Basilica del Sacro Cuore a Roma

Al tramonto della vita, ubbidendo a un desiderio di papa Leone XIII, don Bosco assume la difficile costruzione del tempio del Sacro Cuore di Gesù al Castro Pretorio di Roma. Per portare a termine l’impresa gigantesca non ha risparmiato faticosi viaggi, umiliazioni, sacrifici, che hanno abbreviato la sua preziosa vita di apostolo della gioventù.

La devozione al Sacro Cuore di Gesù risale agli inizi della Chiesa. Nei primi secoli i Santi Padri invitavano a guardare il Costato trafitto di Cristo, simbolo di amore, anche se non rimandava in modo esplicito al Cuore del Redentore.
I primi riferimenti trovati sono quelli che provengono dai mistici Matilde di Magdeburgo (1207-1282), santa Matilde di Hackeborn (1241-1299), santa Gertrude di Helfta (ca. 1256-1302) e beato Enrico Suso (1295-1366).
Uno sviluppo importante arriva con le opere di san Giovanni Eudes (1601-1680), poi con le rivelazioni private della visitandina santa Margherita Maria Alacoque, diffuse da san Claude de la Colombière (1641-1682) e dai suoi confratelli gesuiti.
Alla fine dell’800 si diffondono le chiese consacrate al Sacro Cuore di Gesù, principalmente come templi espiatori.
Con la consacrazione del genere umano al Sacro Cuore di Gesù, tramite l’enciclica di Leone XIII, Annum Sacrum (1899) il culto si estende notevolmente e si rafforza con altre due encicliche che verranno più tardi: Miserentissimus Redemptor (1928) di Pio XI e soprattutto Haurietis Aquas (1956) di Pio XII.

Ai tempi di don Bosco, dopo la costruzione della stazione ferroviaria Termini da parte di papa Pio IX nel 1863, cominciano a popolarsi le vicinanze, e le chiese circostanti non riuscivano a servire i fedeli in modo adeguato. Nasce così il desiderio di edificare un tempio nella zona, ed si è inizialmente pensato di dedicarlo a san Giuseppe, nominato come patrono della Chiesa Universale l’8 dicembre 1870. Dopo una serie di avvenimenti, nel 1871 il papa cambia il patronaggio della voluta chiesa, dedicandola al Sacro Cuore di Gesù, e rimane in stato di progetto fino al 1879. Intanto il culto verso il Sacro Cuore continua a diffondersi, e nel 1875, a Parigi, sulla collina più alta della città, Montmartre (Monte dei Martiri), si pone la prima pietra alla chiesa omonima, Sacré Cœur, che verrà completata nel 1914 e consacrata nel 1919.

Dopo la morte di papa Pio IX, il nuovo papa Leone XIII (come arcivescovo di Perugia aveva consacrato la sua diocesi al Sacro Cuore) decide di riprendere il progetto, e il 16 agosto 1879 si pone la prima pietra. I lavori si interrompono poco dopo per la mancanza di sostegno finanziario. Uno dei cardinali, Gaetano Alimonda (futuro arcivescovo di Torino) consiglia al papa di affidare l’impresa a don Bosco e, anche se il pontefice inizialmente è titubante sapendo gli impegni delle missioni salesiane dentro e fuori l’Italia, fa la proposta al Santo nell’aprile del 1880. Don Bosco non ci pensa due volte e risponde: “Il desiderio del Papa è per me un comando: accetto l’impegno che Vostra Santità ha la benevolenza di affidarmi”. All’avvertimento del Papa che non potrà sostenerlo economicamente, il Santo chiede solo l’apostolica benedizione e i favori spirituali necessari per il compito affidato.

Posa della prima pietra della chiesa Sacro Cuore di Gesù a Roma

Di ritorno a Torino, vuole avere l’approvazione del Capitolo per questa impresa; dei sette voti, solo uno è positivo: il suo… Il Santo non si scoraggiò e argomentò: “Mi avete dato tutti un no rotondo e sta bene, perché avete agito secondo la prudenza necessaria in casi seri e di grande importanza come questo. Ma se invece di un no mi date un sì, io vi assicuro che il Sacro Cuore di Gesù manderà i mezzi per fabbricare la sua chiesa, pagherà i nostri debiti e ci darà una bella mancia” (MB XIV,580). Dopo questo intervento si è ripetuta la votazione e i risultati furono tutti positivi e la mancia principale fu l’Ospizio del Sacro Cuore che fu costruito accanto alla chiesa per i ragazzi poveri e abbandonati. Questo secondo progetto dell’Ospizio è stato inserito in una Convenzione fatta l’11 dicembre 1880, che garantiva l’uso perpetuo della chiesa alla Congregazione Salesiana.
L’accettazione gli causerà gravi preoccupazioni e gli costerà la salute, ma don Bosco che insegnava ai suoi figli il lavoro e la temperanza e diceva che sarebbe stato un giorno di trionfo quello in cui si fosse detto che un salesiano era morto sulla breccia affranto dalla fatica, li precedeva con l’esempio.

L’edificazione del Tempio del Sacro Cuore al Castro Pretorio in Roma venne realizzata non solo per l’obbedienza al Papa ma anche per la devozione.
Riprendiamo uno dei suoi interventi su questa devozione, fatto in una buonanotte rivolta agli allievi e confratelli a un solo mese di distanza dall’incarico, il 3 di giugno del 1880, vigilia della festa del Sacro Cuore.
Domani, miei cari figliuoli, la Chiesa celebra la festa del Sacro Cuore di Gesù. Bisogna che anche noi con grande impegno procuriamo di onorarlo. È vero che la solennità esterna la trasporteremo a domenica; ma domani incominciamo a far festa nel nostro cuore, a pregare in modo speciale, a far comunioni fervorose. Domenica poi ci sarà musica e le altre cerimonie del culto esterno, che rendono tanto belle e maestose le feste cristiane.
Qualcheduno di voi vorrà sapere che cosa sia questa festa e perché si onori specialmente il Sacro Cuore di Gesù. Vi dirò che questa festa non è altro che onorare con una speciale rimembranza l’amore che Gesù portò agli uomini. Oh l’amore grandissimo, infinito che Gesù ci portò nella sua incarnazione e nascita, nella sua vita e predicazione, e particolarmente nella sua passione e morte! Siccome poi sede dell’amore è il cuore, così si venera il Sacro Cuore, come oggetto che serviva di fornace a questo smisurato amore. Questo culto al Sacratissimo Cuor di Gesù, cioè all’amore che Gesù ci dimostrò, fu di tutti i tempi e sempre; ma non sempre vi fu una festa appositamente stabilita per venerarlo. Come sia comparso Gesù alla Beata Margherita una festa le abbia manifestato i grandi beni che verranno agli uomini onorando di culto speciale il suo amabilissimo cuore, e come se ne sia perciò stabilita la festa, lo sentirete nella predica di domenica a sera.
Ora facciamoci coraggio ed ognuno faccia del suo meglio per corrispondere a tanto amore che Gesù ci ha portato.
(MB XI,249)

Sette anni più tardi, nel 1887, la chiesa fu completata per il culto. Il 14 maggio di quell’anno don Bosco assistette con commozione alla consacrazione del tempio, presieduta solennemente dal cardinale vicario Lucido Maria Parocchi. Due giorni più tardi, il 16 maggio, celebrò l’unica Santa Messa in questa chiesa, all’altare dell’Ausiliatrice, interrotta ben più di quindici volte dalle lacrime. Erano lacrime di riconoscenza per la luce divina ricevuta: aveva capito le parole del suo sogno di nove anni: “A suo tempo tutto comprenderai!”. Un compito portato a termine tra tante incomprensioni, difficoltà e fatiche, ma che corona una vita spesa per Dio e per i giovani, premiato dalla stessa Divinità.

Recentemente è stato realizzato un video sulla Basilica del Sacro Cuore. Ve lo proponiamo a seguire.






Questo è amore…

Questo è il bene semplice e silenzioso che ha fatto Don Bosco. Questo è il bene che continuiamo a fare insieme.

Amici, lettori del Bollettino Salesiano: ricevete come ogni mese il mio cordiale saluto, un saluto che preparo lasciando parlare il mio cuore, un cuore che vuole continuare a guardare al mondo salesiano con quella speranza e quella certezza che aveva Don Bosco stesso, che insieme possiamo fare molto bene e che il bene che si fa deve essere fatto conoscere.
Rivedo in tanti salesiani la “passione” di don Bosco per la felicità dei giovani. Una formula divenuta famosa cerca di condensare il sistema educativo di don Bosco in tre parole: ragione, religione, amore. Scuola, chiesa, cortile. Una casa salesiana è tutto questo realizzato nella pietra. Ma l’oratorio di don Bosco è molto di più. È un arsenale di stimoli e creatività: musica, teatro, sport e passeggiate che sono vere immersioni nella natura. Il tutto condito da un affetto reale, paterno, paziente, entusiasta.

Madre coraggio
Ebbene, mentre leggo con dolore e preoccupazione la cronaca del Sudan, dove la situazione di tutti è molto difficile, e anche la situazione salesiana, oggi vorrei offrire un’altra bella testimonianza, anche se questa volta non sono stata testimone oculare, ma racconto quello che mi è stato condiviso.
La scena si svolge a Palabek (Uganda), dove, in concomitanza con l’arrivo dei primi rifugiati, cinque anni fa, noi salesiani di Don Bosco abbiamo voluto andare con i primi rifugiati. La tenda era l’alloggio e la cappella per la preghiera e la celebrazione della prima Eucaristia era l’ombra di un albero.
Ogni giorno al Palabek arrivavano centinaia e centinaia di rifugiati dal Sudan. Prima a causa del conflitto nel Sud Sudan. A distanza di anni, continuano ad arrivare, ora a causa del conflitto in Sudan (Nord Sudan, si intende).
A dirmi quello che vi sto raccontando è stato il Consigliere generale per le Missioni che qualche giorno prima era andato a Palabek per continuare ad accompagnare questa presenza in un campo profughi dove sono già state accolte decine di migliaia di persone.
Dieci giorni fa è arrivata una donna con undici bambini. Da sola, senza alcun aiuto, aveva attraversato diverse regioni piene di pericoli per sé e per i bambini; aveva percorso più di 700 chilometri a piedi nell’ultimo mese e il gruppo di bambini stava crescendo. Ed è di questo che voglio parlare, perché questa è UMANITÀ e questo è AMORE. Questa donna è arrivata a Palabek con undici bambini affidati a lei, e li ha presentati tutti come suoi figli. Ma in realtà sei erano suoi figli frutto del suo grembo. Altri tre erano figli del fratello morto da poco e di cui si era fatta carico, e altri due erano piccoli orfani che aveva trovato per strada, soli, senza nessuno e naturalmente senza documenti (chi può pensare ai documenti e alla documentazione quando mancano le cose più essenziali per la vita?), ed erano diventati figli adottivi di questa donna.
In alcune occasioni, una madre che ha dato la vita per difendere il proprio figlio è stata definita “madre coraggio”. In questo caso, vorrei dare a questa madre di undici figli il titolo di Madre Coraggio, ma soprattutto di donna che sa molto bene – nelle “viscere del suo cuore” -, cosa sia amare, fino a soffrire, perché vive e ha vissuto in assoluta povertà con i suoi undici figli.
Benvenuta a Palabek, Mamma coraggiosa. Benvenuta alla presenza salesiana. Senza dubbio si farà tutto il possibile perché a questi bambini non manchi il cibo, e poi un posto per giocare e ridere e sorridere – nell’oratorio salesiano – e un posto nella nostra scuola.
Questo è il bene semplice e silenzioso che ha fatto Don Bosco. Questo è il bene che continuiamo a fare insieme perché, credetemi, sentire che non siamo soli, avere la certezza che molti di voi vedono con piacere e simpatia lo sforzo che facciamo ogni giorno a favore degli altri, ci dà anche molta forza umana, e senza dubbio il Buon Dio la fa crescere.
Vi auguro una buona estate. Senza dubbio la nostra, anche la mia, sarà più serena e confortevole di quella di questa mamma di Palabek, ma credo di poter dire che avendo pensato a lei e ai suoi figli, abbiamo, in qualche modo, costruito un ponte.
Siate molto felici.




Un centro di protezione per ragazzi di strada a Lagos, Nigeria

A Lagos, in Nigeria, in una città sovrappopolata e in continua crescita, dove più del 40% della popolazione è composto da giovani sotto i 18 anni, i salesiani hanno aperto una casa per i ragazzi di strada.

Lagos è uno dei 36 stati della Nigeria federale. È praticamente una città-stato, capitale del paese fino al 1991, quando avvenne il riconoscimento ufficiale della nuova capitale, Abuja, nel centro del paese. Con i suoi 16 milioni di abitanti, è la seconda area urbana più popolosa dell’Africa dopo quella de Il Cairo, e con la sua area metropolitana di 21 milioni di abitanti, è una delle più popolose al mondo. Inoltre, è in continuo aumento, tanto che è diventata la prima città in Africa e settima nel mondo per velocità della crescita demografica.
Con un clima molto caldo, trovandosi appena 6° a nord dell’Equatore, è localizzata sulla terraferma, con apertura sul lago Lagoon e sull’Oceano Atlantico: grazie alla sua posizione, è sempre stata una città commerciale, tanto che, anche se la capitale è stata trasferita, rimane il centro commerciale ed economico dello Stato e uno dei più importanti porti dell’Africa occidentale.
Con 230 milioni di abitanti, la Nigeria è il Paese più popoloso dell’Africa e il sesto Paese più popoloso del mondo. La Nigeria ha la terza popolazione giovanile più numerosa del mondo, dopo India e Cina, con oltre 90 milioni di abitanti di età inferiore ai 18 anni.
La situazione giovanile in questa città è comparabile con Torino al tempo di don Bosco. Molti ragazzi poveri delle campagne e delle città affluiscono nella città di Lagos in cerca di lavoro e di una vita migliore, ma sono soggetti a sfruttamento, abbandono, povertà e privazioni. Sono a rischio di rimanere sulla strada, di essere maltrattati, di essere vittime della tratta di persone, di entrare in conflitto con la legge o di abusare delle droghe.

In aiuto di questi ragazzi e giovani sono venuti i salesiani, con una Casa Don Bosco, un centro di protezione per ragazzi di strada, approvato dal Ministero della Gioventù e dello Sviluppo Sociale dello Stato di Lagos, come casa di riabilitazione per ragazzi a rischio. È una Casa che si dedica a migliorare la vita dei ragazzi di strada, dei ragazzi vulnerabili, fornendo loro un ambiente familiare alternativo, un rifugio, istruzione, sostegno emotivo, protezione e potenziamento delle abilità di vita. Si parte dalla convinzione che ogni ragazzo abbia un potenziale positivo e che i giovani rappresentino il futuro del paese. Se l’ambiente è buono, se ricevono una buona formazione e vedono buoni esempi, possono crescere anche loro in modo da diventare una speranza per gli altri.

La Casa Don Bosco comprende ospiti residenziali e non residenziali.
I ragazzi residenti sono quelli che vivono nella casa di accoglienza, frequentano la scuola all’interno della casa e partecipano a tutte le attività che li porteranno a diventare persone migliori e a reintegrarsi nelle loro famiglie e comunità. Alcuni dei programmi gestiti nella casa, nell’ambito dell’acquisizione di competenze e dell’empowerment, sono rappresentati da percorsi di sartoria, taglio capelli, produzione di scarpe, mentre nell’area dello sviluppo dei talenti sono musica, teatro, danza e coreografia. I ragazzi sono anche impegnati in diversi percorsi terapeutici, sport e attività ricreative per favorire il loro sviluppo sociale e fisico.

Nel loro lavoro con questi ragazzi, i salesiani si sono resi conto della potenzialità della musica, specialmente nella riabilitazione dei più piccoli. Aiutandoli a conoscere e usare gli strumenti musicali, si offre sollievo dal peso del loro vissuto, favorendo il superamento di vari traumi, rafforzando anche un buon rapporto familiare fra loro. Lo stesso succede anche con la danza. I ragazzi sono molto attratti dalla coreografia, vogliono provare e non si scoraggiano quando si accorgono di aver sbagliato, ma ritentano con perseveranza fino quando riescono, imparando dagli errori. La danza incoraggia i ragazzi a sperimentare e a trovare percorsi diversi per dimenticare i loro problemi.

Ma la Casa Don Bosco non chiude le porte a quelli che non vogliono restare. Gli ospiti non residenziali sono quelli che vivono per strada e che, spesso, vengono a cercare un rifugio temporaneo. La casa serve loro come tappa per riposare, giocare, fare una doccia, cambiare i vestiti, ricevere farmaci e vitto. In queste occasioni, si offre loro anche la possibilità di attività di follow-up: consulenza e riabilitazione psicologica, rintracciamento e reinserimento familiare, continuità dell’istruzione, acquisizione di competenze, assistenza medica e sanitaria complessa e inserimento lavorativo.

È un aiuto prezioso, perché la maggior parte di questi giovani ha un’età compresa tra i 14 e i 24 anni: tanti di loro sono impegnati in qualche lavoro, che permette loro di guadagnare qualcosa per coprire le spese quotidiane di cibo, abbigliamento e altre necessità. Una buona parte di loro lavora nel settore non organizzato, aiutando nei matrimoni, nei cantieri edili, trasportando carichi nel parcheggio degli autobus, vendendo sacchetti d’acqua e bevande sulla strada, svolgendo i lavori più umili. Ed è bello costatare questo, perché vuol dire che hanno voglia di guadagnarsi onestamente la vita, ma non sempre trovano qualcuno che li aiuti.

Come si può intuire, le ragazze non si trovano in una situazione migliore e ciò rappresenta una sfida per i salesiani: pensare in qualche modo anche a loro. Anche per questo i salesiani chiedono sostegno per migliorare le capacità del loro personale e la gestione in generale e sono aperti a ricevere assistenza per migliorare la qualità del lavoro. Da soli possono fare poco, ma insieme con gli altri possono fare molto.

don Raphael AIROBOMAN, sdb
Direttore del “Don Bosco Home Child Protection Center”, Lagos, Nigeria




La carica dei 101. Casa salesiana Monterosa

“Che emozione… un anno fa era con noi don Angel!”.
Ecco come abbiamo iniziato la festa della nostra Comunità domenica 8 maggio 2022. Proprio un anno fa il nostro Rettor Maggiore era con noi a Torino, al Michele Rua per festeggiare i 100 anni dell’Opera. E con lui c’era anche il Sindaco della Città!
Già… 100 anni!

Era l’estate del 1922 quando un gruppo foltissimo di ragazzi, l’Unione Padri di Famiglia e il Comitato delle Patronesse, guidati da don Lunati inaugurarono l’Oratorio Michele Rua, con le sale, la chiesa, il cortile, l’Asilo infantile seguito dalle FMA e la scuola di cucito. La costruzione era stata resa possibile grazie all’aiuto di tanti volontari e anche al sostegno di molti benefattori, primo fra tanti, papa Benedetto XV con la sua generosa offerta di 10.000 Lire. Da allora, l’Opera non si è più fermata e si è ampliata subito dopo con il Teatro e nel 1949 con la Scuola per l’“Avviamento Industriale”, così da preparare i giovani al lavoro.
Nel 1958 la Comunità diventa Parrocchia, giusto riconoscimento dell’opera religiosa e sociale che, ormai da quarant’anni, i Salesiani stanno svolgendo nel Borgo Monterosa;  negli anni a seguire la Scuola professionale diventa Scuola Media.

Casa salesiana Monterosa, anni ’60. Fuori dalla sala giochi

Grazie a contributi vari, alla disponibilità e al sacrificio di giovani e volontari, negli anni Settanta è poi arrivata la Scuola Materna e nel 1991 la Palestra e i nuovi campi da calcio. Nel 2008, con la preziosa presenza delle FMA, si aggiunge la Scuola Primaria e si amplia il gruppo degli Amici del Presepe e il Laboratorio Mamma Margherita. Tante strade si sono aperte e hanno garantito ai ragazzi e ai giovani del quartiere di trovare un posto sicuro e accogliente, anche nei periodi più difficili a partire dalla guerra, dal fascismo… fino alla chiusura per pandemia nel 2020. E anche durante il lockdown, i nostri Salesiani e le nostre FMA hanno fatto sentire la loro presenza con incontri online, canti sui tetti e giochi organizzati su piattaforme digitali.

Rileggere la storia del nostro Oratorio ci fa venire i brividi… una tettoia, il cortile e un capannone messi a disposizione da un benefattore in una zona popolare, dove i bambini si ritrovavano per strada alla ricerca di qualcuno che si occupasse di loro e a loro volesse bene. Proprio lì i Salesiani decisero di fermarsi, di esserci in quella realtà così vicina a quella di don Bosco. E poi ancora: il Ricreatorio di Mamma Margherita, i ragazzi che aumentano e la tettoia che non basta più, la disponibilità di tanti papà e mamme che offrono le loro competenze e capacità.

Casa salesiana Monterosa. Squadra calcio della Bandina, 1952

Tutto è partito nel 1922 e così nel 2022 abbiamo festeggiato i primi 100 anni. È stato un anno prezioso sotto tanti punti di vista. Riprendere in mano la storia e vedere quante similitudini ci sono tra il passato e la nostra vita quotidiana ci ha dato una bellissima carica di entusiasmo. Oggi come allora i ragazzi cercano chi possa amarli, chi con la presenza quotidiana testimoni loro quanto sono importanti, quanto valgono. E così al Michele Rua abbiamo le scuole dell’Infanzia, Primaria e Secondaria; abbiamo il Teatro e la Polisportiva; abbiamo il Centro Diurno in collaborazione con i Servizi Sociali del Comune di Torino; abbiamo il Catechismo e i Gruppi Formativi. Tanto per i giovani e i ragazzi, ma anche tanto con e per le famiglie: Gruppo Famiglia, Baby Rua, Giovani Sposi, Gruppo Evergreen, Laboratorio Mamma Margherita e Amici del Michele Rua.

Una realtà così funziona perché chi ci passa la vive come Casa, come la propria Comunità. Ed è per questo che in occasione del Centenario, la Comunità Educativa Pastorale ha deciso di affrontare un cammino sinodale, di lettura del territorio e di analisi dei bisogni per provare insieme a dare risposte e offrire proposte ai tanti giovani che oggi varcano la soglia dei nostri cortili.

Un cammino, quello del Centenario, che, con i piedi saldi nel presente e la storia del passato chiara in mente, ci ha interrogato sul futuro. Abbiamo individuato le parole cardine del nostro essere in questo quartiere e abbiamo deciso di lasciarci guidare da: famiglia, accoglienza, lavoro, formazione, evangelizzazione e giovani. Attorno a questi punti fermi abbiamo posto le basi per ripartire e rimetterci tutti in cammino per il bene dei ragazzi che varcano la porta dell’Oratorio. Nel “nuovo” Michele Rua oggi c’è un Maker Lab di sartoria, falegnameria, robotica e videomaking dove i ragazzi e i giovani possono vivere un’esperienza laboratoriale, così da imparare, facendo. Nei laboratori allestiti al primo piano, adulti volontari esperti offrono il loro tempo per aiutare i ragazzi a esprimersi, cercando di lavorare insieme su un pezzo di legno, con il pirografo o il seghetto oppure su un pezzo di stoffa con ago e filo. Ma non solo: ci sono anche le classi all’aperto per le nostre scuole e un orto didattico che offre fagiolini e pomodori ai ragazzi che a turno si prendono cura delle loro piantine.
In un quartiere multietnico e variegato come il nostro, la priorità sono da sempre le famiglie più povere e così, con la nostra Parrocchia, oltre ai consueti servizi alla carità per pagare le bollette del gas o offrire una borsa della spesa, sono nati due importanti nuovi progetti: Amico Click, per offrire strumenti utili a chi fa fatica a entrare nel mondo digitale come creare una mail o prenotare il medico on line, e Amico Speak, perché tutti i nuovi arrivati possano conoscere e usare bene la lingua italiana.

E, con lo slancio del Centenario, non ci siamo fermati a reinventare l’oggi; siamo in moto per il prossimo futuro. Stiamo ripensando a come ristrutturare i locali della ex Bocciofila, da tempo in disuso, per essere sempre più presenza attiva sul territorio, rispondenti ai bisogni di oggi. Vorremmo riprendere l’idea del 1949 dell’“Avviamento industriale” e studiare un moderno Hub Lavoro per i ragazzi che non riescono a seguire percorsi strutturati e continuativi; vorremmo esserci per tutti i bambini che non riescono a “stare bene” a scuola, in particolare per gli effetti lasciati su di loro dai periodi di chiusura del lockdown e quindi creare un doposcuola professionale che offra metodo di studio, accompagnamento per le famiglie e servizi individualizzati. E, come voleva don Bosco, siamo decisi a rilanciare tutta l’attività legata al nostro Teatro: musica, danza, recitazione. Partiremo con inscenare un nuovo Musical che possa appassionare i ragazzi e far emergere i loro talenti.

Oggi nei nostri cortili ci sono quotidianamente più di 100 ragazzi che giocano, abbiamo più di 500 ragazzi iscritti alle attività sportive e 200 alle attività formative oratoriane. Abbiamo i gruppi dei bambini del Catechismo e almeno 50 utenti alla settimana che vengono per il doposcuola. Abbiamo più di 520 bambini iscritti nelle nostre scuole e 20 che ogni giorno frequentano il nostro Centro Diurno. Quando ci ritroviamo a mangiare insieme per la Festa della Comunità, prepariamo più di 500 piatti di polenta e spezzatino… e poi tanti iscritti all’Estate Ragazzi, ai campi estivi al mare e in montagna.

Tutto ciò si rende possibile grazie alla presenza di Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice che instancabilmente ci sono, ciascuno a servizio con la propria sfaccettatura e disponibilità. Grazie a innumerevoli animatori, volontari che gratuitamente vivono i nostri cortili come quelli di casa propria e non mancano mai per svolgere i più diversi servizi.

Casa salesiana Monterosa. Attività coi ragazzi, 2023

Grazie ai dipendenti che credono nella loro vocazione e non varcano la soglia solo per svolgere il loro lavoro. Grazie alle Istituzioni locali che consigliano, suggeriscono e fanno rete. Grazie ai tanti benefattori che non mancano di sostenere le molte spese da affrontare. Grazie alle famiglie che continuano a credere nell’alleanza educativa che si può creare tra adulti per il bene dei ragazzi. Grazie a chi ci ha lasciato ma che continua a vegliare su di noi e a custodire le nostre attività.
Soprattutto grazie a Maria Ausiliatrice, san Domenico Savio, don Bosco e Madre Mazzarello che ci guidano, ci benedicono e ci riempiono di grazie.

In occasione del Centenario, abbiamo chiesto a chi è passato di qui di raccontare un pezzo della loro vita al Michele Rua e sono arrivate 100 storie bellissime, ricche di emozioni e passione. Ebbene, in tutte c’è il ricordo di qualcuno, prete, suora, animatore, catechista… che ha offerto un pezzo di vita per gli altri nella nostra Opera. Ecco perché il Michele Rua è così, presenza viva nel Quartiere Barriera di Milano.

Ritornando alla prima frase del nostro racconto, domenica abbiamo festeggiato la festa della Comunità a 101 anni dalla fondazione dell’Opera e, come ha detto il nostro Ispettore, abbiamo di nuovo tanto per festeggiare… e come il dalmata nella storia di Walt Disney carichi ed entusiasti, partiamo per la CARICA dei 101!

Una volontaria.




Don Bosco in Albania. Un padre per tanti giovani

Il carisma salesiano è radicato in Albania, un Paese dove l’opera salesiana è viva e feconda: dagli inizi negli anni’90 allo sguardo verso il futuro, le esperienze raccontate da don Giuseppe Liano, missionario guatemalteco al servizio della gioventù albanese, nella comunità di Scutari.

Come nasce la presenza salesiana in Albania? Racconta don Oreste Valle che, guardando la drammatica situazione italiana dei porti di Bari e di Brindisi nel 1991, fu lo stesso papa san Giovanni Paolo II a chiedere all’allora Rettor Maggiore, don Egidio Viganò, l’immediata disponibilità dei salesiani ad andare in Albania. L’arrivo di quelle navi stracolme di persone alla ricerca di un futuro migliore straziava il suo cuore e gli aveva subito fatto intuire che non ci si poteva limitare all’accoglienza al porto: c’era bisogno urgente di percorrere anche la strada inversa e andare incontro a quei giovani poveri e abbandonati rimasti a casa.

La prima spedizione salesiana dall’Italia arrivò alla fine del 1991. Ufficialmente la presenza salesiana ebbe inizio il 25 settembre 1992, a Scutari (Shkodër), nel nord dell’Albania, destinata a costruire un avvenire promettente, iniziando da un presente pieno e gioioso. Il contesto era una città storicamente importante, di grande cultura e di fede, in mezzo ad una povertà spaventosa, una quantità inimmaginabile di giovani, con il ricordo di tanto sangue sparso, sangue di martiri cattolici e di altre religioni.

L’opera si sviluppò attorno ai bisogni dei ragazzi e delle loro famiglie: dall’oratorio, cuore e genesi della presenza salesiana, alla scuola professionale, poi il convitto, il tempio e la parrocchia. Uno sviluppo secondo il criterio oratoriano: cortile, scuola, casa e parrocchia, come voleva don Bosco. Dopo Scutari, gli orizzonti si aprirono nella capitale Tirana, poi in Kosovo, a Prishtina e Gjilan, e, da quasi tre anni, anche a Lushnje, nel sud dell’Albania.

La casa salesiana di Scutari si trova nel centro della città: nel convitto è presente un numero significativo di ragazzi iscritti e l’oratorio continua a essere un cortile affollato ogni pomeriggio. Dai piccoli che vengono ai loro allenamenti di calcio o alla scuola di danza popolare, fino ai ‘grandi’ che si divertono giocando a pallavolo, a pallacanestro o  semplicemente incontrandosi per parlare e trascorrere il tempo insieme in oratorio.

Ogni giorno, alle 18, si fermano tutte le attività per la buona notte e la preghiera, come è la tradizione salesiana. Tutti i fine settimana si incontrano i gruppi della catechesi (venerdì) e i gruppi formativi (sabato).

Questo nell’ordinarietà, perché poi sarebbero da aggiungere gli incontri vocazionali, le esperienze di apostolato, gli allenamenti dei diversi sport e le feste secondo il tempo liturgico. Tutto questo animato da una comunità credente abbastanza numerosa e da un consistente numero di ragazzi e giovani animatori.

Si potrebbe dire che la bellezza e l’originalità delle opere salesiane albanesi è che, nell’insieme, vengono accolti centinaia di ragazzi e di famiglie di credo diverso, offrendo un servizio di educazione e di comunione in un contesto interreligioso. Il nome e la tradizione di “Don Bosko” (con la k) sono riconosciuti come un modello di fiducia, di lavoro e di bene generoso per la società. Ogni comunità svolge la propria missione in un contesto totalmente diverso a livello di fede, di proposta pastorale e di dialogo con la città, ma si cerca di condividere, per quanto possibile, fra Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice.
Per i ragazzi sembra che tutto sia un solo cortile in luoghi diversi. Quest’armonia e questa fiducia sono la carta vincente per poter proporre giochi, corsi, preghiere e itinerari di crescita senza essere giudicati come ‘propagandisti della fede’ o ‘interessati solo al proprio bene’.

Chi entra in un ambiente salesiano si sente accolto e capace di accogliere gli altri, senza distinzione. E per i cattolici, far parte del gruppo degli animatori e del cortile significa vivere la propria vocazione al servizio dei giovani, secondo lo stile salesiano, con la bellezza di vederli pregare, confessarsi e partecipare alla messa regolarmente.
Quello che attualmente interroga i salesiani è trovare le risposte giuste ai bisogni di questa generazione.

Il fenomeno della migrazione è straziante, gli indicatori della povertà aumentano e le possibilità di un futuro degno a Scutari si riducono in modo drammatico. Sia per studiare sia per trovare lavoro, bisogna avere tanta fortuna o altrimenti per forza si deve andare via. I salesiani sognano un centro diurno e un centro giovanile, con una scuola professionale degna e proficua e una scuola di lingue, di arti e di sport, che dia ai loro sogni una forma, un presente e un futuro. Purtroppo, senza il sostegno economico, questi sogni rimangono solo come inchiostro su fogli bianchi. E, nel frattempo, i giovani e le famiglie continuano ad andare via da qua.

Ma i salesiani non smettono di sognare vivendo il presente come un dono davvero prezioso di Dio. Don Giuseppe LIANO, salesiano missionario dal Guatemala, ci dice: “Io, personalmente, mi sento il salesiano più fortunato su questa terra: condividere la missione con salesiani di tutto il mondo (Vietnam, Congo, Italia, Zambia, India, Slovenia, Slovacchia, Guatemala, Albania e Kosovo), con giovani così fedeli e salesiani, in una città così bella, dedicandomi ad animare l’oratorio… non succede tutti i giorni!”. Tutto questo, con la consapevolezza che entrare nel contesto, conoscere la realtà e capire la lingua sono stati processi lenti e costosi, ma, a distanza di tempo, ci si accorge di quanto ogni cosa sia valsa la pena. Una missione così sfidante e così bella è uno stimolo alla fedeltà creativa e alla santità!

Per l’Albania oggi si preannuncia un futuro complesso. I problemi non mancano. Ultimamente i sostegni economici e i progetti che arrivavano in Albania hanno sono stati indirizzati verso destinatari più bisognosi, soprattutto in Ucraina e in Turchia; questo fa pensare che è anche tempo di cominciare non solo a ricevere ma anche a generare un sostegno, benché non sia ancora possibile coprire del tutto i costi. I giovani, fedeli e forti, ci sono, per grazia di Dio. Oggi la sfida è trovare il punto di slancio, il modo di trasformare insieme il contesto in una certezza, in un’‘oasi’ per le future generazioni e in una fonte di vocazioni, di santità e di bellezza.

Marco Fulgaro




Don Bosco in Cambogia

La collaborazione tra laici e religiosi a favore dell’educazione della gioventù della Cambogia.

Cambogia è un paese nel sud-est asiatico che conta oltre il 90% della popolazione buddhista e con una piccolissima minoranza cristiana.

La presenza dei Salesiani di Don Bosco in Cambogia risale al 1991, quando i Salesiani arrivarono dalla Thailandia, dove si stavano occupando dell’educazione tecnica dei profughi di guerra lungo il confine tra i due Paesi, sotto la guida dal salesiano coadiutore Roberto Panetto e degli ex-allievi salesiani di Bangkok.

Dopo aver formato circa 3.000 giovani, questi ultimi, che stavano per essere rimpatriati in Cambogia, chiesero ai Salesiani di andare con loro. I Salesiani non lasciarono cadere quell’invito nel vuoto, intuendo che era quello il posto in cui Dio li voleva in quel momento, quelli erano i giovani che stavano chiamando Don Bosco. Le sfide erano e sono tante, in un ambiente culturale non cristiano ed in una società molto povera.

Il 24 maggio 1991, festa di Maria Ausiliatrice, iniziò la presenza salesiana in Cambogia, con un orfanotrofio e la scuola tecnica Don Bosco di Phnom Penh, inaugurata ufficialmente nella festa di Don Bosco, il 31 gennaio 1994. Nel 1992 anche le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno raggiunto il Paese e il loro lavoro offre speranze a molte ragazze povere e abbandonate in un Paese in cui più della metà della popolazione totale è di sesso femminile e in cui le donne sono vittime di violenze, abusi e traffico di esseri umani.

I Salesiani hanno creato istituti tecnici e scuole in cinque province del Paese: Phnom Penh, Kep, Sihanoukville, Battambang e Poipet. L’enorme lavoro educativo-pastorale è reso possibile solo grazie al preziosissimo contributo dei laici. Quasi la totalità del personale coinvolto nelle strutture salesiane è costituita da ex-allievi che si impegnano continuamente per dare il meglio agli studenti in formazione. Questa è un’applicazione concreta della corresponsabilità e dei tanti inviti a condividere la missione.

I Salesiani hanno costituito in Cambogia una ONG senza alcuna affiliazione religiosa. Conosciuti comunemente come i padri, i fratelli e le sorelle di Don Bosco, sono amati e rispettati da tutti. C’è un grande amore e una partnership tra i Salesiani e gli ex-allievi in Cambogia, che contribuisce alla popolarità e al 100% di inserimenti lavorativi degli studenti negli ultimi dieci anni, come ci dice don Arun Charles, missionario indiano in Cambogia dal 2010, di recente nomina come coordinatore dell’animazione missionaria nella regione Asia Est-Oceania. I Salesiani incoraggiano i minori a completare il ciclo di istruzione primaria, tramite progetti di sostegno per i bambini, costruzione di edifici scolastici elementari nei villaggi poveri, gestione di alcuni centri per l’alfabetizzazione. A Battambang le fabbriche di mattoni trattengono i bambini per farli lavorare come operai, lì l’educazione salesiana mira ad offrire un’alternativa e la speranza di un futuro diverso.

Una delle specialità della missione salesiana in Cambogia è la scuola alberghiera, che fornisce istruzione in ospitalità, cucina e gestione alberghiera, disponendo di un albergo completo per consentire agli studenti di fare un’esperienza pratica nel loro campo, oltre ai laboratori e alle esercitazioni.

È rimasta nella memoria la visita del Rettor Maggiore don Juan Edmundo Vecchi nel 1997, momento molto importante di incoraggiamento, incentrato sull’esortazione a costruire la comunità educativa pastorale e a mettere in pratica il Sistema Preventivo di Don Bosco.

Lo sguardo missionario di Don Bosco continua a vivere a quasi 10.000 km da Valdocco, sempre con e per i giovani, nelle presenze salesiane a Phnom Penh, Poipet e Sihanoukville.

Marco Fulgaro

Galleria foto – Don Bosco in Cambogia

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Don Bosco in Cambogia
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Salesiani a Tijuana. Una casa ai confini

A soli 30 metri dal confine con gli Stati Uniti, una casa salesiana in Messico offre numerosi servizi ai giovani, ai poveri e ai migranti, nella zona di confine terrestre più trafficata del mondo, in una città la cui popolazione è triplicata negli ultimi 30 anni e in una zona famosa in tutto il mondo per il muro che separa il Messico dagli Stati Uniti.

I Salesiani sono arrivati nella città di Tijuana, Baja California (Messico), in occasione della festa di San Giuseppe, il 19 marzo 1987.
Fu alla fine degli anni Ottanta che l’allora ispettore guardò verso il confine settentrionale del Messico, sottolineando che le presenze del Nord avrebbero dovuto rappresentare dei “polmoni” per garantire aria purificata alla missione e alla vita apostolica e religiosa dell’Ispettoria Salesiana.
Con questa intenzione e volendo rispondere ai molti bisogni della città, i Salesiani si impegnarono a trovare spazi per realizzare oratori in città. In meno di un decennio, furono costruiti 9 oratori dove i giovani trovarono una casa, un parco giochi, una scuola e una chiesa.
Con il passare del tempo si è concentrata l’attenzione su diverse esigenze, sono state create sei residenze-lavoro in diversi quartieri popolari della città, formando il Progetto Salesiano Tijuana. Ognuna di esse ospita diverse istituzioni, dando vita a più di dieci fronti di lavoro.

La prima delle opere è stata la Parrocchia e l’Oratorio Maria Auxiliadora, situata nella “Colonia Herrera”. Sia la parrocchia sia l’oratorio si occupano di vari problemi della colonia. Si stanno compiendo passi verso un accordo con l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) per offrire un centro sanitario comunitario con consulenza legale e psicologica e assistenza medica. Nel territorio della parrocchia c’è una casa di accoglienza per famiglie di migranti chiamata “Pro amore DEI”, che è accompagnata da varie attività. Questo Oratorio di Maria Ausiliatrice offre laboratori brevi e flessibili, che offrono diverse opportunità di apprendimento, il tutto per il bene delle famiglie; questi laboratori sono frequentati da bambini e famiglie in situazioni vulnerabili. Alcuni di questi laboratori sono: laboratorio di sartoria, laboratorio di bellezza, laboratorio di scuola calcio, laboratorio di zumba, laboratorio di chitarra e laboratorio di computer, consulenza psicologica e formazione per adulti o giovani al di fuori dell’ambito scolastico, in accordo con l’INEA (Istituto Nazionale per l’Educazione degli Adulti).

Un’altra presenza, collocata nel centro della città è l’Oratorio San Francisco de Sales, situato nella colonia Castillo. Questa presenza ospita anche diverse istituzioni, tra cui: una delle sedi della residenza della comunità religiosa, l’Oratorio, gli uffici della COMAR (Commissione Messicana per l’Aiuto ai Rifugiati) che, in collaborazione con l’UNHCR (Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati), fornisce servizi ai richiedenti asilo (carte d’identità, offerte di lavoro, supporto legale) e gli uffici del Progetto Salesiano Tijuana. Si tratta di un insieme di servizi per i più svantaggiati, cioè gli stranieri che arrivano in città in cerca di rifugio con un’attenzione dignitosa verso i loro diritti. Nell’oratorio, le famiglie della colonia vengono assistite con laboratori flessibili e agili, offrendo uno spazio di crescita (è una colonia di lavoratori che negli ultimi anni ha sofferto molto per lo spaccio di droga e gli omicidi dovuti a questa situazione). Per il Progetto Salesiano Tijuana è stato e continua ad essere di grande importanza aprirsi alla creazione di reti e alleanze con varie istituzioni che rafforzano e promuovono l’aiuto ai giovani, ai migranti e alle famiglie in situazioni vulnerabili.

L’Oratorio Domingo Saviosi trova nel cuore della colonia “SánchezTaboada”. Questa colonia è molto particolare. Secondo recenti statistiche, il quartiere Sanchez Taboada occupa il primo posto nella classifica della violenza in città. In questo quartiere sono state uccise 146 persone in meno di cinque mesi, il che lo rende la colonia più violenta; qui è stato registrato il maggior numero di omicidi intenzionali. Qui si trova la nostra presenza salesiana, che sviluppa diversi servizi: una presenza che vuole soprattutto portare speranza alle famiglie e opportunità ai bambini. La situazione di violenza, povertà e la posizione orografica della casa salesiana richiedono un costante sostegno finanziario per mantenere le strutture e per trovare il personale adeguato a fornire i servizi educativi. Tra le attività attualmente offerte ci sono: laboratorio di calcio, laboratorio di chitarra, laboratorio di pallavolo, laboratorio di regolamento scolastico per bambini e adolescenti, laboratorio di inglese e laboratorio di informatica. In questo oratorio, come nelle altre cinque presenze, la catechesi sacramentale e i servizi e le celebrazioni liturgiche sono offerti nella cappella.

L’Oratorio San José Obrero si trova nella parte orientale della città, nella colonia chiamata “Ejido Matamoros”. Dispone di strutture sportive che offrono servizi a un gran numero di giovani, bambini e adulti che vengono a giocare a calcio; nel corso di una settimana, più di mille utenti passano per questo centro sportivo. In questo oratorio, anche il Movimento Giovanile Salesiano è molto attivo, soprattutto per gli adolescenti e i bambini, con il movimento Amici di Domenico Savio, gli accoliti e i cori. La Cappella dell’Oratorio offre servizi liturgici quotidiani aperti alla comunità. La presenza salesiana in questo oratorio comprende anche una scuola superiore che, essendo situata in una zona di così grande crescita della città, può continuare a fornire un servizio educativo indispensabile e, in prospettiva, dovrebbe crescere nel numero di studenti e nella qualità dei suoi servizi educativi.

L’Oratorio San Juan Bosco si trova nella colonia Mariano Matamoros a El Florido. È un’oasi di pace nella parte orientale della città e la chiamiamo così perché nel 2022, anche qui sono stati registrati 92 omicidi. Questa presenza salesiana si trova in una zona di insediamenti di famiglie che lavorano nelle “maquilas” e lì l’opera salesiana ha sviluppato una presenza ampia e complessa, composta da quattro istituzioni: la casa di accoglienza Don Bosco (una casa di accoglienza per donne e bambini, operativa dal dicembre 2021), la scuola Don Bosco (una scuola con 200 alunni, maschi e femmine, che frequentano l’istruzione primaria) l’oratorio – centro giovanile (accoglie bambini, gruppi giovanili, atleti del campionato di calcio e di basket, gruppo di balletto folcloristico, laboratori), la cappella San Juan Bosco (offre servizi liturgici con un grande afflusso di famiglie e bambini che frequentano la catechesi). L’insieme di queste istituzioni dà vita a un centro di integrazione per la comunità locale, essendo uno spazio per una varietà di persone (migranti, bambini, giovani, famiglie) che offre l’opportunità di attualizzare la missione salesiana, rispondendo alle esigenze sociali. Per realizzare queste istituzioni di grande opera sociale, i Salesiani lavorano attraverso accordi di collaborazione con varie organizzazioni civili e governative e creando accordi con le agenzie delle Nazioni Unite (UNHCR, OIM, UNICEF); lavorano anche con grande apertura e flessibilità con altre istituzioni che forniscono sostegno e supporto nelle aree della salute e dell’istruzione.

Il Desayunador Salesiano è un’opera di assistenza sociale che dà vita a due istituzioni (un centro per la colazione e una casa di accoglienza per uomini migranti), che a loro volta forniscono un’ampia gamma di servizi ai beneficiari. Quest’opera salesiana si trova nella zona centro-settentrionale della città di Tijuana. I suoi inizi risalgono al 1999, ma prima di quell’anno alcuni “tacos” venivano già offerti negli uffici del progetto salesiano. Questo servizio di alimentazione dei poveri e dei migranti che vagano per la città si è sviluppato ed evoluto, e nel 2007-2008 è stato istituito con una sede propria per questa attività nel luogo in cui opera attualmente: qui si presta attenzione ai migranti vulnerabili (deportati/rimpatriati, stranieri provenienti dal centro e dal sud del Messico), ai senzatetto, agli anziani, alle famiglie povere o estremamente povere, agli uomini, alle donne e ai bambini che hanno fame.

Tra la varietà di servizi offerti ci sono: colazioni (tra 900 e 1200 al giorno), telefonate all’estero (25 al giorno), docce (fino a 150 al giorno, tre volte alla settimana), tagli di capelli, consegna di cibo alle famiglie povere (3-5 al giorno), offerta di cambio di vestiti (fino a 150 al giorno, tre volte alla settimana), assistenza medica (40-60 al giorno), consulenza legale (8-20 al giorno) su questioni migratorie, assistenza psicologica, supporto e sostegno emotivo, workshop per la prevenzione della violenza contro le donne, laboratori (arte grafica, mosaico bizantino, alebrijes e piñatas, workshop radiofonico ecc.), scambio di lavoro formale e informale (8-20 al giorno), collegamenti con i centri di riabilitazione. L’attività del Desayunador e del rifugio è sostenuta con l’aiuto di volontari giornalieri (locali, nazionali e internazionali) in varie forme o periodi, sviluppando una grande apertura alla collaborazione interistituzionale.

L’impegno salesiano in questo grande Progetto Salesiano Tijuana è fondamentale perché la città continua a crescere, continua ad essere la città di confine con il maggior numero di persone in mobilità e in situazione di migrazione; parlare di Tijuana come confine significa parlare del confine terrestre più attraversato al mondo. Si tratta del passaggio di oltre 20 milioni di veicoli e di oltre 60 milioni di persone che in un anno entrano negli Stati Uniti attraverso questo confine. La migrazione rimane un tema di grande attualità. In questa città di confine, con così tanti migranti, ci sono problemi di traffico di esseri umani, di coinvolgimento nel mondo della vendita e del consumo di droga. La città di Tijuana continua ad offrire grandi opportunità per la realizzazione dei sogni, con un’ampia gamma di posti di lavoro, ma continua anche ad essere una città con un alto livello di criminalità, una delle più violente del Paese.

Senza dubbio, i migranti, i bambini, i giovani e le famiglie guardano al Progetto Salesiano di Tijuana per avere aiuto e speranza nella costruzione del loro futuro. La missione salesiana di Tijuana continua ad essere un luogo dove i sogni di don Bosco e la realizzazione del carisma della Famiglia Salesiana possono prendere vita.

È possibile seguire la presenza salesiana a Tijuana anche attraverso i suoi social network: Facebook, Twitter, Instagram, Youtube.

don Agustín NOVOA LEYVA, sdb
direttore Casa Salesiana Tijuana, Messico