Venerabile Costantino Vendrame: apostolo di Cristo

La causa di canonizzazione del servo di Dio Costantino Vendrame, sta avanzando. Nel 19 settembre 2023 è stato consegnato il volume della “Positio super Vita, Virtutibus et Fama Sanctitatis” presso la Congregazione delle Cause dei Santi in Vaticano. Presentiamo brevemente questo sacerdote professo della Società di San Francesco di Sales.

Dalle colline venete alle colline del Nord-Est India
Il Servo di Dio don Costantino Vendrame nasce a San Martino di Colle Umberto (Treviso) il 27 agosto 1893. San Martino, frazione del più ampio abitato di Colle Umberto, è un ridente paese italiano del Veneto in provincia di Treviso: dalle sue colline, San Martino è orientato sia alla pianura lì solcata dal Piave, sia alle Prealpi del Bellunese, mantenendo di tale duplice natura – è paese collinare che guarda alle montagne e alla pianura – quelle caratteristiche, di vicinanza ai più grandi centri abitati e di ideale proiezione al mondo sobrio e schivo della montagna, che il futuro missionario don Costantino avrebbe ritrovato nel Nord-Est India, stretto tra i primi contrafforti della catena himalayana e la valle del Brahmaputra.

A quel mondo di gente semplice appartiene anche la sua famiglia: il papà Pietro, di professione fabbro, e la mamma Elena Fiori originaria del Cadore si conoscono molto probabilmente sui monti. Forti i legami di don Vendrame con i fratelli: Giovanni per il quale conserverà la fedeltà del ricordo; Antonia, madre di una famiglia numerosa; l’amatissima Angela cui lo unisce un affetto profondo, in sintonia di opere e intenti. Angela resterà – con una creatività esuberante – a servizio della parrocchia e offrirà sofferenze e meriti per l’impresa apostolico-missionaria del fratello. Viva era in famiglia anche la memoria del fratello maggiore Canciano, volato in Cielo a soli 13 anni.
Battezzato il giorno dopo la nascita (28 agosto) e cresimato nel novembre 1898, presto orfano di padre, per Costantino Vendrame – prima comunione il 21 luglio 1904 e un’infanzia trascorsa negli impegni quotidiani – la vocazione sacerdotale si delinea da bambino. Essa affonda forse le radici nell’affidamento del piccolo Costantino alla Madonna – per iniziativa della mamma –: affidamento maturato quindi in una più completa donazione.

La realtà del Seminario – che il Servo di Dio frequenta a Ceneda (Vittorio Veneto) con piena riuscita – manca però di quel respiro missionario che egli avverte proprio. Si orienta così ai Salesiani ed è nella casa salesiana di Mogliano Veneto che: “nella piccola portineria nel 1912 col buon Don Dones si decise la mia vocazione salesiana e missionaria”.
Compie dunque le tappe di formazione alla consacrazione religiosa tra i figli di don Bosco, in particolare come aspirante (dall’ottobre 1912 a Verona), novizio (dal 24 agosto 1913 a Ivrea), professo temporaneo (nel 1914) e perpetuo (dal 1° gennaio 1920 a Chioggia). Verrà ordinato sacerdote a Milano il 15 marzo 1924. Sin dall’ammissione al noviziato, è certificato «fermissimo anche nella pratica, e ben istruito». I suoi voti al Seminario erano stati sempre eccellenti ed egli fa buona riuscita nella Società di San Francesco di Sales.
L’iter preparatorio è segnato dalla ferma obbligatoria sotto le armi. Erano gli anni della Grande Guerra: 1914-1918 (per l’Italia: 1915-1918). In quei momenti il chierico Vendrame non retrocede; si apre ai superiori; tiene fede agli impegni presi. Gli anni del Primo Conflitto Mondiale forgiano ulteriormente in lui quel coraggio che tanto utile gli sarà in missione.

Missionario di fuoco

Don Costantino Vendrame riceve il crocifisso missionario nella Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino il 5 ottobre 1924. Alcune settimane più tardi si imbarca da Venezia alla volta dell’India: destinazione Assam, nel Nord-Est. Vi arriva in tempo per Natale. Su un’immaginetta scrisse: «Sacro Cuor di Gesù, tutto ho confidato in voi, tutto ho sperato da voi e non sono rimasto confuso». Con i confratelli, medita durante il viaggio Incontro al Re d’Amore: «Tutto è qui: tutto il Vangelo, tutta la Legge. Vi ho amato […]», «V’ho amato più della mia vita, perché la vita mia l’ho data per voi – e quando s’è data la propria vita, s’è dato tutto». È questo il programma del suo impegno missionario.

Rispetto ai Salesiani più giovani – che avrebbero compiuto in India la maggior parte del cammino alla consacrazione – egli vi giunge uomo fatto, nel pieno vigore: ha 31 anni e può avvantaggiarsi, oltre che della dura esperienza in guerra, del tirocinio negli oratori italiani. Lo attende una terra bella e difficile, dove il paganesimo di stampo “animista” domina e alcune sette protestanti nutrono verso la Chiesa Cattolica un atteggiamento di pregiudiziale diffidenza o aperta opposizione. Egli sceglie il contatto con la gente, decide di fare il primo passo: comincia dai bambini, cui insegna a pregare e permette di giocare. Saranno questi “piccoli amici” (pochi cattolici, alcuni protestanti, quasi tutti pagani) a parlare di Gesù e del missionario cattolico in famiglia, ad aiutare don Vendrame nell’apostolato. Lo affiancano i confratelli – che negli anni riconosceranno in lui il “pioniere” dell’attuazione missionaria salesiana in Assam – e validi collaboratori laici, formati nel tempo.
Di questo primo periodo resta traccia di un missionario di “fuoco”, animato dal solo interesse per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Il suo stile diventa quello dell’Apostolo delle genti, cui sarà paragonato per l’efficacia propulsiva dell’annuncio e la forte capacità attrattiva dei pagani a Cristo. «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (cf. 1 Cor 9,16), dice don Vendrame con la vita. Si espone a ogni usura, purché Cristo sia annunciato. Davvero anche per lui: «Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi […], pericoli dai pagani […]; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, digiuni frequenti, freddo e nudità» (cf. 2 Cor 11,26-27). Il Servo di Dio diventa camminatore nel Nord-Est India infestato da rischi d’ogni sorta; si sostenta con un regime alimentare scarsissimo; affronta rientri a notte fonda o notti trascorse quasi all’addiaccio.

Sempre in trincea
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e negli anni successivi, don Costantino Vendrame può dunque avvantaggiarsi – in frangenti di particolare fatica “ambientale” (campi militari; povertà estrema nel Sud dell’India) ed “ecclesiale” (durissime opposizioni nel Nord Est India) – di tutto un allenamento previo: sotto custodia dei Gurkha; a Deoli; a Dehra Dun; missionario a Wandiwash nel Tamil Nadu; a Mawkhar in Assam. A Deoli è “rettore” dei religiosi nel campo; anche a Dehra Dun è di esempio.
Liberato al termine della guerra, ma impossibilitato da ragioni politiche del tutto estranee alla sua persona a rientrare in Assam, don Vendrame – che aveva superato i 50 anni ed era usurato dalle privazioni – è assegnato da Mons. Louis Mathias, Arcivescovo di Madras, al Tamil Nadu. Lì don Costantino dovrà ricominciare tutto: ancora una volta, saprà farsi profondamente amare, cosciente – come scrive in una lettera del 1950 indirizzata ai confratelli sacerdoti della Diocesi di Vittorio Veneto – delle condizioni durissime del suo mandato missionario:
Egli era convinto che ovunque vi fosse del bene da fare e ovunque vi fossero anime da salvare. Rimasto “ad experimentum”, così da garantire continuità a quella missione povera, rientra infine in Assam: potrebbe riposarsi, ma si progetta di fondare la presenza cattolica a Mawkhar, quartiere di Shillong allora considerato il “fortino” dei protestanti.
Ed è proprio a Mawkhar che il Servo di Dio realizza il suo “capolavoro”: la nascita d’una comunità cattolica ancora oggi fiorente in cui – in anni lontani dall’attuale sensibilità ecumenica – la presenza cattolica fu dapprima osteggiata con durezza, quindi tollerata, poi accettata e infine stimata. L’unità e la carità testimoniante da don Vendrame furono per Mawkhar un annuncio inedito e “scandaloso”, che conquistò i cuori più duri e gli attrasse la benevolenza di molti: aveva portato il «miele di san Francesco» – cioè l’amorevolezza salesiana, ispirata alla dolcezza del Salesio – in una terra dove gli animi si erano chiusi.

Verso il traguardo
Quando i dolori alle ossa si fanno insistenti, egli ammette in una lettera: «con difficoltà ho potuto controllare il lavoro della giornata». Si dischiude l’ultimo tratto di cammino terreno. Arriva il giorno in cui chiede di controllare se fosse rimasto un po’ di cibo: richiesta unica per don Vendrame che si faceva bastare l’essenziale e, rientrando tardi, non voleva mai disturbare per la cena. Quella sera nemmeno riusciva ad articolare qualche frase: era stremato, invecchiato anzitempo. Aveva taciuto sino all’ultimo, preda di un’artrite che gli intaccò anche la colonna vertebrale.
Si profila allora il ricovero, ma a Dibrugarh: avrebbe evitato a lui il continuo accorrere della gente; alla gente il dolore di assistere impotente all’agonia del loro padre. Il Servo di Dio arriverà a svenire dal dolore: ogni movimento divenne per lui terribile.
Gli sono vicini Mons. Oreste Marengo – suo amico e antico chierico, Vescovo di Dibrugarh –, le Suore di Maria Bambina, alcuni laici, il personale medico-sanitario tra cui molte infermiere, conquistate dalla sua dolcezza.
Tutti lo riconoscono vero uomo di Dio: anche chi è non cristiano. Don Vendrame nel suo patire può dire, come Gesù: «io non sono solo, perché il Padre è con me» (cf. Gv 16,32).
Provato dalla malattia e dalle complicanze di una polmonite da stasi, muore il 30 gennaio 1957 nella vigilia della festa di san Giovanni Bosco. Pochi giorni prima (24 gennaio), nell’ultima lettera alla sorella Angela era ancora era proiettato al dinamismo apostolico, lucido nella sofferenza ma uomo di speranza sempre.
Era così povero da non aver nemmeno una vesta idonea alla sepoltura: Mons. Marengo gliene donò una sua perché fosse più degnamente rivestito. Una testimonianza racconta come in morte don Costantino fosse bello, stesse persino meglio che in vita, finalmente liberato dalle “fatiche” e dagli “strapazzi” che ne avevano segnato tanti decenni.
Dopo un primo funerale / momento di commiato a Diburgarh, le veglie funebri e le solenni esequie si svolsero a Shillong. La gente era accorsa con tanti fiori da sembrare la processione Eucaristica. Il concorso di popolo fu immenso, molti si accostarono ai sacramenti di Riconciliazione e Comunione: questo atteggiamento generalizzato di avvicinamento a Dio, anche da parte di chi se ne era allontanato, fu uno dei segni più grandi che accompagnarono la morte di don Costantino.




Cardinali salesiani

Durante la storia della Congregazione Salesiana, i papi hanno scelto alcuni suoi membri come cardinali, cioè come suoi collaboratori più stretti, nel governo della Chiesa Universale. Motivo sempre di gioia e di tristezza: gioia per l’apprezzamento del servizio svolto da certi salesiani, tristezza perché la Congregazione deve far a meno di uno dei suoi più preziosi membri.

Il nome di “cardinale” deriva dal latino e significa “cardine”, cioè un punto attorno al quale gira di solito una porta. O forse si può capire meglio se ricordiamo le virtù cardinali, ossia le virtù attorno le quali ruotano tutte le altre virtù umane.
I cardinali sono le persone che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine e che sono chiamate dal Papa a svolgere una missione accanto a lui nella Chiesa Universale, sia individualmente sia collegialmente. Ricoprono i più importanti incarichi nella Curia romana.
La loro importanza sta anche nel fatto che sono coloro che hanno la missione di eleggere il nuovo pontefice (si tratta solo degli elettori, cioè quelli che non hanno compiuto 80 anni), con il Collegio Cardinalizio riunito in Conclave, quando si verifica la Sede Vacante.
Ci sono tre gruppi di cardinali: Cardinali-vescovi, che sono i titolari delle diocesi suburbicarie (fuori dalle mura di Roma o nel circondario della città) e, per decisione successiva al Concilio Vaticano II, i patriarchi orientali elevati al cardinalato (che conservano il titolo della propria sede patriarcale); Cardinali-presbiteri – i più numerosi –, e i Cardinali-diaconi. A questi ultimi due ordini si assegnano rispettivamente titoli o diaconie (chiese) a Roma. Questi titoli onorifici rispecchiano la vicinanza che devono avere rispetto al Papa.
I Cardinali-vescovi sono di solito 6 (ci sono 6 Sedi suburbicarie), però oggi, in virtù di una dispensa papale, vengono nominati altri 4 Cardinali-vescovo ad personam (senza che il titolo cardinalizio sia elevato a titolo episcopale) e altri 2 patriarchi, in totale 12, dei quali 6 sono elettori.
I Cardinali-presbiteri sono 182, dei quali 97 sono elettori.
I Cardinali-diaconi sono 27, dei quali 16 sono elettori.
In totale sono 221 cardinali, dei quali 119 sono elettori.

Di solito i cardinali si scelgono tra i vescovi, gli arcivescovi, i metropoliti o i patriarchi, ma ci sono state nomine anche fra i sacerdoti. Papa san Giovanni Paolo II ha nominato 9 sacerdoti come cardinali, papa Benedetto XVI ha nominato 5 sacerdoti come cardinali e papa Francesco finora ha nominato 8 sacerdoti come cardinali, 10 se consideriamo l’ultimo annuncio del 9 luglio.

Il primo salesiano ad essere elevato alla dignità cardinalizia è stato l’arcivescovo Giovanni Cagliero, il 6 dicembre del 1915. Dopo di lui, altri 18 salesiani hanno ricevuto la berretta cardinalizia e il ventesimo, don Ángel FERNÁNDEZ ARTIME, la riceverà il prossimo 30 settembre. Lui è il primo Rettor Maggiore a ricevere la porpora cardinalizia.
Per molti che guardano dall’esterno la prima cosa che vedono è la dignità che implica; ma anche se è reale, papa Francesco ricorda che non è un privilegio, ma è un servizio, e il colore rosso significa che deve essere svolto fino all’effusione del sangue. Ed è un servizio non specificato che richiede la disponibilità totale. Ad Abramo, Dio ha chiesto di mettersi in cammino senza specificare dove andrà, per provare la sua fede; similmente succede anche ai nuovi cardinali.

Auguriamo al nostro Rettor Maggiore, don Ángel tante grazie dal Signore che lo guidi nella nuova missione e gli assicuriamo la nostra preghiera.

Nella speranza di far conoscere sempre più i cardinali salesiani, presentiamo di seguito l’elenco di tutti questi porporati con le date e gli incarichi più importanti che hanno avuto o che continuano a ricoprire fino ad oggi.

Giovanni CAGLIERO  
Nato 11.01.1838, Castelnuovo d’Asti, Italia
Ordinato sacerdote 14.06.1862
Consacrato Vescovo 07.12.1884
Creato Cardinale 06.12.1915
Stemma  
Motto Recto fixus Calli ero
Vicario Apostolico della Patagonia Settentrionale (Argentina) 30.09.1884 – 24.03.1904
Vescovo titolare di Magyddus 30.10.1884 – 24.03.1904
Arcivescovo titolare di Sebastia 24.03.1904 – 06.12.1915
Delegato apostolico in Costa Rica, Nicaragua e Honduras 07.08.1908 – 06.12.1915
Cardinale-Parroco di S. Bernardo alle Terme 09.12.1915 – 16.12.1920
Cardinale vescovo di Frascati 16.12.1920 – 28.02.1926
Fu ispettore per 2 anni, vescovo per 41 anni di cui 10 Cardinale  
Morto 28.02.1926, Roma, Italia, † 88
   
Agosto HLOND, Venerabile  
Nato 05.07.1881, Brzęczkowice, Polonia
Ordinato sacerdote 23.09.1905
Consacrato Vescovo 03.01.1926
Creato Cardinale 20.06.1927
Stemma  
Motto Da mihi animas cetera tolle
Amministratore apostolico dell’Alta Slesia (Polonia) 07.11.1922 – 28.10.1925
Vescovo di Katowice (Polonia) 28.10.1925 – 24.06.1926
Presidente della Conferenza Episcopale della Polonia 1926 – 22.10.1948
Arcivescovo metropolita di Poznań (Polonia) 24.06.1926 – 03.05.1946
Arcivescovo metropolita di Gniezno (Polonia) 24.06.1926 – 22.10.1948
Cardinale-Presbitero di S. Maria della Pace 22.12.1927 – 22.10.1948
Fondatore della Società di Cristo per gli immigrati polacchi 08.09.1932
Arcivescovo metropolita di Warszawa (Polonia) 13.06.1946 – 22.10.1948
Cardinale e religioso dei Salesiani di San Giovanni Bosco  
Servus Dei. Fu per 3 anni ispettore, per 3 anni amministratore apostolico, per 23 anni Arcivescovo di Warszawa e per 21 anni Cardinale primate di Polonia. E’ in corso la causa di canonizzazione  
Morto 22.10.1948, Varsavia, Polonia, † 67
   
Raúl SILVA HENRÍQUEZ  
Nato 27.09.1907, Talca, Chile
Ordinato sacerdote 03.07.1938
Consacrato Vescovo 29.11.1959
Creato Cardinale 19.03.1962
Stemma  
Motto Caritas christi urget nos
Vescovo di Valparaíso (Cile) 24.10.1959 – 14.05.1961
Arcivescovo metropolita di Santiago (Cile) 14.05.1961 – 03.05.1983
Presidente di Caritas Internationalis 1962 – 1965
Cardinale-Presbitero di S. Bernardo alle Terme 22.03.1962 – 09.04.1999
Presidente della Conferenza episcopale del Cile 1963 – 1968
Presidente della Conferenza Episcopale del Cile 1972 – 1976
Fu vescovo di Valparaiso per 3 anni, arcivescovo di Santiago del Cile per 11 anni e cardinale per 22 anni  
Morto 09.04.1999, Santiago, Chile, † 91
   
Stepán TRÓCHTA  
Nato 26.03.1905, Francova Lhota, Repubblica Ceca
Ordinato sacerdote 29.06.1932
Consacrato Vescovo 16.11.1947
Creato Cardinale in pectore 28.04.1969
Rivelato come cardinale 05.03.1973
Stemma  
Motto Actio sacrificium caritas
Vescovo di Litoměřice (Cechia) 27.09.1947 – 06.04.1974
Cardinale-Presbitero di S. Giovanni Bosco in Via Tuscolana 12.04.1973 – 06.04.1974
Fu vescovo di Litoměřice (Cechia) per 26 anni e Cardinale per 5 anni  
Morto 06.04.1974, Litoměřice, Repubblica Ceca, † 69
   
Ignacio Antonio VELASCO GARCÍA  
Nato 17.01.1929, Acarigua, Venezuela
Ordinato sacerdote 17.12.1955
Consacrato Vescovo 06.01.1990
Creato Cardinale 21.02.2001
Stemma  
Motto Servus Christi pro fratribus
Vescovo titolare di Utimmira 23.10.1989 – 27.05.1995
Vicario apostolico di Puerto Ayacucho (Venezuela) 23.10.1989 – 27.05.1995
Amministratore Apostolico di San Fernando de Apure (Venezuela) 27.05.1992 – 12.07.1994
Arcivescovo metropolita di Caracas (Venezuela) 27.05.1995 – 06.07.2003
Cardinale-Presbitero di S. Maria Domenica Mazzarello 21.02.2001 [24.05.2001] – 06.07.2003
Fu ispettore per 6 anni, consigliere regionale per 6 anni, vescovo per 13 anni, e Cardinale per 2 anni  
Morto 06.07.2003, Caracas, Venezuela, † 74
   
Alfons Maria STICKLER  
Nato 23.08.1910, Neunkirchen, Austria
Ordinato sacerdote 27.03.1937
Consacrato Vescovo 01.11.1983
Creato Cardinale 25.05.1985
Stemma  
Motto Omnia et in omnibus Christus
Rettore Magnifico dell’Ateneo Pontificio Salesiano 1958 – 1966
Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana 1971 – 07.09.1983
Arcivescovo titolare di Bolsena 07.09.1983 – 25.05.1985
Pro-Librario della Biblioteca Apostolica Vaticana 07.09.1983 – 27.05.1985
Pro-Archivista dell’Archivio Segreto Vaticano 09.07.1984 – 27.05.1985
Cardinale-diacono di S. Giorgio in Velabro 25.05.1985 – 29.01.1996
Archivista dell’Archivio Segreto Vaticano 27.05.1985 – 01.07.1988
Bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana 27.05.1985 – 01.07.1988
Cardinale-Parroco di S. Giorgio in Velabro 29.01.1996 – 12.12.2007
Fu Arcivescovo titolare di Bolsena per 2 anni e Cardinale per 22 anni  
Morto 12.12.2007, Stato della Città del Vaticano, † 97
   
Rosalio José CASTILLO LARA  
Nato 04.09.1922, San Casimiro, Venezuela
Ordinato sacerdote 04.09.1949
Consacrato Vescovo 24.05.1973
Creato Cardinale 25.05.1985
Stemma  
Motto Misericordia et veritas
Vescovo coadiutore di Trujillo (Venezuela) 26.03.1973 – 05.10.1981
Vescovo titolare di Præcausa 26.03.1973 – 26.05.1982
Segretario della Pontificia Commissione per la revisione del Codice di Diritto Canonico 12.02.1975 – 22.05.1982
Presidente della Commissione disciplinare della Curia romana 05.10.1981 – 1990
Pro-Presidente della Pontificia Commissione per l’Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico 22.05.1982 – 18.01.1984
Arcivescovo titolare di Præcausa 26.05.1982 – 25.05.1985
Pro-Presidente della Pontificia Commissione per l’Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico 18.01.1984 – 27.05.1985
Cardinale-diacono di Nostra Signora di Coromoto in S. Giovanni di Dio 25.05.1985 – 29.01.1996
Presidente del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi 27.05.1985 – 06.12.1989
Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica 06.12.1989 – 24.06.1995
Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano 31.10.1990 – 14.10.1997
Cardinale-Presbitero di Nostra Signora di Coromoto in S. Giovanni di Dio 29.01.1996 – 16.10.2007
Fu presidente della Commissione Pontificia per lo Stato della Città del Vaticano per 7 anni  
Morto 16.10.2007, Caracas, Venezuela, † 85
   
Miguel OBANDO BRAVO  
Nato 02.02.1926, La Libertad, Nicaragua
Ordinato sacerdote 10.08.1958
Consacrato Vescovo 31.03.1968
Creato Cardinale 25.05.1985
Stemma  
Motto Omnibus omnia factus
Vescovo titolare di Putia in Byzacena 18.01.1968 – 16.02.1970
Vescovo ausiliare di Matagalpa (Nicaragua) 18.01.1968 – 16.02.1970
Arcivescovo metropolita di Managua (Nicaragua) 16.02.1970 – 01.04.2005
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1971 – 1975
Presidente del Segretariato episcopale dell’America centrale e di Panama 1976 – 1981
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1979 – 1983
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1985 – 1989
Cardinale-Presbitero di S. Giovanni Evangelista a Spinaceto 25.05.1985 – 03.06.2018
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1993 – 1997
Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua 1999 – 2005
Fu per 2 anni Vescovo ausiliare di Matagalfa, per 15 anni Vescovo di Managua, per 15 anni Cardinale  
Morto 03.06.2018, Managua, Nicaragua, † 92
   
Antonio María JAVIERRE ORTAS  
Nato 21.02.1921, Siétamo, Spagna
Ordinato sacerdote 24.04.1949
Consacrato Vescovo 29.06.1976
Creato Cardinale 28.06.1988
Stemma  
Motto Ego vobiscum sum
Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana 1971 – 1974
Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica 20.05.1976 – 26.05.1988
Arcivescovo titolare di Meta 20.05.1976 – 28.06.1988
Cardinale-diacono di S. Maria Liberatrice a Monte Testaccio 28.06.1988 – 09.01.1999
Archivista dell’Archivio Segreto Vaticano 01.07.1988 – 24.01.1992
Bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana 01.07.1988 – 24.01.1992
Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti 24.01.1992 – 21.06.1996
Cardinale-Presbitero di S. Maria Liberatrice a Monte Testaccio 09.01.1999 [24.04.1999] – 01.02.2007
Fu arcivescovo titolare di Meta per 12 anni e Cardinale per 18 anni  
Morto 01.02.2007, Roma, Italia, † 85
   
Óscar Andrés RODRÍGUEZ MARADIAGA  
Nato 29.12.1942, Tegucigalpa, Honduras
Ordinato sacerdote 28.06.1970
Consacrato Vescovo 08.12.1978
Creato Cardinale 21.02.2001
Stemma  
Motto Mihi vivere Christus est
Vescovo titolare di Pudentiana 28.10.1978 – 08.01.1993
Vescovo ausiliare di Tegucigalpa (Honduras) 28.10.1978 – 08.01.1993
Segretario Generale della Conferenza Episcopale dell’Honduras 1980 – 1988
Amministratore Apostolico di Santa Rosa de Copán (Honduras) 1981 – 27.01.1984
Segretario generale del Consiglio episcopale latinoamericano 1987 – 1991
Amministratore Apostolico di San Pedro Sula (Honduras) 1993 – 11.11.1994
Arcivescovo metropolita di Tegucigalpa (Honduras) 08.01.1993 – 26.01.2023
Presidente del Consiglio episcopale latinoamericano 1995 – 1999
Presidente della Conferenza episcopale dell’Honduras 1996 – 13.06.2016
Cardinale-Presbitero di S. Maria della Speranza 21.02.2001 [27.05.2001] – …
Presidente di Caritas Internationalis 05.06.2007 [09.06.2007] – 15.05.2015
Coordinatore del Consiglio dei Cardinali 13.04.2013 – 07.03.2023
Cardinale emerito 2023
Anni 80
   
Tarcisio BERTONE  
Nato 02.12.1934, Romano Canavese, Italia
Ordinato sacerdote 01.07.1960
Consacrato Vescovo 01.08.1991
Creato Cardinale 21.10.2003
Stemma  
Motto Fidem custodire concordiam servare
Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana 01.06.1989 – 04.06.1991
Arcivescovo metropolita di Vercelli (Italia) 04.06.1991 – 13.06.1995
Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede 13.06.1995 – 10.12.2002
Arcivescovo metropolita di Genova (Italia) 10.12.2002 – 29.08.2006
Cardinale-Presbitero di S. Maria Ausiliatrice in Via Tuscolana 21.10.2003 [24.03.2004] – 10.05.2008
Segretario di Stato della Segreteria di Stato 15.09.2006 – 15.10.2013
Presidente della Commissione Interdicasteriale sulle Chiese particolari 15.09.2006 – 15.10.2013
Presidente della Commissione Interdicasteriale per la Chiesa nell’Europa Orientale 15.09.2006 – 15.10.2013
Cardinale Protettore della Pontificia Accademia Ecclesiastica 15.09.2006 – 15.10.2013
Membro della Commissione cardinalizia di vigilanza sull’Istituto per le Opere di Religione 14.10.2006 – .03.2008
Camerlengo di Santa Romana Chiesa della Camera Apostolica 04.04.2007 – 20.12.2014
Presidente della Commissione cardinalizia di vigilanza sull’Istituto per le Opere di Religione 03.2008 – 15.01.2014
Cardinale vescovo di Frascati 10.05.2008 [03.10.2009] – …
Cardinale Camerlengo emerito di S.R.C. 2014
Anni 88
   
Giuseppe ZEN ZE-KIUN  
Nato 13.01.1932, Shanghai, Cina
Ordinato sacerdote 11.02.1961
Consacrato Vescovo 09.12.1996
Creato Cardinale 24.03.2006
Stemma  
Motto Ipsi cura est
Cardinale-Presbitero di S. Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca  
Vescovo coadiutore di Hong Kong 13.09.1996 – 23.09.2002
Vescovo di Hong Kong 23.09.2002 – 15.04.2009
Cardinale-Presbitero di S. Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca 24.03.2006 [31.05.2006] – …
Cardinale emerito di Hong Kong  
Anni 91
   
Raffaele FARINA  
Nato 24.09.1933, Buonalbergo, Italia
Ordinato sacerdote 01.07.1958
Consacrato Vescovo 16.12.2006
Creato Cardinale 24.11.2007
Stemma  
Motto Dominus spes nostra
Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana 1977 – 1983
Segretario del Pontificio Comitato di Scienze Storiche 1981 – 1989
Sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura 1986 – 1991
Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana 1991 – 1997
Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana 25.05.1997 – 25.06.2007
Vescovo titolare di Oderzo 15.11.2006 – 25.06.2007
Arcivescovo titolare di Oderzo 25.06.2007 – 24.11.2007
Archivista dell’Archivio Segreto Vaticano 25.06.2007 – 09.06.2012
Bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana 25.06.2007 – 09.06.2012
Cardinale-diacono di S. Giovanni della Pigna 24.11.2007 [05.04.2008] – 19.05.2018
Presidente della Pontificia Commissione di Riferimento per l’Istituto per le Opere di Religione 24.06.2013 – 22.05.2014
Cardinale-Presbitero di S. Giovanni della Pigna 19.05.2018 – …
Cardinale emerito 2014
Anni 89
   
Angelo AMATO  
Nato 08.06.1938, Molfetta, Italia
Ordinato sacerdote 22.12.1967
Consacrato Vescovo 06.01.2003
Creato Cardinale 20.11.2010
Stemma  
Motto Sufficit gratia mea
Prorettore dell’Università Pontificia Salesiana 01.10.1991 – 02.12.1991
Prelato-Segretario della Pontificia Accademia di Teologia 1999 – 19.12.2002
Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede 19.12.2002 – 09.07.2008
Arcivescovo titolare della Sila 19.12.2002 – 20.11.2010
Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi 09.07.2008 – 31.08.2018
Cardinale diacono di S. Maria in Aquiro 20.11.2010 [11.02.2011] – 03.05.2021
Cardinale-Presbitero di S. Maria in Aquiro 03.05.2021 – …
Cardinale emerito 2018
Anni 85
   
Ricardo EZZATI ANDRELLO  
Nato 07.01.1942, Campiglia dei Berici, Italia
Ordinato sacerdote 18.03.1970
Consacrato Vescovo 08.09.1996
Creato Cardinale 22.02.2014
Stemma  
Motto Para evangelizar
Vescovo di Valdivia (Cile) 28.06.1996 – 10.07.2001
Vescovo titolare di La Imperial 10.07.2001 – 27.12.2006
Vescovo ausiliare di Santiago (Cile) 10.07.2001 – 27.12.2006
Arcivescovo metropolita di Concepción (Cile) 27.12.2006 – 15.12.2010
Presidente della Conferenza episcopale del Cile .11.2010 – 11.11.2016
Arcivescovo metropolita di Santiago (Cile) 15.12.2010 – 23.03.2019
Cardinale-Presbitero del SS. Redentore a Valmelaina 22.02.2014 [11.10.2014] – …
Cardinale emerito 2019
Anni 81
   
Carlo MAUNG BO  
Nato 29.10.1948, Mohla, Myanmar
Ordinato sacerdote 09.04.1976
Consacrato Vescovo 16.12.1990
Creato Cardinale 14.02.2015
Stemma  
Motto Omnia possum in Eo
Amministratore Apostolico di Lashio (Myanmar) 1985 – 1986
Prefetto apostolico di Lashio (Myanmar) 1986 – 07.07.1990
Vescovo di Lashio (Myanmar) 07.07.1990 – 13.03.1996
Vescovo di Pathein (Myanmar) 13.03.1996 – 24.05.2003
Presidente della Conferenza episcopale cattolica di Myanmar 2000 – 2006
Arcivescovo metropolita di Yangon (Myanmar) 24.05.2003 – …
Cardinale-Presbitero di S. Ireneo a Centocelle 14.02.2015 [21.10.2015] – …
Presidente della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia 16.11.2018 [01.01.2019] – …
Presidente della Conferenza episcopale del Myanmar 2020 – …
Amministratore Apostolico di Myitkyina (Myanmar) 18.11.2020 – …
Anni 74
   
Daniel Fernando STURLA BERHOUET  
Nato 04.07.1959, Montevideo, Uruguay
Ordinato sacerdote 21.11.1987
Consacrato Vescovo 04.03.2012
Creato Cardinale 14.02.2015
Stemma  
Motto Servir al Señor con alegría
Vescovo titolare di Phelbes e 10.12.2011 – 11.02.2014
Vescovo ausiliare di Montevideo (Uruguay) 10.12.2011 – 11.02.2014
Arcivescovo Metropolita di Montevideo (Uruguay) 11.02.2014 – …
Cardinale-Presbitero di S. Galla 14.02.2015 [17.05.2015] – …
Vicepresidente della Conferenza episcopale dell’Uruguay 16.11.2021 [01.04.2022] – …
Anni 64
   
Cristóbal LÓPEZ ROMERO  
Nato 19.05.1952, Vélez-Rubio, Spagna
Ordinato sacerdote 19.05.1979
Consacrato Vescovo 10.03.2018
Creato Cardinale 05.10.2019
Stemma  
Motto Adveniat Regnum Tuum
Arcivescovo di Rabat (Marocco) 29.12.2017 – …
Amministratore Apostolico di Tánger (Marocco) 24.05.2019 – 25.02.2022
Cardinale-Presbitero di S. Leone I 05.10.2019 [16.02.2020] – …
Presidente della Conferenza Episcopale Regionale del Nord Africa 15.02.2022 – …
Anni 71
   
Virgilio DO CARMO DA SILVA  
Nato 27.11.1967, Venilale, Timor-Este
Ordinato sacerdote 18.12.1998
Consacrato Vescovo 19.03.2016
Creato Cardinale 27.08.2022
Stemma  
Motto Ad Deum Patrem Omnipotentem
Vicepresidente della Conferenza Episcopale di Timor 2016 – …
Vescovo di Díli (Timor Est) 30.01.2016 – 11.09.2019
Arcivescovo Metropolita di Díli (Timor Est) 11.09.2019 – …
Cardinale-Presbitero di S. Alberto Magno 27.08.2022 [07.05.2023] – …
Anni 55
   
Ángel FERNÁNDEZ ARTIME  
Nato 21.08.1960, Gozón-Luanco, Spagna
Ordinato sacerdote 04.07.1987
Creato Cardinale 30.09.2023
Consacrato Vescovo 2024 – ?
Stemma  
Motto Sufficit tibi gratia mea
Anni 63



Stemma del cardinal Ángel Fernández Artime

Presentiamo la Stemma di Sua Eminenza Reverendissima, il signor cardinale Ángel FERNÁNDEZ ARTIME SdB, Rettor Maggiore della Pia Società di San Francesco di Sales (Salesiani di don Bosco).

Ogni clerico che viene nominato dal papa come cardinale deve comporsi uno stemma che lo rappresenti.
Uno stemma non è una semplice formalità tradizionale. Rappresenta lo più importante per una persona, una famiglia o un’istituzione, e permette la identificazione al largo dello spazio e del tempo. Sono apparse, secondo alcune ricerche, nella epoca delle Crociate, quando i cavalieri cristiani le applicavano sugli abiti, sulle bardature dei cavalli, sugli scudi e sugli stendardi, per riconoscere chiaramente gli alleati e gli avversari. Dopo, sono diversificate e sono passate alle famiglie nobiliari e anche nella Chiesa, tanto che è apparsa anche una scienza, araldica, che si occupa del loro studio.
Nella Chiesa, gli stemmi ecclesiastici sono stati standardizzati nel 1905, dal papa san Pio X, nel motu proprio “Inter multiplices cura”. Così, uno stemma ecclesiastico comprende uno scudo personale (blasone), numerosi ornamenti esterni che riprendono le insegne delle dignità a cui si riferiscono (quello del cardinale è un galero rosso con 15 nappe rosse), e un motto personale, di solito in latino, come una dichiarazione di fede. Gli elementi dello stemma fanno riferimenti al nome del titolare, alle sue origini, alla sua sede e ai simboli religiosi che richiamano messaggi teologici e valori spirituali o sintetizzano ideali di vita e programmi pastorali.

BLASONATURA
“D’argento, cappato[i] di azzurro. Nel I alla caratteristica figura di Gesù buon Pastore, presente nelle Catacombe di San Callisto, in Roma, il tutto al naturale[ii]; Nel II al monogramma MA, d’oro, timbrato[iii] da una corona dello stesso; nel III all’ancora di due uncini[iv], d’argento, cordata di rosso. Lo scudo è timbrato da un cappello[v] con cordoni e nappe di rosso. Le nappe, in numero di trenta, sono disposte quindici per parte, in cinque ordini di 1, 2, 3, 4, 5[vi], Sotto lo scudo, nella lista d’argento, il motto in lettere maiuscole di nero: “SUFFICIT TIBI GRATIA MEA”.

ESEGESI
“L’uomo medievale (…) vive in una ‘foresta di simboli’. L’ha detto sant’Agostino: il mondo si compone di ‘signa’ e di ‘res’, di segni, ossia di simboli, e di cose. Le ‘res’ che sono la vera realtà restano nascoste; l’uomo afferra solo dei segni. Il libro essenziale, la Bibbia, racchiude una struttura simbolica. A ciascun personaggio, a ciascun avvenimento del Vecchio Testamento corrisponde un personaggio, un avvenimento del Nuovo Testamento. L’uomo medievale è continuamente impegnato a ‘decifrare’, e questo rafforza la sua dipendenza dai chierici, dotti nel campo del simbolismo. Il simbolismo presiede all’arte e in particolare all’architettura in cui la chiesa è prima di tutto una struttura simbolica. S’impone in politica, dove il peso delle cerimonie simboliche come la consacrazione del re è considerevole, dove le bandiere, le armi, gli emblemi, hanno un’importanza fondamentale. Regna in letteratura, dove spesso assume la forma dell’allegoria”[vii].
Gesti e simboli rimandano, quindi, a qualche cosa di più profondo: a un messaggio, a un valore, a un’idea che oltrepassa il segno stesso.

“Nella vita umana segni e simboli occupano un posto importante. In quanto essere corporale e spirituale insieme, l’uomo esprime e percepisce le realtà spirituali attraverso segni e simboli materiali. In quanto essere sociale, l’uomo ha bisogno di segni e simboli per comunicare con gli altri per mezzo del linguaggio, di gesti, di azioni. La stessa cosa avviene nella sua relazione con Dio”[viii].

“Il dotto e famoso araldista Goffredo di Crollalanza in Genesi e Storia del Linguaggio Blasonico (1876) tra l’altro scrive; ‘L’araldica ebbe la cavalleria per autore, il bisogno per movente, il trofeo per scopo, i tornei e le crociate per occasione, il campo di battaglia per culla, l’armatura per campo, il disegno per mezzo, il simbolo per ausiliare, il creato per materia, l’ideologia per concetto, il blasone per conseguenza. Ed aggiunge: ‘Il blasone non è l’illustrazione; come la mente non è l’anima, ma la manifestazione dell’anima”[ix].

“L’araldica è un linguaggio complesso e particolare costituito da una miriade di figure e lo stemma è un contrassegno che deve esaltare una particolare impresa, un fatto importante, un’azione da perpetuare.

Questa scienza documentaria della storia dapprima era riservata ai cavalieri ed ai partecipanti ai fatti d’armi, sia guerreschi che sportivi, che si rendevano riconoscibili grazie allo stemma, posto sullo scudo, sull’elmo, sulla bandiera e anche sulla gualdrappa, rappresentante l’unico modo per distinguersi gli uni dagli altri.

L’araldica dei cavalieri venne quasi subito imitata dalla Chiesa, anche se gli enti ecclesiastici in periodo pre-araldico avevano già propri segni distintivi, tanto che al sorgere dell’araldica, nel secolo XII, tali figure assunsero i colori e l’aspetto propri di quella simbologia.

L’araldica ecclesiastica al nostro tempo è viva, attuale e largamente utilizzata. Per un prelato, tuttavia, l’uso di uno stemma deve oggi essere definito quale simbolo, figura allegorica, espressione grafica, sintesi e messaggio del suo ministero.

Occorre ricordare che agli ecclesiastici fu sempre vietato l’esercizio della milizia e il porto delle armi e per tale motivo non si sarebbe dovuto adottare il termine ‘scudo’ o ‘arme’ propri dell’araldica; tuttavia va detto che sino a tempi recenti gli ecclesiastici usavano il loro stemma di famiglia, molto spesso privo di qualunque simbologia religiosa.

La stessa simbologia della Chiesa Romana è attinta dal Vangelo ed è rappresentata dalle chiavi consegnate da Cristo all’apostolo Pietro.

L’araldica ecclesiastica al nostro tempo è viva, attuale e largamente utilizzata. Per un porporato, l’uso di uno stemma deve oggi essere definito quale simbolo, figura allegorica, espressione grafica, sintesi e messaggio del suo ministero”[x].

Nel primo periodo gli stemmi ecclesiastici risultavano con lo scudo timbrato dalla mitria con le infule svolazzanti; con il passare del tempo si consoliderà, invece, alla sommità dello scudo il cappello prelatizio con i cordoni e i vari ordini di nappe o fiocchi, di diverso numero secondo la dignità, il tutto di verde se vescovi, arcivescovi e patriarchi, il tutto di rosso se cardinali di Santa Romana Chiesa.

Annotiamo, inoltre, che con “L’Istruzione sulle vesti, i titoli e gli stemmi dei cardinali, dei vescovi e dei prelati inferiori” del 31 marzo 1969, a firma del cardinale segretario di Stato Amleto Cicognani, all’art. 28 si recita testualmente: “Ai cardinali e ai vescovi è permesso l’uso dello stemma. La configurazione di tale stemma dovrà essere conforme alle norme che regolano l’araldica e risultare opportunamente semplice e chiaro. Dallo stemma si tolgono sia il pastorale che la mitra”[xi].

Nel successivo art. 29 si precisa che ai cardinali è permesso di far apporre il proprio stemma sulla facciata della chiesa che è attribuita loro come titolo o diaconia.

Gli eccellentissimi e reverendissimi vescovi timbrano, infatti, lo scudo, accollato ad una croce astile semplice (a una traversa), d’oro, trifogliata, posta in palo, con il cappello, cordoni e nappe di verde. I fiocchi in numero di dodici sono disposti sei per parte, in tre ordini di 1, 2, 3.

Gli eccellentissimi e reverendissimi arcivescovi timbrano lo scudo, accollato ad una croce astile patriarcale d’oro, trifogliata, posta in palo, con il cappello, cordoni e nappe di verde. I fiocchi, in numero di venti, sono disposti dieci per parte, in quattro ordini di 1, 2, 3, 4.

Gli eccellentissimi e reverendissimi patriarchi timbrano lo scudo, accollato ad una croce astile patriarcale d’oro, trifogliata, posta in palo, con il cappello, cordoni e nappe di verde. I fiocchi, in numero di trenta, sono disposti quindici per parte, in cinque ordini di 1, 2, 3, 4, 5[xii].

Gli eminentissimi e reverendissimi signori cardinali di Santa Romana Chiesa timbrano lo scudo, accollato ad una croce astile patriarcale d’oro, trifogliata, posta in palo, con il cappello, cordoni e nappe di rosso. I fiocchi in numero di trenta sono disposti quindici per parte, in cinque ordini di 1, 2, 3, 4, 5.

L’origine e l’uso dei cappelli di verde, per i patriarchi, arcivescovi e vescovi, si vuole derivato dalla Spagna, dove, nel Medioevo, i prelati usavano un cappello di verde. Per tale motivo gli scudi dei vescovi, arcivescovi e patriarchi risultano timbrati con un cappello di verde.

Nel 1245, nel corso del Concilio di Lione, il papa Innocenzo IV (1243-1254) concesse ai cardinali un cappello di rosso, quale particolare distintivo d’onore e di riconoscimento tra gli altri prelati, da usarsi nelle cavalcate in città. Lo prescrisse di rosso per ammonirli a essere sempre pronti a spargere il proprio sangue per difendere la libertà della Chiesa e del popolo cristiano. Ed è per questo motivo che dal XIII secolo i cardinali timbrano il loro scudo con un cappello di rosso, ornato di cordoni e di nappe dello stesso colore.

Infine, l’eminentissimo e reverendissimo signor cardinale camerlengo di Santa Romana Chiesa porta lo scudo con lo stesso cappello degli altri cardinali, ma timbrato dal gonfalone papale, durante munere, ossia durante la sede vacante apostolica. Il gonfalone papale o stendardo papale, chiamato anche basilica, è a forma di ombrellone a gheroni rossi e gialli con i pendenti tagliati a vajo e di colori contrastati, sostenuto da un’asta a forma di lancia coll’arresto ed è attraversata dalle chiavi pontificie una d’oro e l’altra d’argento, decussate, addossate, con gli ingegni rivolti verso l’alto, legate da nastro di rosso.

Gli stessi colori di verde o di rosso vanno usati, altresì, nell’inchiostro dei sigilli e negli stemmi riportati negli atti, quest’ultimi con i previsti segni convenzionali indicanti gli smalti.

La blasonatura – descrizione araldica – dello stemma del cardinale Ángel FERNÁNDEZ ARTIME SdB non porta lo scudo accollato a una croce astile, d’oro, posta in palo, perché non è vescovo. Verrà consacrato nell’ordine episcopale, il prossimo anno, dopo la cessazione dal servizio di Rettor Maggiore dei Salesiani di don Bosco e in tale momento al suo scudo verrà accollata una croce astile, posta in palo.

L’Antico ed il Nuovo Testamento, la Patristica, i legendaria dei Santi, la Liturgia hanno offerto, nei secoli, alla Chiesa i temi più svariati per i suoi simboli, destinati a divenire figure araldiche.

Quasi sempre tali simboli alludono a compiti pastorali o di apostolato degli istituti ecclesiastici, sia secolari che regolari, oppure tendono ad indicare la missione del clero, richiamano antiche tradizioni di culto, memorie di santi patroni, pie devozioni locali.

GLI SMALTI
Una delle norme fondamentali che regola l’araldica asserisce che chi ha meno ha più, con riguardo alla composizione degli smalti, figure e positure dello scudo.
E l’arme che ora andremo a esaminare è composta dai metalli oro e argento e dai colori d’azzurro e di rosso.

Cercare il proprio stemma, quindi, quello vero, da poter innalzare come vessillo, con il quale segnare le proprie carte, comprenderne compiutamente i simboli, non è, in qualche modo, cercare sé stessi, la propria immagine, la propria dignità?
Ecco come un atto, che potrebbe essere letto solo formalmente, può acquisire invece un significato simbolico e fortemente pregnante.

D’oro, d’argento, d’azzurro e di rosso, quindi, sono gli smalti che figurano nello stemma dell’em.mo cardinale Ángel FERNÁNDEZ ARTIME SdB., ma quali simboli racchiudono e sprigionano tali smalti, quali messaggi ne derivano per l’uomo, spesso frastornato, giunto, oramai, al XXI secolo?

I “metalli”, di oro e d’argento, araldicamente rappresentano e ricordano le antiche armature dei cavalieri che, secondo il rispettivo grado di nobiltà, erano appunto dorate o argentate; l’oro, inoltre, è simbolo della regalità divina, mentre l’argento allude a Maria. Il “colore” d’azzurro ricorda il mare attraversato dai crociati per portarsi in Terra Santa, mentre il di rosso che era considerato, da molti araldisti, il primo fra i colori dell’arme, il sangue vivo versato dai crociati.

Addentrandoci più specificatamente nel simbolismo araldico degli “smalti”, ricordiamo che fra i “metalli”, l’oro rappresenta la Fede fra le virtù, il sole fra i pianeti, il leone nei segni zodiacali, luglio fra i mesi, la domenica fra i giorni della settimana, il topazio fra le pietre preziose, l’adolescenza sino ai vent’anni fra le età dell’uomo, il girasole fra i fiori, il sette fra i numeri e se stesso fra i metalli; l’argento rappresenta la Speranza fra le virtù, la luna fra i pianeti, il cancro nei segni zodiacali, giugno fra i mesi, il lunedì fra i giorni della settimana, la perla fra le pietre preziose, l’acqua fra gli elementi, l’infanzia sino a sette anni fra le età dell’uomo, il flemmatico fra i temperamenti, il giglio fra i fiori, il due fra i numeri e se stesso fra i metalli.

Fra i “colori”, l’azzurro, simboleggia la Giustizia fra le virtù, Giove fra i pianeti, il toro e la bilancia nei segni zodiacali, aprile e settembre fra i mesi, il martedì fra i giorni della settimana, lo zaffiro fra le pietre preziose, l’aria fra gli elementi, l’estate fra le stagioni, la fanciullezza sino ai quindici anni fra le età dell’uomo, il collerico fra i temperamenti, la rosa fra i fiori, il sei fra i numeri e lo stagno fra i metalli, mentre il di rosso, la Carità fra le virtù teologali, Marte fra i pianeti, l’ariete e lo scorpione nei segni zodiacali, marzo e ottobre fra i mesi, il mercoledì fra i giorni della settimana, il rubino fra le pietre preziose, il fuoco fra gli elementi, l’autunno fra le stagioni, la virilità sino a cinquant’anni fra le età dell’uomo, il sanguigno fra i temperamenti, il garofano fra i fiori, il tre fra i numeri e il rame fra i metalli.

Il rosso: “è anche un ricordo dell’Oriente e delle spedizioni d’oltremare, come pure dimostra giustizia, crudeltà e collera. Ignescunt irae, disse Virgilio. Finalmente, siccome dagli antichi era consacrato a Marte, significa slanci d’animo intrepido, grandioso e forte. Gli Spagnoli chiamano il campo rosso ‘sangriento’, ossia sanguinoso, perché richiama alla memoria le battaglie sostenute contro i Mori. Un nome analogo lo troviamo in Germania nel blütige Fahne, vexillum, cruentum, campo tutto rosso senza alcuna figura, che indica i diritti di regalìa, e si trova nell’armi di Prussia, d’Anhalt, ecc. Il rosso è coll’azzurro uno dei due colori più usati nel blasone; ma più frequentemente si trova nelle armi di famiglie borgognone, normanne, guascone, brettone, spagnole, inglesi, italiane e polacche… Nelle bandiere il rosso rappresenta ardire e valore, e pare sia stato adottato in principio dagli adoratori del fuoco”[xiii].

 Fra i “colori”, “al naturale” è “una figura riprodotta con il suo colore naturale (ossia come si presenta in natura) e non come uno smalto araldico”[xiv].

Ci preme evidenziare che fu necessario, altresì, creare dei segni convenzionali per comprendere e individuare gli “smalti” dello scudo, quando lo stemma risulta riprodotto nei sigilli e nelle stampe in bianco e nero. Così gli araldisti, nel tempo, usarono vari sistemi; ad esempio, scrissero nei vari campi occupati dagli smalti, l’iniziale della prima lettera corrispondente al colore dello smalto, oppure individuarono i colori con l’iscrivere le prime sette lettere dell’alfabeto o, ancora riprodussero, sempre nei campi dello smalto, i primi sette numeri cardinali.

Nel XVII secolo, l’araldista francese Vulson de la Colombière propose, invece, dei particolari segni convenzionali per riconoscere il colore degli smalti negli scudi riprodotti in bianco e nero. L’araldista padre Silvestro di Pietrasanta della Compagnia di Gesù, per primo, ne fece uso nella sua opera Tesserae gentilitiae ex legibus fecialium descriptae, diffondendone, così, la conoscenza e l’uso.

Tale sistema di classificazione, tuttora usato, identifica il rosso con fitte linee perpendicolari, l’azzurro con orizzontali, il verde con diagonali da sinistra a destra, il porpora con diagonali da destra a sinistra, il nero con orizzontali e verticali incrociate, mentre l’oro si rende punteggiato e l’argento senza tratteggio.

Per rappresentare il colore “al naturale” alcuni araldisti prevedono altri segni convenzionali, ma intendiamo sposare la tesi dell’araldista Goffredo di Crollalanza dove, per il colore “al naturale”, dopo aver ricordato che si può porre sopra metallo e sopra colore indifferentemente, senza ledere la legge della sovrapposizione degli smalti, chiarisce che si esprime[xv] nei disegni lasciando in bianco il pezzo e ombreggiando la figura nei luoghi acconci.

Dello stesso avviso è stato anche l’insigne araldista arcivescovo mons. Bruno Bernard Heim, che negli stemmi pontificali dei Papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I da Lui ideati, in quelli riprodotti in bianco e nero, nel capo patriarcale di Venezia raffigura il leone marciano senza alcun segno convenzionale, alla presenza di un capo tra i più famosi e belli.

LE FIGURE

Gesù buon Pastore
La figura di Gesù buon Pastore risponde a un’aspirazione profonda dell’uomo antico. Gli ebrei vedevano in Dio il vero e proprio pastore che guida il suo popolo. Mosè, a sua volta, aveva ricevuto il compito di essere per il suo popolo pastore e guida. I Greci conoscevano l’immagine del pastore che sta in un grande giardino e porta una pecora sulle spalle. Il giardino ricorda il paradiso.

I Greci associano al pastore la loro nostalgia di un mondo puro, non corrotto. In molte culture, il pastore è una figura paterna, di padre accorto e premuroso nei confronti dei figli, un’immagine della sollecitudine paterna di Dio per gli uomini.

I primi cristiani fanno propria l’aspirazione di Israele e della Grecia. Gesù è, come Dio, il pastore che conduce il suo popolo alla vita. I cristiani di cultura ellenista associano la figura del buon pastore a quella dì Orfeo, il cantore divino. Il suo canto addomesticava le bestie feroci e risuscitava i morti. Orfeo è solitamente rappresentato all’interno di un paesaggio idillico, circondato da pecore e leoni.

Per i cristiani ellenisti Orfeo è una figura di Gesù. Gesù è il cantore divino, che con le sue parole rende pacifico ciò che di selvaggio, di feroce c’è in noi e fa rivivere ciò che è morto. Gesù, presentandosi nel vangelo di Giovanni come il buon pastore, realizza le immagini archetipiche dì salvezza racchiuse nell’animo umano sotto le immagini del pastore. Tale figura, nello scudo, proprio per la sua valenza, viene caricata nella positura principale.

Monogramma di Maria Ausiliatrice
Tale monogramma, MA, timbrato da una corona, il tutto d’oro, simboleggia Maria AUSILIATRICE, la Madonna di don Bosco. Dopo il nome di Gesù, non figura, infatti, nome più dolce, più potente, più consolante che quello di Maria; nome dinanzi a cui s’inchinano riverenti gli Angeli, la terra si allieta, l’inferno trema.

San Giovanni Bosco un giorno confidò ad uno dei suoi primi Salesiani, don Giovanni Cagliero, grande missionario in America Latina e futuro cardinale che la: “La Madonna vuole che la onoriamo sotto il titolo di Ausiliatrice”, aggiungendo che: “I tempi corrono così tristi che abbiamo bisogno che la Vergine Santa ci aiuti a conservare e difendere la fede cristiana”.

Tale titolo mariano, in verità, esisteva giù dal sec. XVI nelle Litanie lauretane e il papa Pio VII istituì la festa di Maria Ausiliatrice nel 1814 e la fissò per il 24 maggio, quale segno di ringraziamento, per il ritorno a Roma, in tal giorno, acclamato dal popolo, dopo l’esilio decretato da Napoleone. Ma é proprio grazie a don Bosco e alla costruzione del Santuario di Maria Ausiliatrice, in Torino Valdocco – voluto dalla stessa Madonna, che apparsa in una visione al Santo, indicò di voler essere onorata nel luogo esatto dove subirono la morte i primi martiri torinesi Avventore, Ottavio e Solutore, soldati cristiani della Legione Tebea – che il titolo di Ausiliatrice tornò attuale nella Chiesa. Don Lemoyne, segretario particolare del Santo, nella sua monumentale biografia scrive testualmente: “Ciò che appare chiaro e inconfutabile è che fra don Bosco e la Madonna c’era di sicuro un patto. Tutto il suo gigantesco lavoro fu fatto non solo in collaborazione, ma addirittura in associazione con la Vergine”.

Don Bosco, di conseguenza, raccomandava ai suoi Salesiani, di diffondere la devozione alla Madonna, con il titolo di Ausiliatrice, in qualunque parte del mondo si trovassero. Ma don Bosco non lasciava alla sola devozione spontanea il culto a Maria Ausiliatrice; le dava stabilità con un’Associazione che da Lei prendeva nome. I testimoni diretti hanno visto nell’Associazione dei Devoti di Maria Ausiliatrice, una delle iniziative più care a don Bosco e di più vasta risonanza, dopo quella delle due congregazioni religiose (Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice) e dell’Associazione dei Cooperatori.

Infatti: “non è Don Bosco che ha scelto Maria; è Maria che, mandata dal suo Figlio, ha preso l’iniziativa di scegliere Don Bosco e di fondare per mezzo suo l’opera salesiana, che è opera sua, ‘affare suo’, per sempre”[xvi].

L’ancora
L’ancora ricorda, in primo luogo, che il cardinale Ángel FERNÁNDEZ ARTIME SdB, è figlio di un pescatore del mare di Spagna.

Doveroso ricordare, poi, che “Lo stemma salesiano risulta un condensato di stimoli essenziali per qualificare ogni vero figlio di don Bosco. San Giovanni Bosco volle rappresentate nello scudo anche le virtù teologali: per la Fede, la stella; per la Speranza, l’ancora e per la Carità, il cuore. Potrebbe sembrare assente, sempre nello stemma salesiano, l’imprescindibile presenza di Maria Ausiliatrice da cui – diceva don Bosco – tutto ciò che è salesiano deriva. Ma lo stesso fondatore, e tutti i primi confratelli, identificarono sempre ne simboli dell’ancora, della stella e del cuore, anche il riferimento a Gesù e a sua Madre; e questo è un altro aspetto della densità significativa che lo stemma racchiude”[xvii].

Infatti, la vita e l’azione del salesiano sono espressione: della sua fede, la stella raggiante, della sua speranza, la grande ancora e della sua carità pastorale, il cuore infiammato.

L’ancora, in araldica, invece, simboleggia la costanza[xviii]. “Strumento usato nella navigazione mediterranea, al quale già nell’antichità era attribuita importanza come simbolo del dio del mare. L’ancora prometteva stabilità e sicurezza e perciò divenne il simbolo di fede e speranza. Impiegata in un primo tempo nelle immagini sepolcrali precristiane come indicazione professionale e come contrassegno delle tombe di marinai, per la sua forma a croce, essa divenne nel protocristianesimo un simbolo mascherato della redenzione”[xix].

Come l’uomo, così il simbolo è anche ciò che è stato per essere autenticamente ciò che sarà.
Necessita quindi fare memoria e speranza di questa sorgente ricchissima e inesausta, a cui è possibile attingere ancora per il nostro oggi.

Giorgio ALDRIGHETTI

Blasonatura ed esegesi a cura dell’araldista Giorgio Aldrighetti di Chioggia (Venezia), socio ordinario dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano. Miniature a cura dell’araldista Enzo Parrino di Monterotondo (Roma).


[i] Partizione araldica costituita da uno scudo diviso in tre sezioni, di due diversi smalti, ottenute da due linee curve che, dal punto di mezzo del lato superiore dello scudo, raggiungono i punti mediani dei due lembi laterali dello scudo. (L. Caratti di Valfrei, Dizionario di Araldica, Milano 1997, p. 50. voce Cappato.

[ii] “È una figura riprodotta con il suo colore naturale (ossia come si presenta in natura) e non come uno smalto araldico (Ibidem, p. 18, voce al naturale).

[iii] “Sono tutte le diverse ornamentazioni esterne di uno stemma, poste al di sopra di uno scudo”. In questo caso. sul monogramma). (Ibidem, p: 203, voce timbro).

[iv] “Sono i ramponi dell’ancora”, (La Caratti di Valfrei, Dizionario di Araldica, cit., p. 211, voce uncini).

[v] Cappello prelatizio, segno di dignità ecclesiastica, rappresentato con calotta emisferica e la tesa rotonda piana caratteristiche del galero, copricapo a larghe falde usato dal tardo medioevo fino a tempi recenti da cardinali e altri prelati. Usato come ornamento esterno non liturgico dello scudo. Assume colori diversi, ed è ornato di cordoni dai quali pendono uno o più fiocchi ordinariamente pendenti a piramide su ambio i lati; la dignità ed il ruolo rivestiti dal titolare si desumono dal loro numero e dagli smalti dell’insieme. (A. Cordero Lanza di Montezemolo-A. Pompili, Manuale di Araldica Ecclesiastica, cit., p. 116, voce Cappello prelatizio)

[vi] Gli eminentissimi e reverendissimi signori cardinali di Santa Romana Chiesa timbrano lo scudo – accollato ad una croce astile d’oro, trifogliata, posta in palo, se hanno la consacrazione episcopale – con il cappello, cordoni e nappe di rosso. I fiocchi in numero di trenta sono disposti quindici per parte, in cinque ordini di 1, 2, 3, 4, 5.

[vii] Jacques Le Goff, L’uomo medievale, Bari 1994, p. 34.

[viii] Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano 1999, p. 335.

[ix] A. Cordero Lanza di Montezemolo – A. Pompili, Manuale di Araldica Ecclesiastica, cit., p. 18.

[x] P. F. degli Uberti, Gli Stemmi Araldici dei Papi degli Anni Santi, Ed. Piemme, s. d

[xi] da L’Osservatore Romano, 31 marzo 1969.

[xii] L’araldista Sua Ecc.za Rev.ma mons. Bruno Bernard Heim per lo stemma patriarcale così recita: “I patriarchi ornano il loro scudo con un cappello di color verde dal quale scendono due cordoni pure verdi che terminano in quindici fiocchi verdi per ciascun lato”. (B. B. Heim, L’Araldica della Chiesa Cattolica, origini, usi, legislazione, Città del Vaticano 2000, p. 106.).

[xiii] G. Crollalanza (di), Enciclopedia araldico-cavalleresca, Pisa 1886, pp. 516-517, voce Rosso.

[xiv] L Caratti di Valfrei, Dizionario di Araldica, Milano 1997, p. 18, voce al naturale.

[xv] A. Cordero Lanza di Montezemolo – A. Pompili, Manuale di Araldica Ecclesiastica, cit., p. 28, voce Al naturale.

[xvi] Cooperatori di Dio, Roma 1976-1977, Edizioni Cooperatori, p. 69

[xvii] G. Aldrighetti, Il bosco e le rose. Il nostro stemma. Bollettino Salesiano, dicembre 2018.

[xviii] L Caratti di Valfrei, Dizionario di Araldica, cit., p. 21, voce Ancora.

[xix] H. Biedermann, Enciclopedia dei simboli, Milano 1989, p.30, voce Ancora.




Desidero continuare a servire gli altri… in un modo diverso. LA MIA NOMINA A CARDINALE

Sento di condividere l’affermazione del 1884 del nostro santo fondatore: «Vedo sempre più quale glorioso avvenire è preparato alla nostra Società, l’estensione che avrà e il bene che potrà compiere».

Cari amici del carisma salesiano, giunga a ciascuno e a ciascuna di voi il mio sincero, fraterno e affettuoso saluto.
Mi è stato “suggerito” dal Bollettino Salesiano di preparare questo saluto non come altre volte, raccontando qualcosa di significativo che ho vissuto, ma parlando di me, di questa nuova realtà che mi aspetta. E ho sperimentato qualcosa che avevo studiato a proposito della persona del nostro padre Don Bosco. Per lui era difficile parlare di sé e ancor più difficile esprimere i propri sentimenti. Nel mio caso, devo ammettere che mi è un po’ difficile parlare o scrivere degli ultimi avvenimenti che mi sono capitati; ma ammetto che prima o poi devo farlo, e il messaggio del Bollettino Salesiano che arriva nelle mani e nei cuori di tanti amici del carisma di Don Bosco è un buon modo per mandare questo messaggio personale.
Dopo la notizia inaspettata (soprattutto per me), con la quale il Santo Padre Francesco ha annunciato anche il mio nome tra le 21 persone che ha scelto per essere “create” Cardinali della Chiesa nel prossimo Concistoro del 30 settembre, migliaia di persone si sono domandate, soprattutto tra i Salesiani di Don Bosco e i membri della famiglia salesiana nel mondo: e ora cosa accadrà? Chi accompagnerà la vita della Congregazione nel prossimo futuro? Quali passi la attendono? Potete ben capire che sono gli stessi interrogativi che anch’io mi sono posto, mentre ringraziavo con fede il Signore per questo dono che Papa Francesco ci ha fatto come Congregazione salesiana e come Famiglia di Don Bosco.
Con una lettura di fede, conoscendo le grandi cose che Dio ha fatto e ciò che sappiamo attraverso la sua Parola, si potrebbe dire che Dio ama le sorprese.  Di solito, nella Bibbia, Dio dice: “Parti! Il cammino si rivelerà».  Una cosa importante abbiamo imparato da don Bosco: niente ci turbi e fidiamoci della Provvidenza di Dio.
Sento di condividere l’affermazione del 1884 del nostro santo fondatore: «Vedo sempre più quale glorioso avvenire è preparato alla nostra Società, l’estensione che avrà e il bene che potrà compiere».
Ho potuto parlare personalmente con il Santo Padre, Papa Francesco, dopo l’annuncio dell’Angelus assicurandogli la mia disponibilità a contare su di me per qualsiasi servizio. Ho risposto come don Bosco quando gli fu chiesto di costruire il tempio del Sacro Cuore a Roma, nel suo caso un don Bosco anziano e malato, che sentiva anche il peso e la responsabilità di una Congregazione nascente: Don Bosco rispose: “Se questo è l’ordine del Papa, io obbedisco!”
Con semplicità, ho detto al Santo Padre che noi salesiani abbiamo imparato da don Bosco a essere sempre disponibili per il bene della Chiesa, e in particolare per qualsiasi cosa il Papa possa chiedere. Pertanto, mentre ringrazio Dio per questo dono che è di tutta la Congregazione e della Famiglia Salesiana, esprimo la mia gratitudine a Papa Francesco assicurando per lui, da parte di tutti i membri della nostra grande Famiglia, una più fervida e intensa preghiera. Preghiera che, come detto, sarà sempre accompagnata dal nostro sincero e profondo affetto.

Che cosa succederà adesso?
Devo condividere con voi che sono stato profondamente toccato dalla sensibilità del nostro Papa Francesco nel rendersi conto che il mio servizio come Rettor Maggiore non doveva cambiare immediatamente da un giorno all’altro. Per questo motivo, dopo circa mezz’ora dall’annuncio della nomina in occasione della preghiera dell’Angelus di domenica 9 luglio, il Santo Padre mi ha inviato una lettera in cui mi parlava del tempo necessario per prepararmi al Capitolo generale della nostra Congregazione prima di assumere quanto intende affidarmi. Come sempre il Santo Padre si è mostrato attento, cordiale, profondo estimatore del carisma di don Bosco e particolarmente affettuoso. Sentimenti che, a nome mio personale e di tutta la Famiglia salesiana, ho ricambiato.
Vorrei condividere con voi le disposizioni che il Santo Padre mi ha comunicato.
Il Papa ha ritenuto che, per il bene della nostra Congregazione, dopo il Concistoro del 30 settembre 2023 io possa continuare il mio servizio come Rettore Maggiore fino al 31 luglio 2024. Dopo tale data presenterò le mie dimissioni da Rettor Maggiore, come chiedono le nostre Costituzioni e Regolamenti, per assumere dalle mani del Santo Padre il servizio che mi affiderà.
Questo è quanto il Papa stesso mi ha comunicato. Potremo anticipare il 29° Capitolo generale di un anno, cioè nel febbraio 2025. Il mio Vicario, don Stefano Martoglio, assumerà il governo della Congregazione ad interim, come è stabilito nelle nostre Costituzioni fino alla celebrazione della CG29. Infine mi rimane da dire e da rispondere ad un altro interrogativo che molti di voi avranno: quale compito mi affiderà il Santo Padre? Papa Francesco non me l’ha ancora detto. Inoltre, con questo ampio margine di tempo ritengo che sia la cosa, più opportuna.
In ogni caso, chiedo a tutti voi, cari Confratelli e membri dei gruppi della nostra Famiglia Salesiana di continuare a intensificare la preghiera. Soprattutto per Papa Francesco. Lui stesso l’ha espressamente richiesta al termine dell’udienza privata a me concessa.
Chiedo, infine, anche di pregare per me, posto di fronte alla prospettiva di un nuovo servizio nella Chiesa che, come figlio di Don Bosco, accetto in filiale obbedienza, senza averlo cercato perché credo veramente che nella Chiesa, i servizi che svolgiamo non possono e non devono mai essere cercati o pretesi come se si trattasse di fare carriera personale. Ciò che è proprio del “mondo” per noi è improprio come servitori nel nome di Gesù. E noi dobbiamo differire (spero di molto) da alcuni standard del mondo. Da tutto questo mi è testimone il nostro amato Padre Don Bosco davanti al Signore Gesù.
Vi ringrazio per l’affetto, la vicinanza espressa in queste settimane con i numerosi messaggi che mi sono pervenuti da ogni parte del mondo.
Sento come rivolte a me le stesse espressioni che la Madonna disse a don Bosco nel sogno dei nove anni – di cui l’anno prossimo si celebrerà il secondo centenario: «A suo tempo tutto comprenderai». E sappiamo che per il nostro Padre ciò è effettivamente avvenuto quasi al termine della vita, davanti all’altare di Maria Ausiliatrice nella Basilica del Sacro Cuore di Gesù, che era stata consacrata il giorno prima, il 16 maggio 1887. Dalla Basilica di Maria Ausiliatrice vi invio un affettuoso e riconoscente saluto affidando tutti e ciascuno a Lei, la Madre, la quale continuerà ad accompagnarci e a sostenerci. Come sempre vi saluto con immenso affetto.




Il Venerabile Mons. Antônio de Almeida Lustosa “padre e amico dei poveri”

Il 22 giugno 2023, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza il Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, e durante l’Udienza il Sommo Pontefice ha autorizzato il medesimo Dicastero a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Antônio de Almeida Lustosa, della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, Arcivescovo di Fortaleza; nato l’11 febbraio 1886 a São João del Rei (Brasile) e morto il 14 agosto 1974 a Carpina (Brasile).

Una vita nella luce dell’Immacolata
Antônio de Almeida Lustosa nasce nella città di São João del Rei, a Minas Gerais (Brasile), l’11 febbraio 1886, nell’anniversario della prima apparizione dell’Immacolata a Lourdes, circostanza questa che lo segna profondamente, offrendogli una filiale devozione alla Madonna, tanto da essere definito, ormai sacerdote, come il poeta della Vergine Maria.
Dai suoi genitori, João Baptista Pimentel Lustosa e Delphina Eugênia de Almeida Magalhães, cristiani esemplari, riceve una buona formazione cristiana e umana. Ragazzo intelligente e di indole buona e generosa, figlio di un giudice, egli mostra precocemente i segni visibili di una forte vocazione sacerdotale. Per questo a sedici anni entra nel Collegio salesiano di Cachoeira do Campo, a Minas Gerais, e tre anni dopo è a Lorena come novizio e assistente dei suoi compagni. Dopo la prima professione religiosa avvenuta nel 1906, diventa anche insegnante di filosofia, studiando nel frattempo teologia.
La professione perpetua ha luogo tre anni dopo, mentre il 28 gennaio 1912 segna la data della sua ordinazione sacerdotale.
Dopo alcuni incarichi all’interno della sua Congregazione religiosa, nel 1916 egli è direttore e maestro dei novizi a Lavrinhas, nel Colégio São Manoel, dove vi erano stati trasferiti quelli di Lorena, di cui l’anno prima era stato maestro. Nei cinque anni che qui vi trascorre, il giovane Lustosa esprime il meglio di sé sia come sacerdote, sia come salesiano, lasciandovi, a detta di chi lo conobbe, tracce indelebili.

Ministero episcopale

Dopo il ruolo di direttore svolto a Bagé nel ginnasio Maria Ausiliatrice e l’incarico di vicario della parrocchia annessa, l’11 febbraio 1925 viene consacrato Vescovo di Uberaba, giorno da lui scelto per ricordare la presenza della Madonna nella sua vita.
Nel 1928 viene trasferito a Corumbá, nel Mato Grosso e nel 1931 viene promosso Arcivescovo di Belém do Pará, dove rimane 10 anni.
Il 5 novembre 1941 assume l’incarico di Arcivescovo di Fortaleza, capitale dello Stato del Ceará.
Unitamente ad un numero inusitatamente elevato di iniziative e azioni di natura sociale e caritativa, egli crea più di 30 nuove parrocchie, 45 scuole per bisognosi, 14 centri sanitari alla periferia di Fortaleza, la Scuola di Servizi Sociali, gli ospedali São José e Cura d’Ars, per ricordare solo alcune delle più rilevanti opere attribuite al suo episcopato.

Monsignor Lustosa fa l’ingresso nella Arcidiocesi di Belém do Parà (15.12.1931)

La sua azione pastorale si articola in particolare nel campo della catechesi, dell’istruzione, delle visite pastorali, nell’incremento delle vocazioni, nella valorizzazione dell’azione cattolica, nel miglioramento delle condizioni di vita dei più poveri, nella difesa dei diritti dei lavoratori, nel rinnovamento del clero, nell’istituzione di nuovi ordini religiosi nel Ceará, per non parlare poi della sua ricca e fruttuosa attività di poeta e scrittore.
Già prima del Concilio Vaticano II, Don Antônio aveva definito la catechesi l’obiettivo primario della sua azione pastorale. A tal fine fonda due Congregazioni religiose, quali l’Istituto dei Cooperatori del Clero e la Congregazione delle Josefinas. Oggigiorno le Josefinas sono diffuse in tutto il Nordest del Brasile, come pure nella Diocesi di Rio Branco, ad Acri.
Ovunque andasse, e ovunque lavorasse, il suo nome e la sua memoria venivano ricordati con rispetto e venerazione, come uomo di Dio, vero modello di virtù e santità.
Undici anni dopo le sue dimissioni dall’Arcidiocesi, in seguito alle quali si ritira nella Casa salesiana a Carpina, e costretto sulla sedia a rotelle per una rovinosa caduta che gli causa la frattura del femore, egli muore il 14 agosto 1974, dimostrando, anche durante la malattia e la sofferenza, un esemplare atteggiamento di piena e incondizionata accettazione della volontà di Dio.
La sua salma viene trasportata a Fortaleza, ove si celebrano le sue esequie con un incalcolabile numero di fedeli e autorità ecclesiastiche e civili a rendergli l’ultimo saluto. La sua sepoltura diviene a tutti gli effetti una vera e propria consacrazione popolare di una vita, quale quella vissuta dal Servo di Dio Don Lustosa, interamente votata a Dio e al bene del prossimo.

Abbandonato alla volontà di Dio
Vescovo virtuoso, ascetico, segnato dall’obbedienza, dal forte desiderio di compiere sempre e in tutto la volontà del Padre, Don Lustosa esigeva il più totale abbandono di sé alla causa di Dio e del prossimo.
La sua grande preoccupazione era infatti essere all’altezza delle aspettative di Dio e della Chiesa nell’esercizio del suo ministero episcopale.

Egli ha viaggiato in varie regioni del Brasile, da nord a sud, portando sempre con sé i doni che la Divina Provvidenza gli aveva riservato.
In tale sua feconda attività egli ha lasciato significative eredità, non solo per le opere materiali da lui realizzate, ma soprattutto per il ricordo della sua presenza luminosa ed evangelizzatrice.
Uomo umile e semplice, il quale rifuggiva ogni ostentazione o una qualsiasi ricerca di un riconoscimento pubblico delle sue azioni pastorali al servizio della Chiesa e della società in cui era inserito, era dotato di un carisma straordinario, di un’instancabile perseveranza, come pure di una visione religiosa e sociale ricca e feconda.
Egli si è impegnato per risollevare le popolazioni delle regioni in cui prestava servizio, dalle condizioni precarie e disagiate in cui versavano. Più grande era la sfida, maggiore era la sua dedizione alla ricerca di alternative che minimizzassero almeno la sofferenza con quanti entrava in contatto.

Monsignor Lustosa benedice la prima pietra della scuola agricola (09.02.1932)

Egli cercò di offrire e creare, per le persone più disagiate, le opportunità per prendersi cura delle proprie famiglie, si adoperò per assicurare loro un background religioso e culturale, in modo da liberarli dall’analfabetismo e fornire loro gli strumenti per conquistare un posto all’interno della società.

Pastore dal cuore grande
Per 22 anni nel territorio del Ceará, Don Lustosa ha mostrato tutta la forza del suo lavoro culturale, religioso e sociale, anticipando e realizzando opere che, in seguito, sarebbero state incorporate dalle autorità governative, sia a livello statale che municipale.
Egli ha reso consapevoli le classi lavoratrici del loro valore e della loro importanza, accogliendo quanti erano ai margini della società, comprese le ragazze madri, le collaboratrici domestiche, i bambini orfani e abbandonati, i senzatetto, i bisognosi di alloggio, gli analfabeti, i malati, esaltando diritti e doveri di ciascuno e restituendo e/o riconoscendo la dignità di ogni persona.
Egli ha messo sé stesso totalmente al servizio di Dio e dell’umanità, ha risposto fedelmente all’ispirazione divina che ne guidava i passi e le azioni verso una società più vicina alla giustizia, sostenuta dalla dottrina sociale della Chiesa – sub umbra alarum tuarum.
Egli ha irradiato raggi di santità a tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e vivere con lui, continuando ancora oggi a diffondere la sua luminosità su quanti vengono più o meno direttamente a contatto con la sua figura e le sue opere.
Con la sua meritoria azione pastorale, egli non solo ha guidato le anime, ma anche i cuori, in un’azione armoniosa che ha portato ad una vera e propria spiritualizzazione cristiana dell’immenso gregge di cui fu Pastore.
La sua opera di guida spirituale era considerata e riconosciuta allora e ancor più oggi, come opera di armonia sociale, e balsamo spirituale in difficili situazioni conflittuali. La sua azione personale operava il miracolo del disarmo degli spiriti, superando i limiti della predicazione dogmatica, liturgica e teologica, riuscendo ad instillare nelle persone un accresciuto senso religioso e dando loro una maggiore e/o nuova consapevolezza del diritto alla libertà e alla giustizia.
Un’opera quella di Don Lustosa, che esalta l’anima popolare, nobilita il senso della fede, diffonde il sentimento di umana solidarietà e la virtù della fratellanza, varca i confini geografici e si afferma a livello internazionale.

Una personalità ricca

Monsignor Lustosa riceve a Carpina la visita del Rettor Maggiore, don Luigi Ricceri (27.06.1970)

Sono molteplici gli aspetti della personalità dell’illustre Arcivescovo Don Antônio de Almeida Lustosa, generatasi sin dalla giovanissima età e consolidatasi nel corso del suo percorso terreno, sempre guidata dal bene comune e dalla difesa e promozione dei principi e valori cristiani.
Don Antônio ha lasciato una scia di spiritualità, sia per i libri che ha pubblicato, sia per il lavoro di catechesi da lui portato nelle regioni più lontane e impervie.
Un tratto saliente della sua ricca spiritualità era il suo straordinario spirito di orazione, in lui intimamente radicato e mai ostentato. Egli era altresì un uomo che si imponeva mortificazioni, sacrifici, digiuni.

Un’altra nobile dedizione del suo spirito era poi la sua verve letteraria, e il suo lavoro nella letteratura fu grande, dalle lettere pastorali agli articoli su giornali e periodici e alle numerosissime opere, edite e inedite, di tipo storico, folcloristico, religioso, geografico, culturale, antropologico, spirituale e ascetico.
Egli fu, come Don Bosco, uno scrittore prolifico in vari settori, in teologia, filosofia, spiritualità, agiografia, letteratura, geologia, botanica.
Le sue opere letterarie rivelano la sua profonda spiritualità e il grado delle sue preoccupazioni sociali nell’evangelizzazione del suo gregge. Con la sua penna ha portato il Vangelo a tutti.
Don Antônio de Almeida Lustosa è un fedele esempio di una vocazione pienamente realizzata. Lo ha dimostrato nella sua lunga azione pastorale nelle diocesi che ha guidato e condotto con le mani di un maestro spirituale.
Egli fu un modello di Vescovo del suo tempo, caratterizzato da un fervore e una fermezza d’animo infrangibili.
Vero uomo di Dio, si è sempre preoccupato del benessere delle persone, motivo per cui era conosciuto come “il padre e l’amico dei poveri”.
Don Lustosa ha cercato di essere fedele al fondatore della Congregazione Salesiana – san Giovanni Bosco – seguendo le sue orme, accogliendo i suoi esempi, attuando così il carisma salesiano in Brasile, tanto da essere riconosciuto come il Vescovo della giustizia sociale.
Le seguenti parole tributate al Servo di Dio nel XIX anniversario della sua morte, dall’allora Postulatore generale della Causa, don Pasquale Liberatore, riassumono in modo eloquente ed efficace l’importanza e il significato del suo messaggio nella Chiesa e nella società del suo tempo, come pure l’attualità dello stesso: «Era un grande asceta (anche dall’aspetto esteriore: “un involucro aereo” si diceva della sua persona fisica), ma di una volontà adamantina, che traduceva il fuoco che gli bruciava dentro. Grazie a questa sua fisionomia interiore, ha potuto compiere un lavoro eccezionale, di cui resta traccia nei più svariati settori: ricercatore appassionato della verità, studioso serio, scrittore e poeta, creatore di tante opere: il pre-seminario Cura d’Ars, l’Istituto Cardinal Frings, l’ospedale São José, il santuario di Nossa Senhora de Fátima, la stazione radio Assunção Cearense, la Casa do Menino Jesus, scuole popolari, circoli operai, ecc. e soprattutto – fu fondatore di una Congregazione religiosa.
Grande e semplice nello stesso tempo, sapeva far coesistere i tanti impegni del Vescovo con il catechismo ai piccoli e – negli ultimi anni di vita – le dotte lezioni di latino con l’umile raccolta di francobolli. Pastore zelantissimo, amò la sua gente, non lasciò mai il suo gregge, sentì l’urgenza delle vocazioni e ne riempì i suoi seminari.
Nel cuore restò sempre salesiano. “Salesiano eterno” si disse di lui. Già “Maestro di Noviziato” appena ordinato sacerdote, restò forgiatore di anime in stile salesiano per tutta la sua vita.
Un asceta, ho detto all’inizio. In realtà personificò il motto lasciatoci da don Bosco: lavoro e temperanza.
Il segreto della sua santità va rintracciato nell’aver aborrito ogni forma di mediocrità. È stato un atleta dello spirito – forse è per questo che noi amiamo ricordarlo “sempre in piedi” (anche se negli ultimi anni fu inchiodato su una carrozzella). Sempre in piedi! Anche oggi. Come chi continua a impartire una lezione. La lezione più difficile e più impegnativa: quella della santità».

dott.ssa Cristiana Marinelli
Collaboratrice Postulazione Generale Salesiana




La GMG come esperienza sinodale di rinnovamento della Chiesa

Interrompere la vita di una città è sempre un atto straordinario. Riempire le strade di giovani provenienti da ogni angolo del mondo è un ricordo commovente. Una Giornata Mondiale della Gioventù è questo e molto di più.

L’organizzazione di una GMG richiede tantissime di ore di lavoro, mettendo a disposizione dei giovani, risorse di ogni tipo. Se porterà frutti spirituali in proporzione allo sforzo, ne sarà valsa la pena, il tutto per una ragione educativa, comunicativa ed evangelizzatrice: l’obiettivo di un evento come questo è quello di far conoscere Gesù Cristo a moltissimi giovani, e di riuscire a far capire loro che seguire Lui è un modo sicuro per trovare la felicità.

È ai giovani che dobbiamo guardare in questi giorni con particolare predilezione e scoprire il segreto di un fenomeno sorprendente: nel mondo dei giovani è in atto una “rivoluzione silenziosa”, il cui palcoscenico più grande sono le Giornate Mondiali della Gioventù. Giovani che sollevano domande tra i cristiani e non hanno paura di mostrarsi come tali, giovani che non vogliono essere intimiditi e tanto meno ingannati, giovani che portano l’entusiasmo e la passione per realizzare il cambiamento.

Questi incontri continuano a sorprendere sia all’interno sia all’esterno della Chiesa. E sono un’istantanea di una gioventù molto diversa da quella proposta da alcuni, assetata di valori, alla ricerca del significato più profondo della vita, con un desiderio di un mondo diverso da quello che abbiamo trovato al nostro arrivo.

Oggi, una percentuale significativa dei partecipanti alla GMG proviene da contesti familiari, sociali e culturali molto diversi. Molti di questi giovani pellegrini non hanno punti di riferimento cristiani nei loro contesti. In questo senso, la vita di molti di loro assomiglia al surf: non possono pretendere di cambiare l’onda, ma si adattano ad essa per dirigere la tavola dove vogliono che vada. Questi volti radiosi della Chiesa si svegliano ogni giorno con il desiderio di essere migliori seguaci di Gesù in mezzo ai loro familiari, amici e conoscenti.

I giovani hanno la forza di dare il meglio di sé, ma devono sapere che questo impegno è fattibile, hanno bisogno della complicità degli adulti, devono credere che questa lotta non sia sterile né destinata al fallimento. Per questo motivo, le giornate sono un modo per far sperimentare ai giovani la sinodalità, lo stile particolare che caratterizza la vita e la missione della Chiesa. L’appartenenza alla loro comunità ecclesiale locale implica l’appartenenza a una comunità molto più grande e universale. Una comunità in cui abbiamo bisogno che tutti, giovani e adulti, si “prendano carico del mondo”.

Per questo, è necessario coltivare alcune attitudini per questa nuova spiritualità sinodale. La GMG ci permette di:
– condividere le piccole storie degli altri, sperimentando il coraggio di parlare liberamente e di portare in tavola conversazioni profonde che vengono da dentro;
– imparare a crescere insieme agli altri e di apprezzare come ci stiamo aggiungendo a vicenda, anche se a “velocità” diverse (stili, età, visioni, culture, doni, carismi e ministeri nella Chiesa);
– prendersi cura degli “spazi verdi comunitari” per la nostra relazione con Dio, per occuparci della nostra connessione con la fonte della vita, con Colui che si prende cura di noi, per radicare la nostra fiducia e le nostre speranze in Lui, per scaricare le nostre preoccupazioni su di Lui, per essere in grado di “prendere in carico” la missione che Lui lascia nelle nostre mani;
– accettare e accogliere la nostra fragilità, che ci collega alla fragilità del nostro mondo e della madre Terra;
– essere una voce che si unisce a molte altre per denunciare gli eccessi che si stanno commettendo attualmente nei confronti del Pianeta e per intraprendere azioni comuni che contribuiscano alla nascita di una cittadinanza più responsabile ed ecologica;
– riorientare insieme i processi pastorali da una prospettiva più aperta e inclusiva, che ci renda pronti ad “andare incontro” a tutti i giovani dove si trovano, e rendere visibile e reale il desiderio di essere una “Chiesa in movimento” che si avvicini a credenti e non credenti, e che diventi una compagna di viaggio per coloro che lo desiderano o ne hanno bisogno.

In breve, una Chiesa sinodale che favorisca un cambiamento di cuore e di mente che ci permetta di affrontare la nostra missione in MODO GESÙ. Un invito a sentire dentro di noi il tocco e lo sguardo di Gesù che ci rende sempre nuovi.

Sito ufficiale del GMG 2023: https://www.lisboa2023.org
Sito saleisani al GMG 2023: https://wyddonbosco23.pt




Lettera del Rettor Maggiore dopo la nomina cardinalizia

A tutti i Confratelli Salesiani (SDB) Ai membri dei Gruppi della Famiglia Salesiana

Cari fratelli e sorelle,
giunga a ciascuno e a ciascuna di voi il mio sincero, fraterno e affettuoso saluto.

Dopo la notizia inaspettata (soprattutto per me), con la quale il Santo Padre Francesco ha annunciato anche il mio nome tra le 21 persone che ha scelto per essere “create” Cardinali della Chiesa nel prossimo Concistoro del 30 settembre, migliaia di persone si saranno domandate: e ora cosa accadrà? Chi guiderà la Congregazione nel prossimo futuro? Quali passi l’attendono?
Potete ben capire che sono gli stessi interrogativi che anch’io mi sono posto, mentre ringraziavo con fede il Signore per questo dono che Papa Francesco ci ha fatto come Congregazione salesiana e come Famiglia di Don Bosco.
Che grande affetto ha il Papa nei nostri confronti!!!
Pertanto, mentre ringrazio Dio per questo dono che è di tutta la Congregazione e della Famiglia Salesiana, esprimo la mia gratitudine a Papa Francesco assicurando per lui, da parte di tutti i membri della nostra grande Famiglia, una più fervida e intensa preghiera. Preghiera che, come detto, sarà sempre accompagnata dal nostro sincero e profondo affetto.
Dopo circa mezz’ora dall’annuncio della nomina in occasione della preghiera dell’Angelus di domenica scorsa, 9 luglio, il Santo Padre mi ha consegnato una lettera nella quale mi ha chiesto un incontro urgente con lui, per concordare i tempi necessari del mio servizio come Rettor Maggiore per il bene, innanzitutto, della Congregazione. Il Papa stesso, nella citata lettera, mi ha parlato esplicitamente della preparazione e del prossimo Capitolo Generale previsto per il 2026.
Quindi, ieri pomeriggio, martedì 11 luglio, sono stato ricevuto da Papa Francesco. Ho avuto con lui un dialogo fraterno. Come sempre il Papa si è mostrato attento, cordiale, profondo estimatore del carisma di don Bosco e particolarmente affettuoso. Sentimenti che, a nome mio personale e di tutta la Famiglia salesiana, ho ricambiato.
Ora sono in grado di condividere con la Congregazione salesiana e la nostra Famiglia sparsa nel mondo, le disposizioni che il Santo Padre mi ha comunicato.

Eccole:
– potremo anticipare il 29° Capitolo generale di un anno, cioè nel febbraio 2025;
– il Papa ha ritenuto che, per il bene della nostra Congregazione, dopo il Concistoro del 30 settembre 2023 io possa continuare il mio servizio come Rettore Maggiore fino al 31 luglio 2024, cioè fino alla conclusione della sessione plenaria estiva del Consiglio Generale;
– dopo tale data presenterò le mie dimissioni da Rettor Maggiore per assumere dalle mani del Santo Padre il servizio che mi affiderà. Questo è quanto il Papa stesso mi ha comunicato;
– a norma dell’art. 143 delle nostre Costituzioni, che dà le disposizioni nel caso della «cessazione dall’ufficio del Rettor Maggiore», essendo stato chiamato da Papa Francesco per un altro servizio, il mio Vicario, don Stefano Martoglio, assumerà il governo della Congregazione ad interim fino alla celebrazione del CG29;
– il Capitolo Generale 29° sarà convocato da me almeno un anno prima della sua celebrazione, come stabilito dalle nostre Costituzioni e dai Regolamenti generali (Reg. 111), e sarà il mio Vicario, don Stefano Martoglio, a presiederlo;
– per tutto questo tempo continueremo a seguire il programma del sessennio stabilito per l’animazione e nel governo della Congregazione. Al fine di completare tutte le visite straordinarie programmate (comprese quelle relative all’anno 2025), il Rettor Maggiore, udito il parere dei membri del Consiglio generale, procederà alla nomina di un ulteriore visitatore straordinario. In questo modo sarà possibile arrivare al CG29 con un quadro completo e aggiornato della situazione dell’intera Congregazione;
– per tutti gli altri elementi relativi al Capitolo generale, fornirò informazioni dettagliate nella lettera di convocazione ufficiale del CG29.

In conclusione mi rimane da dire e da rispondere ad un altro interrogativo che molti di voi avranno: quale compito mi affiderà il Santo Padre?
Papa Francesco non me l’ha ancora detto. Inoltre, con questo ampio margine di tempo ritengo che sia la cosa più opportuna.
In ogni caso, chiedo a tutti voi, cari Confratelli e membri dei gruppi della nostra Famiglia Salesiana di continuare a intensificare la preghiera. Soprattutto per Papa Francesco. Lui stesso l’ha espressamente richiesta al termine dell’udienza privata a me concessa.
E vi chiedo anche di pregare per quello che vivremo in questo anno come Congregazione e come Famiglia Salesiana.
Chiedo, infine, anche di pregare per me, posto di fronte alla prospettiva di un nuovo servizio nella Chiesa che, come figlio di Don Bosco, accetto in filiale obbedienza, senza averlo né cercato né voluto. Il nostro amato Padre Don Bosco mi è testimone davanti al Signore Gesù.
Vi ringrazio per l’affetto, la vicinanza espressa in questi giorni con i numerosi messaggi che mi sono pervenuti da ogni parte del mondo.
Dalla Basilica di Maria Ausiliatrice vi invio un affettuoso e riconoscente saluto affidando tutti e ciascuno a Lei, la Madre, la quale continuerà ad accompagnarci e a sostenerci.
Sento come rivolte a me le stesse espressioni che la Madonna disse a don Bosco nel sogno dei nove anni – di cui l’anno prossimo si celebrerà il secondo centenario: «A suo tempo tutto comprenderai». E sappiamo che per il nostro Padre ciò è effettivamente avvenuto quasi al termine della vita, davanti all’altare di Maria Ausiliatrice nella Basilica del Sacro Cuore di Gesù, che era stata consacrata il giorno prima, il 16 maggio 1887.
Mettiamo tutto nelle mani del Signore e di sua Madre.

Con immenso affetto vi saluto,
Prot. 23/0319
Torino, 12 luglio 2023




Il Rettor Maggiore, don Angel FERNANDEZ ARTIME, nominato cardinale

Papa Francesco, alla fine della preghiera mariana di domenica, 9 di luglio 2023, ha annunciato la creazione di 21 nuovi cardinali, fra i quali anche il Rettor Maggiore dei salesiani, don Angel FERNANDEZ ARTIME.

Auguriamo al nostro Rettor Maggiore tante grazie dal Signore che lo guidi nella nuova missione affidata dalla Chiesa Universale!

La notizia ufficiale si trova QUI.