Un milione di bambini pregano il Rosario

“Se un milione di bambini pregherà il Rosario, il mondo cambierà” (San Pio da Pietrelcina – Padre Pio)

            Ogni anno, nel mese di ottobre, un’onda di preghiera si diffonde in tutto il mondo, unendo bambini di diverse nazionalità, culture e background in un unico, potente gesto di fede. Questa straordinaria iniziativa, intitolata “Un milione di bambini pregano il Rosario”, è diventata un appuntamento annuale atteso da molti, che incarna la speranza di un futuro migliore attraverso la preghiera e la devozione dei più giovani.

Origini e significato dell’iniziativa
           
L’idea di questa iniziativa è nata nel 2005 a Caracas, capitale del Venezuela, quando un gruppo di bambini si era riunito per pregare il Rosario di fronte a un’immagine della Santissima Vergine Maria. Molte delle donne ivi presenti hanno percepito fortemente la presenza della Vergine Maria, e si ricordarono della profezia di san Pio da Pietrelcina(Padre Pio): «Quando un milione di bambini pregherà il Rosario, il mondo cambierà». Quella frase, apparentemente semplice, esprimeva la profonda convinzione che la preghiera dei più piccoli ha una speciale capacità di toccare il cuore di Dio e influenzare positivamente il mondo.
Ispirate da questa esperienza e dalle parole di Padre Pio, queste donne decisero di trasformare quell’immagine in realtà. Iniziarono organizzando eventi di preghiera locali, invitando i bambini a recitare il Rosario. L’iniziativa crebbe rapidamente, superando i confini del Venezuela e diffondendosi in altri paesi dell’America Latina.
            Nel 2008, l’iniziativa attirò l’attenzione della Fondazione Pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), un’organizzazione cattolica internazionale che sostiene la Chiesa in difficoltà in tutto il mondo. Riconoscendo il potenziale di questa campagna di preghiera, l’ACS decise di adottarla e promuoverla a livello globale, con l’intento di coinvolgere un milione di bambini nel recitare il Rosario, una delle preghiere più antiche e amate della tradizione cristiana cattolica.
            Sotto la guida dell’ACS, “Un milione di bambini pregano il Rosario” si è trasformata in un evento mondiale. Ogni anno, il 18 ottobre, bambini di tutti i continenti si uniscono in preghiera, recitando il Rosario per la pace e l’unità nel mondo. La data del 18 ottobre non è casuale: è il giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la festa di San Luca evangelista, noto per la sua particolare attenzione alla Vergine Maria nei suoi scritti.

Il Rosario: preghiera mariana e simbolo di pace
           
Il Rosario è una preghiera molto antica, incentrata sulla riflessione sui misteri della vita di Gesù e di Maria, sua madre. Si compone di ripetizioni di preghiere come l’Ave Maria, il Padre Nostro e il Gloria al Padre, e permette ai fedeli di meditare sui momenti centrali del cammino di Cristo sulla terra. Questa pratica non è solo una forma di devozione individuale, ma ha una forte dimensione comunitaria e di intercessione, tanto che in molte apparizioni mariane, come quelle di Fatima e Lourdes, la Madonna ha espressamente chiesto ai bambini la recita del Rosario come mezzo per ottenere la pace nel mondo e la conversione dei peccatori.
            Il Rosario, essendo ripetitivo, permette anche a bambini piccoli, spesso incapaci di seguire preghiere complesse o letture lunghe, di partecipare attivamente e di comprendere il significato della preghiera. Attraverso il semplice atto di ripetere le parole dell’Ave Maria, i bambini si uniscono spiritualmente alla comunità globale dei fedeli, intercedendo per la pace e la giustizia nel mondo.

La dimensione spirituale e educativa
           
L’iniziativa si svolge ogni anno il 18 ottobre, anche se molti gruppi, parrocchie e scuole scelgono di prolungarla per tutto il mese, dedicato tradizionalmente alla Madonna del Rosario.
            Nel giorno dell’evento, i bambini si riuniscono in vari luoghi: scuole, chiese, case private o spazi pubblici. Spesso, i bambini vengono istruiti su come si recita il Rosario e sui significati spirituali dei vari misteri, in modo che possano partecipare con consapevolezza e fede. Sotto la guida di adulti – genitori, insegnanti o leader religiosi – i bambini recitano insieme il Rosario. Molte comunità organizzano eventi speciali intorno a questa preghiera, come canti, letture bibliche o brevi riflessioni adatte ai più giovani.
            Alcune parrocchie organizzano vere e proprie celebrazioni, durante le quali i bambini portano corone del Rosario fatte a mano o realizzate con materiali creativi, per esprimere la loro partecipazione in maniera attiva e coinvolgente. L’iniziativa si conclude con la celebrazione di una Santa Messa speciale dedicata alla Madonna del Rosario e alla pace nel mondo.
            “Un Milione di bambini pregano il Rosario” non è solo un momento di preghiera, ma anche un’opportunità educativa. Molte scuole e gruppi pastorali utilizzano questo evento per insegnare ai bambini i valori della pace, della solidarietà e della giustizia sociale. Attraverso il Rosario, i piccoli imparano l’importanza di affidare le loro preoccupazioni e le sofferenze del mondo a Dio, e comprendono che la pace comincia nei loro cuori e nelle loro famiglie.
            Inoltre, l’iniziativa cerca di far comprendere ai bambini l’universalità della Chiesa e della fede cristiana. Sapere che, contemporaneamente, migliaia di altri bambini in ogni parte del mondo stanno pregando la stessa preghiera crea un senso di comunità globale e di fraternità, che va oltre le barriere linguistiche, culturali e geografiche.

Il valore della preghiera dei bambini
           
La preghiera dei bambini è spesso vista come particolarmente potente nella tradizione cristiana, per la loro innocenza e purezza di cuore. Nella Bibbia, Gesù stesso invita i suoi discepoli a guardare ai bambini come esempio di fede: “In verità vi dico, se non cambierete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt. 18,3).
            I bambini, con il loro cuore aperto e sincero, sono capaci di pregare con una fiducia totale in Dio, senza dubbi o riserve. Questa fiducia e semplicità rendono la loro preghiera particolarmente efficace agli occhi di Dio. Inoltre, la preghiera dei bambini può avere un forte impatto anche sugli adulti, richiamandoli a una fede più pura e profonda.

L’impatto globale
           
Negli anni, “Un milione di bambini pregano il Rosario” ha visto una partecipazione crescente, coinvolgendo milioni di bambini in oltre 140 paesi. Nel 2023, oltre un milione di bambini si sono uniti in preghiera, pregando in particolare per la pace in Terra Santa e per altre intenzioni urgenti.
            L’evento ha anche attirato l’attenzione dei media in vari paesi, contribuendo a diffondere un messaggio di speranza e unità in un mondo spesso dominato da notizie negative. I social media sono diventati uno strumento importante per promuovere l’iniziativa e condividere esperienze. Hashtag come #MillionChildrenPraying e #ChildrenPrayingTheRosary sono diventati virali in molti paesi, creando un senso di comunità globale tra i partecipanti.
            L’iniziativa “Un milione di bambini pregano il Rosario” ha ricevuto il sostegno di molti leader della Chiesa cattolica, inclusi i Papi. Papa Francesco, in particolare, ha espresso più volte il suo apprezzamento per questa campagna, sottolineando l’importanza della preghiera dei bambini per la pace nel mondo.
            Al di là dell’ambito religioso, l’iniziativa ha attirato l’attenzione di educatori e psicologi, che hanno sottolineato i benefici di coinvolgere i bambini in attività che promuovono la riflessione, la compassione e un senso di connessione globale.

Obiettivi della Campagna
La campagna “Un milione di bambini pregano il Rosario” ha diversi obiettivi chiave:
Educazione Spirituale: Insegnare ai bambini l’importanza della preghiera e del Rosario come parte integrante della loro vita spirituale, per crescere nella fede.
Onorare la Vergine Maria: L’iniziativa rafforza la devozione mariana, elemento centrale della fede cattolica.
Imparare a pregare insieme: L’evento crea un senso di unità e solidarietà tra i partecipanti, superando barriere geografiche e culturali.
Promuovere la pace nel mondo: La preghiera dei bambini è vista come un potente strumento per invocare la pace in un mondo spesso afflitto da conflitti e divisioni.
Sensibilizzare sulle sfide globali: Attraverso la preghiera, i bambini vengono incoraggiati a riflettere sulle problematiche mondiali e sul loro ruolo nel creare un futuro migliore.

Come partecipare
Partecipare all’iniziativa è molto semplice. Basta:
Informarsi: Visitare il sito ufficiale di ACS per scaricare i materiali gratuiti, come locandine, storie illustrate e guide per la preghiera.
Organizzare un momento di preghiera: Scegliere un’ora per pregare il Rosario, il 18 di ottobre (o un altro giorno più vicino se non fosse possibile proprio il 18). Può essere fatto in gruppo o individualmente.
Coinvolgere i bambini: della propria famiglia, della scuola o della parrocchia in un momento di preghiera comune. Spiegare ai bambini l’importanza della preghiera e il significato del Rosario. Incoraggiarli a partecipare attivamente.
Iscriversi online: Registrare la propria partecipazione sul sito di ACS per far sentire la propria voce e contribuire a raggiungere l’obiettivo di un milione di bambini.
Condividere l’esperienza: Condividere foto, video e testimonianze sui social media utilizzando l’hashtag #MillionChildrenPraying. Questo aiuta a creare una comunità globale di preghiera.

“Un Milione di bambini pregano il Rosario” è un’iniziativa straordinaria che dimostra il potere della preghiera e l’importanza della fede. Attraverso la preghiera del Rosario, i bambini di tutto il mondo possono unirsi in una comunità globale di fede, portando speranza e pace. Uniamoci a loro in questa grande catena di preghiera e contribuiamo a costruire un mondo più bello.




Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice (10/13)

(continuazione dall’articolo precedente)

Capo XIX. Mezzi con cui fu edificata questa Chiesa.
            Quelli che hanno parlato o udito a parlare di questo sacro edifizio avranno desiderio di sapere donde si sono ricavati i mezzi che in complesso superano già il mezzo milione. Io mi trovo in grave difficoltà di rispondere a me stesso, perciò meno in grado di soddisfare agli altri. Dirò adunque che i corpi legali diedero da principio belle speranze; ma in pratica giudicarono di non concorrere. Alcuni agiati cittadini scorgendo la necessità di questo edifizio, fecero promessa di vistose largizioni, ma per lo più cangiarono divisamento e giudicarono meglio di impiegare altrove la loro beneficenza.
            È vero che alcuni benestanti devoti avevano promesso oblazioni, ma a tempo opportuno, cioè avrebbero fatte oblazioni quando avessero avuto certezza dell’opera ed avessero veduti i lavori inoltrati.
            Coll’offerta del Santo Padre e di qualche altra pia persona si poté far acquisto del terreno e non altro; sicché quando si trattò di cominciare i lavori io non aveva un soldo da spendere a questo scopo. Qui da una parte vi era certezza che quell’edifizio era di maggior gloria di Dio, dall’altra contrastava l’assoluta mancanza di mezzi. Allora si conobbe chiaro che la Regina del Cielo voleva non i corpi morali, ma i corpi reali, cioè i veri devoti di Maria dovessero concorrere alla santa impresa, e Maria volle essa medesima porvi la mano e far conoscere che essendo opera sua Ella stessa voleva edificarla: Aedificavit sibi domum Maria.
            Io adunque intraprendo il racconto delle cose come sono succedute, e racconto coscienziosamente la verità, e mi raccomando al benevolo lettore di darmi benigno compatimento se trova qualche cosa che a lui non torni gradita. Ecco adunque. Gli scavi erano cominciati, e si avvicinava il giorno di quindicina quando appunto si dovevano pagare gli zappatori, e non si aveva danaro di sorta; quando un fortunato avvenimento apri una via inaspettata alla beneficenza. A motivo del sacro ministero fui chiamato al letto di persona gravemente inferma. Giaceva immobile da tre mesi, travagliata da tosse e febbre con grave sfinimento di stomaco. Se mai, ella prese a dire, potessi riacquistare un poco di sanità, sarei disposta a fare qualunque preghiera, qualunque sacrificio; sarebbe per me un gran favore se potessi anche solo alzarmi di letto.
            – Che cosa intenderebbe di fare?
            – Quanto mi dice.
            – Faccia una novena a Maria Ausiliatrice.
            – Che cosa dire?
            – Per nove giorni reciti tre Pater, Ave e Gloria al SS. Sacramento con tre SalveRegina alla Beata Vergine.
            – Questo lo farò; e quale opera di carità?
            – Se giudica bene e se otterrà un vero miglioramento alla sua sanità, farà qualche offerta per la chiesa di Maria Ausiliatrice che si sta cominciando in Valdocco.
            – Sì, sì: ben volentieri. Se nel corso di questa novena io otterrò solamente di potermi alzare di letto e fare alcuni passi per questa camera, farò un’offerta per la chiesa di cui mi parla ad onore della Santa Vergine Maria.
            Si cominciò la novena ed eravamo già all’ultimo giorno; io doveva dare in quella sera non meno di mille franchi ai terrazzieri. Vado pertanto a visitare la nostra ammalata, nella cui guarigione erano tutte le mie risorse, e non senza ansietà ed agitazione suono il campanello dell’abitazione di lei. La fantesca mi apre e con gioia mi annunzia che la sua padrona era perfettamente guarita, aveva già fatte due passeggiate ed era già andata in chiesa per ringraziare il Signore.
            Mentre la fantesca in fretta quelle cose raccontava, si avanza giubilante la stessa padrona dicendo: Io sono guarita, sono già andata a ringraziare la Madonna Santissima; venga, ecco il pacco che le ho preparato; è questa la prima offerta, ma non sarà certamente l’ultima. Prendo il pacco, vado a casa, lo verifico, e ci trovo cinquanta napoleoni d’oro, che formavano appunto i mille franchi di cui abbisognava.
            Questo fatto, primo di questo genere, io tenni gelosamente celato; nulladimeno si dilatò come scintilla elettrica. Altri e poi altri si raccomandarono a Maria Ausiliatrice facendo la novena e promettendo qualche oblazione se ottenevano la grazia implorata. E qui so io volessi esporre la moltitudine dei fatti, dovrei farne non un piccolo libretto, ma grossi volumi.
            Male di capo cessato, febbri vinte, piaghe ed ulceri cancrenose sanate, reumatismi cessati, convulsioni risanate, male d’occhi, di orecchi, di denti, di reni istantaneamente guariti; tali sono i mezzi di cui servissi la misericordia del Signore per somministrarci quanto era necessario a condurre a termine questa chiesa.
            Torino, Genova, Bologna, Napoli, ma più di ogni altra città, Milano, Firenze, Roma furono le città che, avendo in modo speciale provata la benefica influenza della Madre delle grazie invocata sotto al nome di aiuto dei cristiani, dimostrarono eziandio la loro gratitudine colle oblazioni. Anche più remoti paesi come Palermo, Vienna, Parigi, Londra e Berlino ricorsero colla solita preghiera e colla solita promessa a Maria Ausiliatrice. Non mi consta che alcuno sia ricorso invano. Un favore spirituale o temporale più o meno segnalato fu sempre il frutto della dimanda e del ricorso fatto alla pietosa Madre, al potente aiuto dei cristiani. Ricorsero, ottennero il celeste favore, fecero la loro offerta senza esserne in alcun modo richiesti.
            Se tu, o lettore, entrerai in questa chiesa, vedrai un pulpito per noi di elegante costruzione; è una persona gravemente inferma, che ne fa promessa a Maria Ausiliatrice; guarisce ed ha compiuto il suo voto. L’altare elegante della cappella a destra è di una matrona romana che lo offre a Maria per grazia ricevuta.
            Se gravi motivi, che ognuno può di leggeri supporre, non persuadessero differirne la pubblicazione, potrei dire paese e nome delle persone che da ogni parte fecero ricorso a Maria. Anzi si potrebbe asserire che ogni angolo, ogni mattone di questo sacro edifizio ricorda un benefizio, una grazia ottenuta da questa augusta Regina del cielo.
            Persona imparziale raccoglierà questi fatti, che a tempo opportuno serviranno a far conoscere alla posterità le meraviglie di Maria Ausiliatrice.
            In questi ultimi tempi la miseria facendosi in modo eccezionale sentire, noi pure andavamo rallentando i lavori per attendere tempi migliori alla continuazione dei medesimi; quando altri mezzi provvidenziali vennero in soccorso. Il colera morbus che infieriva tra noi e nei paesi confinanti commosse i cuori più insensibili e spregiudicati.
            Fra le altre una madre vedendo un suo unico figliuolo strozzato dalla violenza del male, lo invitò a fare ricorso a Maria SS. aiuto dei cristiani. Nell’eccesso del dolore egli profferì queste parole: Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis. Col più vivo affetto del cuore la madre ripeté la medesima giaculatoria. In quel momento si mitigò la violenza del morbo, l’infermo diede in un copioso sudore a segno che in poche ore restò fuori di ogni pericolo, e quasi interamente guarito. La notizia di questo fatto si dilatò, altri e poi altri si raccomandarono con fede in Dio onnipotente e nella potenza di Maria Ausiliatrice con promessa di fare qualche offerta per continuare la costruzione della sua chiesa. Non si sa che alcuno abbia in questo modo ricorso a Maria senza essere stato esaudito. Avverandosi così il detto di s. Bernardo, che non si è mai udito al mondo che alcuno sia con fiducia ricorso invano a Maria. Mentre scrivo ricevo (maggio 1868) un’offerta con una relazione di persona di molta autorità, che mi annunzia come un paese intiero fu in modo straordinario liberato dall’infestazione del colera mercè la medaglia, il ricorso e la preghiera fatta a Maria Ausiliatrice. In questa guisa sopravvennero oblazioni da tutte parti, oblazioni, è vero, di piccola entità, ma che messe insieme bastarono al bisogno.
            Neppure è da passarsi sotto silenzio altro mezzo di beneficenza per questa chiesa, quale è l’offerta di una parte del profitto del commercio, o del frutto delle campagne. Molti, che da parecchi anni non ricavavano più alcun frutto dai bachi da seta e dalle vendemmie, promisero di dare il decimo del prodotto che ne avrebbero ricevuto. Ne furono straordinariamente favoriti; contenti perciò di mostrare alla loro celeste benefattrice speciali segni di gratitudine colle loro offerte.
            Così noi abbiamo condotto questo per noi maestoso edifizio con un dispendio sorprendente senza che alcuno abbia mai fatto questua di sorta. Chi lo crederebbe? Un sesto della spesa fu coperta con oblazioni di persone devote; il rimanente furono tutte oblazioni fatte per grazie ricevute.
            Ora vi sono ancora alcune note da saldare, alcuni lavori da ultimare, molti ornamenti e suppellettili da provvedere, ma abbiamo viva fiducia in questa augusta Regina del cielo, che non cesserà di benedire i suoi devoti e concedere loro grazie speciali, così che per divozione verso di lei e per gratitudine dei benefizi ricevuti continueranno a porgere la loro mano benefica per condurre la santa impresa al termine totale dei lavori. E così, come dice il supremo Gerarca della Chiesa, si accrescano i devoti di Maria sopra la terra e sia maggiore il numero dei fortunati suoi figli, che un giorno le faranno gloriosa corona nel regno dei cieli per lodarla, benedirla e ringraziarla in eterno.

Inno pel vespro della festa di Maria A.
Te Redemptoris, Dominique nostri
            Dicimus Matrem, speciosa virgo,
            Christianorum decus et levamen
                                    Rebus in arctis.
Saeviant portae licet inferorum,
            Hostis antiquus fremat, et minaces,
            Ut Deo sacrum populetur agmen,
                                    Suscitet iras.
Nil truces possunt furiae nocere
            Mentibus castis, prece, quas vocata
            Annuens Virgo fovet, et superno
                                    Robore firmat.
Tanta si nobis faveat Patrona
            Bellici cessat sceleris tumultus,
            Mille sternuntur, fugiuntque turmae,
                                    Mille cohortes.
Tollit ut sancta caput in Sione
            Turris, arx firmo fabricata muro,
            Civitas David, clypeis, et acri
                                    Milite tuta.
Virgo sic fortis Domini potenti
            Dextera, caeli cumulata donis,
            A piis longe famulis repellit
                                    Daemonis ictus.
Te per aeternos veneremur annos,
            Trinitas, summo celebrando plausu,
            Te fide mentes resonoque linguae
                                    Carmine laudent. Amen.

Inno pel vespro della festa di Maria A. – TRADUZIONE
Vergin Madre del Signore,
            Nostr’aïta e nostro vanto,
            Dalla valle ria del pianto
            T’imploriam con fede e amore.
Dalle porte dell’inferno
            Frema l’oste minacciando,
            Tu pietosa stai vegliando
            Con lo sguardo tuo superno.
Le sue furie scatenate
            Passeran senz’onte e danni,
            Se di casti cuor sui vanni
            Son le preci a Te innalzate.
Te Patrona, in ogni guerra
            Diventiam gli eroi del campo;
            Della tua possanza il lampo
            Mille schiere fuga e atterra.
Sei baluardo che circonda
            Di Sion le case sante;
            Di Davide sei la fionda
            Che percote il fier gigante.
Sei lo scudo che respinge
            Di Satanno il brando ignito,
            L’asta sei che il risospinge
            Nell’abisso dond’è uscito.
[…]

Inno per le lodi
Saepe dum Christi populus cruentis
            Hostis infensis premeretur armis,
            Venit adiutrix pia Virgo coelo
                                    Lapsa sereno.
Prisca sic Patrum monumenta narrant,
            Templa testantur spoliis opimis
            Clara, votivo repetita cultu
                                    Festa quotannis.
En novi grates liceat Mariae
            Cantici laetis modulis referre
            Pro novis donis, resonante plausu,
                                    Urbis et orbis.
O dies felix memoranda fastis,
            Qua Petri Sedes fidei Magistrum
            Triste post lustrum reducem beata
                                    Sorte recepit!
Virgines castae, puerique puri,
            Gestiens Clerus, populusque grato
            Corde Reginae celebrare caeli
                                    Munera certent.
Virginum Virgo, benedicta Iesu
            Mater, haec auge bona: fac, precamur,
            Ut gregem Pastor Pius ad salutis
                                    Pascua ducat.
Te per aeternos veneremur annos,
            Trinitas, summo celebrando plausu,
            Te fide mentes, resonoque linguae
                                    Carmine laudent. Amen.

Inno per le lodi – TRADUZIONE.
Quando il nemico acerrimo
            Ad assalir fu visto
            Con l’armi più terribili
            Il popolo di Cristo,
            Sovente alle difese
            Maria dal ciel discese.
Colonne altari e cupule
            Onuste di trofei,
            E riti e feste e cantici
            Fur dedicati a Lei.
            Oh quante le memorie
            Di tante sue vittorie!
Ma nuove grazie rendansi
            Ai nuovi suoi favori;
            Tutte le genti uniscansi
            Ed i superni cori
            In armonia divina
            Con la Città regina.
La Chiesa inconsolabile
            Rasserenato ha il ciglio;
            Il dì spuntò che reduce
            Da lungo tristo esiglio
            Di Pietro all’alma Sede
            Tornava il Sommo Erede.
Le vereconde giovani,
            I casti adolescenti
            Col Clero e con il popolo
            Cantin sì fausti eventi:
            Gareggino in omaggio
            D’affetti e di linguaggio.
O Vergin delle vergini,
            Madre del Dio di pace,
            Possa il Pastor dell’anime
            Col labbro sì verace
            E l’alta sua virtute
            Guidarci alla salute.
[…]

Teol. PAGNONE

(continua)




Giovani che fanno bene la novena alla Natività di Maria (1868)

Sogno di don Bosco del 2 settembre 1868

            Don Bosco così parlò alla sera dopo le orazioni:

            Pare proprio impossibile! Quando entriamo in qualche novena vi son sempre dei giovani che vogliono andare via dalla casa, oppure che vogliono essere congedati. Ce n’era uno, il più colpevole di certi disordini, che per vari motivi non si voleva mandar via, eppure quasi spinto da forza misteriosa se ne partì.
            Passiamo ad altro. Supponete che Don Bosco entri in casa per la porteria e che venga avanti fin qui sotto i portici, e veda qui una grande signora, la quale senza che Don Bosco le dica niente tenga un quaderno in mano. Me lo porge, dicendomi:
            – Prendi e leggi!
            Io l’ho preso e lessi sopra la copertina: Novena della Natività di Maria. Apro il primo foglio e vedo scritti i nomi di un numero limitatissimo di giovani in carattere d’oro. Volto il foglio e ne vedo scritto un numero un po’ più grande con inchiostro ordinario. Volto ancora e tutto il resto del quaderno è bianco sino al fine. Adesso domando a qualcheduno di voi che cosa voglia dir questo.
            E domandò la spiegazione ad un giovane, aiutandolo a rispondere col dire:
            – In quel libro sono scritti i giovani che fanno la novena. I pochissimi che son scritti in oro sono quelli che la fanno bene e con fervore. L’altra parte è di coloro che la fanno, ma con minor fervore. E tutti gli altri perché non sono scritti? Chi sa da che cosa provenga questo? Io credo che siano le passeggiate lunghe che hanno distratto tanto i giovani, sicché adesso non sono più buoni a raccogliersi. Se venisse un po’ Savio Domenico, o Besucco, o Magone, o Saccardi che cosa ci direbbero? Esclamerebbero: Oh quanto è cangiato l’Oratorio!
            Dunque per contentar la Madonna facciamo tutto quello che possiamo colla frequenza dei SS. Sacramenti e colla pratica dei fioretti che io o D. Francesia daremo. Per domani ci sia questo fioretto: – Far ogni cosa con diligenza.
(MB IX, 337)




Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice (9/13)

(continuazione dall’articolo precedente)

Capo XVII. Continuazione e termine dell’edifizio.

            Sembra che la santa Vergine abbia di fatto esaudita la preghiera fatta pubblicamente nella benedizione della pietra angolare. I lavori proseguirono colla massima celerità, e nel corso del 1865 l’edifizio fu condotto fino al tetto, coperto, compiuta la volta, ad eccezione del tratto compreso nella periferia della cupola. L’anno 1866 si compié la cupola, il cupolino, mentre ogni cosa venne coperta di rame stagnato.
            L’anno 1867 fu terminata la statua rappresentante Maria madre di misericordia in atto di benedire i suoi devoti. A piè della statua si trova questa iscrizione: Angela e Benedetto coniugi Chirio in ossequio a Maria Ausiliatrice FF. Queste parole ricordano i nomi dei benemeriti oblatori di questa statua che è di rame battuto. L’altezza è di circa quattro metri, sormontata da dodici stelle dorate che fanno corona sopra il capo della gloriosa Regina del cielo. Quando la statua venne collocata al suo posto era semplicemente bronzata: la qual cosa rilevava assai bene i lavori dell’arte, ma a qualche distanza diveniva appena visibile, laonde si giudicò bene di indorarla. Una pia persona già per molti titoli benemerita s’incaricò di quella spesa.
            Ora risplende luminosa, e a chi la guarda di lontano al momento che è battuta dai raggi del sole, sembra che parli e voglia dire:
            Io sono bella come la luna, eletta come il sole: Pulcra ut luna, electa ut sol. Io sono qui per accogliere le suppliche dei miei figli, per arricchire di grazie e di benedizioni quelli che mi amano. Ego in altissimis habito ut ditem diligentes me, et thesauros eorum repleam.
            Finiti i lavori di fregio e di ornamento della statua fu essa benedetta con una delle più devote solennità.
            Monsignor Riccardi nostro veneratissimo Arcivescovo assistito da tre canonici della Metropolitana e da molti Sacerdoti si compiacque di venire Egli stesso a fare quella sacra funzione. Dopo breve discorso diretto a dimostrare l’uso antico delle immagini presso al popolo Ebreo e nella Chiesa primitiva, si compartiva la benedizione col Venerabile.
            Coll’anno 1867 i lavori vennero quasi ultimati. Il rimanente dell’interno della chiesa fu fatto nei cinque primi mesi dell’anno corrente 1868.
            Sono pertanto cinque gli altari tutti di marmo lavorato con disegni e con fregi diversi. Per preziosità di marmi primeggia quello della cappella laterale a destra, che contiene verde antico, rosso di Spagna, alabastro orientale e della malachite. Le balaustre sono eziandio di marmo; i pavimenti ed i presbiteri sono l’atti in mosaico. Le pareti interne della chiesa furono semplicemente colorite senza pittura pel timore che la recente costruzione delle mura potesse contraffare la specie dei colori.
            Dalla prima base alla maggiore altezza sono metri 70; i basamenti, i legami, gli stillicidi, i cornicioni sono di granito. Nell’interno della chiesa e della cupola vi sono ringhiere in ferro per assicurare quelli che dovessero ivi eseguire qualche lavoro. Nell’esterno della cupola ve ne sono tre con una scala, se non molto comoda, certamente sicura per chi desiderasse salire fino al piedestallo della statua. Vi sono due campanili sormontati da due statue dell’altezza di due metri e mezzo caduno. Una di queste statue rappresenta l’Angelo Gabriele in atto di offrire una corona alla Santa Vergine; l’altro s. Michele che tiene una bandiera in mano, su cui è scritto in caratteri grossi: Lepanto. E ciò per ricordare la grande vittoria riportata dai Cristiani contro i Turchi presso Lepanto ad intercessione di Maria SS. Sopra uno dei campanili si trova un concerto in Mi bemolle di cinque campane che alcuni benemeriti devoti hanno promosso colle loro offerte. Sopra le campane sono incise parecchie immagini con analoghe iscrizioni. Una di queste campane è dedicata al supremo Gerarca della Chiesa Pio IX, un’altra a Mons. Riccardi nostro Arcivescovo.

Capo XVIII. Ancona maggiore. Dipinto di s. Giuseppe – Pulpito.

            Nella crociera a sinistra si trova l’altare dedicato a s. Giuseppe. Il quadro del santo è lavoro dell’artista Tomaso Lorenzone. La composizione è simbolica. Il Salvatore è presentato in età fanciullesca nell’atto che porge un canestro di fiori alla santa Vergine quasi dicendo: flores mei, flores honoris et honestatis. L’Augusta sua Madre dice di offrirlo a s. Giuseppe suo sposo, affinché per mano di esso siano regalati ai fedeli che a mani levate li stanno attendendo. I fiori figurano le grazie che Gesù offre a Maria, mentre essa ne costituisce s. Giuseppe assoluto dispensiere, come appunto lo saluta Santa Chiesa: constituit eum dominum domus suae.
            L’altezza del dipinto è di metri 4 per 2 di larghezza.
            Il pulpito è assai maestoso; il disegno è parimenti del cav. Antonio Spezia; la scultura con tutti gli altri lavori sono opera dei giovanetti dell’Oratorio di san Francesco di Sales. La materia è di noce lavorata e le tavole sono ben connesse. La posizione del medesimo è tale, che da qualunque angolo della chiesa si può vedere il predicatore.
            Ma il più glorioso monumento di questa chiesa è l’ancona ossia il gran dipinto che sovrasta all’altare maggiore in coro. Esso è parimenti lavoro del Lorenzone. La sua altezza è di oltre a sette metri per quattro. Si presenta allo sguardo come una comparsa di Maria Ausiliatrice nel modo seguente:
            La Vergine campeggia in un mare di luce e di maestà, assisa sopra di un trono di nubi. La copre un manto che è sostenuto da una schiera di Angeli, i quali facendole corona le porgono ossequio come loro Regina. Colla destra tiene lo scettro che è simbolo della sua potenza, quasi alludendo alle parole da Lei proferite nel santo Vangelo: Fecit mihi magna qui potens est. Colui, Dio, che è potente, fece a me cose grandi. Colla sinistra tiene il Bambino che ha le braccia aperte offrendo così le sue grazie e la sua misericordia a chi fa ricorso all’Augusta sua Genitrice. In capo ha il diadema ossia corona con cui è proclamata Regina del cielo e della terra. Da una parte superiore discende un raggio di luce celeste che dall’occhio di Dio va a posarsi sul capo di Maria. In esso sono scritte le parole: virtus altissimi obumbrabit tibi: la virtù dell’Altissimo Iddio ti adombrerà cioè ti coprirà e ti fortificherà.
            Dall’opposta parte superiore calano altri raggi dalla colomba, Spirito Santo, che vanno eziandio a posarsi sul capo di Maria con in mezzo le parole: Ave, gratia plena: Dio ti salvi, o Maria, tu sei piena di grazia. Questo fu il saluto fatto a Maria dall’Arcangelo Gabriele quando a nome di Dio le annunziò che doveva diventar Madre del Salvatore.
            Più in basso sono i santi Apostoli e gli Evangelisti s. Luca, s. Marco in figura alquanto maggiore del naturale. Essi trasportati da dolce estasi quasi esclamando: Regina Apostolorum, ora pro nobis, rimirano attoniti la Santa Vergine che loro appare maestosa sopra le nubi. Finalmente in fondo del dipinto si trova la città di Torino con altri devoti che ringraziano la S. Vergine dei benefizi ricevuti e la supplicano a continuare a mostrarsi madre di misericordia nei gravi pericoli della presente vita.
            In generale il lavoro è ben espresso, proporzionato, naturale; ma il pregio che non mai perderà è l’idea religiosa che genera una devota impressione nel cuore di chiunque la rimiri.

(continua)




Un pergolato di rose (1847)

I sogni di don Bosco sono doni dall’Alto per orientare, avvertire, correggere, incoraggiare. Alcuni di loro sono stati fissati per iscritto e si sono conservati. Uno di questi – fatto all’inizio della missione del santo dei giovani – è quello del pergolato di rose, fatto nel 1847. Lo presentiamo integralmente.

            Nel 1864 una sera dopo le orazioni radunava a conferenza nella sua anticamera, come era solito a fare di quando in quando, coloro che già appartenevano alla sua Congregazione: tra i quali D. Alasonatti Vittorio, D. Michele Rua, D. Cagliero Giovanni, D. Durando Celestino, D. Lazzero, Giuseppe e D. Barberis Giulio. Dopo aver loro parlato del distacco dal mondo e dalle proprie famiglie per seguire l’esempio di N. S. Gesù Cristo, continuò in questi termini:
            Vi ho già raccontato diverse cose in forma di sogno, dalle quali possiamo argomentare quanto la Madonna SS. ci ami e ci aiuti; ma giacché siamo qui noi soli, perché ognuno di noi abbia la sicurezza essere Maria Vergine che vuole la nostra Congregazione e affinché ci animiamo sempre più a lavorare per la maggior gloria di Dio, vi racconterò non già la descrizione di un sogno, ma quello che la stessa Beata Madre si compiacque di farmi vedere. Essa vuole che riponiamo in Lei tutta la nostra fiducia. Io vi parlo in tutta confidenza, ma desidero che quanto io sono per dirvi, non si propali ad altri della Casa, o fuori dell’Oratorio, affinché non si dia appiglio alle critiche dei maligni.

            Un giorno dell’anno 1847 avendo io molto meditato sul modo di far del bene, specialmente a vantaggio della gioventù, mi comparve la Regina del cielo e mi condusse in un giardino incantevole. Ivi era come un rustico, ma bellissimo e vasto porticato, fatto a forma di vestibolo. Piante rampicanti ne ornavano e fasciavano i pilastri e coi rami ricchissimi di foglie e di fiori protendendo in alto le une verso le altre le loro cime ed intrecciandosi vi stendevano sopra un grazioso velario. Questo portico metteva in una bella via, sulla quale a vista d’occhio si prolungava un pergolato incantevole a vedersi, che era fiancheggiato e coperto da meravigliosi rosai in piena fioritura. Il suolo eziandio era tutto coperto di rose. La Beata Vergine mi disse:
            – Togliti le scarpe!
            E poiché me l’ebbi tolte, soggiunse:
            – Va avanti per quel pergolato: è quella la strada che devi percorrere.
            Fui contento di aver deposto i calzari perché mi avrebbe rincresciuto calpestare quelle rose, tanto erano vaghe. E cominciai a camminare; ma subito sentii che quelle rose celavano spine acutissime, cosicché i miei piedi sanguinavano. Quindi, fatti appena pochi passi, fui costretto a fermarmi e poi a ritornare indietro.
            – Qui ci vogliono le scarpe, dissi allora alla mia guida.
            – Certamente, mi rispose: ci vogliono buone scarpe.
            – Mi calzai e mi rimisi sulla via con un certo numero di compagni, i quali erano apparsi in quel momento, chiedendo di camminar meco. Essi mi tennero dietro sotto il pergolato, che era di una vaghezza incredibile; ma avanzandomi quello appariva stretto e basso. Molti rami scendevano dall’alto e rimontavano come festoni; altri pendevano perpendicolari sopra il sentiero. Dai fusti dei rosai altri rami si protendevano di qua e di là ad intervalli, orizzontalmente; altri formando talora una più folta siepe, invadevano una parte della via; altri serpeggiavano a poca altezza da terra. Erano però tutti rivestiti di rose, ed io non vedeva che rose ai lati, rose di sopra, rose innanzi ai miei passi. Io mentre ancora provava vivi dolori nei piedi e alquanto mi contorceva, toccava le rose di qua e di là e sentii che spine ancora più pungenti stavano nascoste sotto di quelle. Tuttavia andai avanti. Le mie gambe si impigliavano nei rami stesi per terra e ne rimanevano ferite; rimoveva un ramo traversale, che mi impediva la via oppure per schivarlo rasentava la spalliera, e mi pungevo e sanguinavo non solo nelle mani, ma in tutta la persona. Al di sopra le rose che pendevano, celavano pure grandissima quantità di spine, che mi si infiggevano nel capo. Ciò non per tanto, incoraggiato dalla Beata. Vergine proseguii il mio cammino. Di quando in quando però mi toccavano eziandio punture più acute e penetranti, che mi cagionavano uno spasimo ancor più doloroso.
            Intanto tutti coloro, ed erano moltissimi, che mi osservavano a camminare per quel pergolato dicevano: Oh! come D. Bosco cammina sempre sulle rose: egli va avanti tranquillissimo; tutto gli va bene. Ma essi non vedevano le spine che laceravano le mie povere membra. Molti chierici, preti e laici da me invitati si erano messi a seguitarmi festanti, allettati dalla bellezza di quei fiori; ma quando si accorsero che si doveva camminare sulle spine pungenti e che queste spuntavano da ogni parte, incominciarono a gridare dicendo: Siamo stati ingannati! Io risposi:
            – Chi vuol camminare deliziosamente sulle rose torni indietro: gli altri mi seguano.
            Non pochi ritornarono indietro. Percorso un bel tratto di via, mi rivolsi per dare uno sguardo ai miei compagni. Ma qual fu il mio dolore quando vidi che una parte di questi era scomparsa, ed un’altra parte mi aveva già voltate le spalle e si allontanava. Tosto ritornai anch’io indietro per richiamarli, ma inutilmente, poiché neppure mi davano ascolto. Allora incominciai a piangere dirottamente ed a querelarmi dicendo:
            – Possibile che debba io solo percorrere tutta questa via così faticosa?
            Ma fui tosto consolato. Vedo avanzarsi verso di me uno stuolo di preti, di chierici e di secolari, i quali mi dissero: Eccoci; siamo tutti suoi, pronti a seguirla. Precedendoli mi rimisi in via. Solo alcuni si perdettero d’animo e si arrestarono, ma una gran parte di essi giunse con me alla meta.
            Percorso in tutta la sua lunghezza il pergolato, mi trovai in un altro amenissimo giardino, ove mi circondarono i miei pochi seguaci, tutti dimagriti, scarmigliati, sanguinanti. Allora si levò un fresco venticello e a quel soffio tutti guarirono. Soffiò un altro vento e come per incanto mi trovai attorniato da un numero immenso di giovani e di chierici, di laici coadiutori ed anche di preti, che si posero a lavorare con me guidando quella gioventù. Parecchi li conobbi, di fisonomia, molti non li conosceva ancora.
            Intanto, essendo io giunto ad un luogo elevato del giardino mi vidi innanzi un edifizio monumentale sorprendente per magnificenza di arte, e varcatane la soglia, entrai in una spaziosissima sala, di tale ricchezza che nessuna reggia al mondo può vantarne una eguale. Era tutta sparsa e adorna di rose freschissime e senza spine dalle quali emanava una soavissima fragranza. Allora la Vergine SS., che era stata la mia guida, mi interrogò:
            – Sai che cosa significa ciò che tu vedi ora, e ciò che hai visto prima?
            – No, risposi: vi prego di spiegarmelo.
            Allora Ella mi disse:
            – Sappi che la via da te percorsa tra le rose e le spine significa la cura che tu hai da prenderti della gioventù: tu vi devi camminare colle scarpe della mortificazione. Le spine per terra rappresentano le affezioni sensibili, le simpatie o antipatie umane che distraggono l’educatore dal vero fine, lo feriscono, lo arrestano nella sua missione, gli impediscono di procedere e raccogliere corone per la vita eterna. Le rose sono simbolo della carità ardente che, deve distinguere te e tutti i tuoi coadiutori. Le altre spine significano gli ostacoli, i patimenti, i dispiaceri che vi toccheranno. Ma non vi perdete di coraggio. Colla carità e colla mortificazione, tutto supererete e giungerete alle rose senza spine.
            Appena la Madre dì Dio ebbe finito di parlare, rinvenni in me e mi trovai nella mia camera.
            D. Bosco, che aveva intesa la qualità del sogno, concludeva affermando che dopo quel tempo vedeva benissimo la strada che doveva percorrere, che le opposizioni e le arti colle quali si tentava di arrestarlo, gli erano già palesi e che sebbene molte dovessero essere le spine tra le quali aveva da camminare, era certo, sicuro della volontà di Dio e del riuscimento della sua grande intrapresa.
            Con questo sogno D. Bosco era avvisato eziandio di non scoraggiarsi per le defezioni che sarebbero avvenute fra coloro che parevano destinati a coadiuvarlo nella sua missione. I primi che si allontanano dal pergolato, sono i preti diocesani ed i secolari, che sul principio si erano consacrati all’Oratorio festivo. Gli altri che sopraggiungono, rappresentano i Salesiani, ai quali è promesso l’aiuto e il conforto divino, figurato dal soffiare del vento. Più tardi D. Bosco manifestò essersi ripetuto questo sogno o visione in anni diversi, cioè nel 1848 e nel 1856, e che ogni volta gli si presentava con. qualche variazione di circostanze. Noi qui le abbiamo collegate in un solo racconto, per non dar luogo a superflue ripetizioni.
(MB III, 32-36)




Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice (8/13)

(continuazione dall’articolo precedente)

Capo XV. Divozione e progetto di una chiesa a Maria A. in Torino.

            Prima di parlare della chiesa eretta in Torino ad onore di Maria Ausiliatrice stimo bene di notare, come la divozione dei Torinesi verso di questa celeste Benefattrice rimonta ai primi tempi del cristianesimo. S. Massimo primo vescovo di questa città ne parla come di un fatto pubblico ed antico.
            Il santuario della Consolata è un meraviglioso monumento parlante di quanto diciamo. Ma dopo la vittoria di Lepanto i Torinesi furono dei primi ad invocare Maria sotto al titolo speciale di Ausiliatrice. Il cardinale Maurizio principe di Savoia ha grandemente promossa questa divozione, e sul principio del secolo decimosettimo fece costruire nella chiesa di s. Francesco di Paola una cappella con altare e con una bellissima statua dedicata a Maria Ausiliatrice, di marmo prezioso ed elegante. La Vergine è presentata tenente in mano il Divin Fanciullo.
            Questo principe era fervoroso devoto di Maria Ausiliatrice, e siccome vivendo faceva sovente l’offerta del cuore alla sua celeste Madre, così morendo lasciò per testamento che appunto il cuore, qual pegno più caro di sé stesso, fosse deposto in una cassa e collocato nel muro a destra dell’altare[1].
            Il tempo avendo logorato e resa questa cappella alquanto abbietta, il re Vittorio Emanuele II ordinò che ogni cosa fosse a sue spese ristorata.
            Così il pavimento, la predella, e lo stesso altare furono come rinnovati.
            Osservando i Torinesi il ricorso a Maria Ausiliatrice essere mezzo efficacissimo per ottenere grazie straordinarie, cominciarono ad aggregarsi alla Confraternita di Monaco in Baviera, ma pel numero stragrande dei confratelli fu instituita in questa medesima chiesa una Confraternita. Essa ebbe l’apostolica approvazione del Pontefice Pio VI, che con rescritto 9 febbraio 1798 concedeva molte indulgenze con altri favori spirituali.
            Così andava ognora più dilatandosi la divozione dei Torinesi all’augusta Madre del Salvatore, e ne provavano i più salutari effetti, quando fu ideato il progetto di una chiesa da dedicarsi appunto a Maria Ausiliatrice in Valdocco popolatissimo quartiere di questa città. Qui adunque abitano molte migliaia di cittadini senza chiesa di sorta fuori quella di Borgo Dora, la quale tuttavia non può contenere più di 1500 persone[2].
            In questo distretto esistevano le chiesette della Piccola Casa della divina Provvidenza e dell’Oratorio di s. Francesco di Sales, ma si l’una che l’altra appena bastavano al servizio delle rispettive loro comunità.
            Nel vivo desiderio pertanto di provvedere all’urgente bisogno degli abitanti di Valdocco, e dei molti giovani che nei di festivi vengono all’Oratorio dalle varie parti della città, e che non possono più contenersi nella chiesetta attuale, si deliberò di tentare la costruzione di una chiesa abbastanza capace per questo doppio scopo. Ma un motivo tutto speciale della costruzione di questa chiesa era un bisogno comunemente sentito di dare un segno pubblico di venerazione alla B. Vergine Maria, che con viscere di Madre veramente misericordiosa aveva protetto i nostri paesi scampandoci dai mali cui tanti altri soggiacquero.
            Due cose si presentavano davanti per dar mano alla pia impresa; il luogo dell’edifizio, il titolo sotto cui dovesse consacrarsi. Affinché si potessero secondare i disegni della Divina Provvidenza, questa chiesa doveva edificarsi nella via Cottolengo in sito spazioso, libero, nel centro di quella grande popolazione. Venne pertanto scelto un’area posta fra la detta via Cottolengo e l’Oratorio di s. Francesco di Sales.
            Mentre poi si stava deliberando intorno al titolo sotto cui porre il novello edifizio, un incidente sciolse ogni dubbio. Il sommo Pontefice il regnante Pio IX, cui nulla sfugge di quanto può tornare vantaggioso alla Religione, informato della necessità di una chiesa nel luogo sopra indicato, mandò la sua prima graziosa offerta di franchi 500, facendo sentire che Maria Ausiliatrice sarebbe stato un titolo certamente gradito all’augusta Regina del cielo. Accompagnava poi la caritatevole offerta con una speciale benedizione agli oblatori aggiungendo queste parole: “Questa tenue offerta abbia più potenti e generosi oblatori che cooperino a promuovere la gloria dell’augusta Madre di Dio in terra, e così si accresca il numero di quelli che un giorno le faranno gloriosa corona in cielo.”
            Stabilito così il luogo e il nome dell’edifizio, un benemerito ingegnere, cav. Antonio Spezia, ne concepì il disegno, lo sviluppò in forma di croce latina sopra una superficie di 1200 metri quadrati. In questo tratto di tempo nacquero non piccole difficoltà, ma la Santa Vergine, che voleva questo edifizio a sua maggior gloria, dileguò, o meglio allontanò tutti gli ostacoli che si presentavano allora e che più gravi ancora si sarebbero in appresso presentati. Laonde non si pensò più ad altro che a dar cominciamento al sospirato edifizio.

Capo XVI. Principio dell’edifizio e funzione della pietra fondamentale.

            Fatti gli scavi all’ordinaria profondità, eravamo in procinto di gettare giù le prime pietre, e la prima calce, quando ci siamo accorti che le fondamenta appoggiavano sopra terreno di alluvione e perciò inetto a sostenere le basi di un edifizio di quella fatta. Si dovettero perciò approfondare di più gli scavi, fare una forte e larga palificata corrispondente alla periferia della progettata costruzione.
            Il palificare e scavare a notabile profondità fu cagione di maggiori spese sia per l’aumento dei lavori, sia per la copia di materiali e di legnami che dovevano collocarsi sotto terra. Ciò nonostante i lavori furono alacremente continuati, e il 27 aprile 1865 si poterono benedire le fondamenta e porre la pietra angolare.
            Per comprendere il significato di questa funzione conviene osservare essere disciplina della Chiesa Cattolica che niuno debba incominciare la fabbrica di un sacro edifizio senza espressa licenza del vescovo, sotto la cui giurisdizione si ritrova il terreno che si vuole destinare a questo scopo. Aedificare ecclesiam nemo potest, nisi auctoritate dioecesani[3].
            Conosciuta la necessità della Chiesa e stabilitone il luogo, il vescovo in persona o per mezzo di un suo incaricato va a porre la pietra fondamentale. Questa pietra figura Gesù Cristo che nei libri santi è detto pietra angolare, ovvero il fondamento di ogni autorità, di ogni santità. Il vescovo poi con quell’atto indica che egli riconosce la sua autorità da Gesù Cristo, cui quell’edificio appartiene, e da cui deve dipendere ogni esercizio religioso che sia per farsi in avvenire in quella chiesa, mentre il vescovo ne prende possesso spirituale mettendo la pietra fondamentale.
            I fedeli della Chiesa primitiva, quando volevano fabbricare qualche chiesa, ne contrassegnavano prima il luogo colla croce per denotare che quel sito, destinandosi al culto del vero Dio, non poteva più servire ad uso profano.
            La benedizione poi si fa dal vescovo ad esempio di quanto fece il patriarca Giacobbe allora che in un deserto alzò una pietra sopra cui fece sacrificio al Signore: Lapis iste, quem erexi in titulum, vocabitur domus Dei.
            È pur bene qui di notare che ogni chiesa, ed ogni culto che in quella si esercita è sempre rivolto a Dio, cui ogni atto, ogni parola, ogni segno è dedicato e consacrato. Questo atto religioso si dice Latria ossia culto supremo, o servizio per eccellenza che si presta solamente a Dio. Le chiese si sogliono anche dedicare ai santi con un secondo culto che si dice Dulia, che vuol dire servizio prestato ai servi del Signore.
            Quando poi il culto è indirizzato alla Beata Vergine dicesi Iperdulia, vale a dire servizio sopra eminente a quello che si rende ai santi. Ma la gloria e l’onore che si tributano ai santi ed alla B. Vergine non si fermano in loro, ma per loro mezzo vanno a finire in Dio che è il termine delle nostre preghiere e delle nostre azioni. Quindi le chiese sono tutte consacrate primieramente a DioOttimo Massimo, poi alla B. Vergine; quindi a qualche santo a beneplacito dei fedeli. Così leggiamo che s. Marco Evangelista in Alessandria d’Egitto consacrò una chiesa a Dio ed al suo maestro s. Pietro apostolo[4].
            Conviene eziandio osservare intorno a queste funzioni, che talvolta il vescovo benedice la pietra angolare e qualche distinto personaggio la depone al suo posto, e mette sopra la prima calce. Così abbiamo dalla storia che il Sommo Pontefice Innocenzo X nell’anno 1652 benedisse la pietra fondamentale della chiesa di s. Agnese in Piazza Navona, mentre il principe Pamfili Duca di Carpinete la depose giù nelle fondamenta.
            Così nel nostro caso Mons. Odone di felice memoria vescovo di Susa era incaricato di fare la funzione religiosa mentre il Principe Amedeo di Savoia collocava a suo posto la pietra angolare, e vi metteva sopra la prima calce.
            Pertanto il giorno 27 aprile 1865, alle due di sera si cominciò la religiosa funzione. Il tempo era sereno, una moltitudine di gente, la prima nobiltà torinese ed anche non torinese era intervenuta. I giovanetti appartenenti alla casa di Mirabello in quella occasione erano venuti a formare coi loro compagni torinesi una specie di esercito.
            Il venerando Prelato dopo le preci e i salmi prescritti asperse con acqua lustrale le fondamenta del disegnato edifizio, di poi si portò presso al pilastro della cupola nel lato del Vangelo, il quale sorgeva già al livello dell’attuale pavimento. Qui fu redatto un verbale di quanto si faceva, e si lesse ad alta voce nel tenore seguente:
            “L’anno del Signore mille ottocento sessantacinque, il ventisette aprile, ore due di sera; l’anno decimonono del Pontificato di Pio IX, dei Conti Mastai Ferretti felicemente regnante; l’anno decimosettimo di Vittorio Emanuele II; essendo vacante la sede arcivescovile di Torino per la morte di Monsignor Luigi dei Marchesi Franzoni, Vicario Capitolare il Teologo Collegiato Giuseppe Zappata; curato della Parrocchia di Borgo Dora il Teologo Cattino Cav. Agostino; direttore dell’Oratorio di san Francesco il sacerdote Bosco Giovanni; alla presenza di S. A. R. il Principe Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta; del conte Costantino Radicati Prefetto di Torino; della Giunta Municipale rappresentata dal Sindaco di questa città Lucerna di Rorà marchese Emanuele, e dalla Commissione promotrice di questa chiesa[5] da dedicarsi a Dio OttimoMassimo ed a Maria Ausiliatrice, Monsignor Odone G. Antonio vescovo di Susa, avuta l’opportuna facoltà dall’Ordinario di questa Archidiocesi, ha proceduto alla benedizione delle fondamenta di questa chiesa e collocazione della pietra angolare della medesima nel pilastro grande della cupola nel lato del Vangelo dell’altare maggiore. In questa pietra sono state chiuse alcune monete di metallo e di valore diverso, alcune medaglie portanti l’effigie del Sommo Pontefice Pio IX e del nostro Sovrano, una iscrizione in latino che ricorda l’oggetto di questa sacra funzione. Il benemerito ingegnere architetto cav. Spezia Antonio, il quale ne concepì il disegno e con spirito cristiano prestò e presta tuttora l’opera sua nella direzione dei lavori.
            La forma della chiesa è di croce latina, della superficie di mille duecento metri; motivo di questa costruzione è la mancanza di chiese fra i fedeli di Valdocco, e per dare un pubblico attestato di gratitudine alla gran Madre di Dio pei grandi benefizi ricevuti, per quelli che in maggior copia si attendono da questa celeste Benefattrice. L’opera fu cominciata, e si spera che sarà condotta a felice termine colla carità dei devoti.
            Gli abitanti di questo Borgo di Valdocco, i Torinesi ed altri fedeli da Maria beneficati, riuniti ora in questo benedetto recinto, mandano unanimi al Signore Iddio, alla Vergine Maria, aiuto dei cristiani, una fervida preghiera per ottenere dal cielo copiose benedizioni sopra i Torinesi sopra i cristiani di tutto il mondo, e in modo particolare sopra il Capo supremo della Chiesa cattolica, promotore ed insigne benefattore di questo sacro edifizio, sopra tutte le autorità ecclesiastiche, sopra l’augusto nostro Sovrano, e sopra tutta la reale Famiglia, e specialmente sopra S. A. R. il Principe Amedeo, che accettando l’umile invito diede un segno di venerazione alla gran Madre di Dio. L’augusta Regina del Cielo assicuri un posto nella eterna beatitudine a tutti quelli che hanno dato o daranno opera a condurre a termine questo sacro edifizio, o in qualche altro modo contribuiranno ad accrescere il culto e la gloria di Lei sopra la terra.”
            Letto ed approvato questo verbale, fu sottoscritto da tutti quelli che furono sopra nominati e dai più illustri personaggi che si trovano presenti. Di poi fu piegato e fasciato col disegno della chiesa e con qualche altro scritto, e riposto in un vaso di vetro appositamente preparato. Chiuso questo ermeticamente venne collocato nel cavo fatto in mezzo alla pietra fondamentale. Benedetta ogni cosa dal vescovo, fu sopra posta altra pietra, e il Principe Amedeo vi pose la prima calce. Dopo i muratori continuarono il loro lavoro fino all’altezza di oltre un metro di costruzione.
            Compiuti ancora gli altri riti religiosi, i prelodati personaggi visitarono lo stabilimento, di poi assistettero ad una rappresentazione dei giovani stessi. Loro si lessero varie poesie di opportunità, si eseguirono diversi pezzi di musica vocale e strumentale con un dialogo, in cui si dava un cenno storico sulla solennità del giorno[6].
            Terminato il piacevole trattenimento chiudeva la giornata una devota azione di grazie al Signore colla benedizione del SS. Sacramento. S. A. R. col suo corteggio lasciavano l’Oratorio alle ore 5 1/2 mostrandosi ognuno pienamente soddisfatto.
            L’Augusto Principe fra gli altri segni di gradimento offrì la graziosa somma di fr. 500 della sua cassetta particolare, e regalò gli attrezzi di sua ginnastica ai giovani di questo stabilimento. Poco dopo l’ingegnere era decorato della croce dei santi Maurizio e Lazzaro.

(continua)


[1] Alla morte di quel principe, il conte Tesauro fece la seguente epigrafe, che venne scolpita nel pavimento dell’altare.
D. O. M.
SERENISSIMIS PRINCEPS MAURITIUS SABAUDIAE
MELIOREM SUI PARTEM
COR
QUOD VIVENS
SUMMAE REGINAE COELORUM LITAVERAT
MORIENS CONSECRAVIT
HICQUE AD MINIMOS QUOS CORDE DILIGERAT
APPONI VOLUIT
CLAUSIT ULTIMUM DIEM
QUINTO NONAS OCTOBRIS MDCLVII.

[2] Questo quartiere si chiama Valdocco dalle iniziali Val. Oc. Vallis Occisorum ossia valle degli uccisi, perché essa fu innaffiata dal sangue dei santi Avventore ed Ottavio, i quali qui riportarono la palma del martirio.

Dalla chiesa parrocchiale di Borgo Dora tirando una linea fino alla chiesa della Consolata ed a quella di Borgo s. Donato; di poi volgendo alla regia fucina delle canne sino al fiume Dora, avvi uno spazio coperto di case, ove hanno stanza oltre a 35,000 abitanti, tra cui non esisteva alcuna pubblica chiesa.

[3] Concilio Aurelian. dist. l, De consacr.

[4] Vedi Moroni, articolo Chiese.

[5] Membri della commissione promotrice della lotteria per questa chiesa.

LUCERNA DI RORA’ March. Emanuele Sindaco della città di Torino Presidente onorario

SCARAMPI DI PRUNEY March. LODOVICO Presidente

FASSATI March. DOMENICO V. Presidente

MORIS Comm. GIUSEPPE Consigliere Municipale V. Presidente

GRIBAUDI sig. GIOVANNI Dott. in Medicina e Chirurgia. Segretario

OREGLIA DI S. STEFANO Cav. FEDERICO Segretario

COTTA Commendatore GIUSEPPE Senatore del Regno Cassiere

ANZINO Teol. Can. VALERIO Cappellano di Sua Maestà

BERTONE DI SAMBUY Conte ERNESTO Direttore dell’esposizione

BOGGIO Bar. GIUSEPPE Direttore dell’esposizione

BOSCO DI RUFFINO Cav. ALERAMO

BONA COMRNEN. Direttore generale delle ferrovie meridionali

BOSCO sac. GIOVANNI Direttore degli Oratorii

CAYS DI GILEITA Conte CARLO Direttore dell’esposizione

DUPRA’ Cav. GIO. Batt. Ragioniere alla Camera dei Conti

DUPRÈ Cav. GIUSEPPE Consigliere Municipale

FENOGLIO Commendatore PIETRO Economo generale

FERRARI DI CASTELNUOVO March. EVASIO

GIRIODI Cav. CARLO Direttore dell’esposizione

MINELLA sac. VINCENZO Direttore dell’esposizione

PERNATI DI MOMO Cav. Comm. Ministro di Stato, Senatore del Regno

PATERI Cav. ILARIO Prof. e Consigliere Municipale

PROVANA DI COLLEGNO Conte ed Avvocato ALESSANDRO

RADICATI Conte COSTANTINO Prefetto

REBAUDENGO Comm. Gio. Segretario Generale del Ministro della Casa Reale

SCARAMPI DI VILLANUOVA Cav. CLEMENTE Direttore dell’esposizione

SOLARO DELLA MARGHERITA Conte ALBERTO

SPERINO Comm. CASIMIRO Dottore in Medicina e Chirurgia

UCCELLETTI sig. CARLO Direttore dell’esposizione

VOGLIOTTI Cav. ALESSANDRO Can. Teol. Pro-Vicario Generale

VILLA DI MOMPASCALE Conte GIUSEPPE Direttore dell’esposizione

VIRETTI sig. Avvocato MAURIZIO Direttore dell’esposizione

[6] Una delle poesie col dialogo e colla iscrizione si possono leggere nell’Appendice posta in fine del libretto.




Il sogno dei 9 anni

La serie dei “sogni” di don Bosco, iniziano con quello fatto all’età di nove anni, verso il 1824. È uno dei più importanti se non il più importante, perché rileva una missione affidata dalla Provvidenza che si concretizza in un carisma particolare nella Chiesa. Seguiranno molti altri, la maggior parte raccolti nelle Memorie biografiche e ripresi in altre pubblicazioni dedicate a questo argomento. Ci proponiamo di presentare i più rilevanti in vari articoli successivi.

            A quell’età ho fatto un sogno, che mi rimase profondamente impresso nella mente per tutta la vita. Nel sonno mi parve di essere vicino a casa in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli, che si trastullavano. Alcuni ridevano, altri giuocavano, non pochi bestemmiavano. All’udire quelle bestemmie mi sono subito lanciato in mezzo di loro adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve un uomo venerando in virile età nobilmente vestito. Un manto bianco gli copriva tutta la persona; ma la sua faccia era così luminosa, che io non poteva rimirarlo. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di pormi alla testa di que’ fanciulli aggiungendo queste parole:
            — Non colle percosse ma colla mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti adunque immediatamente a fare loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù.
            Confuso e spaventato soggiunsi che io era un povero ed ignorante fanciullo incapace di parlare di religione a que’ giovanetti. In quel momento que’ ragazzi cessando dalle risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si raccolsero tutti intorno a colui, che parlava.
            Quasi senza sapere che mi dicessi,
            — Chi siete voi, soggiunsi, che mi comandate cosa impossibile?
            — Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle possibili coll’ubbidienza e coll’acquisto della scienza.
            — Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza?
            — Io ti darò la maestra sotto alla cui disciplina puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.
            — Ma chi siete voi, che parlate in questo modo?
            — Io sono il figlio di colei, che tua madre ti ammaestro di salutar tre volte al giorno.
            — Mia madre mi dice di non associarmi con quelli che non conosco, senza suo permesso; perciò ditemi il vostro nome.
            — Il mio nome dimandalo a Mia Madre.
            In quel momento vidi accanto di lui una donna di maestoso aspetto, vestita di un manto, che risplendeva da tutte parti, come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi ognor più confuso nelle mie dimande e risposte, mi accenno di avvicinarmi a Lei, che presomi con bontà per mano, e guarda, mi disse. Guardando mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti, ed in loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani, di gatti, orsi e di parecchi altri animali.
            — Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte, robusto; e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo pei figli miei.
            Volsi allora lo sguardo ed ecco invece di animali feroci apparvero altrettanti mansueti agnelli, che tutti saltellando correvano attorno belando come per fare festa a quell’uomo e a quella signora.
            A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere, e pregai quello a voler parlare in modo da capire, perciocché io non sapeva quale cosa si volesse significare.
            Allora Ella mi pose la mano sul capo dicendomi:
            — A suo tempo tutto comprenderai.
            Ciò detto un rumore mi sveglio.
            Io rimasi sbalordito. Sembravami di avere le mani che facessero male pei pugni che aveva dato, che la faccia mi duolesse per gli schiaffi ricevuti; di poi quel personaggio, quella donna, le cose dette e le cose udite mi occuparono talmente la mente, che per quella notte non mi fu possibile prendere sonno.
            Al mattino ho tosto con premura raccontato quel sogno prima a’ miei fratelli, che si misero a ridere, poi a mia madre ed alla nonna. Ognuno dava al medesimo la sua interpretazione. Il fratello Giuseppe diceva: Tu diventerai guardiano di capre, di pecore o di altri animali. Mia madre: Chi sa che non abbi a diventar prete. Antonio con secco accento: Forse sarai capo di briganti. Ma la nonna, che sapeva assai di teologia, era del tutto analfabeta, diede sentenza definitiva dicendo: Non bisogna badare ai sogni.
            Io era del parere di mia nonna, tuttavia non mi fu mai possibile di togliermi quel sogno dalla mente. Le cose che esporrò in appresso daranno a ciò qualche significato. Io ho sempre taciuto ogni cosa; i miei parenti non ne fecero caso. Ma quando, nel 1858, andai a Roma per trattar col Papa della congregazione salesiana, egli si fece minutamente raccontare tutte le cose che avessero anche solo apparenza di soprannaturali. Raccontai allora per la prima volta il sogno fatto in età di nove in dieci anni. Il Papa mi comandò di scriverlo nel suo senso letterale, minuto e lasciarlo per incoraggiamento ai figli della congregazione, che formava lo scopo di quella gita a Roma.
(Memorie dell’Oratorio di S. Franceso di Sales. Giovanni Bosco; MB I, 123-125)




Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice (7/13)

(continuazione dall’articolo precedente)

Capo XIII. Istituzione della festa di Maria aiuto dei cristiani
            Il modo meraviglioso con cui Pio VII fu liberato dalla sua prigionia è il grande avvenimento che ha dato occasione alla istituzione della festa di Maria aiuto dei cristiani.
            L’Imperatore Napoleone I aveva già in più guise oppresso il sommo Pontefice, spogliandolo dei suoi beni, disperdendo Cardinali, Vescovi, Preti e Frati, privandoli parimenti dei loro beni. Dopo ciò Napoleone chiedeva al Papa cose che egli non poteva concedere. Al rifiuto di Pio VII l’Imperatore rispose colla violenza e col sacrilegio. Il Papa venne arrestato nel proprio palazzo e col Cardinal Pacca suo segretario tradotto in viaggio forzato a Savona dove il perseguitato, ma sempre glorioso Pontefice, passò oltre a cinque anni in severa prigionia. Ma siccome dove c’è il Papa là vi è il Capo della religione e quindi il concorso di tutti i veri cattolici, così Savona divenne in certo modo un’altra Roma. Tante dimostrazioni di affetto mossero ad invidia l’Imperatore, che voleva umiliato il Vicario di Gesù Cristo; e perciò comandò che il Pontefice fosse traslocato a Fontainebleau, che è un castello non molto distante da Parigi.
            Mentre il Capo della Chiesa gemeva prigioniero separato dai suoi consiglieri ed amici, ai cristiani altro più non rimaneva che imitar i fedeli della Chiesa primitiva quando s. Pietro era in prigione, pregare. Pregava il venerando Pontefice e con lui pregavano tutti i Cattolici implorando l’aiuto di Colei che è detta: Magnum in Ecclesia praesidium: Grande presidio nella Chiesa. Si crede comunemente che il Pontefice abbia promesso alla Santa Vergine di instituire una festa per onorare l’Augusto titolo di Maria aiuto dei Cristiani, qualora egli avesse potuto ritornare a Roma sul trono Pontificio. Intanto tutto sorrideva al terribile conquistatore. Dopo aver fatto risuonare il temuto suo nome in tutta la terra camminando di vittoria in vittoria aveva portate le sue armi nelle regioni più fredde della Russia, credendo trovare colà nuovi trionfi; ma la divina Provvidenza invece gli aveva preparato disastri e sconfitte.
            Maria mossa a pietà dai gemiti del Vicario di Gesù Cristo e dalle preghiere dei suoi figliuoli cangiò in un momento le sorti d’Europa e di tutto il mondo.
            Il rigor dell’inverno nella Russia e l’infedeltà di molti generali francesi delusero tutte le speranze di Napoleone. La maggior parte di quel formidabile esercito perì assiderato dal gelo o sepolto nella neve. Le poche truppe risparmiate dai rigori del freddo abbandonarono l’Imperatore ed egli dovette fuggire, ritirarsi a Parigi e consegnarsi nelle mani degli Inglesi, che lo tradussero prigioniero nell’isola d’Elba. Allora la giustizia poté fare di nuovo il suo corso; il Pontefice venne tosto messo in libertà; Roma l’accolse col massimo entusiasmo, e il Capo della Cristianità fatto libero e indipendente poté ripigliare l’amministrazione della Chiesa universale. Fatto così libero Pio VII volle tosto dare un pubblico segno di gratitudine alla Beata Vergine dalla cui intercessione tutto il mondo riconosceva l’inaspettata sua libertà. Accompagnato da alcuni Cardinali andò a Savona dove incoronò la prodigiosa immagine detta della Misericordia che si venera in quella città; e con inaudito concorso di popolo in presenza del re Vittorio Emanuele I e di altri Principi fu fatta la maestosa funzione in cui il Papa pose una corona di gemme e di diamanti sul capo della veneranda effigie di Maria.
            Ritornato di poi a Roma volle compiere la seconda parte della sua promessa instituendo nella Chiesa una festa speciale, che attestasse alla posterità quel gran prodigio.
            Considerando egli adunque come in ogni tempo la santa Vergine fu sempre proclamata aiuto dei cristiani, appoggiato a quanto s. Pio V aveva fatto dopo la vittoria di Lepanto ordinando d’inserire nelle Litanie Lauretane le parole: Auxilium Christianorum ora pro nobis; spiegando e dilatando ognor più quanto aveva decretato il Pontefice Innocenzo XI quando instituì la festa del nome di Maria; Pio VII per rendere perpetuala memoria della prodigiosa liberazione sua, dei Cardinali, dei Vescovi e della libertà ridonata alla Chiesa, e perché ne esistesse perpetuo monumento fra tutti i popoli Cristiani instituì la festa di Maria Auxilium Christianorum da celebrarsi ogni anno al giorno 24 maggio. Fu scelto quel giorno perché appunto in esso l’anno 1814 Egli era stato fatto libero e poté ritornare a Roma fra i più vivi applausi dei Romani (chi volesse istruirsi di più intorno a quanto abbiamo qui brevemente esposto può consultare Artaud: Vita di Pio VII. Moroni articolo Pio VII. P. Carini: Il sabato santificato. Carlo Ferreri: Corona di fiori ecc. Discursus praedicabiles super litanias Lauretanas del P. Giuseppe Miecoviense). Il glorioso Pontefice Pio VII finché visse promosse il culto verso Maria; approvò associazioni e Confraternite a Lei dedicate, concedette molte Indulgenze alle pratiche di pietà che a onore di Lei si fossero fatte. Valga per tutti un solo fatto per dimostrare la grande venerazione di questo Pontefice verso Maria Ausiliatrice.
            L’anno 1817 era compiuto un dipinto che doveva essere collocato in Roma nella chiesa di s. Maria in Monticelli diretta dai Sacerdoti della dottrina cristiana. All’11 maggio quel dipinto fu portato al Pontefice in Vaticano affinché lo benedicesse, e gli imponesse un titolo. Appena egli vide la devota immagine, provò sì grande emozione di cuore, che senza prevenzione alcuna, proruppe all’istante nel magnifico preconio: Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis. A queste voci del Santo Padre fecero eco i Figli devoti di Maria e nel primo scoprimento di quello (15 dello stesso mese) vi fu un vero trasporto di popolo, di gioia e di divozione. Le offerte, i voti e le fervorose preghiere hanno continuato fino al giorno presente. Così che si può dire che quella immagine è continuamente circondata dai devoti che domandano ed ottengono grazie per intercessione di Maria aiuto dei cristiani.

Capo XIV. Ritrovamento dell’immagine di Maria Auxilium Christianorum di Spoleto
            Nel raccontar la storia del ritrovamento della prodigiosa immagine di Maria Auxilium Christianorum nelle vicinanze di Spoleto noi trascriviamo letteralmente la relazione che n’ha fatto Monsignor Arnaldi Arcivescovo di quella città.
            Nella Parrocchia di s. Luca tra Castelrinaldi e Montefalco Archidiocesi di Spoleto nell’aperta campagna lungi dall’abitato e fuori di strada esisteva sul culmine di una piccola collina un’antica immagine di Maria SS. dipinta a fresco in una nicchia nell’atteggiamento di abbracciare il Bambino Gesù. Di fianco a questa appaiono pure alterate dal tempo quattro immagini rappresentanti i ss. Bartolomeo, Sebastiano, Biagio e Rocco. Esposte da lunga pezza all’intemperie hanno perduto non solo la loro vivacità, ma sono quasi interamente scomparse. La sola veneranda immagine di Maria e del Bambino Gesù si è conservata benissimo. Sussiste tuttora un avanzo di muro che fa vedere esservi esistita una chiesa. Del resto da oltre a memoria d’uomo era questo luogo totalmente dimenticato, ed era ridotto a covile di rettili e particolarmente di serpi.
            Già da vari mesi questa veneranda immagine aveva eccitato in qualche modo il suo culto per mezzo di una voce più volte udita da un fanciullo non ancora di cinque anni, nominato Enrico, chiamandolo per nome e col darglisi a vedere in maniera non bene espressa dal fanciullo medesimo. Tuttavia non attirò l’attenzione del pubblico se non ai 19 marzo dell’anno 1862.
            Un giovane contadino di quei dintorni dell’età di anni trenta aggravato successivamente da molti mali, divenuti cronici, abbandonato dai medici, sentissi inspirato di recarsi a venerare la suddetta immagine. Egli dichiarò che, dopo essersi raccomandato alla SS. Vergine in detto luogo, si senti tutto rinfrancato nelle perdute forze, ed in pochi giorni senza uso di alcun naturale rimedio è ritornato in perfetta sanità. Altre persone ugualmente, senza sapere spiegare il come ed il perché, hanno sentito un naturale impulso di recarsi a venerare questa santa immagine e ne riportarono segnalate grazie. Questi avvenimenti richiamarono a memoria e a discussione fra quei terrazzani la sopita voce del sopraccennato fanciullo, al quale non si era dato naturalmente, come si doveva, alcun credito ed importanza. Fu allora che in ordine al fanciullo medesimo si poté risapere come la madre nella circostanza della supposta apparizione lo avesse smarrito, né lo potesse trovare, e finalmente lo rinvenne da presso alta diroccata chiesolina. Si riseppe pure come una donna di buona vita tribolata da Dio con gravi afflizioni, nella sua morte avvenuta da un anno indietro, annunziasse che la Vergine SS. in quel luogo voleva riscuotere culto e venerazione, che si sarebbe costrutto un tempio e vi sarebbero accorsi in gran copia i fedeli.
            È vero in fatti che affollatissimo popolo non solo della Diocesi, ma delle altre circonvicine, Todi, Perugia, Fuligno, Nocera, Narni, Norcia ecc. vi accorre e cresce di giorno in giorno specialmente nei di festivi a cinque in sei migliaia. Questo è il più gran portento veramente segnalato, poiché non si vede l’eguale in altri scoprimenti prodigiosi.
            Il gran concorso dei fedeli che accorrono da tutte le parti quasi condotti da un lume e da una forza celeste, concorso spontaneo, concorso inesplicabile ed inesprimibile è il miracolo dei miracoli. Gli stessi nemici della Chiesa, gli stessi claudicanti nella fede sono costretti di confessare non potersi spiegare questo sacro entusiasmo dei popoli…. Molti sono gli infermi che diconsi risanati, non poche le prodigiose e singolari grazie largite, e quantunque bisogni procedere colla massima cautela per discernere le voci e i fatti, pure sembra indubitato che una civile donna giacesse afflitta da malattia mortale e risanò coll’invocazione a quella sacra immagine. Un giovinetto della Villa di s. Giacomo affranto nei piedi dalle ruote di un carro è costretto a reggersi colle stampelle; visitata la ss. effigie sentì tale miglioramento, che gettate le stampelle poté ritornare a casa senza di esse, ed è libero perfettamente. Così pure avvennero altre guarigioni.
            Non si deve ommettere che taluni increduli essendosi recati a visitare la ss. immagine dileggiandola, giunti al luogo, contro ogni loro idea si sono sentiti il bisogno di inginocchiarsi e pregare, e sono ritornati con tutt’altri sentimenti, parlando pubblicamente dei prodigi di Maria. Il cambiamento prodotto in queste persone corrotte di mente e di cuore ha prodotto una santa impressione nei popoli. (Fin qui Mons. Arnaldi).
            Questo Arcivescovo volle recarsi egli stesso con numeroso Clero e col suo Vicario al luogo della immagine per accertarsi della verità dei fatti, e vi trovò migliaia di devoti. Prescrisse il restauro dell’effigie alquanto fessa in varie parti, ed essendosi già raccolta fino d’allora in pie oblazioni là somma di seicento scudi, commise a valenti artisti il disegno di un tempio, instando perché se ne gettassero le fondamenta colla massima sollecitudine.
            Per promuovere viemaggiormente la gloria di Maria e la divozione dei fedeli a tanta Madre, dispose che si coprisse in modo provvisorio ma decente la nicchia ove si venera la taumaturga immagine e vi si ergesse un altare per celebrare la santa Messa.
            Queste disposizioni sono state d’indicibile consolazione ai fedeli, e d’allora in poi ogni giorno andò sempre crescendo il concorso d’ogni ceto di persone.
            La devota immagine non aveva alcun titolo proprio, e il pio Arcivescovo giudicò che fosse venerata sotto il nome di Auxilium Christianorum come parve più adatto all’attitudine che presentava. Provvide parimenti che si trovasse sempre un sacerdote in custodia del Santuario od almeno un qualche laico di conosciuta probità.
            La relazione di questo prelato finisce col racconto di un nuovo tratto della bontà di Maria operato dietro l’invocazione ai ’piedi questa immagine.
            “Una giovane di Acquaviva si trovava probanda in questo Monastero di s. Maria della Stella, ove doveva vestire l’abito di conversa. Un’affezione reumatica generale la invase per maniera che, paralizzate tutte le membra, fu costretta ritornare alla propria famiglia.
            “Per quanti rimedi si adoperassero dai provvidi genitori non si poté mai raggiungere la guarigione; e volgevano quattro anni da che giaceva sempre in letto, vittima di un cronicismo. All’udire le grazie di questa taumaturga effigie mostrò desiderio di esservi condotta sopra d’un carro; ed appena si trovo innanzi alla veneranda immagine conobbe un notabile miglioramento; di lì a poco si senti a prosciogliere le membra in modo che se ne tornò a piedi alla paterna casa. Altre grazie singolari si raccontano ottenute da persone di Fuligno.
            “La divozione verso Maria va sempre crescendo in maniera al mio cuore consolantissima. Sia sempre benedetto Iddio che nella sua misericordia si è degnato ravvivare la fede in tutta l’Umbria con la prodigiosa manifestazione della sua gran Madre Maria. Sia benedetta la Vergine Santissima che con questa manifestazione si è degnata segnalare a preferenza l’Archidiocesi di Spoleto.
            Sia benedetto Gesù e Maria che con questa misericordiosa manifestazione aprono il cuore dei cattolici a più viva speranza.

            Spoleto, 17 maggio 1862.”

† GIOVANNI BATTISTA ARNALDI.

            Così la veneranda immagine di Maria Ausiliatrice presso Spoleto dipinta nell’anno 1570, rimasta quasi tre secoli senza onore, è salita ai nostri tempi ad altissima gloria per le grazie che la Regina del cielo comparte in quel luogo ai suoi devoti: e quell’umile luogo è divenuto un vero santuario, dove concorre gente da tutte parti. I devoti e beneficati figli di Maria diedero segni di gratitudine con vistose oblazioni, cui mercè si poterono gettare le fondamenta di un maestoso tempio che giungerà quanto prima al termine desiderato.

(continua)




Il sogno delle due colonne

Tra i sogni di Don Bosco, uno dei più noti è quello conosciuto con il titolo di «Sogno delle due colonne». Lo raccontò la sera del 30 maggio 1862.

            “Vi voglio raccontare un sogno. È vero che chi sogna non ragiona, tuttavia io, che a voi racconterei persino i miei peccati, se non avessi paura di farvi scappar tutti e far cadere la casa, ve lo racconto per vostra utilità spirituale. Il sogno l’ho fatto sono alcuni giorni.
            Figuratevi di essere con me sulla spiaggia del mare, o meglio, sopra uno scoglio isolato e di non vedere altro spazio di terra, se non quello che vi sta sotto i piedi. In tutta quella vasta superficie delle acque si vede una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, le prore delle quali sono terminate da un rostro di ferro acuto a mo’ di strale, che ove è spinto ferisce e trapassa ogni cosa. Queste navi sono armate di cannoni, cariche di fucili, di altre armi di ogni genere, di materie incendiarie, e anche di libri, e si avanzano contro una nave molto più grossa e più alta di tutte loro, tentando di urtarla col rostro, di incendiarla o altrimenti di farle ogni guasto possibile.
            A quella maestosa nave arredata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle, che da lei ricevono i segnali di comando ed eseguiscono evoluzioni per difendersi dalle flotte avversarie. Il vento è loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici.
            In mezzo all’immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco distanti l’una dall’altra. Sovra di una vi è la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: — Auxilium Christianorum — sull’altra, che è molto più alta e grossa, sta un’Ostia di grandezza proporzionata alla colonna e sotto un altro cartello colle parole: Salus credentium.
            Il comandante supremo sulla gran nave, che è il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si trovano i suoi fedeli, pensa di convocare intorno a sé i piloti delle navi secondarie per tener consiglio e decidere sul da farsi. Tutti i piloti salgono e si adunano intorno al Papa. Tengono consesso, ma infuriando il vento sempre più e la tempesta, sono rimandati a governare le proprie navi.
            Fattasi un po’ di bonaccia, il Papa raduna per la seconda volta intorno a sé i piloti, mentre la nave capitana segue il suo corso. Ma la burrasca ritorna spaventosa.
            Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti a portar la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali tutto intorno pendono molte ancore e grossi ganci attaccati a catene.
            Le navi nemiche si muovono tutte ad assalirla e tentano ogni modo per arrestarla e farla sommergere. Le une cogli scritti, coi libri, con materie incendiarie di cui sono ripiene e che cercano di gettarle a bordo; le altre coi cannoni, coi fucili e coi rostri: il combattimento si fa sempre più accanito. Le prore nemiche l’urtano violentemente, ma inutili riescono i loro sforzi e il loro impeto. Invano ritentano la prova e sciupano ogni loro fatica e munizione: la gran nave procede sicura e franca nel suo cammino. Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta ne’ suoi fianchi larga e profonda fessura, ma non appena è fatto il guasto spira un soffio dalle due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano.
            E scoppiano intanto i cannoni degli assalitori, si spezzano i fucili, ogni altra arma ed i rostri; si sconquassano molte navi e si sprofondano nel mare. Allora i nemici furibondi prendono a combattere ad armi corte; e colle mani, coi pugni, colle bestemmie e colle maledizioni.
            Quand’ecco che il Papa, colpito gravemente, cade. Subito coloro, che stanno insieme con lui, corrono ad aiutarlo e lo rialzano. Il Papa è colpito la seconda volta, cade di nuovo e muore. Un grido di vittoria e di gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio. Senonché appena morto il Pontefice un altro Papa sottentra al suo posto. I Piloti radunati lo hanno eletto cosi subitamente, che la notizia della morte del Papa giunge colla notizia dell’elezione del successore. Gli avversari incominciano a perdersi di coraggio.
            Il nuovo Papa sbaragliando e superando ogni ostacolo, guida la nave sino alle due colonne e giunto in mezzo ad esse, la lega con una catenella che pendeva dalla prora ad un’àncora della colonna su cui stava l’Ostia; e con un’altra catenella che pendeva a poppa la lega dalla parte opposta ad un’altra àncora appesa alla colonna su cui è collocata la Vergine Immacolata.
            Allora succede un gran rivolgimento. Tutte le navi che fino a quel punto avevano combattuto quella su cui sedeva il Papa, fuggono, si disperdono, si urtano e si fracassano a vicenda. Le une si affondano e cercano di affondare le altre. Alcune navicelle che hanno combattuto valorosamente col Papa vengono per le prime a legarsi a quelle colonne. •
            Molte altre navi che, ritiratesi per timore della battaglia si trovano in gran lontananza, stanno prudentemente osservando, finché dileguati nei gorghi del mare i rottami di tutte le navi disfatte, a gran lena vogano alla volta di quelle due colonne, ove arrivate si attaccano ai ganci pendenti dalle medesime, ed ivi rimangono tranquille e sicure, insieme colla nave principale su cui sta il Papa. Nel mare regna una gran calma.
            D. Bosco a questo punto interrogò D. Rua: — Che cosa pensi tu di questo racconto?
            D. Rua rispose: — Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, di cui esso è il Capo: le navi gli uomini, il mare questo mondo. Quei che difendono la grossa nave sono i buoni affezionati, alla santa Sede, gli altri i suoi nemici, che con ogni sorta di armi tentano di annientarla. Le due colonne di salute mi sembra che siano la divozione a Maria SS. ed al SS. Sacramento dell’Eucarestia.
            D. Rua non parlò del Papa caduto e morto e D. Bosco tacque pure su di ciò. Solo soggiunse: — Dicesti bene. Bisogna soltanto correggere un’espressione. Le navi dei nemici sono le persecuzioni. Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che finora fu, è quasi nulla a petto di ciò che deve accadere. I suoi nemici sono raffigurati nelle navi che tentano di affondare, se loro riuscisse, la nave principale. Due soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio! — Divozione a Maria SS. e frequenza alla Comunione, adoperando ogni modo e facendo del nostro meglio per praticarli e farli praticare dovunque e da tutti.
            Buona notte!”
(M.B. VII, 169-171).

* * *

            Il servo di Dio cardinale Schuster, arcivescovo di Milano, dava tanta importanza a questa visione, che nel 1953, quando fu a Torino come Legato Pontificio al Congresso Eucaristico Nazionale, la notte sul 13 settembre, durante il solenne pontificale di chiusura, sulla Piazza Vittorio, gremita di popolo, diede a questo sogno una parte rilevante della sua Omelia.
            Disse tra l’altro: «In quest’ora solenne, nell’Eucaristica Torino del Cottolengo e di Don Bosco, mi torna in mente una visione profetica che il Fondatore del Tempio di Maria Ausiliatrice narrò ai suoi nel maggio del 1862. Gli sembrò di vedere la flotta della Chiesa battuta qua e là dai flutti di una orribile tempesta; tanto che, ad un certo momento, il supremo condottiero della nave capitana — Pio IX — convocò a consiglio i gerarchi delle navi minori.
            Purtroppo la bufera, che mugghiava sempre più minacciosa, interruppe a mezzo il Concilio Vaticano (è da notare che Don Bosco annunciava questi eventi otto anni prima che avvenissero). Nelle alterne vicende di quegli anni, per ben due volte gli stessi Supremi Gerarchi soccombettero al travaglio. Quando successe il terzo, in mezzo all’oceano furente cominciarono ad emergere due colonne, in cima alle quali trionfavano i simboli dell’Eucaristia e della Vergine Immacolata.
            A quella apparizione il nuovo Pontefice — il Beato Pio X — prese animo e con una salda catena, agganciò la nave Capitana di Pietro a quei due solidi pilastri, calando in mare le ancore.
            Allora i navigli minori cominciarono a vogare strenuamente per raccogliersi attorno alla nave del Papa, e così scamparono dal naufragio.
            La storia confermò la profezia del Veggente. Gli inizi pontificali di Pio X con l’àncora sullo stemma araldico coincisero appunto con il cinquantesimo anno giubilare della proclamazione dogmatica della Concezione Immacolata di Maria, e venne festeggiata in tutto l’orbe cattolico. Tutti noi vecchi ricordiamo l’8 dicembre 1904, in cui il Pontefice in San Pietro circondò la fronte dell’Immacolata d’una preziosa corona di gemme, consacrando alla Madre tutta intera la famiglia che Gesù Crocifisso le aveva commesso.
            Il condurre i pargoli innocenti e gli infermi alla Mensa Eucaristica entrò parimenti a far parte del programma del generoso Pontefice, che voleva restaurare in Cristo tutto quanto l’orbe. Fu così che, finché visse Pio X, non ci fu guerra, ed Egli meritò il titolo di pacifico Pontefice dell’Eucaristia.
            Da quel tempo le condizioni internazionali non sono davvero migliorate; così che l’esperienza di tre quarti di secolo ci conferma che la nave del Pescatore sul mare in burrasca può sperare salvezza solo con l’agganciarsi alle due colonne dell’Eucaristia e dell’Ausiliatrice, apparse in sogno a Don Bosco» (L’Italia, 13 settembre 1953).

            Lo stesso santo card. Schuster, un giorno disse a un Salesiano: «Ho visto riprodotta la visione delle due colonne. Dica ai suoi Superiori che la facciano riprodurre in stampe e cartoline, e la diffondano in tutto il mondo cattolico, perché questa visione di Don Bosco è di grande attualità: la Chiesa e il popolo cristiano si salveranno con queste due devozioni: l’Eucaristia e Maria, Aiuto dei Cristiani».

don ZERBINO Pietro, sdb




Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice (6/13)

(continuazione dall’articolo precedente)


Capo IX. Battaglia di Lepanto

            Esposti così di volo alcuni dei molti fatti che confermano in generale quanto Maria protegga le armi dei cristiani quando combattono per la fede, passiamo ad altri più particolari che hanno dato motivo alla Chiesa di appellare Maria col glorioso titolo di Auxilium Christianorum. Principale tra essi è la battaglia di Lepanto.
            Alla metà del secolo XVI la nostra Penisola godette alquanto di pace quando una nuova insurrezione dalla parte di Oriente venne a mettere lo scompiglio fra i cristiani.
            I Turchi che da oltre cento anni si erano stabiliti a Costantinopoli vedevano con rincrescimento che i popoli d’Italia, e segnatamente i Veneziani, possedessero isole e città in mezzo al vasto loro impero. Cominciarono pertanto chiedere ai Veneziani l’isola di Cipro. La qual cosa essendo loro rifiutala, diedero mano alle armi e con un esercito di ottanta mila fanti, con tre mila cavalli e con formidabile artiglieria, guidati dallo stesso loro imperatore Selimo II, assediarono Nicosia e Famagosta che erano le città più forti dell’Isola. Queste città dopo eroica difesa caddero ambedue in potere dei nemici.
            I Veneziani allora ricorsero al Papa affinché volesse venire in loro soccorso per combattere ed abbassare l’orgoglio dei nemici del cristianesimo. Il Romano Pontefice, che allora era s. Pio V, nel timore che i Turchi se fossero riusciti vittoriosi avrebbero portato fra i cristiani desolazione e rovina, pensò di impegnare la potente intercessione di colei che santa Chiesa proclama terribile come un esercito ordinato a battaglia: Terribilis ut castrorum aeies ordinata. Ordinò pertanto pubbliche preghiere per tutta la cristianità: ricorse al re di Spagna Filippo II e al duca Emanuele Filiberto.
            Il re di Spagna messo in piedi un poderoso esercito lo affidò ad un fratello minore detto D. Gioanni d’Austria. Il duca di Savoia mandò di buon grado un numero scelto di prodi, i quali unitisi al rimanente delle forze italiane andarono a congiungersi cogli spagnoli presso a Messina.
            Lo scontro dell’esercito nemico ebbe luogo vicino a Lepanto città della Grecia. I cristiani assalgono ferocemente i Turchi; questi fanno gagliardissima resistenza. Ogni vascello volgendosi d’improvviso tra vortici di fiamme e di fumo pareva che vomitasse il fulmine da cento cannoni di cui era armato. La morte pigliava tutte le forme, gli alberi ed i cordami delle navi spezzati dalle palle cadevano sopra i combattenti e li stritolavano. Le grida strazianti dei feriti si frammischiavano al rumoreggiar dei flutti e dei cannoni. In mezzo al comune sconvolgimento Vernieri, condottiero dell’armata cristiana, si accorge che la confusione comincia entrare nelle navi turche. Subito egli fa mettere in ordine alcune galere basse e piene di artiglieri destrissimi, circonda i bastimenti nemici, e a colpi di cannone li squarcia e li fulmina. In quel momento crescendo la confusione fra i nemici si eccita grande entusiasmo fra i cristiani e da tutte le parti si leva un grido di vittoria! vittoria! e la vittoria è con loro. Le navi turche fuggono verso terra, i Veneziani le inseguono e le fracassano; non è più battaglia, è un macello. Il mare è sparso di vesti, di tele, di frantumi di navi, di sangue e di corpi sbranati; trenta mila turchi sono morti; duecento delle loro galere vengono in potere dei cristiani.
            La notizia della vittoria recò nei paesi cristiani una gioia universale. Il senato di Genova e di Venezia decretarono che il dì 7 ottobre fosse giorno solenne e festivo in perpetuo perché in cotal giorno nell’anno 1571 era succeduta quella grande battaglia. Fra le preghiere che il santo Pontefice aveva ordinato pel giorno di quella grande battaglia fu il Rosario, e nell’ora stessa che si compieva quell’avvenimento, lo recitava egli stesso con una schiera di fedeli con lui raccolti. In quel momento gli apparve la santa Vergine rivelandogli il trionfo delle navi cristiane, il quale trionfo s. Pio V annunziò tosto per Roma prima che alcuno avesse in altra guisa potuto portare quella notizia. Allora il santo Pontefice in riconoscenza a Maria, al cui patrocinio attribuiva la gloria di quella giornata, ordinò che nelle Litanie Lauretane si aggiungesse la giaculatoria: Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis. Maria aiuto dei cristiani, pregate per noi. Il medesimo Pontefice, affinché fosse perpetua la memoria di quel prodigioso avvenimento, istituì la solennità del SS. Rosario da celebrarsi ogni anno la prima domenica di ottobre.

Capo X. La liberazione di Vienna

            L’anno 1683 i Turchi per vendicare la sconfitta di Lepanto formarono il disegno di portare le loro armi al di là del Danubio e del Reno, minacciando così tutta la cristianità. Con un esercito di ducento mila uomini, avanzandosi a marcie forzale, vennero a porre l’assedio davanti alle mura di Vienna. Il Sommo Pontefice, che allora era Innocenzo XI, pensò di fare ricorso ai principi cristiani eccitandoli a venire in soccorso della cristianità minacciata. Pochi peraltro risposero all’invito del Pontefice: per la qual cosa egli ad esempio del suo antecessore Pio V deliberò di porsi sotto alla protezione di colei che la Chiesa proclama terribilis ut castrorum acies ordinata. Pregava egli, ed aveva invitati i fedeli di tutto il mondo a pregare con lui.
            Intanto a Vienna la costernazione era generale, il popolo temendo di cadere nelle mani degli infedeli usciva dalla città, ed ogni cosa abbandonava. L’imperatore non avendo forze da opporre abbandonò la sua capitale. Il principe Carlo di Lorena, che a stento aveva potuto raccogliere trenta mila tedeschi, era riuscito di entrare in città per tentarne in qualche modo la difesa. I borghi vicini furono incendiati. Il 14 di agosto i Turchi aprirono le loro trincee dalla porta principale, ed ivi si accamparono malgrado il fuoco degli assediati. Stringendo poi di assedio tutte le mura della città, appiccarono il fuoco e misero in fiamme parecchi pubblici e privati edifizi. Un caso doloroso aumentò il coraggio dei nemici e diminuì quello degli assediati.
            Appiccossi il fuoco alla chiesa degli Scozzesi, consumò quel superbo edifizio, e giungendo all’arsenale, dove erano le polveri e le munizioni, stava per aprire la città ai nemici se per una protezione specialissima di Maria Santissima, nel giorno della sua gloriosa Assunzione, il fuoco non si fosse spento, dando così tempo a mettere in salvo le munizioni militari. Quella sensibile protezione della Madre di Dio riaccese il coraggio dei soldati e degli abitanti. Al ventidue dello stesso mese i Turchi tentarono di abbattere altri edifici lanciando gran quantità di palle e di bombe, con cui fecero grandissimo guasto, ma non poterono impedire gli abitanti di implorare giorno e notte i soccorsi del cielo nelle chiese, né i predicatori di esortarli a riporre, dopo Dio, tutta la loro fiducia in quella che loro aveva tante volte dato potente aiuto. Il 31 gli assedianti spinsero i lavori a segno, che i soldati delle due parti si battevano corpo a corpo.
            La città era un mucchio di rovine, quando il giorno della natività di Maria V. i cristiani raddoppiando le loro preghiere ricevettero come per miracolo avviso di vicino soccorso. Infatti l’indomani, secondo giorno dell’ottava della Natività, videro la montagna, che sta dirimpetto alla città, tutta coperta di truppe. Era Gioanni Sobieschi re di Polonia, che quasi solo fra i principi cristiani, cedendo all’invito del Pontefice, veniva coi suoi prodi in soccorso. Persuaso che col piccolo numero dei suoi soldati gli sarebbe stata impossibile la vittoria, ricorse egli pure a colei che è formidabile in mezzo ai più ordinati ed agguerriti eserciti. Il 12 di settembre si portò in chiesa col principe Carlo, ed ivi udirono la santa messa, che egli stesso volle servire tenendo le braccia distese in forma di croce. Dopo essersi comunicato, ed aver ricevuto la santa benedizione per sé e per tutto il suo esercito, quel principe si levò, e disse ad alta voce: Soldati, per la gloria della Polonia, per la liberazione di Vienna, per la salute di tutta la cristianità, sotto alla protezione di Maria noi possiamo con sicurezza marciare contro ai nemici e nostra sarà la vittoria.
            L’esercito cristiano discendendo allora dalle montagne avanzossi verso il campo dei Turchi, i quali dopo aver combattuto per qualche tempo si ritirarono dall’altra parte del Danubio con tanta precipitazione e confusione, che lasciarono nel campo lo stendardo ottomano, circa cento mila uomini, la maggior parte dei loro equipaggi, tutte le loro munizioni da guerra, con cento ottanta pezzi di artiglieria. Non fuvvi mai vittoria più gloriosa e che abbia costato tanto poco sangue ai vincitori. Si vedevano i soldati carichi di bottino entrare nella città, cacciandosi davanti molte greggi di buoi, che i nemici avevano abbandonato.
            L’imperatore Leopoldo, udita la disfatta dei Turchi, tornò a Vienna in quello stesso giorno, fece cantare un Te Deum colla più grande solennità, e riconoscendo poi che una vittoria così inaspettata era totalmente dovuta alla protezione di Maria, fece portare nella chiesa maggiore lo stendardo che si era trovato nella tenda del Gran Visir. Quello di Maometto, più ricco ancora, e che si inalberava in mezzo del campo, fu mandato a Roma e presentato al Papa. Quel santo Pontefice egli pure intimamente persuaso che la gloria di quel trionfo fosse tutta dovuta alla grande Madre di Dio, e desideroso di perpetuare la memoria di quel benefizio, ordinò che la festa del SS. Nome di Maria, già da qualche tempo praticata in alcuni paesi, fosse per l’avvenire celebrata in tutta la Chiesa nella domenica che si trova fra l’ottava della sua Natività.

Capo XI. Associazione di Maria Ausiliatrice in Monaco

            La vittoria di Vienna accrebbe maravigliosamente nei fedeli la divozione verso Maria e diede occasione ad una pia società di devoti sotto il titolo di Confraternita di Maria Ausiliatrice. Un padre Cappuccino che con gran zelo predicava nella chiesa parochiale di s. Pietro a Monaco di Baviera, con fervorose e commoventi espressioni esortava i fedeli a mettersi essi pure sotto la protezione di Maria Ausiliatrice, e ad implorare il patrocinio di lei contro ai Turchi che da Vienna minacciavano di invadere la Baviera. La divozione alla SS. Vergine Ausiliatrice si accrebbe talmente che i fedeli vollero continuarla anche dopo la vittoria di Vienna sebbene i nemici fossero già stati costretti ad allontanarsi dalla loro città. Fu allora che per eternare la memoria del gran benefizio ottenuto dalla Santa Vergine venne istituita una Confraternita sotto il titolo di Maria Ausiliatrice.
            Il duca di Baviera, che aveva avuto il comando d’una parte dell’esercito cristiano, mentre il re di Polonia ed il duca di Lorena comandavano il rimanente della milizia, per secondare quanto si era fatto nella sua capitale, chiese al sommo Pontefice Innocenzo XI l’erezione della suddetta Confraternita. Di buon grado il Papa accondiscese e accordò l’implorata istituzione con una Bolla in data del 18 agosto 1684, arricchendola d’indulgenze. Così addì 8 settembre dell’anno successivo, mentre quel principe stringeva d’assedio la città di Buda, s’instituì per suo ordine con gran solennità nella chiesa di s. Pietro a Monaco l’anzidetta Confraternita. D’allora in poi i confratelli di quella Associazione, uniti di cuore nell’amore di Gesù e di Maria, si radunano a Monaco ed offrono a vicenda preghiere e sacrifizi a Dio per implorare la infinita sua misericordia. Mercè la protezione della Vergine SS. questa Confraternita si è diffusa rapidamente, sicchè i più grandi personaggi furono solleciti di farvisi inscrivere per assicurarsi l’assistenza di questa grande Regina de’cieli nei pericoli della vita e specialmente in punto di morte. Imperatori, re, regine, prelati, sacerdoti, ed un’infinità di popolo di tutte parti di Europa reputano tuttora a grande ventura l’esservi inscritti. I Papi concedettero molte indulgenze a chi è in quella Confraternita. I sacerdoti che sono aggregati possono aggregare gli altri. Migliaia di Messe e di Rosari si recitano durante la vita e dopo la morte per quelli che ne sono membri.

Capo XII. Convenienza della festa di Maria Ausiliatrice

            I fatti che abbiamo finora esposti in onore di Maria aiuto dei cristiani fanno chiaramente conoscere quanto Maria gradisca di essere invocata sotto a questo titolo. La Chiesa cattolica ogni cosa osservava, esaminava, approvava guidando ella stessa le pratiche dei fedeli, affinché nè il tempo nè la malizia degli uomini travisassero il vero spirito di divozione.
            Richiamiamo qui quanto abbiamo sparsamente detto intorno alle glorie di Maria aiuto dei cristiani. Nei libri santi è simboleggiata nell’arca di Noè, che salva dall’universale diluvio i seguaci del vero Dio nella scala di Giacobbe che si solleva fino al cielo; nel roveto ardente di Mosè; nell’arca dell’alleanza; nella torre di Davide, che difende da ogni assalto; nella rosa di Gerico; nella fontana sigillata; nell’orto ben coltivato e custodito di Salomone; è figurata in un acquedotto di benedizioni; nel vello di Gedeone. Altrove è chiamata stella di Giacobbe, bella come la luna, eletta come il sole, iride di pace; pupilla dell’occhio di Dio; aurora portatrice di consolazioni, Vergine e Madre e Genitrice del suo Signore. Questi simboli ed espressioni che la Chiesa applica a Maria, fanno manifesti i disegni provvidenzali di Dio che voleva farcela conoscere prima della sua nascita come la primogenita fra tutte le creature, la più eccellente protettrice, aiuto e sostegno del genere umano.
            Nel nuovo Testamento poi cessano le figure e le espressioni simboliche; tutto è realtà ed avveramento del passato. Maria è salutata dall’arcangelo Gabriele che la chiama piena di grazia; rimira Iddio la grande umiltà di Maria e la solleva alla dignità di Madre del Verbo Eterno. Gesù Dio immenso diventa figliuolo di Maria; da lei nasce, da lei è educato, assistito. E il Verbo Eterno fatto carne sottomettesi in tutto all’ubbidienza dell’augusta sua Genitrice. A richiesta di lei Gesù opera il primo de’suoi miracoli in Cana di Galilea; sul Calvario è costituita di fatto Madre comune dei cristiani. Gli Apostoli se la fanno guida e maestra di virtù. Con lei si raccolgono a pregare nel cenacolo; con lei attendono all’orazione, e in fine ricevono lo Spirito Santo. Agli Apostoli dirige le sue ultime parole e se ne vola gloriosa al Cielo.
            Dall’altissimo suo seggio di gloria va dicendo: Ego in altissimis habito ut ditem diligentes me et thesauros corum repleam. Io abito il più alto trono di gloria per arricchire di benedizioni quelli che mi amano e per riempiere i loro tesori di celesti favori. Onde dalla sua Assunzione al cielo cominciò il costante e non mai interrotto concorso de’cristiani a Maria, nè mai si udì, dice s. Bernardo, che alcuno abbia con fiducia fatto ricorso a lei che non sia stato esaudito. Di qui si ha la ragione per cui ogni secolo, ogni anno, ogni giorno e possiamo dire ogni momento è segnalato nella storia da qualche gran favore concesso a chi con fede l’ha invocata. Di qui pure si ha la ragione per cui ogni regno, ogni città, ogni paese, ogni famiglia ha una chiesa, una cappella, un altare, una immagine, un dipinto o qualche segno che ricorda una grazia concessa a chi fece a lei ricorso nelle necessità della vita. I fatti gloriosi contro i Nestoriani e contro agli Albigei; le parole da Maria dette a s. Domenico allora che gli raccomandava la predicazione del Rosario, che la stessa Beata Vergine nominò magnum in Ecclesia praesidium; la vittoria di Lepanto, di Vienna, di Buda, la Confraternita di Monaco, quella di Roma, di Torino e molte altre erette in vari paesi della cristianità, fanno abbastanza conoscere quanto sia antica e diffusa la divozione a Maria Ausiliatrice, quanto questo titolo torni a lei gradito e quanto vantaggio arrechi ai popoli cristiani. Sicchè poteva ben con ragione Maria profferire le parole che le mette in bocca lo Spirito Santo: In omni gente primatum habui. Sono riconosciuta padrona presso a tutte le nazioni.
            Questi fatti cotanto gloriosi alla Santa Vergine facevano desiderare l’intervento espresso della Chiesa a dare il limite e il modo con cui Maria potesse invocarsi col titolo di aiuto dei cristiani, e la Chiesa era già in certo modo intervenuta coll’approvazione delle confraternite, delle preghiere e di molte pratiche di pietà cui sono annesse le sante indulgenze, e che per tutto il mondo proclamano Maria Auxilium Christianorum.
            Una cosa mancava ancora ed era un giorno dell’anno stabilito per onorare il titolo di Maria Ausiliatrice, che è quanto dire, una festa con rito, Messa, Officio dalla Chiesa approvato, e si fissasse il giorno di tale solennità. Affinché i Pontefici si determinassero a questa importante istituzione ci voleva qualche fatto straordinario che non tardò molto a farsi manifesto agli uomini.

(continua)