Le lotterie: autentiche imprese

Don Bosco non fu soltanto un instancabile educatore e pastore di anime, ma anche un uomo di straordinaria intraprendenza, capace di inventare soluzioni nuove e coraggiose per sostenere le sue opere. Le necessità economiche dell’Oratorio di Valdocco, in continua espansione, lo spinsero a cercare mezzi sempre più efficaci per garantire vitto, alloggio, scuola e lavoro a migliaia di ragazzi. Tra questi, le lotterie rappresentarono una delle intuizioni più ingegnose: vere imprese collettive, che coinvolgevano nobili, sacerdoti, benefattori e semplici cittadini.Non era semplice, poiché la legislazione piemontese regolava con rigore le lotterie, consentendone l’organizzazione ai privati solo in casi ben definiti. E non si trattava soltanto di raccogliere fondi, ma di creare una rete di solidarietà che univa la società torinese intorno al progetto educativo e spirituale dell’Oratorio. La prima, nel 1851, fu un’avventura memorabile, ricca di imprevisti e successi.

            Il tanto denaro che è giunto nelle mani di don Bosco vi è rimasto per poco, perché subito impiegato nel dare vitto, alloggio, scuola e lavoro a decine di migliaia di ragazzi o nel costruire collegi, orfanotrofi e chiese o nel sostenere le missioni sudamericane. I suoi conti, si sa, erano sempre in rosso; i debiti lo hanno accompagnato tutta la vita.
            Ora fra i mezzi intelligentemente adottati da don Bosco per finanziare le sue opere si possono di certo collocare le lotterie: una quindicina quelle da lui organizzate, fra piccole e grandi. La prima, modesta, fu quella di Torino nel 1851 a favore della chiesa di san Francesco di Sales in Valdocco e l’ultima, grandiosa, a metà degli anni ottanta, fu quella per sopperire alle immense spese della chiesa e dell’ospizio del S. Cuore presso la stazione Termini di Roma.
            Una vera storia di tali lotterie non è ancora stata scritta, benché al riguardo non manchino le fonti. Solo in riferimento alla prima, quella del 1851, ne abbiamo recuperato noi stessi una dozzina di inedite. Con esse ne ricostruiamo la tormentata storia in due puntate.

Domanda di autorizzazione
            A norma di legge del 24 febbraio 1820 – modificata da Regie Patenti del gennaio 1835 e da Istruzioni dell’Azienda Generale delle Regie Finanze in data 24 agosto 1835 e successivamente da Regie Patenti del 17 luglio 1845 – per qualunque lotteria nazionale (Regno di Sardegna) si richiedeva la preventiva autorizzazione governativa.
            Per don Bosco si trattò anzitutto di avere la morale certezza di riuscire nel progetto. La ebbe dall’appoggio economico e morale dei primissimi benefattori: le nobili famiglie Callori e Fassati ed il canonico Anglesio del Cottolengo. Si lanciò dunque in quella che sarebbe risultata un’autentica impresa. In tempi brevi riuscì a costituire una Commissione organizzatrice, composta inizialmente da sedici note personalità, poi accresciuta fino a venti. Fra loro numerose autorità civili ufficialmente riconosciute, come un senatore (nominato tesoriere), due vicesindaci, tre consiglieri comunali; poi sacerdoti di prestigio come i teologi Pietro Baricco, vicesindaco e segretario della Commissione, Giovanni Borel cappellano di corte, Giuseppe Ortalda, direttore di Opera Pia di Propaganda Fide, Roberto Murialdo, cofondatore del collegio degli Artigianelli e dell’Associazione di carità; infine uomini esperti come un ingegnere, un orefice stimatore, un negoziante all’ingrosso ecc. Tutte persone, per lo più possidenti, conosciute da don Bosco e “vicine” all’opera di Valdocco.
            Completata la Commissione, ad inizio dicembre 1851 don Bosco inoltrò la domanda formale all’Intendente generale di Finanza, cavalier Alessandro Pernati di Momo (futuro senatore e ministro dell’Interno del Regno) nonché “amico” dell’opera di Valdocco.

L’appello per i doni
            Alla richiesta di autorizzazione allegò un’interessantissima circolare, in cui, dopo aver tracciato una commovente storia dell’Oratorio – apprezzato dalla famiglia reale, dalle autorità di governo, dalle autorità municipali – indicava che le continue necessità di ampiamento dell’Opera di Valdocco per accogliere sempre più giovani consumavano le risorse economiche della beneficenza privata. Perciò al fine di pagare le spese del completamento della nuova cappella in costruzione, si era presa la decisione di far appello alla pubblica carità mediante una lotteria di doni da offrire spontaneamente: “Consiste questo mezzo in una lotteria d’oggetti, che i sottoscritti vennero in pensiero d’intraprendere per sopperire alle spese di ultimazione della nuova cappella, ed a cui la signoria vostra vorrà, non vi ha dubbio, prestare il suo concorso, riflettendo all’eccellenza dell’opera cui è diretta. Qualunque oggetto piaccia alla signoria vostra offrire o di seta, o di lana, o di metallo, o di legno, ossia lavoro di riputato artista, o di modesto operaio, o di laborioso artigiano, o di caritatevole gentildonna, tutto sarà accettato con gratitudine, perché in fatto di beneficenza ogni piccolo aiuto è gran cosa, e perché le offerte anche tenui di molti insieme riunite possono bastare a compir l’opera desiderata”.
            Nella circolare indicò pure i nomi dei promotori e promotrici, cui si potevano consegnare i doni e delle persone di fiducia che li avrebbero poi raccolti e custoditi. Fra i 46 promotori figuravano varie categorie di persone: professionisti, professori, impresari, studenti, chierici, negozianti, mercanti, sacerdoti; diversamente fra la novantina di promotrici sembra prevalessero le nobildonne (baronessa, marchesa, contessa e relative damigelle).
            Non mancò di allegare alla domanda pure il “piano della lotteria” in tutti i suoi molteplici aspetti formali: raccolta degli oggetti, ricevuta di consegna degli stessi, loro valutazione, biglietti autenticati da smerciare in numero proporzionato al numero e valore degli oggetti, loro esposizione al pubblico, estrazione dei vincitori, pubblicazione dei numeri estratti, tempi di ritiro dei premi ecc. Una serie di impegnativi adempimenti cui don Bosco non si sottrasse. Per i suoi giovani non bastava più la cappella Pinardi: ci voleva una chiesa più grande, quella, progettata, di san Francesco di Sales (una dozzina di anni dopo ce ne sarebbe voluta un’altra ancora più grande, quella di Maria Ausiliatrice!).

Risposta positiva
            Vista la serietà dell’iniziativa e l’alta “qualità” dei membri della Commissione proponente, la risposta dell’Intendenza non poté che essere positiva ed immediata. Il 17 dicembre il suddetto vicesindaco Pietro Baricco trasmise a don Bosco il relativo decreto, con l’invito a trasmettere sempre in copia i futuri atti formali della lotteria all’Amministrazione comunale, responsabile delle regolarità di tutti gli adempimenti di legge. A questo punto prima di Natale don Bosco mandò alle stampe la suddetta circolare, la diffuse ed incominciò a raccogliere doni.
            Gli erano stati concessi due mesi di tempo al riguardo, in quanto durante l’anno avevano luogo anche altre lotterie. I doni arrivavano però lentamente, per cui a metà gennaio don Bosco si vide costretto a ristampare la predetta circolare e chiese la collaborazione a tutti i giovani di Valdocco ed agli amici per scrivere indirizzi, fare visita a benefattori conosciuti, propagandare l’iniziativa, raccogliere i doni.
            Ma “il bello” doveva ancora venire.

Il salone espositivo
            Valdocco non aveva spazi per l’esposizione dei doni, per cui don Bosco domandò al vicesindaco Baricco, tesoriere della commissione per la lotteria, di chiedere al Ministero della guerra, tre stanze di quella parte del Convento di san Domenico che era a disposizione dell’esercito. I padri domenicani erano d’accordo. Il ministro Alfonso Lamarmora in data 16 gennaio le concesse. Ma ben presto don Bosco si rese conto che non sarebbero state sufficientemente ampie, per cui fece chiedere al re, tramite l’elemosiniere, abate Stanislao Gazzelli, un locale più grande. Dal sovraintendente reale Pamparà gli venne risposto che il re non disponeva di locale adatto e proponeva di affittare a sue spese il locale del gioco del Trincotto (o pallacorda: una sorta di tennis a mano ante litteram). Questo locale però sarebbe stato disponibile per il solo mese di marzo e a certe condizioni. Don Bosco rifiutò la proposta ma accettò le 200 lire offerte dal re per il fitto del locale. Messosi allora alla ricerca di altro salone, ne trovò uno adatto su indicazione del municipio cittadino, dietro la chiesa di S. Domenico, a poche centinaia di metri da Valdocco.

Arrivo dei doni
            Nel frattempo don Bosco aveva chiesto al ministro delle Finanze, il famoso conte Camillo Cavour, una riduzione o l’esenzione delle spese di spedizione delle lettere circolari, dei biglietti e degli stessi doni. Tramite il fratello del conte, il religiosissimo marchese Gustavo di Cavour, ricevette il consenso per varie riduzioni postali.
            Si trattava ora di trovare un perito per la valutazione dell’ammontare dei doni e il conseguente numero dei biglietti da smerciare. Don Bosco lo chiese all’Intendente suggerendone anche il nome: un orefice membro della Commissione. L’Intendente, invece, tramite il sindaco gli rispose chiedendogli una doppia copia descrittiva dei doni arrivati onde nominare un proprio perito. Don Bosco eseguì subito la richiesta e così il 19 febbraio il perito valutò in 4124,20 lire i 700 oggetti raccolti. Dopo tre mesi si arrivò a 1000 doni, dopo quattro a 2000, sino alla conclusione di 3251 doni, grazie al continuo “questuare di don Bosco” presso singoli, sacerdoti e vescovi e alle sue ripetute richieste formali al Comune di proroga del tempo per l’estrazione. Don Bosco non mancò neppure di criticare la stima fatta dal perito comunale dei doni che continuamente arrivavano, a suo dire, inferiore all’effettivo loro valore; ed in effetti vennero aggiunti altri estimatori, soprattutto un pittore per le opere d’arte.
            La cifra finale fu tale che don Bosco fu autorizzato ad emettere 99 999 biglietti al prezzo di 50 centesimi l’uno. Al catalogo già stampato con i doni numerati con nome del donatore e dei promotori e promotrici si aggiunse un supplemento con gli ultimi doni arrivati. Fra loro quelli del papa, del re, della regina madre, della regina consorte, deputati, senatori, autorità municipali ma anche tantissime persone umili, soprattutto donne che offrirono oggetti e suppellettili per la casa, anche di poco valore (bicchiere, calamaio, candela, caraffa, cavatappi, cuffia, ditale, forbici, lampada, metro, pipa, portachiavi, saponetta, temperino, zuccheriera). Il dono più offerto furono i libri, ben 629 e i quadri-quadretti, 265. Pure i ragazzi di Valdocco andarono a gara ad offrire il loro piccolo dono, magari un libretto regalato loro da don Bosco stesso.

Un lavoro immane fino all’estrazione dei numeri
            A questo punto bisognava stampare i biglietti in serie progressiva in duplice forma (piccola matrice e biglietto), farli firmare entrambi da due membri della commissione, spedire il biglietto tenendone nota, documentare il denaro incassato… A molti benefattori si inviavano decine di biglietti, con l’invito a tenerli o a smerciarli presso amici e conoscenti.
            La data dell’estrazione, inizialmente fissata per il 30 aprile, fu rinviata al 31 maggio e quindi al 30 giugno, per effettuarlo poi a metà luglio. Quest’ultima proroga fu dovuta allo scoppio della polveriera di Borgo Dora che devastò l’area di Valdocco.
            Per due pomeriggi, 12-13 luglio 1852, sul balcone del palazzo municipale si procedette all’estrazione dei biglietti. Quattro urne a ruota di diverso colore contenevano 10 pallottole (da 0 a 9) identiche e dello stesso colore della ruota. Inserite ad una ad una dal vicesindaco nelle urne, e fatte girare, otto giovani dell’Oratorio compivano l’operazione ed il numero estratto veniva proclamato ad alta voce e poi pubblicato sulla stampa. Molti doni furono lasciati all’Oratorio, dove furono successivamente riutilizzati.

Valeva la pena?
            Per i circa 74 mila biglietti venduti, tolte le spese, a don Bosco restarono circa 26.000 lire, che poi provvide a suddividere equamente con l’attigua opera Cottolengo. Un piccolo capitale certo (la metà del prezzo di acquisto della casetta Pinardi l’anno precedente), ma il risultato più grande del lavoro massacrante cui si sottopose per effettuare la lotteria – documentata da decine di lettere spesso inedite – è stato il diretto e sentito coinvolgimento di migliaia di persone di ogni classe sociale nel suo “incipiente progetto Valdocco”: nel farlo conoscere, apprezzare e poi sostenere economicamente, socialmente, politicamente.
            Don Bosco ricorrerà molte volte alle lotterie e sempre con il duplice scopo: raccogliere fondi per le sue opere per i ragazzi poveri, per le missioni e offrire modalità a credenti (e non credenti) di praticare la carità, il mezzo più efficace, come ripeteva continuamente, per “ottenere il perdono dei peccati e assicurarsi la vita eterna”.

«Ho sempre avuto bisogno di tutti» Don Bosco

Al senatore Giuseppe Cotta

Giuseppe Cotta, banchiere, fu grande benefattore di don Bosco. In archivio si conserva la seguente dichiarazione su carta da bollo in data 5 Febbraio 1849: “I sottoscritti sacerdoti T. Borrelli Gioanni di Torino e D. Bosco Gio’ di Castelnuovo d’Asti si dichiarano debitori di franchi tre mila verso l’ill.mo Cavaliere Cotta che ne fece imprestito ai medesimi per un’opera pia. Questa somma dovrà essere dai medesimi sottoscritti restituita fra un anno cogli interessi legali”. Firmato Sacerdote Giovanni Borel, D. Bosco Gio.

In calce allo stesso foglio e nella stessa data p. Cafasso Giuseppe scrive: “Il sottoscritto rende distinte grazie all’Ill. mo Sig. Cav. Cotta per quanto sopra e nello stesso tempo si rende fideiussore verso il medesimo della somma nominata”. A fondo pagina il Cotta sottoscrive di aver ricevuto lire 2.000 il 10 aprile 1849, altre 500 lire il 21 luglio 1849 e il saldo il 4 gennaio 1851.




Il volontariato missionario cambia la vita dei giovani in Messico

Il volontariato missionario rappresenta un’esperienza che trasforma profondamente la vita dei giovani. In Messico, l’Ispettoria Salesiana di Guadalajara ha sviluppato da decenni un percorso organico di Volontariato Missionario Salesiano (VMS) che continua a incidere in modo duraturo nel cuore di molti ragazzi e ragazze. Grazie alle riflessioni di Margarita Aguilar, coordinatrice del volontariato missionario a Guadalajara, condivideremo il cammino riguardante le origini, l’evoluzione, le fasi di formazione e le motivazioni che spingono i giovani a mettersi in gioco per servire le comunità in Messico.

Origini
Il volontariato, inteso come impegno a favore degli altri nato dall’esigenza di aiutare il prossimo tanto sul piano sociale quanto su quello spirituale, si rafforzò nel tempo con il contributo di governi e ONG per sensibilizzare sui temi della salute, dell’istruzione, della religione, dell’ambiente e altro ancora. Nella Congregazione Salesiana, lo spirito volontario è presente fin dalle origini: Mamma Margherita, accanto a Don Bosco, fu tra i primi “volontari” nell’Oratorio, impegnandosi nell’assistenza ai giovani per compiere la volontà di Dio e contribuire alla salvezza delle loro anime. Già il Capitolo Generale XXII (1984) iniziò a parlare esplicitamente di volontariato, e i capitoli successivi insistettero su questo impegno come dimensione inscindibile della missione salesiana.

In Messico i Salesiani sono suddivisi in due Ispettorie: Città del Messico (MEM) e Guadalajara (MEG). È proprio in quest’ultima che, a partire dalla metà degli anni Ottanta, si è strutturato un progetto di volontariato giovanile. L’Ispettoria di Guadalajara, fondata 62 anni fa, offre da quasi 40 anni la possibilità a giovani desiderosi di sperimentare il carisma salesiano di dedicare un periodo di vita al servizio delle comunità, soprattutto nelle zone di frontiera.

Nel 24 ottobre 1987 l’ispettore inviò un gruppo di quattro giovani insieme a salesiani nella città di Tijuana, in una zona di confine in forte espansione salesiana. Fu l’avvio del Volontariato Giovanile Salesiano (VJS), che si sviluppò gradualmente e si organizzò in modo sempre più strutturato.

L’obiettivo iniziale era proposto ai giovani di circa 20 anni, disponibili a dedicare da uno a due anni per costruire i primi oratori nelle comunità di Tijuana, Ciudad Juárez, Los Mochis e altre località al nord. Molti ricordano i primi giorni: paletta e martello in mano, convivenza in case semplici con altri volontari, pomeriggi trascorsi con bambini, adolescenti e giovani del quartiere giocando nel terreno dove sarebbe sorto l’oratorio. Mancava talvolta il tetto, ma non mancavano la gioia, il senso di famiglia e l’incontro con l’Eucaristia.

Quelle prime comunità di salesiani e volontari portarono nei cuori l’amore per Dio, per Maria Ausiliatrice e per Don Bosco, manifestando spirito pionieristico, ardore missionario e cura totale per gli altri.

Evoluzione
Con il crescere dell’Ispettoria e della Pastorale Giovanile, emerse la necessità di itinerari formativi chiari per i volontari. L’organizzazione si rafforzò attraverso:
Questionario di candidatura: ogni aspirante volontario compilava una scheda e rispondeva a un questionario che delineava le sue caratteristiche umane, spirituali e salesiane, avviando il processo di crescita personale.

Corso di formazione iniziale: laboratori teatrali, giochi e dinamiche di gruppo, catechesi e strumenti pratici per le attività sul campo. Prima della partenza, i volontari si riunivano per concludere la formazione e ricevere l’invio nelle comunità salesiane.

Accompagnamento spirituale: si invitava il candidato a farsi accompagnare da un salesiano nella sua comunità di origine. Per un certo periodo, la preparazione fu svolta insieme agli aspiranti salesiani, rafforzando l’aspetto vocazionale, anche se poi questa prassi subì modifiche in base all’animazione vocazionale dell’Ispettoria.

Incontro ispettoriale annuale: ogni dicembre, in prossimità della Giornata Internazionale del Volontario (5 dicembre), i volontari si incontrano per valutare l’esperienza, riflettere sul cammino di ciascuno e consolidare i processi di accompagnamento.

Visite alle comunità: l’équipe di coordinamento visita regolarmente le comunità in cui operano i volontari, per sostenere non solo i giovani stessi, ma anche salesiani e laici della comunità educativa-pastorale, rafforzando le reti di sostegno.

Progetto di vita personale: ogni candidato elabora, con l’aiuto dell’accompagnatore spirituale, un progetto di vita che aiuti a integrare la dimensione umana, cristiana, salesiana, vocazionale e missionaria. È previsto un periodo minimo di sei mesi di preparazione, con momenti online dedicati alle varie dimensioni.

Coinvolgimento delle famiglie: incontri informativi con i genitori sui processi del VJS, per far comprendere il percorso e rafforzare il supporto familiare.

Formazione continua durante l’esperienza: ogni mese viene affrontata una dimensione (umana, spirituale, apostolica, ecc.) attraverso materiali di lettura, riflessione e lavoro di approfondimento in corso d’opera.

Post-volontariato: dopo la conclusione dell’esperienza, si organizza un incontro di chiusura per valutare l’esperienza, progettare i passi successivi e accompagnare il volontario nel reinserimento nella comunità di origine e nella famiglia, con fasi in presenza e online.

Nuove tappe e rinnovamenti
Recentemente, l’esperienza ha assunto il nome di Volontariato Missionario Salesiano (VMS), in linea con l’enfasi della Congregazione sulla dimensione spirituale e missionaria. Alcune novità introdotte:

Pre-volontariato breve: durante le vacanze scolastiche (dicembre-gennaio, Settimana Santa e Pasqua, e soprattutto estate) i giovani possono sperimentare per brevi periodi la vita in comunità e l’impegno di servizio, per farsi un primo “assaggio” dell’esperienza.

Formazione all’esperienza internazionale: si è istituito un processo specifico per preparare i volontari a vivere l’esperienza fuori dai confini nazionali.

Maggiore enfasi sull’accompagnamento spirituale: non più solo “inviare a lavorare”, ma porre al centro l’incontro con Dio, affinché il volontario scopra la propria vocazione e missione.

Come sottolinea Margarita Aguilar, coordinatrice del VMS a Guadalajara: “Un volontario ha bisogno di avere le mani vuote per poter abbracciare la sua missione con fede e speranza in Dio.”

Motivazioni dei giovani
Alla base dell’esperienza VMS c’è sempre la domanda: “Qual è la tua motivazione per diventare volontario?”. Si possono individuare tre gruppi principali:

Motivazione operativa/pratica: chi crede di svolgere attività concrete legate alle proprie competenze (insegnare in una scuola, servire in mensa, animare un oratorio). Spesso scopre che il volontariato non è solo lavoro manuale o didattico e può restare deluso se si aspettava un’esperienza meramente strumentale.

Motivazione legata al carisma salesiano: ex-fruitori di opere salesiane che desiderano approfondire e vivere più a fondo il carisma, immaginando un’esperienza intensa come un lungo incontro festivo del Movimento Giovanile Salesiano, ma per un periodo prolungato.

Motivazione spirituale: chi intende condividere la propria esperienza di Dio e scoprirlo negli altri. Talvolta però questa “fedeltà” è condizionata da aspettative (es. “sì, ma solo in questa comunità” o “sì, ma se posso tornare per un evento familiare”), e serve aiutare il volontario a maturare il “sì” in modo libero e generoso.

Tre elementi chiave del VMS
L’esperienza di Volontariato Missionario Salesiano si articola su tre dimensioni fondamentali:

Vita spirituale: Dio è il centro. Senza preghiera, sacramenti e ascolto dello Spirito, l’esperienza rischia di ridursi a semplice impegno operativo, stancando il volontario fino all’abbandono.

Vita comunitaria: la comunione con i salesiani e con gli altri membri della comunità rafforza la presenza del volontario presso bambini, adolescenti e giovani. Senza comunità non c’è sostegno nei momenti di difficoltà né contesto per crescere insieme.

Vita apostolica: la testimonianza gioiosa e la presenza affettiva tra i giovani evangelizza più di qualsiasi attività formale. Non si tratta solo di “fare”, ma di “essere” sale e luce nel quotidiano.

Per vivere pienamente queste tre dimensioni, serve un percorso di formazione integrale che accompagni il volontario dall’inizio alla fine, abbracciando ogni aspetto della persona (umano, spirituale, vocazionale) secondo la pedagogia salesiana e il mandato missionario.

Il ruolo della comunità di accoglienza
Il volontario, per essere strumento autentico di evangelizzazione, ha bisogno di una comunità che lo sostenga, ne sia esempio e guida. Allo stesso modo, la comunità accoglie il volontario per integrarlo, sostenendolo nei momenti di fragilità e aiutandolo a liberarsi da legami che ostacolano la dedizione totale. Come evidenzia Margarita: “Dio ci ha chiamati ad essere sale e luce della Terra e molti dei nostri volontari hanno trovato il coraggio di prendere un aereo lasciandosi alle spalle la famiglia, gli amici, la cultura, il loro modo di vivere per scegliere questo stile di vita incentrato sull’essere missionari.”

La comunità offre spazi di confronto, preghiera comune, accompagnamento pratico ed emotivo, affinché il volontario possa restare saldo nella sua scelta e portare frutto nel servizio.

La storia del volontariato missionario salesiano a Guadalajara è un esempio di come un’esperienza possa crescere, strutturarsi e rinnovarsi imparando dagli errori e dai successi. Ponendo sempre al centro la motivazione profonda del giovane, la dimensione spirituale e comunitaria, si offre un percorso capace di trasformare non solo le realtà servite, ma anche la vita dei volontari stessi.
Ci dice Margarita Aguilar: “Un volontario ha bisogno di avere le mani vuote per poter abbracciare la sua missione con fede e speranza in Dio.”

Ringraziamo Margarita per le sue preziose riflessioni: la sua testimonianza ci ricorda che il volontariato missionario non è un mero servizio, ma un cammino di fede e crescita che tocca la vita dei giovani e delle comunità, rinnovando la speranza e il desiderio di donarsi per amore di Dio e del prossimo.




L’inclusione sociale secondo don Bosco

La lungimirante proposta di don Bosco per i “minori non accompagnati” di Roma.

È piuttosto nota la storia della chiesa del Sacro Cuore di Roma, oggi basilica, assai frequentata da persone che frettolose transitano per l’attigua stazione Termini. Una storia irta di problemi e difficoltà di ogni genere per don Bosco mentre la chiesa era in costruzione (1880-1887), ma anche motivo di gioia e soddisfazioni una volta portata a termine (1887). Meno nota invece la storia dell’origine della “casa di carità e di beneficienza capace di accogliere almeno 500 giovanetti” che don Bosco volle edificare a fianco della chiesa. Un’opera, una riflessione estremamente attuale… di 140 anni fa! Ce la presenta don Bosco stesso nel numero di gennaio 1884 del Bollettino Salesiano: “A centinaia e a migliaia sono oggidì i poveri fanciulli, che vagano per le vie e per le piazze di Roma, in pericolo della fede e del buon costume. Come già vi faceva notare in altre occasioni, molti giovanetti o da soli o colle loro famiglie si recano in detta città non soltanto dalle varie parti dell’Italia, ma eziandio da altre nazioni, colla speranza di trovare lavoro e danaro; ma delusi nella loro aspettazione cadono ben presto nella miseria e nel rischio di mal fare, e per conseguenza di essere condotti a popolare le prigioni”.
Fare l’analisi della condizione giovanile nella “città eterna” non era difficile: la preoccupante situazione di “ragazzi di strada”, italiani o no, era sotto gli occhi di tutti, delle autorità civili e di quelle ecclesiastiche, dei cittadini romani e della moltitudine di “buzzurri” e di stranieri arrivati in città una volta dichiarata capitale del Regno d’Italia (1871). La difficoltà nasceva dalla soluzione da prospettare per risolverla e dalla capacità di realizzarla una volta individuata.
Don Bosco, per altro non sempre ben visto in città per la sua origine piemontese, propone ai Cooperatori la sua soluzione: “Or bene l’Ospizio del Sacro Cuore di Gesù avrebbe per iscopo di ricoverare giovanetti poveri e abbandonati, provenienti da qualsiasi città d’Italia o di altro paese del mondo, educarli nella scienza e nella religione, istruirli in qualche arte o mestiere, e così allontanarli dal vestibolo delle prigioni, ridonarli alle loro famiglie e alla civile società buoni cristiani, onesti cittadini, capaci di guadagnarsi onorato sostentamento colle proprie fatiche”.

In anticipo sui tempi
Accoglienza, educazione, formazione al lavoro, integrazione e inclusione sociale: ma non è questo oggi l’obiettivo prioritario di tutte le politiche giovanili a favore degli immigrati? Don Bosco dalla sua parte aveva esperienze al riguardo: da 30 anni a Valdocco si accoglievano ragazzi di varie parti di Italia, da alcuni anni nelle case salesiane di Francia vi erano figli di immigrati italiani e non solo, dal 1875 a Buenos Aires i salesiani avevano la cura spirituale degli italiani immigrati, provenienti da varie regioni d’Italia (decenni dopo si sarebbero anche interessati di Jorge Mario Bergoglio, futuro papa Francesco, figlio di immigrati piemontesi).

La dimensione religiosa
Naturalmente a don Bosco interessava soprattutto la salvezza dell’anima dei giovani, che richiedeva la professione di fede cattolica: “Extra ecclesia nulla salus”, come si diceva. Ed in effetti scrive: “Altri poi e della città e forestieri per la miseria sono esposti quotidianamente al pericolo di cadere nelle mani de’ protestanti, che hanno, per così dire, invasa la città di S. Pietro, e tendono specialmente i loro agguati ai giovanetti poveri e bisognosi, e sotto il colore di porgere loro l’alimento e le vesti del corpo, propinano invece alle anime loro il veleno dell’errore e dell’incredulità”.
Si spiega allora come nel suo progetto educativo di Roma, vorremmo dire, nel suo “global compact on education”, don Bosco non trascuri la fede. Un percorso di vera integrazione in una “nuova” società civile non può escludere la dimensione religiosa della popolazione. Gli torna utile l’appoggio papale: uno stimolo in più “per le persone che amano la religione e la società”: “Quest’Ospizio sta molto a cuore al Santo Padre Leone XIII, il quale, mentre con apostolico zelo si adopra per dilatare la fede ed il buon costume in ogni parte del mondo, lascia nulla d’intentato in favore dei fanciulli più esposti ai pericoli. Quest’Ospizio deve quindi stare a cuore a tutte le persone, che amano la religione e la società; deve stare a cuore soprattutto ai nostri Cooperatori e alle nostre Cooperatrici, a cui in modo speciale il Vicario di Gesù Cristo affidò il nobile incarico e dell’Ospizio medesimo e della Chiesa annessa”.
Infine nell’appello alla generosità dei benefattori per la costruzione dell’ospizio don Bosco non poteva far mancare un riferimento esplicito al Sacro Cuore di Gesù, cui era dedicata l’attigua chiesa: “Possiamo eziandio ritenere per certo che tale Ospizio sarà ben gradito al Cuor di Gesù… Nella vicina Chiesa il divin Cuore sarà il rifugio degli adulti, e nell’Ospizio attiguo si mostrerà l’amico amorevole, il tenero padre dei fanciulli. Egli avrà in Roma ogni giorno un drappello di 500 fanciulli a fargli divota corona, a pregarlo, a cantargli osanna, a domandargli la santa benedizione”.

Tempi nuovi, nuove periferie
L’ospizio salesiano, sorto come scuola di arte e mestieri e oratorio alla periferia della città – che all’epoca iniziava in piazza della Repubblica – successivamente risultò assorbito dall’espansione edilizia della stessa città. La primitiva scuola per ragazzi poveri ed orfani fu trasportata nel 1930 in una nuova periferia e venne sostituita in tappe successive da vari tipi di scuole (elementari, medie, ginnasio, liceo). Diede anche ospitalità per un certo tempo agli studenti salesiani che frequentavano l’università gregoriana e ad alcune facoltà dell’Ateneo Salesiano. Sempre rimase parrocchia e oratorio nonché sede centrale dell’ispettoria romana. A lungo ha ospitato alcuni uffici nazionali e adesso è sede centrale della Congregazione salesiana: strutture queste che hanno animato e animano le case salesiane per lo più nate e cresciute alle periferie di centinaia di città, o nelle “periferie geografiche ed esistenziali” del mondo per dirla con papa Francesco. Così come il S. Cuore di Roma, che conserva tuttora un piccolo segno del grande “sogno” di don Bosco: offre una primissima assistenza ad immigrati extracomunitari e con il “Banco dei talenti” del Centro giovanile provvede alimenti, vestiario e beni di prima necessità ai senza tetto della stazione Termini.




Il nostro invitato: don Alphonse Owoudou, Regolatore del Capitolo

Domenica 16 febbraio 2025, a Valdocco, Torino, avrà inizio il ventinovesimo Capitolo Generale della Congregazione Salesiana. Questo evento è il principale segno di unità della Congregazione nella sua diversità. Ne parliamo con don Alphonse Owoudou, Consigliere Regionale per l’Africa-Madagascar e Regolatore del Capitolo.

Può presentarsi?
Mi chiamo Alphonse Owoudou, Salesiano di Don Bosco, originario del Camerun (visitatoria ATE) in Africa. Ad aprile 2025 festeggerò i miei 56 anni. Attualmente sono Consigliere Regionale per l’Africa-Madagascar. Prima di assumere questo ruolo all’interno del Consiglio Generale, sono stato Superiore della visitatoria ATE, Africa Tropicale Equatoriale.

Il mio percorso mi ha portato prima in Gabon come giovane sacerdote e cappellano diocesano dei giovani. Successivamente, ho proseguito gli studi di psicologia presso l’Università Pontificia Salesiana (UPS). Ho poi raggiunto Lomé, in Togo, dove avevo svolto il mio noviziato e il mio post noviziato; vi sono tornato dopo 12 anni come membro del team di formazione. Ho poi avuto la responsabilità dell’attuale Istituto Superiore Don Bosco.

Nel 2015, sono tornato in ATE per far parte del team di animazione ispettoriale. Felice di ritrovare i miei confratelli e il mio paese dopo 20 anni, ho servito inizialmente come vicario ispettoriale dal 2015 al 2017, prima di essere nominato Ispettore nel giugno 2017. Questo periodo mi ha permesso di scoprire la mia ispettoria, le sue opere e la grande comunità educativa e pastorale su un territorio di sei nazioni, ridotto in seguito a cinque con la nascita dell’ACC.

Dal CG28 nel 2020, ho l’immenso privilegio di servire come Consigliere Regionale, assicurando il legame tra i 15 ispettori l’Africa-Madagascar e il Consiglio Generale, in conformità con l’articolo 140 delle nostre Costituzioni. Questa missione mi ha permesso di scoprire e comprendere meglio la ricchezza, la complessità e la bellezza dell’Africa salesiana, una regione piena di storia, promesse, sfide e risorse.

Qual è il compito del Regolatore?
Nel contesto del Capitolo Generale, il ruolo del Regolatore è principalmente quello di garantire il coordinamento tecnico e la regolarità dei processi prima e durante il Capitolo. Presiede la Commissione Tecnica, incaricata dell’elaborazione del calendario dei lavori, del documento di lavoro preparato dalla Commissione Precapitolare, nonché delle raccomandazioni del Rettore Maggiore o del Vicario per il buon svolgimento dei Capitoli Ispettoriali e delle regole elettorali.

Assistito dal suo segretariato e dal Segretario Generale, il Regolatore si occupa anche della validazione dei delegati eletti verificando i numeri di ciascuna ispettoria, garantendo così la legittimità della loro partecipazione al Capitolo Generale. Invia agli ispettori i moduli necessari per i verbali e i modelli per i contributi provenienti dai Capitoli Ispettoriali, dai gruppi di confratelli e dai membri individuali. Una volta raccolti questi contributi, li ordina, li classifica e li prepara. Introduce i membri della Commissione Precapitolare al tema centrale del Capitolo Generale per elaborare insieme il documento che servirà da base per le riflessioni e i dibattiti durante le sessioni del Capitolo.

Il Capitolo Generale è spesso definito come “il segno principale dell’unità della Congregazione nella sua diversità”. È in questo spirito che il Regolatore deve orientare e facilitare gli scambi affinché questa unità si manifesti pienamente, grazie a una preparazione accurata e a discussioni ben strutturate.

Perché il Capitolo è così importante per la vita della Congregazione?
Il Capitolo Generale è cruciale per la vita della Congregazione perché rappresenta “il segno principale dell’unità della Congregazione nella sua diversità”. È un momento in cui i Salesiani si riuniscono per riflettere insieme su come rimanere fedeli al Vangelo, al carisma di Don Bosco e alle esigenze delle epoche e dei luoghi in cui esercitano la loro missione. Guidati dallo Spirito Santo, i Salesiani discernono la volontà di Dio per servire meglio la Chiesa e la gioventù in un momento preciso della storia.

Oltre a questa dimensione spirituale e di riflessione sulla missione, il Capitolo Generale gioca un ruolo centrale nel governo della Congregazione. È durante il Capitolo che si svolgono le elezioni o le rielezioni del Rettore Maggiore, del suo Vicario e degli altri membri del Consiglio Generale. Questo processo elettivo consente alla Congregazione di scegliere i responsabili che guideranno la missione salesiana per i prossimi anni. Queste elezioni sono fondamentali perché assicurano non solo la continuità, ma anche la vitalità e l’adattamento della Congregazione alle sfide attuali.

Il Capitolo è anche l’occasione per rivedere e adattare la missione salesiana ai tempi presenti. Ad esempio, durante il 29° Capitolo Generale, uno dei temi centrali è il “debilitarsi dell’identità carismatica” percepito all’interno della Congregazione, e sono previste discussioni per rispondere a questa preoccupazione. Inoltre, saranno affrontate anche questioni giuridiche rimaste in sospeso dal Capitolo precedente.

In sintesi, il Capitolo Generale è un tempo di discernimento, decisione e rinnovamento, che consente alla Congregazione di rispondere meglio ai bisogni del mondo di oggi, eleggendo al contempo i responsabili che guideranno questa missione nell’unità e nella fedeltà a Don Bosco.

Qual è il tema del Capitolo?
Il tema centrale del 29° Capitolo Generale è “Appassionati di Gesù Cristo, dedicati ai giovani”, con il sottotitolo “Vivere la nostra vocazione salesiana in modo fedele e profetico”. Questo tema ci invita a tornare all’essenza della nostra identità consacrata, centrata su Cristo e sui giovani. Si tratta di un appello a rinnovare il cuore stesso della vocazione salesiana, a ravvivare l’ardore spirituale e apostolico che deve animare ogni Salesiano.

Concretamente, ciò significa approfondire la nostra vita spirituale, dedicarci maggiormente alla preghiera e alla contemplazione, rimanendo fermamente impegnati con i giovani, soprattutto i più poveri e marginalizzati. Il Capitolo ci invita a essere non solo educatori e pastori, ma anche testimoni profetici del Vangelo in un mondo in cambiamento. In altre parole, non basta realizzare opere; è necessario che queste opere riflettano profondamente la nostra passione per Cristo e il nostro impegno verso i giovani.

Il tema mette anche in luce tre grandi priorità per il rinnovamento: la vita spirituale e la formazione, una collaborazione accresciuta con i laici e i membri della Famiglia Salesiana, e infine, una revisione coraggiosa delle strutture di governo della Congregazione per adattarle ai bisogni attuali della missione.

Chi sono i partecipanti?
Il 29° Capitolo Generale riunisce un totale di 226 capitolari e un team di 45 confratelli e collaboratori incaricati della logistica e di altri servizi. Concretamente, si tratta di:

14 membri del Consiglio Generale, compreso il Segretario Generale;
il Procuratore Generale e il Rettore Maggiore Emerito;
2 capitolare della Casa Generale (RMG);
2 dell’Università Pontificia Salesiana (UPS);
22 della Regione Cone Sud;
27 dell’Inter-America;
27 dell’Asia Est Oceania;
29 della Regione Mediterranea;
32 della Regione Africa;
33 dell’Asia Sud;
e, 36 i più numerosi, dell’Europa Centro-Nord.
Questi capitolari arrivano al Capitolo Generale portatori del discernimento e della speranza dei 13.544 Salesiani registrati in occasione di questo importante appuntamento. Durante il CG29, il 93% dell’assemblea sarà costituito da chierici e il 7% da confratelli coadiutori.

Quali sono le sue preoccupazioni?
Mi sento complessivamente sereno, soprattutto dopo tutto il percorso “sinodale” che abbiamo appena attraversato da quel famoso mese di luglio 2023, con una resilienza che ammiro.

Abbiamo lavorato intensamente nelle 92 ispettorie e nelle 7 regioni, così come all’interno del Consiglio Generale. Inoltre, la Commissione Tecnica, la Commissione Giuridica e la Commissione Precapitolare hanno lavorato con un grande senso di sacrificio e una flessibilità ammirevole per preparare questa importante e forse svolta unica. Sono convinto che Dio ci aiuterà ad affrontare le sfide di questo Capitolo che il Rettor Maggiore emerito, card. Àngel Fernández Artime, ha voluto profetico e portatore di rinnovamento.

Detto ciò, le mie “preoccupazioni” si allineano naturalmente a quelle di tutti i miei confratelli, le cui riflessioni sono state sintetizzate nell’Instrumentum Laboris, derivante da 244 documenti ricevuti. Tra le principali, c’è la questione dell’identità carismatica. Molti esprimono la paura che il nostro carisma salesiano perda gradualmente la sua specificità e che rischiamo di diventare simili a qualsiasi organizzazione sociale. Questo potrebbe indebolire l’efficacia della nostra missione, poiché ciò che ci rende unici è proprio la nostra capacità di unire azione sociale e testimonianza spirituale radicata nella fede. È per questo che la prima frase delle Costituzioni, come un credo, ci dice che siamo un’invenzione di Dio per la sua gloria e per la salvezza totale dei suoi figli.

C’è anche la preoccupazione per la crescente secolarizzazione e la decristianizzazione delle nostre società, non solo in Occidente. Questa realtà rende più difficile per noi, Salesiani—e scommetto che sia lo stesso per tutti i consacrati e le confessioni religiose—proclamare e vivere apertamente la fede nella sfera pubblica. Queste sfide richiedono un adattamento della nostra visione e dei nostri metodi pastorali, in particolare nell’accompagnamento dei giovani confratelli e delle nuove generazioni.

Un altro tema importante è quello dell’ecologia integrale e della cultura digitale. Il Capitolo sottolineerà certamente la necessità per noi, come hanno ripetuto i tre ultimi papi dall’inizio di questo millennio, di adattarci al mondo digitale in cui vivono i giovani oggi, integrando una maggiore attenzione all’ambiente, la nostra “casa comune”, in tutti gli aspetti della nostra missione.

Infine, c’è l’urgenza di un rinnovamento nella nostra vita spirituale, fraterna e apostolica. È importante non lasciarci assorbire esclusivamente dalle attività pratiche, ma ritrovare una vitalità spirituale al centro della nostra azione. Questo passa attraverso una preghiera più intensa, una formazione più solida e inculturata, e una migliore collaborazione all’interno della Famiglia Salesiana e con i laici, che sono chiamati a svolgere un ruolo importante nella nostra missione. Questo appello alla collaborazione non è nuovo, ma il contesto del sinodo sulla sinodalità porta un respiro più potente e meglio articolato.

Ci saranno sorprese?
Potrebbero esserci sorprese durante questo 29° Capitolo Generale, a causa dell’ampiezza della sua agenda e del desiderio espresso di prendere “decisioni coraggiose” e adottare una posizione “più profetica”. È in ogni caso ciò che molti di noi sperano.

Tra queste sorprese, uno degli aspetti chiave potrebbe riguardare la revisione delle strutture di governo e di animazione. Il Capitolo potrebbe scegliere di ripensare significativamente il Consiglio Generale, rendendolo più agile e meglio adattato ai bisogni attuali della Congregazione. Ripensare può anche significare mantenere la struttura esistente, ma viverla e gestirla meglio. Questo potrebbe includere anche una rivalutazione dei processi elettorali per garantire che i leader scelti siano il frutto di un processo più collegiale, lineare e trasparente.

Un altro punto potenzialmente significativo riguarda la sinodalità, in particolare in una collaborazione più stretta con i laici. Questo potrebbe tradursi in una governance condivisa più profonda, in linea con l’approccio “con e per i giovani”. Rafforzando questa sinodalità, la missione salesiana potrebbe non solo rinnovare il suo impegno verso i giovani, ma anche diventare veramente profetica incarnando un modello di leadership partecipativa e di corresponsabilità con i laici. Questo sarebbe un segno forte che lo spirito di comunione e collaborazione è al centro del nostro carisma.

Inoltre, come già sottolinea l’Instrumentum Laboris, ci sono forti aspettative affinché questo Capitolo sia un momento di coraggio e profezia. È probabile che il CG29, invece di moltiplicare le esortazioni, decida di focalizzarsi su alcune priorità chiave, in accordo con i segni dei tempi. Tra queste priorità, potrebbe esserci un’attenzione particolare all’attuazione e al rafforzamento del protocollo di protezione dei minori e delle persone vulnerabili, garantendo che ogni opera salesiana sia un luogo sicuro e protetto per tutti. L’educazione alla pace e alla convivenza pacifica potrebbe anche figurare tra i temi centrali, soprattutto nei contesti segnati dalla violenza o dai conflitti.

Infine, le questioni contemporanee come la missione digitale, l’ecologia integrale e la giustizia sociale potrebbero essere oggetto di decisioni audaci, tenendo conto della diversità dei contesti in cui il carisma salesiano deve esprimersi oggi. Focalizzandosi su aree concrete, il Capitolo potrebbe fornire risposte profonde e coerenti alle sfide attuali, rispettando al contempo la ricchezza delle diverse realtà locali.

Così, le decisioni prese potrebbero riflettere questa dinamica sinodale e profetica, centrata su Cristo e sul servizio dei giovani, aprendo la strada a un futuro salesiano rinnovato e fedele al suo impegno evangelico.

In sintesi:

Contesto
Il 29° Capitolo Generale della Congregazione Salesiana si terrà a Valdocco, Torino, tra il 16 febbraio e il 12 marzo 2025 e riunirà 226 capitolari per riflettere sul futuro della missione salesiana.

Ruolo del Regolatore
– coordinamento tecnico: elaborare il calendario, organizzare i lavori e preparare i documenti di base;
– validazione dei partecipanti: verificare l’eleggibilità dei delegati, garantire la loro legittimità e raccogliere i loro contributi;
– preparazione tematica: introdurre i membri della Commissione precapitolare al tema principale del Capitolo per elaborare un documento di lavoro che guiderà i dibattiti;
– garantire che gli scambi riflettano pienamente l’unità e la diversità della Congregazione, favorendo una riflessione collettiva e un discernimento spirituale.

Importanza del Capitolo
– dimensione spirituale: riflettere sulla fedeltà al carisma di Don Bosco, per rinnovare l’ardore missionario;
– dimensione di governance: eleggere i dirigenti per gli anni a venire;
– dimensione adattativa: rispondere alle sfide contemporanee, come il debilitarsi dell’identità carismatica o la crescente secolarizzazione.

Tema
Centrale: “Appassionati di Gesù Cristo, dedicati ai giovani – Vivere la nostra vocazione salesiana in modo fedele e profetico”.
Nuclei tematici:
– vita spirituale e formazione: rafforzare la preghiera, la contemplazione e la formazione spirituale;
– collaborazione con i laici: favorire una leadership condivisa con i membri della Famiglia Salesiana;
– revisione delle strutture di governance: adattare le strutture alle realtà attuali per una missione più efficace.

Sfide e problemi
– identità carismatica: riaffermare la specificità salesiana per evitare di diventare un’organizzazione sociale ordinaria;
– secolarizzazione: adattare i metodi pastorali per una proclamazione efficace della fede;
– digitale ed ecologia: integrare le questioni digitali e ambientali nella missione;
– rinnovamento spirituale e collaborazione: intensificare la preghiera e rafforzare la cooperazione con i laici e i giovani.




In memoriam. Cardinale Angelo Amato, sdb

La Chiesa universale e la Famiglia Salesiana hanno salutato per l’ultima volta, il 31 dicembre 2024, il Cardinale Angelo Amato, S.D.B., Prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi. Nato a Molfetta (in provincia di Bari, Italia) l’8 giugno 1938, egli ha servito a lungo la Santa Sede ed è stato un punto di riferimento per la teologia, la ricerca accademica e la promozione della santità nella Chiesa. Le esequie, presiedute il 2 gennaio 2025 dal Cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio, si sono tenute all’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro. Al termine, il Santo Padre Francesco ha presieduto il rito dell’”Ultima Commendatio” e della “Valedictio”, rendendo il proprio omaggio a questo illustre figlio di san Giovanni Bosco.
Di seguito un profilo biografico che ne ripercorre la vita, le tappe più significative della sua formazione, le esperienze accademiche e pastorali, fino alla sua missione di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Le origini e la scelta salesiana
Angelo Amato nacque a Molfetta l’8 giugno 1938, primo di quattro figli di una famiglia di costruttori navali. Cresciuto in un ambiente che ne favorì lo spirito di impegno e responsabilità, compì i primi studi presso le scuole elementari dirette dalle suore alcantarine e dalle suore salesiane dei Sacri Cuori, a Molfetta. Successivamente, proseguì con la scuola media e, intravvedendo un possibile futuro nella carriera marittima, si iscrisse all’Istituto nautico di Bari, nella sezione dei capitani di lungo corso. Fu proprio durante il terzo anno di studi, nell’ottobre del 1953, che maturò la decisione di intraprendere la via del sacerdozio: lasciò l’Istituto nautico e fece ingresso nell’aspirantato salesiano di Torre Annunziata.
La sua vocazione religiosa, dunque, si inserì fin dall’inizio nella Famiglia Salesiana. Dopo un periodo di prova, effettuò il noviziato a Portici Bellavista dal 1955 al 1956. Il 16 agosto 1956, giorno che la tradizione salesiana riserva alla prima professione dei novizi, emise i voti religiosi diventando salesiano di Don Bosco. Da quel momento, la sua vita sarebbe stata profondamente legata al carisma salesiano, con particolare attenzione ai giovani e all’educazione.
Terminato il noviziato, Angelo Amato frequentò lo studentato filosofico di San Gregorio di Catania, dove ottenne il diploma liceale classico (nel 1959) e, a seguire, la licenza in Filosofia presso l’allora Pontificio Ateneo Salesiano di Roma (oggi Università Pontificia Salesiana). Nel 1962 emise la professione perpetua, consolidando definitivamente la sua appartenenza alla Congregazione salesiana. In quegli stessi anni svolse il tirocinio pratico al collegio salesiano di Cisternino (Brindisi), insegnando lettere nella scuola media: un’esperienza che lo mise fin da subito a contatto con l’apostolato giovanile e l’insegnamento, due dimensioni che segneranno tutta la sua missione.

L’ordinazione sacerdotale e gli studi teologici
La tappa successiva del percorso di Angelo Amato fu lo studio della Teologia nella Facoltà teologica dell’Università Salesiana, sempre a Roma, dove conseguì la licenza in Teologia. Ordinato sacerdote il 22 dicembre 1967, decise di specializzarsi ulteriormente e si iscrisse alla Pontificia Università Gregoriana. Nel 1974 vi ottenne il dottorato in Teologia, entrando così a far parte del corpo docente universitario. L’ambito teologico lo affascinava profondamente, e ciò si sarebbe riflesso nella grande mole di pubblicazioni e saggi di cui fu autore nel corso della sua carriera accademica.

L’esperienza in Grecia e la ricerca sul mondo ortodosso
Una fase determinante nella formazione di padre Angelo Amato fu il soggiorno in Grecia, a partire dal 1977, promosso dall’allora Segretariato per l’Unità dei Cristiani (oggi Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani). Inizialmente trascorse quattro mesi nella residenza ateniese dei gesuiti, dove si dedicò allo studio del greco moderno, sia scritto sia parlato, in vista dell’iscrizione all’Università di Salonicco. Ammesso ai corsi, ottenne una borsa di studio dal Patriarcato di Costantinopoli, grazie alla quale poté soggiornare al Monì Vlatadon (Vlatadon Monastery), sede di un istituto di studi patristici (Idrima ton Paterikon Meleton) e di una ricchissima biblioteca specializzata in teologia ortodossa, arricchita dai microfilm dei manoscritti del Monte Athos.
Presso l’Università di Salonicco seguì corsi di storia dei dogmi con il professore Jannis Kaloghirou e di dogmatica sistematica con Jannis Romanidis. Parallelamente, portò avanti un importante studio sul sacramento della penitenza nella teologia greco ortodossa dal XVI al XX secolo: la ricerca, sostenuta dal noto patrologo greco Konstantinos Christou, fu pubblicata nel 1982 nella collana «Análekta Vlatádon». Questo periodo di scambio ecumenico e di conoscenza approfondita del mondo cristiano orientale arricchì notevolmente la formazione di Amato, rendendolo un esperto di teologia ortodossa e delle dinamiche di dialogo tra Oriente e Occidente.

Il ritorno a Roma e l’impegno accademico all’Università Pontificia Salesiana
Rientrato a Roma, Angelo Amato assunse l’incarico di professore di Cristologia nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Salesiana. Le sue doti di studioso e la sua chiarezza espositiva non passarono inosservate: fu nominato Decano della stessa Facoltà di Teologia per due mandati (1981-1987 e 1994-1999). Inoltre, tra il 1997 e il 2000 ricoprì il ruolo di Vice-Rettore dell’Università.
In quegli anni egli maturò ulteriore esperienza all’estero: nel 1988 fu inviato a Washington per approfondire la teologia delle religioni e per completare il suo manuale di cristologia. Parallelamente al lavoro accademico, ebbe ruoli di consulenza per diversi organismi della Santa Sede: fu consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e dei Pontifici Consigli per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e per il Dialogo Interreligioso. Svolse anche l’incarico di consigliere presso la Pontificia Accademia Mariana Internazionale, sottolineando il suo interesse per la mariologia, tipico della spiritualità salesiana incentrata su Maria Ausiliatrice.
Nel 1999 venne nominato prelato segretario della ristrutturata Pontificia Accademia di Teologia e direttore della neonata rivista teologica «Path». Inoltre, tra il 1996 e il 2000, fece parte della commissione teologico-storica del Grande Giubileo dell’Anno 2000, dando così un apporto significativo all’organizzazione delle celebrazioni giubilari.

Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede e l’episcopato
Il 19 dicembre 2002 arrivò una nomina di grande rilievo: Papa Giovanni Paolo II lo designò Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, elevandolo contestualmente alla dignità arcivescovile e assegnandolo alla sede titolare di Sila, con il titolo personale di Arcivescovo. Ricevette l’ordinazione episcopale il 6 gennaio 2003, nella Basilica Vaticana, dalle mani dello stesso Giovanni Paolo II (oggi San Giovanni Paolo II).
In questo ruolo, Monsignor Angelo Amato collaborò con il Prefetto dell’epoca, il Cardinale Joseph Ratzinger (futuro Benedetto XVI). Compito del Dicastero fu, ed è, quello di promuovere e tutelare la dottrina cattolica in tutto il mondo. Durante il suo mandato, il neo-Arcivescovo continuò ad avere un approccio accademico, coniugando le sue competenze specialistiche in teologia con il servizio ecclesiale rivolto all’ortodossia della fede.

Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e la porpora cardinalizia
Un ulteriore passo in avanti nella carriera ecclesiastica giunse il 9 luglio 2008: Papa Benedetto XVI lo nominò Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in sostituzione del Cardinale José Saraiva Martins. In questo dicastero, Monsignor Amato fu responsabile di seguire l’iter di beatificazione e canonizzazione dei Servi di Dio, il discernimento sulle virtù eroiche, i miracoli e la testimonianza di quanti, nel corso della storia, sono divenuti santi e beati della Chiesa Cattolica.
Nel Concistoro del 20 novembre 2010, Benedetto XVI lo creò Cardinale, assegnandogli la Diaconia di Santa Maria in Aquiro. Il nuovo porporato poté così prendere parte al conclave del marzo 2013, che vide l’elezione di Papa Francesco. Durante il pontificato di quest’ultimo, il Cardinale Amato fu confermato “donec aliter provideatur” come Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi (19 dicembre 2013), proseguendo la propria attività sino al 31 agosto 2018, quando rassegnò le dimissioni per raggiunti limiti di età, lasciando un’impronta duratura grazie al numero di beatificazioni e canonizzazioni esaminate in quegli anni.

L’impegno per la Chiesa locale: l’esempio di don Tonino Bello
Una particolare testimonianza del legame del Cardinale Amato con la sua terra d’origine si ebbe nel novembre 2013, quando egli si recò nella Cattedrale di Molfetta per la chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di don Tonino Bello (1935-1993). Quest’ultimo, Vescovo di Molfetta dal 1982 al 1986, fu figura amatissima per il suo impegno a favore della pace e dei poveri. In quell’occasione, il Cardinale Amato mise in risalto come la santità non sia appannaggio di pochi eletti, bensì una vocazione universale: tutti i credenti, ispirati dalla persona e dal messaggio di Cristo, sono chiamati a vivere profondamente la fede, la speranza e la carità.

Ultimi anni e la morte
Dopo aver lasciato la guida della Congregazione delle Cause dei Santi, il Cardinale Angelo Amato continuò a offrire il proprio servizio alla Chiesa, partecipando ad eventi, cerimonie e rendendo disponibile la sua profonda conoscenza teologica. Il suo impegno fu sempre contrassegnato da un tratto umano di grande finezza, da un evidente rispetto per l’interlocutore e da un’umiltà che spesso colpiva chiunque lo incontrasse.
Il 3 maggio 2021, la sua diaconia di Santa Maria in Aquiro venne elevata pro hac vice a titolo presbiteriale, onorando ulteriormente la sua lunga e fedele dedizione al ministero ecclesiale.
La morte del porporato, sopraggiunta il 31 dicembre 2024 a 86 anni, ha lasciato un vuoto nella Famiglia Salesiana e nel Collegio Cardinalizio, ora costituito da 252 cardinali, di cui 139 elettori e 113 non elettori. L’annuncio della sua scomparsa ha suscitato reazioni di cordoglio e di riconoscenza in tutto il mondo ecclesiale: l’Università Pontificia Salesiana, in particolare, ne ha ricordato i lunghi anni di insegnamento come docente di Cristologia, il suo duplice mandato di Decano della Facoltà di Teologia, nonché il periodo in cui rivestì la carica di Vice-Rettore dell’ateneo.

Un’eredità di fedeltà e ricerca della santità
Guardando alla figura del Cardinale Angelo Amato, non si possono non cogliere alcuni tratti che ne hanno caratterizzato il ministero e la testimonianza. Anzitutto, il suo profilo di religioso salesiano: la fedeltà ai voti, il profondo legame con il carisma di san Giovanni Bosco, l’attenzione ai giovani, alla formazione intellettuale e spirituale, rappresentano una linea guida costante nella sua vita. In secondo luogo, la vasta produzione teologica, in particolare in ambito cristologico e mariologico, e il suo contributo al dialogo con il mondo ortodosso, di cui fu studioso appassionato.
Indubbiamente, il servizio alla Santa Sede come Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e cardinale, sottolinea l’importanza del suo ruolo nella promozione e nella tutela della dottrina cattolica, nonché nella valorizzazione dei testimoni di santità. Il Cardinale Amato fu testimone privilegiato della ricchezza spirituale che la Chiesa universale ha espresso lungo i secoli, e fu parte attiva nel riconoscimento di figure che rappresentano un faro per il popolo di Dio.
Inoltre, la partecipazione a un conclave (quello del 2013), la sua vicinanza a grandi Papi come Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, e la sua collaborazione con numerosi dicasteri testimoniano un servizio a trecentosessanta gradi, in cui si fondono la dimensione accademica e l’esercizio pastorale di governo nella Chiesa.
La morte del Cardinale Angelo Amato lascia un’eredità di dottrina, di sensibilità ecumenica e di amore per la Chiesa. La diocesi di Molfetta, che già aveva potuto sperimentare la sua partecipazione al processo di beatificazione di don Tonino Bello, lo ricorda come uomo di fede e pastore instancabile, capace di unire le esigenze della disciplina teologica a quelle della carità pastorale. La Famiglia Salesiana, in particolare, coglie in lui il frutto di un carisma ben vissuto, intriso di quella “carità educativa” che da Don Bosco in poi accompagna il percorso di tanti consacrati e sacerdoti nel mondo, sempre a servizio dei più giovani e dei più bisognosi.
Oggi, la Chiesa lo affida alla misericordia del Signore, nella certezza che, come lo stesso Pontefice ha affermato, il Cardinale Amato, “servo buono e vigilante”, possa contemplare il volto di Dio nella gloria dei santi che egli stesso ha contribuito a riconoscere. La sua testimonianza, resa concreta da una vita donata e da una profonda preparazione teologica, resta come segno e incoraggiamento per tutti coloro che desiderano servire la Chiesa con fedeltà, mitezza e dedizione, fino al termine del loro pellegrinaggio terreno.
In questo modo, il messaggio di speranza e di santità che ha animato ogni sua azione trova compimento: chi semina nel solco dell’obbedienza, della verità e della carità, raccoglie un frutto che diviene bene comune, ispirazione e luce per le generazioni future. Ed è questa, in definitiva, l’eredità più bella che il Cardinale Angelo Amato lascia alla sua famiglia religiosa, alla diocesi di Molfetta e all’intera Chiesa.

E non possiamo trascurare l’eredità scritturistica che il Cardinale Angelo Amato ci ha lasciato. Presentiamo a continuazione un elenco, sicuramente non completo delle sue pubblicazioni.


























































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































Anno



Titolo



Info



1



1974



I
pronunciamenti tridentini sulla necessità della confessione
sacramentale nei canoni 6-9 della sessione XIV (25 novembre 1551)



Saggio
di ermeneutica conciliare



2



1975



Problemi
attuali di cristologia



Conferenze
della facoltà teologica Salesiana 1974-1975



3



1976



La
Chiesa locale: prospettive teologiche e pastorali



Conferenze
della Facoltà teologica salesiana 1975-1976



4



1977



Cristologia
metaecclesiale?



Considerazioni
sulla cristologia “metadogmatica” di E. Schillebeeckx



5



1977



Il
Gesù storico



Problemi
e interpretazioni



6



1977



Temi
teologico-pastorali







7



1978



Annuncio
cristiano e cultura contemporanea







8



1978



Studi
di cristologia patristica attuale



A
proposito di due recenti pubblicazioni di Alois Grillmeier



9



1979



Il
sacramento della penitenza nelle “Risposte” del
patriarca Geremia II ai teologi luterani di Tübingen
(1576,1579,1581)







10



1980



Annunciare
Cristo ai giovani



(coautore)



11



1980



Il
Cristo biblico-ecclesiale



Proposta
di una sintesi criteriologica sui contenuti essenziali
dell’annuncio cristologico contemporaneo



12



1980



Il
Cristo biblico-ecclesiale latinoamericano



Il
modulo cristologico “religioso-popolare” di Puebla



13



1980



La
figura di Gesù Cristo nella cultura contemporanea



Il
Cristo nel conflitto delle interpretazioni



14



1980



Selezione
orientativa sulle pubblicazioni cristologiche in Italia







15



1980



L’enciclica
del dialogo rivisitata



A
proposito del Colloquio internazionale di studio sull’”Ecclesiam
suam
” di
Paolo VI (Roma, 24-26 ottobre 1980)



16



1981



Il
Salvatore e la Vergine-Madre: la maternità salvifica di
Maria e le cristologie contemporanee



Atti
del 3º Simposio mariologico internazionale (Roma, ottobre
1980)



17



1981



La
risurrezione di Gesù nella teologia contemporanea







18



1981



Mariologia
in contesto



Un
esempio de teologia inculturata: “Il volto meticcio di Maria
di Guadalupe” (Puebla n.446)



19



1982



Il
sacramento della penitenza nella teologia greco-ortodossa



Studi
storico-dogmatici, sec. XVI-XX



20



1983



Inculturazione-Contestualizzazione:
teologia in contesto



Elementi
di bibliografia scelta



21



1983



La
dimension “thérapeutique” du sacrement de la
pénitence dans la théologie et la praxis de l’Église
gréco-orthodoxe







22



1984



Come
conoscere oggi Maria







23



1984



Inculturazione
e formazione salesiana



Dossier
dell’incontro di Roma, 12-17 settembre 1983 (coautore)



24



1984



Maria
e lo Spirito Santo



Atti
del 4º Simposio Mariologico Internazionale (Roma, ottobre,
1982)



25



1985



Come
collaborare al progetto di Dio con Maria



Princìpi
e proposte



26



1987



La
Madre della misericordia







27



1988



Gesù
il Signore



Saggio
di cristologia



28



1989



Essere
donna



Studi
sulla lettera apostolica “Mulieris
dignitatem

di Giovanni Paolo II (coautore)



29



1990



Cristologia
e religioni non cristiane



Problematica
e attualità: considerazioni introduttive



30



1991



Come
pregare con Maria







31



1991



Studio
dei Padri e teologia dogmatica



Riflessioni
a partire dall’Istruzione della Congregazione per
l’educazione cattolica del 10 novembre 1989 (=IPC)



32



1991



Verbi
revelati ‘accommodata praedicatio’ lex omnis
evangelizationis”

(GS n.44)



Riflessioni
storico-teologiche sull’inculturazione



33



1992



Angeli
e demoni Il dramma
della storia tra il bene e il male







34



1992



Dio
Padre – Dio Madre



Riflessioni
preliminari



35



1992



Il
mistero di Maria e la morale cristiana







36



1992



Il
posto di Maria nella “Nuova evangelizzazione”







37



1993



Cristologia
della Secunda
Clementis



Considerazioni
iniziali



38



1993



Lettera
cristologica dei primi concili ecumenici







39



1994



Trinità
in contesto







40



1996



Maria
presso la Croce, volto misericordioso di Dio per il nostro tempo



Convegno
mariano delle Serve di Maria Riparatrici, Rovigo, 12-15 settembre
1995



41



1996



Tertio
millennio adveniente
:
Lettera apostolica di Giovanni Paolo II



Testo
e commento teologico pastorale



42



1996



Vita
consecrata
. Una
prima lettura teologica







43



1997



Alla
ricerca del volto di Cristo: … ma voi chi dite che io sia?



Atti
della XXVII Settimana teologica diocesana, Figline Valdarno, 2-5
settembre 1997



44



1997



Gesù
Cristo verità di Dio e ricerca dell’uomo



Cristologia



45



1997



La
catechesi al traguardo. Studi sul Catechismo della Chiesa
cattolica



(coautore)



46



1997



Super
fundamentum Apostolorum



Studi
in onore di S. Em. il cardinale A.M. Javierre Ortas (coautore)



47



1998



El
Evangelio del Padre







48



1998



Gesù
Cristo morto e risorto per noi consegna lo Spirito



Meditazioni
teologiche sul mistero pasquale (coautore)



49



1998



Il
Vangelo del Padre







50



1998



Una
lettura cristologica della “Secunda
Clementis



Esistenza
di influssi paolini?



51



1999



Evangelización,
catequesis, catequistas



Una
nueva etapa para la Iglesia del tercer milenio



52



1999



La
Vergine Maria dal Rinascimento a oggi







53



1999



Missione
della Chiesa e Chiesa in missione]. Gesù Cristo, Verbo del
Padre



Ambito
II



54



1999



La
Chiesa santa, madre di figli peccatori



Approccio
ecclesiologico ed implicanze pastorali



55



2000



Dominus
Iesus
: l’unicità
e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e
della Chiesa



Dichiarazione



56



2000



Gesù
Cristo e l’unicità della mediazione



(coautore)



57



2000



Gesù
Cristo, speranza del mondo



Miscellanea
in onore di Marcello Bordoni



58



2000



La
Vierge dans la catéchèse, hier et aujourd’hui



Communications
présentées à la 55e Session de la Société
française d’études mariales, Sanctuaire
Notre-Dame-de-la-Salette, 1999 (coautore)



59



2000



Maria
e la Trinità



Spiritualità
mariana ed esistenza cristiana



60



2000



Maria
nella catechesi ieri e oggi



Un
sintetico sguardo storico



61



2001



Crescere
nella grazia e nella conoscenza di Gesù







62



2002



Dichiarazione
Dominus
Iesus
” (6
agosto 2000)



Studi
(coautore)



63



2003



Maria
Madre della speranza



Per
una inculturazione della speranza e della misericordia. [Parte
componente di monografia]



64



2005



La
Madre del Dio vivo a servizio della vita



Atti
del 12. Colloquio internazionale di mariologia, Santuario del
Colle, Lenola (Latina), 30 Maggio – 1° giugno 2002 (coautore)



65



2005



Lo
sguardo di Maria sul mondo contemporaneo



Atti
del XVII Colloquio internazionale di mariologia, Rovigo, 10-12
settembre 2004



66



2005



Maria,
sintesi di valori



Storia
culturale della mariologia (coautore)



67



2007



Sui
sentieri di Clotilde Micheli fondatrice delle Suore degli Angeli
adoratrici della SS. Trinità



Spiritualità
e promozione umana (coautore)



68



2007



San
Francesco Antonio Fasani apostolo francescano e culture
dell’Immacolata







69



2007



Il
vescovo maestro della fede



Sfide
contemporanee al magistero della verità



70



2008



Gesù,
identità del cristianesimo Conoscenza
ed esperienza







71



2008



La
Dominus Iesus
e le religioni







72



2009



Catholicism
and secularism in contemporary Europe







73



2009



Futuro
presente Contributi
sull’enciclica “Spe salvi” di Benedetto XVI



(coautore)



74



2009



La
santità dei papi e di Benedetto XIII







75



2009



Maria
di Nazaret. Discepola e testimone della parola







76



2009



Reflexiones
sobre la cristología contemporánea







77



2010



I
santi nella Chiesa







78



2010



Il
celibato di Cristo nelle trattazioni cristologiche contemporanee



Rassegna
critico-sistematico



79



2010



Il
celibato di Gesù







80



2010



Il
santo di Dio. Cristologia e santità







81



2011



Dialogo
interreligioso Significato
e valore







82



2011



I
santi si specchiano in Cristo







83



2011



Istruzione
Sanctorum
mater



Presentazione



84



2011



Le
cause dei santi



Sussidio
per lo “Studium



85



2011



Maria
la Theotokos.
Conoscenza ed esperienza







86



2012



I
santi testimoni della fede







87



2012



Santa
Ildegarda di Bingen







88



2012



Santi
e beati. Come
procede la Chiesa







89



2012



Testi
mariani del secondo millennio



(coautore)



90



2013



I
santi evangelizzano



Contributo
nel Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2012, che documenta
l’indispensabile natura evangelizzatrice dei Santi, che
grazie alla loro esemplare condotta cristiana, nutrita di fede,
speranza e carità, diventano così dei punti di
riferimento per la Chiesa Cattolica e per i fedeli di tutto il
mondo e tutte le culture, orientandoli verso una vita di santità.
Il volume è diviso in due parti: nella prima si trovano le
riflessioni dottrinali sul concetto di Santità e sulle
cause dei Santi, la seconda parte raccoglie invece omelie, lettere
e relazioni, tenute nell’arco del 2012, che descrivono la
vita e l’operato di Santi, Beati, Venerabili e Servi di Dio



91



2013



Il
Paradiso: di che si tratta?







92



2014



Accanto
a Giovanni Paolo II



Gli
amici e i collaboratori raccontano (coautore)



93



2014



I
santi profeti di speranza







94



2014



La
Santissima Eucaristia nella fede e nel diritto della Chiesa



(coautore)



95



2014



San
Pietro Favre







96



2014



Sant’Angela
da Foligno







97



2015



I
santi: apostoli di Cristo risorto







98



2015



Gregorio
di Narek. Dottore della Chiesa







99



2015



Beato
Oscar Romero







100



2015



Santa
Maria dell’incarnazione







101



2015



San
Joseph Vaz







102



2015



I
Santi apostoli di Cristo risorto







103



2016



I
santi: messaggeri di misericordia







104



2016



Misericordiosi
come il Padre



Esperienze
di misericordia nel vissuto di santità



105



2017



I
santi, ministri della carità



Contiene
considerazioni sulla carità e una galleria di uomini e
donne (santi, beati, venerabili e servi di Dio) esemplari per
l’esercizio eroico di questa energia divina che è la
carità



106



2017



Il
messaggio di Fatima tra carisma e profezia



Atti
del Forum Internazionale di Mariologia (Roma 7-9 maggio 2015)



107



2018



I
santi e la Madre di Dio







108



2019



Perseguitati
per la fede



Le
vittime del nazionalsocialismo in Europa centro-orientale



109



2019



Sufficit
gratia mea



Miscellanea
di studi offerti a Sua Em. il Card. Angelo Amato in occasione del
suo 80º genetliaco



110



2019



Un’inedita
Sicilia. Eventi e personaggi da riscoprire







111



2020



Il
segreto di Tiffany Grant







112



2021



Iesus
Christus heri et hodie, ipse et in saecula



Raccolta
di contributi promossa dalla Pontificia Università
Salesiana per il Card. Angelo Amato, in occasione del suo 80º
genetliaco



113



2021



Dici
l’anticu… La cultura popolare nel paese del Gattopardo.
Proverbi di Palma di Montechiaro







114



2023



Una
Sicilia ancora da scoprire. Eventi e personaggi inediti











Progetto Missionario Basilicata – Calabria

All’interno del “Progetto Europa”, l’Italia Meridionale ha lanciato un nuovo progetto missionario nelle regioni della Calabria e della Basilicata accogliendo i primi missionari “ad gentes”, segno di generosità missionaria e opportunità di crescita nell’apertura mondiale del carisma di Don Bosco.

Europa come terra di missione: in una nuova prospettiva missiologica salesiana le missioni assumono sempre meno una connotazione geografica, come movimento verso “le terre di missione”, oggi i missionari provengono dai cinque continenti e sono inviati ai cinque continenti. Questo movimento missionario multidirezionale avviene già in molte diocesi e congregazioni. Con il “Progetto Europa” salesiani si sono messi a confronto con questo cambio di paradigma missionario, per il quale è necessario un cammino di conversione della mente e del cuore. Il “Progetto Europa”, nell’idea di don Pascual Chávez, è un atto di coraggio apostolico e un’opportunità di rinascita carismatica nel continente europeo da inserire nel più ampio contesto della nuova evangelizzazione. L’obiettivo è quello di impegnare tutta la congregazione salesiana nel rafforzamento del carisma salesiano in Europa, soprattutto mediante un profondo rinnovamento spirituale e pastorale dei confratelli e delle comunità, al fine di continuare il progetto di Don Bosco a favore dei giovani, specialmente i più poveri.

Le ispettorie salesiane coinvolte sono chiamate a ripensare le proprie presenze salesiane per un’evangelizzazione più efficace e rispondente al contesto odierno. Tra di esse, l’ispettoria dell’Italia meridionale ha elaborato un nuovo progetto missionario che coinvolge le regioni della Basilicata e della Campania.
Partendo da un’analisi del territorio, si può constatare come il Sud Italia sia caratterizzato da una presenza abbastanza consistente di giovani, con una denatalità minore rispetto ad altre regioni italiane, e come l’emigrazione sia un fenomeno molto presente che fa sì che tanti giovani vadano via per studiare o lavorare altrove. Le tradizioni religiose e familiari, che hanno da sempre costituito un riferimento identitario importante per la comunità, sono meno rilevanti che in passato e molti giovani vivono la fede come distante dalla propria vita, pur non mostrandosi totalmente contrari ad essa. I Salesiani sperimentano una buona adesione alle esperienze spirituali giovanili ma, allo stesso tempo, una scarsa ricettività a cammini sistematici e a proposte di vita definitive.
Altre problematiche che toccano il mondo giovanile sono l’analfabetismo emotivo e affettivo, le crisi relazionali delle famiglie, la dispersione scolastica e la disoccupazione. Tutto ciò alimenta fenomeni di povertà diffusa e la crescita di organizzazioni criminali che trovano un terreno fertile per coinvolgere e deviare i giovani.
In questo contesto, molti giovani esprimono un forte desiderio nell’impegno sociale, in modo particolare in ambiti politici ed ecologici e nel mondo del volontariato. 

L’ispettoria salesiana negli ultimi anni ha riflettuto su come agire per essere rilevante nel territorio e ha compiuto diverse scelte importanti, tra cui lo sviluppo delle opere e dei progetti per i giovani più poveri come le case-famiglia e i centri diurni che manifestano direttamente e chiaramente la scelta a favore dei giovani a rischio. La cura integrale dei giovani deve puntar ad una formazione non solo teorica affinché il giovane possa scoprire o prendere consapevolezza delle proprie capacità. Inoltre, è richiesta una prassi missionaria più coraggiosa per realizzare percorsi di educazione alla fede che aiuti i giovani a realizzare il compimento della propria vocazione cristiana.
Tutto ciò da realizzare con il coinvolgimento attivo di tutti: consacrati, laici, giovani, famiglie, membri della famiglia salesiana… in uno stile pienamente sinodale che promuova la corresponsabilità e la partecipazione.

La Basilicata e la Calabria sono state scelte come aree carismaticamente significative e bisognose di irrobustimento e di nuovo slancio educativo-pastorale, territori su cui scommettere aprendo nuove frontiere pastorali e ridimensionando alcune già presenti. Le presenze salesiane sono sei: Potenza, Bova Marina, Corigliano Rossano, Locri, Soverato e Vibo Valentia. Quali sono i salesiani richiesti per questo progetto missionario? Salesiani disposti a lavorare in contesti poveri, popolari e popolosi, con difficoltà economiche e a volte di mancanza di stimoli culturali e attenti in particolare al primo annuncio. Salesiani che siano ben preparati, a livello spirituale, salesiano, culturale e carismatico. È necessario aver ben presente la ragione per cui questo progetto è stato elaborato, ovvero prendersi cura della Basilicata e della Calabria, due regioni povere e con poche proposte pastorali sistematiche a favore dei giovani più bisognosi, in cui il primo annuncio diventa sempre più un’esigenza anche in contesti di tradizione cattolica. Il lavoro educativo-pastorale dei salesiani cerca di dare speranza a tanti giovani che spesso sono costretti a lasciare le proprie case spostarsi verso nord cercando una vita migliore. Il contrasto di questa realtà con offerte pastorali e formative lungimiranti, in particolare la formazione professionale, l’attenzione al disagio giovanile, il lavoro con le istituzioni per trovare risposta diventa sempre più urgente. Oltre ai salesiani consacrati, questo territorio è arricchito dalla bella presenza di laici e membri della Famiglia Salesiana e la chiesa locale, come anche la realtà sociale, nutre un grande rispetto e considerazione verso i figli di Don Bosco.

L’accoglienza di nuovi missionari ad gentes è una benedizione e una sfida che si inserisce in questo progetto pastorale. L’ispettoria Italia Meridionale (IME) quest’anno ha ricevuto quattro missionari, inviati nella 155ª spedizione missionaria salesiana. Tra loro, due sono diventati membri della nuova delegazione ispettoriale AKM (Albania, Kosovo, Montenegro), gli altri due sono stati invece destinati al Sud Italia e prenderanno parte al nuovo progetto missionario dell’IME per la Basilicata e la Campania: Henri Mufele Ngankwini e Guy Roger Mutombo, dalla Repubblica Democratica del Congo (Ispettoria ACC).
Per accompagnare al meglio i missionari che arrivano, l’Ispettoria IME si impegna affinché essi si sentano a casa e abbiano un graduale inserimento nella nuova realtà comunitaria e sociale. I missionari sono gradualmente inseriti nella storia e nella cultura del luogo che diventerà per loro casa e, sin dai primi giorni, frequentano corsi di lingua e cultura italiana, per una durata di almeno due anni, che li aiuterà per una piena inculturazione. Parallelamente, vengono introdotti nei processi formativi e compiono i primi passi nell’azione educativo-pastorale ispettoriale con i giovani e i ragazzi. Una dimensione fondamentale è l’attenzione al cammino spirituale personale: ad ogni missionario vengono garantiti adeguati momenti di preghiera personale e comunitaria, l’accompagnamento e la guida spirituale, la confessione, possibilmente in una lingua da essi compresa, e tempi di aggiornamento e formazione. In una fase successiva, al missionario viene garantita la formazione continua per un inserimento ancor più pieno nelle dinamiche ispettoriali, mantenendo alcune attenzioni specifiche. L’esperienza missionaria verrà valutata periodicamente per individuare punti di forza, fragilità ed eventuali correttivi, in uno spirito fraterno.

Come ci ricorda don Alfred Maravilla, Consigliere Generale per le Missioni, “essere missionari in un’Europa secolarizzata pone notevoli sfide interne ed esterne. La buona volontà non basta.” “Guardando indietro con gli occhi della fede ci rendiamo conto che attraverso il lancio del ‘Progetto Europa’ lo Spirito stava preparando la Società Salesiana ad affrontare la nuova realtà dell’Europa, in modo da poter essere più consapevoli delle nostre risorse e come pure delle sfide, e con speranza per rilanciare il carisma salesiano nel Continente.” 
Preghiamo affinché nelle regioni della Basilicata e della Calabria la presenza salesiana sia ispirata dallo Spirito per il bene dei giovani più bisognosi.

Marco Fulgaro




Il Cardinale Angelo Amato S.D.B.: un fine teologo tra occidente e oriente

Il cardinale Tarcisio Bertone, SDB, ha avuto modo di conoscere molto bene il compianto cardinale Angelo Amato, SDB. Entrambi, infatti, condividevano la vocazione salesiana e avevano collaborato come docenti presso la Pontificia Università Salesiana. Successivamente, don Angelo Amato è subentrato a mons. Bertone come Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, incarico che ha ricoperto dal 2002 al 2008.
Sua Eminenza il cardinale Bertone desidera offrire una sua personale testimonianza sul cardinale Amato, che presentiamo di seguito.

            Il Card. Angelo Amato e stato uno dei Salesiani più intelligenti e versati nelle scienze umane ed ecclesiastiche. La sua capacita di recepire e congiungere Filosofia e Teologia si è manifestata soprattutto negli anni del suo apprendimento all’Ateneo Salesiano, facendo parte di un gruppo di eccezionali studenti che hanno dato prestigio all’Università Salesiana e si sono poi distinti non solo nell’insegnamento ma anche nel servizio alla Santa Sede presso i Dicasteri della Curia Romana.
            Io ricordo in particolare la sua eccezionale valentia, nello studio della Cristologia e della Mariologia; i suoi scritti erano assai raffinati ed era ricercato come predicatore degli Esercizi spirituali soprattutto alle persone consacrate, senza dimenticare l’acutezza dei suoi pareri nella promozione del Dialogo Ecumenico e Interreligioso. Infatti è stato particolarmente apprezzato dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, Cardinale Joseph Ratzinger, (diventato poi Papa Benedetto XVI) e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani.  Per questa ragione è stato mandato in Grecia a studiare la Teologia dei Padri Orientali, ha appreso il greco antico e il greco moderno e ha pubblicato persino uno studio stimatissimo all’Università greca di Salonicco sulla concezione e sulla pratica del sacramento della Penitenza presso i Padri Orientali. In quel periodo ha appreso l’arte e la spiritualità della “scrittura” delle icone che ha continuato a praticare fino alla fine della vita. A Roma ha svolto in prevalentemente l’insegnamento presso l’Università Pontificia Salesiana diventando Decano della Facoltà di Teologia e, in qualità di esperto di Cristologia e di Mariologia, è stato nominato Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e successivamente anche Segretario della medesima.
            È interessante il contributo che Don Angelo Amato ha dato in collaborazione con il Cardinale Joseph Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede per la redazione della famosa dichiarazione dogmatica “Dominus Jesus” del 1° settembre del 2000, una dichiarazione voluta da Papa Giovanni Paolo II e redatta dal Cardinale Ratzinger con la collaborazione fine e intelligente di Don Angelo Amato. Il Cardinale Ratzinger lo ha valorizzato successivamente per i documenti e le riflessioni svolte da quel Dicastero dottrinale della Curia Romana. Poi, quando il Segretario Mons. Tarcisio Bertone è stato nominato Arcivescovo di Genova, si è cercato un successore.  Io ricordo benissimo le consultazioni del Cardinale Ratzinger e i dialoghi con Sua Santità Giovanni Paolo II. Tra i candidati alla successione spiccava il nome di Don Angelo Amato, ma in un colloquio del Cardinale Ratzinger e del sottoscritto con Papa Giovanni Paolo II, io feci presente una peculiarità che mi sembrava creare qualche difficoltà, cioè il fatto che un salesiano succedesse in questo importante incarico ad un altro salesiano. Papa Giovanni Paolo II rivolgendosi al Cardinale Ratzinger domandò; “Ma questo fa problema al Cardinale Ratzinger? Piace al Cardinale Ratzinger di nominare un altro Salesiano all’incarico di Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede”? Il Cardinale Ratzinger rispose: “Io preferirei Don Angelo Amato perché mi sono trovato molto bene a lavorare con Lui qui al Dicastero e siamo in perfetta sintonia”. Giovanni Paolo II rispose: “Allora nominiamo Don Angelo Amato nuovo Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede” e così avvenne il 19 dicembre 2002.
            Ha svolto tanta attività nella redazione dei documenti che hanno caratterizzato il magistero di questo dicastero della curia romana presieduto dal Cardinale Ratzinger e, successivamente, il Papa Giovanni Paolo II decise di crearlo Cardinale e nominarlo Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. In tale incarico svolse un’intensa attività di promozione della santità nella Chiesa, della santità nella Vita Consacrata, Laicale, Sacerdotale, e pubblicò tra i suoi volumi una serie di biografie di Beati e di Santi che fecero conoscere e moltiplicarono l’attrazione della santità nella varietà dei carismi, delle culture e delle persone che arricchirono la Chiesa, con tanti benefici esempi e benefiche iniziative.
Rimase per ben 10 anni, fino al 2018, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e continuò la sua attività di magistero per la Chiesa al servizio dei Papi. Papa Francesco, mandò un bel telegramma al Vicario Generale della Congregazione Salesiana, dove esalta appunto la “salesianità” del Cardinale Amato e la sua opera come Prefetto delle Cause dei Santi.
            Lo riportiamo per intero:

REVERENDO DON STEFANO MARTOGLIO SDB
VICARIO DEL RETTOR MAGGIORE
SOCIETÀ SAN FRANCESCO DI SALES (SALESIANI)
ROMA

            Appresa la notizia della dipartita del caro Cardinale Angelo Amato, esprimo la mia vicinanza a Lei e ai Confratelli di codesto Istituto Religioso, come pure ai Familiari del compianto Porporato. Rendo grazie a Dio per l’edificante testimonianza di questo figlio spirituale di San Giovanni Bosco che per tanti anni si è speso con finezza umana e generosità per il Vangelo e la Chiesa. Penso al suo animo sacerdotale e alla preparazione teologica con cui ha servito la Santa Sede, specialmente nel Dicastero per la Dottrina della Fede e in quello delle Cause dei Santi. Assicuro la mia preghiera per l’anima di questo servo buono e vigilante che, fedele al suo motto ‘Sufficit gratia mea’, anche negli ultimi tempi segnati dalla sofferenza, si è abbandonato alla bontà del Padre celeste. Confido che accompagnato da Maria Ausiliatrice e dai Santi e Beati che ha condotto alla gloria degli altari, egli sia accolto nel convito eterno del Cielo e invio la mia Benedizione a quanti condividono il dolore per la sua scomparsa.

Francesco

            Tra i Cardinali Salesiani, soprattutto dotati di grande carisma teologico, spicca il Cardinale Angelo Amato che lascia a disposizione non solo dell’Università Pontificia Salesiana ma anche dei vari Centri istituzionali di studio e di spiritualità, un grande patrimonio di dottrina e di sapienza con l’auspicio che continui a incidere nella vita della Chiesa e delle Comunità formative.

✠ Tarcisio Card. Bertone




Le Giornate della Spiritualità Salesiana

Quest’anno, le XLIII Giornate della Spiritualità Salesiana si svolgeranno dal 16 al 19 gennaio, come al solito, a Valdocco. Rappresentano, per l’intera Famiglia Salesiana sparsa nel mondo, un’occasione preziosa di incontro, riflessione e rinnovamento spirituale. Ogni anno, nel mese di gennaio, religiosi, religiose, laici e giovani si riuniscono per riscoprire le radici del carisma salesiano, celebrando la figura e l’eredità di San Giovanni Bosco, fondatore della Congregazione Salesiana e grande amico dei giovani. L’obiettivo è promuovere una riflessione comunitaria sui valori della fede, della fraternità e della missione educativa, secondo lo spirito salesiano, in un contesto di festa e di preghiera.

Origine e significato delle Giornate della Spiritualità Salesiana
La tradizione delle Giornate della Spiritualità Salesiana affonda le sue radici nella prassi educativa di Don Bosco, il quale aveva compreso l’importanza di coltivare momenti di formazione per i suoi giovani e per i collaboratori che lo affiancavano nella missione. Fin dai primi decenni di vita della Congregazione, infatti, si sentì l’esigenza di radunarsi periodicamente per rileggere l’esperienza vissuta nelle opere salesiane e farla dialogare con le sfide del presente. Con il passare degli anni, il carisma salesiano si è diffuso ben oltre i confini del Piemonte, raggiungendo i cinque continenti. Allo stesso tempo, la necessità di ritrovarsi per un confronto e un discernimento comune è diventata sempre più stringente, rendendo indispensabile un’occasione di incontro che oggi conosciamo come Giornate della Spiritualità Salesiana.

Le Giornate, celebrate tipicamente nel mese di gennaio in prossimità della festa liturgica di San Giovanni Bosco (31 gennaio), rappresentano la sintesi di un intero anno di lavoro, di preghiera e di riflessione attorno al tema proposto dal Rettor Maggiore dei Salesiani con la cosiddetta Strenna. La Strenna è un messaggio annuale che, partendo da una frase o da un concetto chiave, intende orientare la vita e la missione salesiana nel mondo. Durante queste giornate, i partecipanti approfondiscono insieme il senso di tale messaggio, confrontandosi con altre realtà salesiane, condividendo testimonianze, e lasciandosi ispirare da momenti di preghiera e celebrazione.

Struttura e momenti salienti
Le Giornate della Spiritualità Salesiana si svolgono solitamente in un luogo particolarmente significativo per la Congregazione, come il Colle Don Bosco o Valdocco a Torino, dove San Giovanni Bosco mosse i primi passi del suo apostolato giovanile. In altri casi, per favorire la partecipazione dei fedeli e dei membri della Famiglia Salesiana residenti in varie parti del mondo, possono essere organizzati eventi paralleli o collegamenti in diretta streaming. Questo consente a chiunque sia interessato, anche a distanza, di seguire i principali momenti di preghiera, di ascoltare le meditazioni e di interagire con i relatori.

Nel corso di questi giorni, l’agenda è scandita da una serie di appuntamenti che spaziano dalla riflessione teologica e pastorale a momenti di convivialità e festa. Tra i momenti salienti si trovano:

1. Conferenze e relazioni tematiche: figure autorevoli del mondo salesiano, teologi, educatori e responsabili delle opere presentano approfondimenti sul tema annuale. Queste relazioni offrono un quadro ampio delle sfide educative e pastorali contemporanee, aiutando a collocare il carisma salesiano nel contesto odierno.

2. Lavori di gruppo e workshop: per passare dal piano teorico a quello pratico, i partecipanti vengono coinvolti in gruppi di lavoro o laboratori, dove hanno l’opportunità di confrontare le esperienze vissute nelle proprie realtà e di immaginare nuove vie di evangelizzazione e accompagnamento giovanile.

3. Celebrazioni e momenti di preghiera: le Giornate della Spiritualità Salesiana non sono solo studio e approfondimento, ma anche e soprattutto un’occasione di incontro con Dio. Le liturgie e le preghiere comunitarie, che punteggiano l’intera durata dell’evento, costituiscono una fonte di nutrimento spirituale che sostiene e rafforza il senso di appartenenza alla grande Famiglia Salesiana.

4. Testimonianze e condivisioni di esperienze: ascoltare i racconti di missionari, educatori e giovani provenienti da diversi contesti socio-culturali è un elemento fondamentale. Queste testimonianze concrete danno un volto ai valori salesiani e dimostrano la vivacità di un carisma che, a distanza di oltre un secolo dalla morte di Don Bosco, continua a ispirare generazioni di credenti.

5. Incontro con il Rettor Maggiore: un momento particolarmente atteso e significativo è l’incontro con il Rettor Maggiore, figura che rappresenta il successore di Don Bosco. Nel suo intervento, egli esorta tutta la Famiglia Salesiana a proseguire con impegno l’opera educativa e pastorale, ricordando l’importanza di unire la vita spirituale con l’azione concreta a favore dei giovani, specialmente i più bisognosi.

I protagonisti: la Famiglia Salesiana in cammino
Le Giornate della Spiritualità Salesiana non coinvolgono soltanto i religiosi salesiani (SDB) e le Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA), ma riuniscono tutti i gruppi che compongono la variegata Famiglia Salesiana: i Cooperatori Salesiani, gli Exallievi ed Exallieve di Don Bosco, i Volontari di Don Bosco, le Volontarie di Don Bosco, le Associazioni dei Devoti di Maria Ausiliatrice e molti altri. Questa pluralità di espressioni e di appartenenza rivela la ricchezza di un carisma che ha saputo declinarsi in forme e sensibilità diverse, ma sempre convergenti nell’amore per i giovani e per la Chiesa.

Verso un rinnovamento continuo del carisma
Uno dei messaggi più importanti che emergono dalle Giornate della Spiritualità Salesiana è la necessità di un rinnovamento continuo e creativo del carisma di Don Bosco. Il mondo cambia a un ritmo vertiginoso, con sfide inedite che riguardano la sfera tecnologica, sociale ed educativa. Per rimanere fedeli al fondatore e al Vangelo, la Famiglia Salesiana è chiamata a essere sempre in uscita, a non accontentarsi di formule “già collaudate”, ma a sperimentare forme di apostolato che sappiano parlare ai giovani di oggi.

La fedeltà a Don Bosco non significa ripetere pedissequamente quanto è stato fatto nel passato, ma approfondire il suo spirito e il suo metodo preventivo, per trovare nuovi linguaggi ed esperienze educative adeguate al presente. Questo è il senso profondo delle Giornate della Spiritualità Salesiana: un tempo di ascolto, confronto e condivisione che apre al futuro, mantenendo saldo lo sguardo a quell’ispirazione originaria che ha reso la Congregazione Salesiana un punto di riferimento per milioni di giovani in tutto il mondo.

Le Giornate della Spiritualità Salesiana, celebrate ogni anno nel mese di gennaio, non sono soltanto un appuntamento fisso del calendario salesiano, ma un vero e proprio “laboratorio spirituale” dove si respira la ricchezza di un carisma in continua evoluzione.
In un’epoca in cui le relazioni umane sono spesso frammentate e la ricerca di senso è sempre più impellente, il messaggio salesiano conserva intatta la sua attualità: mettere il giovane al centro, amarlo, valorizzarlo, accompagnarlo nel cammino verso la maturità umana e cristiana. Ed è proprio in questa prospettiva che le Giornate della Spiritualità Salesiana si rivelano un dono prezioso per la Famiglia Salesiana e per l’intera Chiesa, un segno che la passione educativa di Don Bosco vive ancora oggi, feconda e piena di speranza, capace di generare frutti di bene in ogni angolo del pianeta.

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La «buona notte»

            Una sera, Don Bosco, addolorato per una certa indisciplinatezza generale notata all’Oratorio di Valdocco tra i ragazzi interni, si presentò, come al solito, a dir loro due parole dopo la preghiera della sera. Stette un istante in silenzio sulla piccola cattedra posta all’angolo dei portici dove usava dare ai giovani la cosiddetta «Buona Notte» che consisteva in un breve sermoncino serale. Dato uno sguardo attorno, disse:
            — Non sono contento di voi. Questa sera non posso dir altro!
            E discese dalla cattedra nascondendo le mani nelle maniche della veste, per non permettere che gli fossero baciate, come allora i ragazzi, prima di andare a riposo, usavano fare. Poi, lentamente, si avvicinò alla scala per salire in camera sua senza indirizzare parola ad alcuno. Quel suo modo di fare produsse un effetto magico. Si sentì tra i giovani qualche singhiozzo represso, molte facce erano rigate di lacrime e tutti andarono a dormire pensierosi, convinti di aver disgustato non solo Don Bosco ma anche il Signore (MB IV, 565).

Lo squillo della sera
            Il salesiano Don Giovanni Gnolfo nel suo studio: La «Buona Notte» di Don Bosco, fa notare che il mattino è risveglio di vita e di attività, la sera invece è adatta a seminare nella mente dei giovani un’idea che germogli in loro anche nel sonno. E con un ardito paragone si richiama addirittura al dantesco «squillo della sera»:
Era già l’ora che volge il desìo
ai naviganti e intenerisce il core…
            Proprio nell’ora della preghiera serale l’Alighieri descrive, infatti, nel Canto ottavo del «Purgatorio», i Re in una valletta mentre cantano l’inno della Liturgia delle Ore Te lucis ante terminum… (Prima che termini la luce, o Dio, noi cerchiamo Te, perché ci custodisca).
            Caro e sublime momento quello della «Buona Notte» di Don Bosco! Iniziava con una lode e le preghiere della sera e terminava con le sue parole che aprivano il cuore dei suoi figli alla riflessione, alla gioia, alla speranza. Egli ci teneva proprio a quell’incontro serale con tutta la comunità di Valdocco. Don G. B. Lemoyne ne fa risalire l’origine a Mamma Margherita. La buona madre nel mettere a letto il primo orfanello giunto dalla Val Sesia, gli fece alcune raccomandazioni. Di lì sarebbe derivata nei collegi salesiani la bella usanza di rivolgere brevi parole ai giovani prima di mandarli a riposo (MB III, 208-209). Don E. Ceria, riportando le parole pronunciate dal Santo nel ripensare ai primi tempi dell’Oratorio, «Ho cominciato a fare un brevissimo sermoncino alla sera dopo le orazioni» (MO, 205), pensa piuttosto ad un’iniziativa diretta di Don Bosco. Comunque, se Don Lemoyne accettò l’idea di alcuni dei primi discepoli, era perché pensava che la «Buona Notte» di Mamma Margherita rispondesse emblematicamente allo scopo di Don Bosco nel l’introdurre quell’usanza (Annali III, 857).

Caratteristiche della «Buona Notte»
            Una caratteristica della «Buona Notte» di Don Bosco era l’argomento da lui trattato: un fatto di attualità che colpisse, qualcosa di concreto che creasse suspense e permettesse anche domande da parte degli ascoltatori. A volte interrogava lui stesso, instaurando così un dialogo di grande attrattiva per tutti.
            Altre caratteristiche erano la varietà degli argomenti trattati e la brevità del discorso per evitare monotonia e conseguente noia negli ascoltatori. Non sempre, però, Don Bosco era breve, specialmente quando raccontava i suoi famosi sogni o i viaggi da lui compiuti. Ma abitualmente si trattava di un discorsetto di pochi minuti.
            Non si trattava, insomma, né di prediche né di lezioni scolastiche, ma di brevi parole affettuose che il buon padre rivolgeva ai suoi figli prima di mandarli a riposo.
            Le eccezioni alla regola facevano, naturalmente, enorme impressione, come avvenne la sera del 16 settembre 1867. Dopo essere stato tentato dai superiori ogni mezzo di correzione, alcuni ragazzi risultavano incorreggibili ed erano di scandalo ai compagni.
            Don Bosco salì sulla piccola cattedra. Incominciò con il citare il brano del Vangelo dove il Divin Salvatore pronuncia parole terribili contro chi scandalizza i pargoli. Ricordò le serie ammonizioni da lui ripetutamente fatte a quegli scandalosi, i benefici che essi avevano ottenuto in collegio, l’amore paterno di cui erano stati circondati, e poi proseguì:
«Costoro credono di non essere conosciuti, ma io so chi sono e potrei nominarli in pubblico. Se non li nomino, non credete che non ne sia pienamente informato… Che se volessi nominarli, potrei dire: Sei tu, o A… (e pronunciò nome e cognome) un lupo che ti aggiri in mezzo ai compagni e li allontani dai superiori mettendo in ridicolo i loro avvisi… Sei tu, o B… un ladro che coi discorsi appanni il candore dell’innocenza altrui… Sei tu o C… un assassino che con certi biglietti, con certi libri, strappi dal fianco di Maria i suoi figlioli… Sei tu o D… un demonio che guasti i compagni e impedisci loro con i tuoi scherni la frequenza ai Sacramenti…».
            Sei furono nominati. La voce di Don Bosco era calma. Ogni volta che pronunciava un nome si udiva un grido soffocato del colpevole che risuonava in mezzo al cupo silenzio dei compagni esterrefatti.
            Il giorno dopo alcuni furono mandati a casa. Quelli che poterono rimanere, cambiarono vita: Il «buon padre» Don Bosco non era un buonuomo davvero! Ed eccezioni di questo genere confermano la regola della sua «Buona Notte».

La chiave della moralità
            Non per nulla Don Bosco un giorno del 1875, a chi si stupiva come mai nell’Oratorio non si verificassero certi disordini lamentati in altri collegi, enumerò i segreti messi in azione a Valdocco, e tra questi indicò il seguente: «Mezzo potente di persuasione al bene è il rivolgere ai giovani due parole confidenziali ogni sera dopo le orazioni. Si taglia la radice ai disordini, prima ancora che nascano» (MB XI, 222).
            E nel suo prezioso documento Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù, lasciò scritto che la «Buona Notte» del Direttore della Casa poteva divenire «la chiave della moralità, del buon andamento e del successo dell’educazione» (Costituzioni della Società di San Francesco di Sales, p. 239-240)
            Don Bosco faceva vivere la giornata ai suoi giovani tra due momenti solenni, anche se ben diversi tra loro, al mattino l’Eucaristia, perché la giornata non stemperasse il loro ardore giovanile, alla sera le preghiere e la «Buona Notte» perché prima del sonno riflettessero su valori che avrebbero illuminato la notte.




Don Rinaldi ai Becchi

Il beato don Filippo Rinaldi, terzo successore di don Bosco, è ricordato come una figura straordinaria, capace di unire in sé le qualità di Superiore e Padre, insigne maestro di spiritualità, pedagogia e vita sociale, oltre che guida spirituale impareggiabile. La sua profonda ammirazione per don Bosco, che ebbe il privilegio di conoscere personalmente, lo rese una viva testimonianza del carisma del fondatore. Consapevole dell’importanza spirituale dei luoghi legati all’infanzia di don Bosco, don Rinaldi dedicò particolare attenzione a visitarli, riconoscendone il valore simbolico e formativo. In questo articolo, ripercorriamo alcune delle sue visite al Colle Don Bosco, alla scoperta del legame speciale che lo univa a questi luoghi santi.

Per il santuarietto di Maria Ausiliatrice
            Con l’inaugurazione del Santuarietto di Maria Ausiliatrice, voluto davanti alla Casetta di don Bosco da don Paolo Albera, e precisamente dal due agosto 1918, quando Mons. Morganti, Arcivescovo di Ravenna, assistito dai nostri Superiori Maggiori, benedisse solennemente la chiesa e le campane, ebbe inizio la presenza stabile dei Salesiani ai Becchi. In quel giorno c’era pure don Filippo Rinaldi, Prefetto Generale, e, con lui, don Francesco Cottrino, primo direttore della nuova casa.
            D’allora in poi le visite di don Rinaldi ai Becchi si rinnovarono ogni anno a ritmo serrato, vera espressione del suo grande affetto al buon padre don Bosco e del suo vivissimo interessamento per l’acquisto e l’appropriata sistemazione dei luoghi memorabili della fanciullezza del Santo.
            Dalle scarne notizie di cronaca della casa salesiana dei Becchi si possono facilmente dedurre la cura e l’amore con cui don Rinaldi promosse e seguì personalmente i lavori necessari a rendere onore a don Bosco ed appropriato servizio ai pellegrini.
            Nel 1918, dunque, don Rinaldi, dopo la sua venuta ai Becchi per la benedizione della chiesa, vi ritornò il 6 ottobre assieme al Card. Cagliero per la Festa del Santo Rosario, e ne approfittò per avviare le trattative dell’acquisto della Casa Cavallo retrostante a quella di don Bosco.

Cura dei lavori per la casetta
            Nel 1919 furono due le visite di don Rinaldi ai Becchi: quella del 2 giugno e quella del 28 settembre, tutte e due in vista dei restauri da effettuare nella zona storica del Colle.
            Tre invece furono le visite nel 1920: quella del 16-17 giugno, per trattare l’acquisto della casa Graglia e del prato dei fratelli Bechis; quella dell’11 settembre per visitare i lavori e la proprietà dei Graglia; e, infine, quella del 13 dello stesso mese, per presenziare alla stesura dello strumento notarile di acquisto della medesima casa Graglia.
            Due furono le visite del 1921: il 16 marzo, con l’Arch. Valotti, per il progetto di una strada che conducesse al Santuario e di un Pilone e di un Capannone per pellegrini sulla piazzetta; il 12-13 settembre, con l’Arch. Valotti ed il Cav. Melle, per lo stesso scopo.
            Nel 1922 don Rinaldi fu di nuovo ai Becchi due volte: il 4 maggio con il Card. Cagliero, don Ricaldone, don Conelli e tutti i Membri del Capitolo Generale (inclusi i Vescovi Salesiani), per pregare presso la Casetta dopo la sua elezione a Rettor Maggiore; ed il 28 settembre con i suoi più diretti collaboratori.
            Vi giunse poi il 10 giugno 1923 per celebrare la Festa di Maria Ausiliatrice. Presiedette ai Vespri nel santuario, fece la predica ed impartì la benedizione eucaristica. Nell’Accademia che seguì, presentò la Croce «Pro Ecclesia et Pontifice» al sig. Giovanni Febbraro, nostro benefattore. Vi ritornò poi in ottobre con il Card. G. Cagliero per la festa del Santo Rosario, celebrando la Santa Messa alle ore 7 e portando il SS. nella processione eucaristica cui seguì la Benedizione impartita dal Cardinale.
            Il 7 settembre 1924 don Rinaldi guidò ai Becchi il Pellegrinaggio dei Padri di Famiglia e de-gli Exallievi delle Case di Torino. Celebrò la Santa Messa, fece la predica e poi, dopo colazione, partecipò al Concerto organizzato per l’occasione. Ritornò ancora il 22 ottobre dello stesso anno assieme a don Ricaldone, ed ai sigg. Valotti e Barberis, per risolvere la spinosa questione della strada al santuario che implicava difficoltà da parte dei proprietari dei terreni adiacenti.
            Ben tre volte don Rinaldi fu ai Becchi nel 1925: il 21 maggio per lo scoprimento della lapide a don Bosco, e poi il 23 luglio ed il 19 settembre, accompagnato questa volta nuovamente dal Card. Cagliero.
            Il 13 maggio 1926 don Rinaldi guidò un pellegrinaggio di circa 200 soci dell’Unione Insegnanti don Bosco, celebrando la Santa Messa e presiedendo alla loro adunanza. Il 24 luglio dello stesso anno ritornò, assieme a tutto il Capitolo Superiore, alla guida del pellegrinaggio dei Direttori delle Case d’Europa; e, di nuovo, il 28 agosto con il Capitolo Superiore ed i Direttori delle case d’Italia.

Ristrutturazione del centro storico
            Tre altre visite di don Rinaldi ai Becchi risalgono al 1927: quella del 30 maggio con don Giraudi ed il sig. Valotti per definire i lavori edilizi (costruzione del portico ecc.); quella del 30 agosto con don Tirone e con i Direttori degli Oratori festivi; e quella del 10 ottobre con don Tirone ed i giovani missionari di Ivrea. In quest’ultima occasione don Rinaldi esortò il Direttore di allora, don Fracchia, a collocare piante dietro la casa Graglia e nel prato del Sogno,
            Quattro volte don Rinaldi fu ai Becchi nel 1928: — Il 12 aprile con don Ricaldone per l’esame dei lavori eseguiti e di quelli in corso. — Il 9-10 giugno con don Candela e don V. Bettazzi per la Festa di Maria Ausiliatrice e per l’inaugurazione del Pilone del Sogno. In quest’occasione cantò la Santa Messa e, dopo i Vespri e la Benedizione eucaristica pomeridiana, benedisse il Pilone del Sogno ed il nuovo Portico, dirigendo a tutti dalla veranda la sua parola. Alla sera assistette alla luminaria. — Il 30 settembre giunse con don Ricaldone e don Giraudi per visitare la località «Gaj». — L’8 ottobre ritornò alla testa del pellegrinaggio annuale dei giovani missionari della casa di Ivrea. Fu in quell’anno che don Rinaldi manifestò il desiderio dell’acquisto della villa Damevino per adibirla ad alloggio per pellegrini o, meglio ancora, destinarla ai Figli di Maria aspiranti missionari.
            Ben sei furono le visite ai Becchi nel 1929: — La prima, del 10 marzo, con don Ricaldone, fu per visitare la villa Damevino e la casa Graglia (la prima delle quali venne poi acquistata quello stesso anno). Essendo ormai imminente la beatificazione di don Bosco, don Rinaldi volle pure che si allestisse un altarino al Beato nella cucina della Casetta (il che fu poi eseguito più tardi, nel 1931). — La seconda, del 2 maggio, fu pure una visita di studio, con don Giraudi, il sig. Valotti ed il pittore prof. Guglielmino. — La terza, del 26 maggio, fu per partecipare alla festa di Maria Ausiliatrice. — La quarta, del 16 giugno, la fece con il Capitolo Superiore e con tutti i Membri del Capitolo Generale per la Festa di don Bosco. — La quinta, del 27 luglio, fu una breve visita con don Tirone e Mons. Massa. — La sesta, infine, fu con Mons. Mederlet ed i giovani missionari della Casa di Ivrea, per i quali don Rinaldi non nascondeva le sue predilezioni.
            Nel 1930 don Rinaldi venne ancora due volte ai Becchi: il 26 giugno per una breve visita di ricognizione delle varie località; ed il 6 agosto, con don Ricaldone, il sig. Valotti ed il cav. Sartorio, per la ricerca dell’acqua (trovata poi da don Ricaldone in due punti, a 14 e a 11 metri di distanza dalla fonte chiamata Bacolla).
            L’anno 1931, che fu l’anno della sua morte, avvenuta il 5 dicembre, don Rinaldi giunse ai Becchi almeno tre volte: Il 19 luglio, di pomeriggio. In quell’occasione raccomandò di fare la commemorazione di don Bosco il 16 di ogni mese o la domenica seguente. Il 16 settembre, quando approvò e lodò il campo di ricreazione preparato per i giovani della Comunità. Il 25 settembre, e fu l’ultima, quando, con don Giraudi ed il sig. Valotti, esaminò il progetto degli alberi da piantare nella zona (sarà eseguito più tardi, nel 1990, quando cominciò la realizzazione del progetto di alberazione di 3000 piante sui vari versanti del Colle dei Becchi, proprio nell’anno della sua beatificazione).
            Non calcolando eventuali visite precedenti, sono quindi 41 le visite fatte da don Rinaldi ai Becchi tra il 1918 e il 1931.