiani e le salesiane presentate nel corso dei nostri Seminari ne sono la prova; accanto a loro o al loro seguito altri hanno poi fatto altrettanto, fino ad oggi.

Presentiamo brevemente questi nuovi volti di don Bosco.

1 Antonio COJAZZI, don 1880-1953 educatore geniale Educatori sul campo EU
2 Domenico MORETTI, don 1900-1989 esperienza negli oratori salesiani con i giovani più poveri Educatori sul campo EU
3 Samuele VOSTI, don 1874-1939 ideatore e promotore di un rinnovato oratorio festivo a Valdocco Educatori sul campo EU
4 Karl ZIEGLER, don 1914-1990 amante della natura e scout Educatori sul campo EU
5 Alfonsina FINCO, suor 1869-1934 dedizione per l’infanzia abbandonata Educatori sul campo EU
6 Margherita MARIANI, suor 1858-1939 Figlie di Maria Ausiliatrice a Roma Educatori sul campo EU
7 Sisto COLOMBO, don 1878-1938 uomo di cultura e di animo mistico Educatori sul campo EU
8 Franc WALLAND, don 1887-1975 teologo e ispettore Educatori sul campo EU
9 Maria ZUCCHI, suor 1875-1949 l’impronta salesiana nell’Istituto Don Bosco di Messina Educatori sul campo EU
10 Clotilde MORANO, suor 1885-1963 l’insegnamento dell’educazione fisica femminile Educatori sul campo EU
11 Annetta URI, suor 1903-1989 dalla cattedra ai cantieri: il coraggio di costruire il futuro della scuola Educatori sul campo EU
12 Frances PEDRICK, suor 1887-1981 la prima Figlia di Maria Ausiliatrice a laurearsi all’Università di Oxford Educatori sul campo EU
13 Giuseppe CACCIA, coadiutore 1881-1963 una vita dedicata all’editoria salesiana Educatori sul campo EU
14 Rufillo UGUCCIONI, don 1891-1966 scrittore per ragazzi, evangelizzatore e divulgatore di valori salesiani Educatori sul campo EU
15 Flora FORNARA, suor 1902-1971 una vita per il teatro educativo Educatori sul campo EU
16 Gaspar MESTRE, coadiutore 1888-1962 la scuola salesiana di intaglio, scultura e decorazione di Sarriá (Barcellona) Educatori sul campo EU
17 Wictor GRABELSKI, don 1857-1902 un precursore dell’opera salesiana in Polonia Educatori sul campo EU
18 Antoni HLOND, don 1884-1963 musicista, compositore, fondatore di scuola per organisti Iniziatori EU
19 Carlo TORELLO, don 1886-1967 devozione popolare e memoria civica a Latina Iniziatori EU
20 Jan KAJZER coadiutore 1892-1976 ingegnere coautore dello stile polacco “art decò” e modernizzatore della scuola salesiana professionale di Oświęcim Iniziatori EU
21 Antonio CAVOLI, don 1888-1972 fondatore di congregazione religiosa in Giappone ispirata al carisma salesiano Iniziatori EU
22 Iside MALGRATI, suor 1904-1992 salesiana innovativa nella stampa, nella scuola e nella formazione professionale Iniziatori EU
23 Anna JUZEK, suor 1879-1957 contributo all’impianto delle opere delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Polonia Iniziatori EU
24 Mária ČERNÁ, suor 1928-2011 fondamento della rinascita delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovacchia Iniziatori EU
25 Antonio SALA, don 1836-1895 economo di Valdocco ed economo generale della prima ora salesiana SDB e FMA in ruoli dirigenziali EU
26 Francesco SCALONI, don 1861-1926 una straordinaria figura di superiore salesiano SDB e FMA in ruoli dirigenziali EU
27 Luigi TERRONE, don 1875-1968 maestro dei novizi e direttore SDB e FMA in ruoli dirigenziali EU
28 Marcelino OLAECHEA, monsignore 1889-1972 promotore di alloggi per lavoratori SDB e FMA in ruoli dirigenziali EU
29 Stefano TROCHTA, cardinale 1905-1974 martire del nazismo e del comunismo SDB e FMA in ruoli dirigenziali EU
30 Alba DEAMBROSIS, suor 1887-1964 costruttrice dell’opera salesiana femminile nell’area di lingua tedesca SDB e FMA in ruoli dirigenziali EU
31 Virginia FERRARO ORTÍ, suor 1894-1963 da sindacalista a direttrice salesiana SDB e FMA in ruoli dirigenziali EU
32 Raffaele PIPERNI, don 1842-1930 parroco “mediatore” dell’integrazione degli immigrati italiani nella mainstream di San Francisco Pionieri in missione AM, AS, AF
33 Remigio RIZZARDI, don 1863-1912 il padre dell’apicoltura in Colombia Pionieri in missione AM, AS, AF
34 Carlos PANE, don 1856-1923 pioniere della presenza salesiana in Spagna e Perù Pionieri in missione AM, AS, AF
35 Florencio José MARTÍNEZ EMBODAS, don 1894-1971 un modo salesiano di costruire Pionieri in missione AM, AS, AF
36 Martina PETRINI PRADO, suor 1874-1965 Figlie di Maria Ausiliatrice; origini in un Uruguay in via di modernizzazione Pionieri in missione AM, AS, AF
37 Anna María COPPA, suor 1891-1973 fondatrice e volto della prima scuola cattolica dell’Ecuador Pionieri in missione AM, AS, AF
38 Rose MOORE, suor 1911-1996 pioniera nella riabilitazione dei giovani tailandesi non vedenti Pionieri in missione AM, AS, AF
39 Mirta MONDIN, suor 1922-1977 alle origini della prima scuola cattolica femminile a Gwangju (Korea) Pionieri in missione AM, AS, AF
40 Terezija MEDVEŠEK, suor 1906-2001 una valorosa missionaria nel nord-est dell’India Pionieri in missione AM, AS, AF
41 Nancy PEREIRA, suor 1923-2010 instancabile dedizione per i poveri Pionieri in missione AM, AS, AF
42 Jeanne VINCENT, suor 1915-1997 una delle prime missionarie di Port-Gentil, Gabon Pionieri in missione AM, AS, AF
43 Maria Gertrudes DA ROCHA, suor 1933-2017 missionaria ed economa in Mozambico Pionieri in missione AM, AS, AF
44 Pietro GIACOMINI, monsignore 1904-1982 fioritura di un’obbedienza SDB e FMA in ruoli dirigenziali AM, AS, AF
45 José Luis CARREÑO ECHANDIA, don 1905-1986 un missionario poliedrico con un’opzione preferenziale per i poveri SDB e FMA in ruoli dirigenziali AM, AS, AF
46 Catherine MANIA, suor 1903-1983 prima ispettrice dell’India nordorientale SDB e FMA in ruoli dirigenziali AM, AS, AF
47 William Richard AINSWORTH, don 1908-2005 un saggio sulla leadership salesiana moderna SDB e FMA in ruoli dirigenziali AM, AS, AF
48 Blandine ROCHE, suor 1906-1999 la presenza salesiana negli anni difficili della Tunisia post-indipendenza SDB e FMA in ruoli dirigenziali AM, AS, AF