Nel 1935, a seguito della canonizzazione di don Bosco nel 1934, i salesiani si premurarono di raccogliere testimonianze su di lui. Un certo Pietro Pons, che fanciullo aveva frequentato l’oratorio festivo di Valdocco per una decina di anni (dal 1871 al 1882), e che pure aveva frequentato due anni di scuole elementari (con le aule sotto la basilica di Maria Ausiliatrice) l’8 novembre rilasciò una bella testimonianza di quegli anni. Ne stralciamo alcuni passi, quasi tutti inediti.
La figura di don Bosco Era il centro di attrazione di tutto l’Oratorio. Così lo ricorda il nostro antico oratoriano Pietro Pons sul finire degli anni settanta: “Non aveva più vigore, ma era sempre pacato e sorridente. Aveva due occhi, che foravano, e penetravano nella mente. Compariva tra di noi: era una gioia per tutti. D. Rua, D. Lazzero gli stavano ai fianchi come se avessero in mezzo a loro il Signore. D. Barberis e tutti i ragazzi gli correvano incontro, lo circondavano, chi camminando sui fianchi, chi dietro per aver la faccia rivolta a lui. Era una fortuna, un ambito privilegio il poter stargli vicino, il parlare con lui. Egli passeggiava adagio parlando, e guardando tutti con quei due occhi che giravano da ogni parte, elettrizzavano di gioia i cuori”. Fra gli episodi rimasti impressi nella mente a 60 anni di distanza ne ricorda due in particolare: “Un giorno… compare soletto dalla porta d’ingresso presso il santuario. Allora uno stuolo di ragazzi piglia la corsa per investirlo come una folata di vento. Ma egli tiene in mano l’ombrello, che ha il manico ed il fusto grosso come quello dei contadini. Lo alza e servendosene come una spada si destreggia a respingere quell’affettuoso assalto ora a destra ora a sinistra per aprirsi il passo. Tocca uno colla punta, un altro di fianco, ma intanto s’accostano gli altri dall’altra parte. Così il gioco, lo scherzo continua portando la gioia nei cuori, desiderosi di vedere il buon Padre ritornare dal suo viaggio. Sembrava un parroco di paese, ma di quelli alla buona”.
I giochi e il teatrino Un oratorio salesiano senza gioco è impensabile. Ricorda l’anziano exallievo: “il cortile era occupato da un fabbricato, dalla chiesa di Maria A. e al termine di un muretto… appoggiava all’angolo a sinistra una specie di capanna, presso cui c’era sempre qualcuno a controllare chi entrava… Appena entrato a destra c’era l’altalena con un posto solo, le parallele poi e la sbarra fissa per i più grandicelli, che si divertivano a fare le loro giravolte e capriole, ed anche il trapezio, ed il passo volante unico, che si trovavano però presso le sacrestie oltre la cappella di S. Giuseppe”. Ed ancora: “Questo cortile era di una bella lunghezza e si prestava assai bene a fare le corse di velocità partendo dal lato della chiesa e tornando ivi al ritorno. Si giocava pure a bara rotta, alle corse dei sacchi, alle pignatte. Questi ultimi giochi erano annunziati fin dalla domenica precedente. Così pure la cuccagna; ma l’albero si piantava con la parte sottile in basso perché fosse più difficile l’ascendere. C’erano delle lotterie, ed il biglietto si pagava un soldo o due. Dentro alla casetta c’era una piccola biblioteca contenuta in un armadietto”.
Al gioco si univa il famoso “teatrino” su cui si svolgevano autentici drammi come “il figlio del Crociato”, si cantavano le romanze di don Cagliero e si presentavano “musical” come il Ciabattino personificato dal mitico Carlo Gastini [brillantissimo animatore degli exallievi]. La recita, presenti gratuitamente i genitori, si teneva nel salone sotto la navata centrale della chiesa di Maria A., ma il vecchio ex oratorio ricorda anche che “una volta si recitò presso la casa Moretta [attuale chiesa parrocchiale presso la piazza]. Ivi abitava della povera gente nella più squallida miseria. Nelle cantine che si vedono sotto il poggiolo c’era una povera madre, che sul mezzogiorno portava sulle spalle il suo Carlo, che per un morbo aveva il corpo rigido, a pigliare il sole”.
Le funzioni religiose e le riunioni formative All’oratorio festivo non mancavano le funzioni religiose della domenica mattina: santa Messa con santa comunione, preghiere del buon cristiano; seguiva al pomeriggio la ricreazione, il catechismo, la predica di don Giulio Barberis. Ormai anziano “D. Bosco non veniva mai a dir messa o a far la predica, ma solo per visitare e trattenersi coi ragazzi durante la ricreazione… I catechisti e assistenti avevano con sé in chiesa durante le funzioni i loro allievi a cui insegnavano il catechismo. La dottrina piccola era regalata a tutti. Si esigeva la lezione a memoria ogni festa e poi anche la spiegazione”. Le feste solenni si concludevano con una processione e una merenda per tutti: “uscendo di chiesa dopo la messa c’era la colazione. Un giovane a destra fuori della porta dava la pagnotta, un altro a sinistra con una forchetta vi metteva sopra due fette di salame”. Si accontentavano di poco quei ragazzi, ma erano contentissimi. Quando poi i ragazzi interni si univano agli oratoriani per il canto dei vespri si potevano udire le loro voci in via Milano e in via Corte d’appello! All’oratorio festivo si tenevano anche riunioni di gruppi formativi. Nella casetta presso la chiesetta di S. Francesco vi era “una stanza piccola e bassa che poteva contenere circa una ventina di persone…Nella stanza c’era un tavolinetto per il conferenziere, c’erano le panche per le adunanze e conferenze dei più grandi in genere, e della Compagnia di S. Luigi, quasi tutte le domeniche”.
Chi erano gli oratoriani? Dei suoi circa 200 compagni – ma il loro numero diminuiva in inverno per il ritorno in famiglia degli stagionali – il nostro arzillo vecchietto ricordava che molti erano biellesi “quasi tutti ‘ bic’, portavano cioè la secchia di legno piena di calce e il cesto di vimini pieno di mattoni ai muratori delle costruzioni”. Altri erano “apprendisti muratori, meccanici, lattonieri”. Poveri garzoni: lavoravano da mattina a sera tutti i giorni e solo la domenica si potevano permettere un po’ di svago “da don Bosco” (come veniva definito il suo oratorio): “Si giocava all’Asino vola, sotto la direzione dell’allora sig. Milanesio [futuro sacerdote grande missionario in Patagonia.]. Il sig. Ponzano, poi sacerdote, era maestro di ginnastica. Egli ci faceva fare esercizi a corpo libero, coi bastoni, agli attrezzi”. I ricordi di Pietro Pons sono molto più ampi, tanto ricchi di suggestioni lontane, quanto pervasi da un’ombra di nostalgia; attendono di essere conosciuti per intero. Speriamo di farlo presto.
Il Beato Alberto Marvelli. Un faro di fede e impegno sociale nel XX secolo
Nel panorama dei grandi testimoni di fede del XX secolo, il nome di Alberto Marvelli risplende come un esempio luminoso di dedizione cristiana e impegno sociale. Nato a Ferrara nel 1918 e vissuto nella Rimini del dopoguerra, Alberto ha incarnato i valori del Vangelo attraverso una vita spesa al servizio dei più deboli e bisognosi. Beatificato da Papa Giovanni Paolo II nel 2004, la sua figura continua a ispirare giovani e adulti nel cammino della fede e dell’azione sociale.
Un’infanzia di valori e spiritualità Alberto Marvelli nacque il 21 marzo 1918, secondo di sette figli di Alfredo Marvelli e Maria Mayr. La famiglia, profondamente cristiana, instillò in lui fin da piccolo valori di fede, carità e servizio. La madre, in particolare, ebbe una grande influenza sulla sua formazione spirituale, trasmettendogli l’amore per la preghiera e l’attenzione verso i bisognosi. La famiglia Marvelli era nota per la generosità e l’ospitalità, spesso aprendo la propria casa a chiunque avesse bisogno. Durante gli anni del liceo a Rimini, Alberto si distinse non solo per l’eccellenza negli studi, ma anche per l’impegno nelle attività sportive e sociali. Appassionato di ciclismo e atletica, vedeva nello sport un mezzo per rafforzare il carattere e promuovere valori come la lealtà e la disciplina.
Gli anni universitari e la vocazione sociale Iscritto alla Facoltà di Ingegneria Meccanica dell’Università di Bologna, Alberto affrontò gli studi con serietà e passione. Ma oltre all’impegno accademico, dedicò tempo ed energie all’Azione Cattolica, movimento che giocò un ruolo fondamentale nella sua crescita spirituale e nel suo impegno sociale. Organizzava gruppi di studio, incontri spirituali e progetti di volontariato, coinvolgendo i colleghi universitari in iniziative a favore dei meno fortunati. La sua camera divenne un luogo di ritrovo per discussioni su tematiche sociali e religiose. Qui, Alberto incoraggiava i compagni a riflettere sul ruolo dei laici nella Chiesa e nella società, promuovendo l’idea che ogni cristiano è chiamato a essere testimone attivo del Vangelo nel mondo.
La guerra: prova di fede e coraggio Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Alberto fu chiamato alle armi. Anche nell’ambiente militare, non smise di testimoniare la propria fede, condividendo con i commilitoni momenti di preghiera e offrendo sostegno morale in un periodo di grande incertezza e paura. Dopo l’8 settembre 1943, con l’armistizio italiano, tornò a Rimini, trovando una città devastata dai bombardamenti e dall’occupazione nazista. In questo contesto drammatico, Alberto si impegnò attivamente nella Resistenza, aiutando prigionieri alleati ed ebrei a fuggire dalle mani dei nazisti. Rischiò la propria vita in numerose occasioni, mostrando un coraggio straordinario e una fede incrollabile.
La carità senza confini Una delle immagini più emblematiche di Alberto è quella che lo vede girare in bicicletta per le strade distrutte di Rimini, carico di cibo, vestiti e medicine da distribuire a chi ne aveva bisogno. La sua bicicletta divenne simbolo di speranza per molti cittadini. Non faceva distinzioni tra le persone: aiutava italiani, stranieri, amici e nemici, vedendo in ognuno il volto di Cristo sofferente. Aprì le porte della propria casa agli sfollati, organizzò mense per i poveri e si adoperò per trovare alloggi a chi era rimasto senza casa. La sua dedizione era totale e incondizionata. Come scrisse nel suo diario: “Ogni povero è Gesù. Ogni atto di carità è un atto d’amore verso di Lui”.
La vita interiore e la spiritualità profonda Nonostante gli impegni sociali e politici, Alberto non trascurò mai la propria vita spirituale. Partecipava quotidianamente all’Eucaristia, dedicava tempo alla preghiera e alla meditazione, e si affidava costantemente alla Provvidenza divina. Il suo diario personale rivela una profonda unione con Dio e un desiderio ardente di conformarsi alla volontà divina in ogni aspetto della sua vita. Scriveva: “Dio è la mia felicità infinita. Devo essere santo altrimenti nulla”. Questa tensione verso la santità permeava ogni suo gesto, piccolo o grande che fosse. La confessione regolare, l’adorazione eucaristica e la lettura delle Sacre Scritture erano per lui momenti imprescindibili di crescita spirituale.
L’impegno politico come forma di carità Nel dopoguerra, Alberto si impegnò attivamente nella ricostruzione morale e materiale della società. Entrò a far parte della Democrazia Cristiana, vedendo nella politica un mezzo per promuovere il bene comune e la giustizia sociale. Per lui, la politica era una forma alta di carità, un servizio disinteressato alla comunità. Come assessore ai Lavori Pubblici di Rimini, lavorò instancabilmente per migliorare le condizioni abitative dei meno abbienti, promosse la ricostruzione di scuole e ospedali, e sostenne iniziative per il rilancio economico della città. Rifiutò qualsiasi forma di corruzione o compromesso morale, mettendo sempre al centro le esigenze delle persone più vulnerabili.
Testimonianze di una vita straordinaria Molte sono le testimonianze di chi conobbe Alberto personalmente. Amici e colleghi ricordano il suo sorriso, la sua disponibilità e la capacità di ascolto. Era solito dire: “Non possiamo amare Dio se non amiamo i nostri fratelli”. Questa convinzione si traduceva in gesti concreti, come ospitare in casa propria famiglie sfollate o rinunciare al proprio pasto per darlo a chi aveva fame. Il suo stile di vita semplice e austero, unito a una profonda gioia interiore, attirava l’ammirazione di molti. Non cercava mai il riconoscimento o la gloria personale, ma agiva sempre con umiltà e discrezione.
La tragedia e la beatificazione Il 5 ottobre 1946, a soli 28 anni, Alberto morì tragicamente in un incidente stradale mentre si recava in bicicletta a un comizio elettorale. La sua morte improvvisa fu un duro colpo per la comunità. Tuttavia, il suo funerale divenne una manifestazione di affetto e riconoscenza: migliaia di persone si unirono per rendere omaggio a un giovane che aveva dato tutto sé stesso per gli altri. La fama di santità che circondava la sua figura portò all’avvio del processo di beatificazione negli anni ’90. Il 5 settembre 2004, durante una cerimonia a Loreto, Papa Giovanni Paolo II lo proclamò Beato. La beatificazione non fu solo un riconoscimento personale, ma anche un messaggio per i giovani di tutto il mondo: la santità è possibile in ogni stato di vita, anche nel laicato e nell’impegno sociale e politico.
Eredità e attualità La figura di Alberto Marvelli continua a essere un punto di riferimento per chiunque desideri coniugare fede e azione sociale. La sua vita testimonia che è possibile vivere il Vangelo nella quotidianità, impegnandosi per la giustizia, la solidarietà e il bene comune. In un’epoca caratterizzata da individualismo e indifferenza, l’esempio di Alberto invita a riscoprire il valore dell’amore verso il prossimo e della responsabilità sociale. Oggi, diverse associazioni e iniziative portano il suo nome, promuovendo progetti di solidarietà, formazione spirituale e impegno civile. La sua vita è spesso citata come esempio nei percorsi educativi e catechetici, ispirando nuove generazioni a seguire il suo cammino.
Riflessioni finali Il messaggio di Alberto Marvelli è di straordinaria attualità. La sua capacità di unire fede profonda e azione concreta rappresenta una risposta alle sfide del nostro tempo. Egli dimostra che la santità non è riservata a pochi eletti, ma è un cammino accessibile a chiunque si apra all’amore di Dio e al servizio dei fratelli. In un passaggio del suo diario, Alberto scriveva: “Ogni giorno è un dono prezioso per amare di più”. Questa frase racchiude l’essenza della sua spiritualità e può essere un faro per tutti coloro che desiderano vivere una vita piena di senso e orientata al bene.
Il Beato Alberto Marvelli rappresenta un modello di santità laicale, un giovane che ha saputo trasformare la propria fede in azioni concrete a favore degli altri. La sua vita, seppur breve, è stata un inno all’amore, alla giustizia e alla speranza. Oggi più che mai, la sua testimonianza invita ognuno di noi a riflettere sul proprio ruolo nella società e sulla possibilità di essere strumenti di pace e di bene nel mondo.
Alberto Marvelli continua a ispirare con la sua vita semplice e straordinaria. Un invito a tutti noi a pedalare, come lui, sulle strade della solidarietà e dell’amore fraterno.
Asia Meridionale. Don Bosco tra i giovani
Vediamo cosa significa vivere oggi la missione di don Bosco verso i giovani, specialmente quelli che sono poveri di risorse in Asia Meridionale.
Il Signore disse chiaramente a don Bosco che doveva rivolgere la sua missione innanzitutto ai giovani, soprattutto a quelli più poveri. Questa missione verso i giovani, soprattutto quelli più poveri, divenne la ragione dell’esistenza della Congregazione Salesiana.
Come nostro padre don Bosco, ogni salesiano dice a Dio il giorno della sua professione religiosa: “Mi offro totalmente a Te. Mi impegno a dedicare tutte le mie forze a coloro ai quali mi manderai, specialmente ai giovani più poveri”. Ogni collaboratore salesiano è impegnato in questa stessa missione.
L’ultimo Capitolo Generale della Congregazione ha rinnovato la richiesta di dare priorità assoluta ai più poveri, abbandonati e indifesi.
Quando mi è stata offerta l’opportunità di scrivere un articolo per il Bollettino Salesiano, il mio pensiero è andato immediatamente a quello che considero uno dei maggiori interventi a favore dei giovani più poveri nella Regione dell’Asia Meridionale della Congregazione Salesiana, ossia la preparazione dei giovani poveri all’occupazione attraverso una formazione professionale a breve termine. Dopo il 28° Capitolo Generale, la Regione Asia Meridionale ha fatto una scelta per aiutare i giovani a eliminare la povertà dalle loro famiglie. Ma prima di approfondire questo, permettetemi di presentarvi la Regione Asia Meridionale della Congregazione Salesiana.
La Regione Asia Meridionale comprende tutte le opere salesiane in India, Sri Lanka, Bangladesh, Nepal, Kuwait ed Emirati Arabi. Ci sono 11 Ispettorie e 1 Visitatoria. Con oltre 3000 salesiani professi, la Regione Asia Meridionale rappresenta il 21,5% dei salesiani nel mondo; questi lavorano in 413 Case religiose salesiane, pari al 23,8% delle Case salesiane della Congregazione. L’età media dei confratelli è di 45 anni. È provvidenziale che così tanti salesiani lavorino nella regione che ha la più grande popolazione di giovani e di giovani poveri al mondo.
La Famiglia Salesiana nella Regione comprende, oltre ai salesiani, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1789), l’Associazione dei Salesiani Cooperatori (3652), la Confederazione Mondiale degli Exallievi (34091), l’Istituto Secolare dei Volontari di Don Bosco (15), le Suore Missionarie di Maria Ausiliatrice (915), l’Associazione di Maria Ausiliatrice (905), le Suore Catechiste di Maria Immacolata Ausiliatrice (748), I Discepoli – Istituto Secolare Don Bosco (317), le Suore di Maria Ausiliatrice (102) e le Suore della Visitazione di Don Bosco (109).
Le opere dei salesiani, in collaborazione con altri membri della Famiglia Salesiana e con altri religiosi e laici, raggiungono oltre 21.170.893 beneficiari. Una varietà di opere (istruzione tecnica formale e non formale, opere per i giovani a rischio [YaR, youth at risk], scuole, istruzione superiore, parrocchie, centri giovanili, oratori, lavoro sociale ecc.) sono rivolte al servizio dei beneficiari. Gli altri membri della Famiglia Salesiana hanno opere indipendenti che raggiungono molti altri.
Il mondo, sotto la guida delle Nazioni Unite, ha fissato l’obiettivo di “porre fine alla povertà in tutte le sue forme, ovunque” come primo degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Le opere salesiane raggiungono questi obiettivi in molti modi, ma un’opera di spicco tra queste è la formazione di competenze a breve termine offerta ai giovani poveri, che vengono poi aiutati a trovare un impiego e a guadagnarsi da vivere per essere i protagonisti che portano le loro famiglie fuori dalla povertà.
La Conferenza Ispettoriale Salesiana dell’Asia Meridionale (SPCSA) ha creato Don Bosco Tech (DBTech) come veicolo per coordinare gli sforzi di tutte le Ispettorie salesiane in quest’area di lavoro. Fondato nel 2006, il modello DBTech e il suo nome sono stati imitati in altre parti del mondo. In questi anni la rete (DBTech India) ha formato oltre 440.000 giovani. Il lavoro viene svolto attraverso le varie istituzioni salesiane, nonché attraverso un’ampia rete di collaborazione con altre Congregazioni diocesane e religiose e con un ampio pool di collaboratori laici altamente motivati, che si impegnano a lavorare per la parte più povera della gioventù.
Sebbene i risultati ottenuti nel corso degli anni a favore dei giovani più poveri siano stati grandi, vorrei sottolineare i risultati del 2022-2023 per apprezzare il lavoro di tutti i Salesiani e dei loro collaboratori per portare avanti il sogno di don Bosco di dedicarci ai giovani, soprattutto a quelli più poveri.
Ho scelto di presentarvi in particolare questo lavoro soprattutto perché ha raggiunto il risultato più grande e migliore per le famiglie più povere.
Qui abbiamo una rete con 26.243 studenti formati in un anno! Pochissime grandi istituzioni al mondo possono vantare così tanti studenti diplomati (20.121) in un anno. Anche fra queste, raramente i diplomati sarebbero così numerosi e provenienti dalle fasce più povere della società.
Di questi, circa 18.370 trovano un’occupazione al termine della loro formazione professionale (circa il 70% di quelli formati).
A tutti questi studenti sono stati offerti una formazione e un inserimento lavorativo totalmente gratuiti, senza addebiti. Questo risultato è stato ottenuto grazie al generoso contributo dei benefattori e dei partner della Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI). DBTech ha oltre 30 partner finanziatori, tra cui aziende, fondazioni e governo.
La predilezione salesiana per i giovani più poveri è testimoniata dal fatto che quasi tutti i tirocinanti provengono dalle “fasce economicamente più deboli” della società, il 98%.
Ancora più importante da notare è che 10.987 (55%) dei 20.121 studenti già diplomati (gli altri sono in formazione, in attesa della conclusione dei loro corsi) provengono da famiglie che hanno un reddito annuo inferiore a 100.000 Rupie, ossia circa 1111 Euro all’anno (calcolato al cambio 1 Euro = 90 Rupie). Si tratta di un reddito familiare inferiore a 100 euro al mese. Ciò significa che le famiglie vivono con meno di 3 euro al giorno. Stiamo parlando di famiglie e non di individui!
Reddito familiare annuo
Reddito giornaliero approssimativo delle famiglie
Totale giovani formati
% dei giovani formati
Al di sotto di 1 Lakh / Al di sotto di 1.111 Euro
al di sotto di 3 Euro
10.987
55%
1-3 Lakh
Sotto 3-9 Euro
8144
40%
3-5 Lakh
Sotto 9-15 Euro
469
2%
5-7 Lakh
Sotto 15-21 Euro
161
1%
7 Lakh e oltre
21 euro e oltre
360
2%
Totale generale
20.121 (+ 6.302 in classe)
Nota: 1 Euro = 90 Rupie
Dopo la formazione gratuita, questi giovani poveri guadagnano oggi in media 10.000 rupie al mese, il che ha reso il loro reddito personale annuo superiore al reddito familiare annuo delle loro famiglie.
Nel contesto della necessità di interventi trasformativi basati sui risultati, la Famiglia Salesiana dell’Asia Meridionale, con il ruolo primario svolto dai giovani che vengono qualificati e assunti, sta veramente formando dei “cittadini onesti”. I giovani che sono stati formati e inseriti nel mondo del lavoro stanno oggi contribuendo alla costruzione della nazione. Il reddito annuale generato da questi studenti occupati dopo la formazione gratuita è di circa 2.204.400.000 Rupie, che equivale a circa 24.493.333 Euro all’anno.
La durata della formazione varia a seconda degli ambiti di intervento. I corsi di formazione vengono erogati in vari settori: Agricoltura e affini; Abbigliamento, Make up e arredamento per la casa; Automobile; Banche e Finanza; Bellezza e Benessere; Beni strumentali; Edilizia; Elettronica e Hardware IT; Trasformazione alimentare; Mobili e Arredi; Lavori verdi; Artigianato e Tappeti; Sanità; IT-ITES; Logistica; Media e Intrattenimento; Gestione degli uffici; Industria idraulica; Energia; Commercio al dettaglio; Turismo e Ospitalità e altri.
Va inoltre notato che nei Paesi in via di sviluppo, dove le ragazze e le donne sono più deboli e indifese, i servizi offerti dai Salesiani sono maggiormente al servizio delle donne: oltre il 53% dei tirocinanti che hanno completato il corso sono donne.
Le storie dei giovani che hanno trasformato la loro vita cogliendo le opportunità offerte dalle opere salesiane sono molto importanti nella narrazione dell’attenzione salesiana verso i più poveri.
I Salesiani hanno davvero ricevuto il sostegno di molte persone generose, di fondazioni, di aziende e di governi per realizzare la trasformazione di tanti giovani svantaggiati in cittadini onesti e produttivi. Siamo veramente grati a tutti loro. Dio ha benedetto la Regione anche con una crescita delle vocazioni salesiane.
Per maggiori informazioni, è possibile visitare il sito web di DBTech India, https://dbtech.in.
Questo lavoro, come ci direbbe don Bosco, è “la nostra più grande soddisfazione”! Si rivolge ai più poveri. Comporta una collaborazione su larga scala tra enti religiosi e secolari. È un grande esempio di collaborazione tra laici. Si rivolge a tutti i giovani: il 72% dei giovani beneficiari appartiene alla religione indù, che è la religione più numerosa nella Regione dell’Asia Meridionale.
Nelle Memorie Biografiche leggiamo le parole di don Bosco: “Procurate di attenervi sempre ai poveri figli del popolo. Non fallite il vostro scopo primiero e la vostra società l’abbia sempre sott’occhio: non aspiri a cose maggiori. […] Se educherete i poveri, se sarete poveri, se non farete chiasso, nessuno avrà invidia di voi, nessuno vi cercherà, vi lasceranno tranquilli e farete del bene.” (MB IX,566)
Presentiamo anche alcuni giovani che hanno cambiato la loro vita dopo l’incontro con il carisma di don Bosco.
Adna Javaid
Le lotte di Adna Javaid sono iniziate in giovane età. È cresciuta in povertà. È nata a Bemina, una regione nel cuore di Srinagar, la capitale estiva del Jammu e Kashmir, in India. Il padre di Adna, Javaid Ahmad Bhat, era un negoziante che riusciva a malapena a mantenere la famiglia. Ha abbandonato gli studi dopo aver completato la 12esima classe ed è rimasta a casa sua per alcuni anni. Voleva inseguire i suoi sogni, ma non riusciva a trovare un modo per realizzarli. Nonostante le circostanze difficili, ha iniziato a scrivere opere teatrali e a rappresentarle in piccoli locali della sua zona. Tuttavia, i suoi primi sforzi non hanno avuto successo e ha affrontato un rifiuto dopo l’altro. Nel 2021, Adna mise in scena la sua prima opera, “So di essere stata una ragazza”, nella sua comunità. Lo spettacolo è stato accolto male e Adna ha perso tutti i suoi risparmi. Tuttavia, ha continuato ad avere fede e ha costruito lentamente il suo futuro. Durante la mobilitazione del Don Bosco Tech di Srinagar vicino alla sua località, Adna ha visto il team del Don Bosco Tech e ha parlato con loro dei suoi problemi. Il team l’ha convinta a partecipare alla formazione e le ha assicurato l’assistenza al lavoro, così lei ha deciso di entrare a far parte del CRM Domestic Voice Domain.
La svolta di Adna è arrivata nel 2021, quando si è resa conto di essere più vicina ai suoi sogni dopo la formazione presso il Centro di formazione Don Bosco Tech di Srinagar. Da allora, Adna è diventata una delle figure più influenti e di successo del settore Business Process Outsourcing. Nonostante abbia affrontato ostacoli e battute d’arresto significative, ha perseverato, ha continuato a lavorare sodo e ha creduto in se stessa e nella sua visione. Ora lavora come Customer Care Executive Process presso la J&K Bank, supportata da DigiTech, Call System Pvt. Ltd, con una retribuzione mensile di 12.101 rupie. Adna ora è molto soddisfatta della sua vita e sta anche aiutando tante ragazze a partecipare al corso di formazione professionale presso il Don Bosco Tech Training Centre, Rajbagh, Srinagar.
Peesara Niharika
Peesara Niharika proviene da un luogo rurale situato lontano dal centro Don Bosco Tech, Karunapuram. Ha conseguito la laurea con il sostegno dei suoi genitori, che sono lavoratori salariati giornalieri. Difficoltà e carenze sono state le parole d’ordine della sua vita fin dalla più tenera età. A un certo punto della vita, ha persino abbandonato gli studi e ha sostenuto finanziariamente i suoi genitori, lavorando in un’azienda agricola con gli abitanti del villaggio. Ma desiderava proseguire gli studi superiori, quando vedeva i suoi compagni di scuola andare all’università, mentre lei lavorava nella risaia. Un giorno, mentre cercava un’opportunità di lavoro, Niharika si è imbattuta nell’ala di mobilitazione a Karunapuram, organizzata dal personale del Don Bosco Tech Centre e ha preso la ferma decisione di iscriversi al programma di formazione professionale. Avendo un interesse per la gestione delle relazioni con i clienti, si è iscritta al programma CRM Domestic Non-Voice presso il centro Don Bosco Tech, Karunapuram. Si è dimostrata molto attiva e versatile durante il programma di formazione, cercando di comunicare in modo efficace con tutti i partecipanti al suo gruppo. Ha un talento multiforme, con abilità come ballare, cantare e giocare, e diffonde con entusiasmo la positività intorno a sé. Grazie alle sessioni di life skill, è riuscita a liberarsi della timidezza e della paura del palcoscenico.
Al momento del colloquio, è stata assunta da Ratnadeep, a Hyderabad, per il ruolo di Rappresentante del Servizio Clienti con una retribuzione di 14.600 rupie al mese, assicurazioni incluse. Ora è in grado di occuparsi della sua famiglia e di sostenere i suoi genitori, che sono estremamente grati alla Don Bosco Tech Society per l’enorme trasformazione della vita della loro figlia. Niharika afferma con forza che il suo percorso presso il centro Don Bosco Tech Karunapuram rimarrà per sempre un ricordo felice per il resto della sua vita.
Chanti V.
“La differenza tra chi sei e chi vuoi essere, è ciò che fai”. Chanti proviene da una famiglia a basso reddito di Vepagunta, Vishkapattanam. Dopo aver completato la scuola media, voleva frequentare gli studi superiori, ma non poteva permettersi la spesa delle tasse. Poi, è venuto a conoscenza del centro di formazione Don Bosco Tech di Sabbavaram attraverso un amico del vicinato e dell’attività di mobilitazione nel suo villaggio. Ha saputo dai consulenti che questo istituto offre una formazione gratuita con certificazioni National Skill Development Corporation. Dopo essersi iscritto al Don Bosco Tech, oltre al corso di e-commerce, Chanti ha imparato anche l’inglese parlato e ad utilizzare il computer. I formatori ricordano ancora che nel suo primo giorno al Don Bosco Tech, avevano notato le sue scarse capacità comunicative e le sue conoscenze informatiche non proprio minime. Nel suo villaggio non c’era un sistema educativo adeguato o strutture che gli permettessero di acquisire tali competenze. Ma la sua perseveranza per consolidare l’apprendimento di una nuova materia e la necessità di un lavoro migliore hanno convinto i formatori a inserirlo nel settore dell’e-commerce. Riuscì a farsi inserire nell’azienda Ecom Express come fattorino. Dopo aver constatato il suo talento, l’azienda gli ha affidato una responsabilità maggiore e ora percepisce 20.000 rupie al mese.
Lui e i suoi genitori sono estremamente felici per il risultato ottenuto. È molto grato all’Istituto per averlo reso ciò che è oggi. Ora è diventato un esempio di ispirazione per i ragazzi del suo villaggio che stanno lottando per trovare un lavoro decente. Ha informato molti di loro su DB Tech, Sabbavaram, e molti hanno espresso il desiderio di iscriversi all’istituto.
Klerina N Arengh
Klerina N Arengh di Meghalaya ha completato il suo decimo anno nel 2009 come candidata privata. Poi ha sentito parlare della Don Bosco Tech Society, che offre una formazione gratuita e un collocamento fuori dallo Stato. Era molto interessata e ha deciso di partecipare alla formazione. Si è iscritta al corso Skill Meghalaya F& B Service Associate Batch-2 presso il centro Don Bosco Tech di Shillong. Tutti i suoi compagni di classe erano più giovani di lei, quindi la maggior parte di loro la prendeva in giro e la chiamava mamma, ma lei li ignorava. Era molto puntuale, rispettosa e imparava molto bene. Apprendeva tutto più velocemente dei suoi compagni di gruppo. In tutti i 2 mesi di formazione, ha dimostrato disciplina e conseguito risultati eccellenti. Infine, dopo il completamento della formazione, DB Tech le ha offerto un lavoro presso JW Marriott Sahar Mumbai, come Steward con uno stipendio mensile di 15.000 rupie. È molto grata a DBTech e a MSSDS Skill Meghalaya per averle dato l’opportunità di guadagnarsi da vivere in modo dignitoso. Ora, con lo stipendio sarà in grado di sostenere finanziariamente i suoi genitori.
don Biju Michael, SDB Consigliere generale per l’Asia Meridionale