25 Set 2025, Gio

Secondo Congresso dei Coadiutori dell’Africa

⏱️ Tempo per lettura: 11 min.

image_pdfimage_print

Il secondo Congresso Regionale dei Salesiani Coadiutori della Regione Africa-Madagascar si è svolto dal 24 al 29 maggio 2023 a Yaoundé, in Camerun, nella Visitatoria “Nostra Signora dell’Africa” dell’Africa Tropicale Equatoriale (ATE). Il motto del Congresso: “Camminando con Raffaele e Tobia, pedalando con Artemide” ha guidato le giornate di approfondimento del carisma, puntando a promuovere l’identità vocazionale del salesiano coadiutore e ad offrire una visione che aiuti la formazione permanente. Presentiamo l’intervento del Consigliere Regionale, don Alphonse Owoudou.


Introduzione
Il Capitolo Generale 28° ci ha posto una sfida di identità sotto forma di domanda: “Che tipo di Salesiani per i giovani di oggi?”. Questa domanda potrebbe essere rivolta a noi durante questo Congresso dei Fratelli Salesiani: Quali Salesiani per i giovani dell’Africa e del Madagascar di oggi? Le varie riflessioni che hanno alimentato questi giorni ci danno motivo di ridisegnare costantemente il ritratto di ciascuno dei nostri confratelli laici consacrati, ed è questo il contributo che daremo contemplando un libro della Bibbia, il libro di Tobith, una leggenda estremamente profetica, pedagogica e pastorale. Vedremo, attraverso una prospettiva analogica e un po’ ermeneutica, come e in che misura, come don Bosco e in particolare come sant’Artemide Zatti, il Coadiutore è chiamato a diventare un genitore spirituale e un accompagnatore competente per i giovani, per non dire un vero e proprio “sacramento della presenza salesiana”.

1.Camminare con Raffaello e il giovane Tobia
La leggenda di Raffaele e Tobia è un’affascinante storia biblica che riguarda un giovane di nome Tobia e il suo angelo custode, Raffaele. Vorrei riassumere la vita di Tobith dandogli la parola: “Io, Tobith, camminavo nella verità e facevo ciò che era giusto. Facevo l’elemosina alla mia famiglia e ai prigionieri assiri a Ninive e visitavo spesso Gerusalemme per le feste, portando offerte e decime. Quando crebbi, mi sposai ed ebbi un figlio di nome Tobia. Deportato da Sennacherib, mi astenni dal mangiare il loro cibo e Dio mi concesse misericordia davanti a lui. Tramite mio nipote Ahikar, ottenni di tornare a Ninive dove aiutai gli orfani, le vedove e gli stranieri secondo la legge di Mosè”.

Accusato da uno dei cittadini, Tobith viene purtroppo rovinato e persino accecato dagli escrementi di un uccello che gli cadono sul viso. Ricordiamo anche il litigio con la moglie (cap. 2), che aveva portato una pecora: il marito cieco pensava che l’avesse rubata, cosa che fece arrabbiare la moglie, la quale insultò il marito cieco. Tobith aveva un figlio, al quale aveva dato il suo stesso nome. L’arcangelo Raffaele apparve a questo ragazzo in forma umana e gli offrì il suo aiuto. Raffaele accompagna Tobia in una missione difficile, un viaggio pericoloso per raccogliere denaro per la sua famiglia (cap. 4). Durante il viaggio, Raffaele aiuta Tobia a sconfiggere un demone che ha ucciso i mariti delle sue future mogli e cura la cecità di Tobia. Alla fine del viaggio, Tobia sposa Sara, la figlia di un parente lontano, e Raffaele rivela la sua vera identità di angelo di Dio.

Il salesiano laico Artemide Zatti era un religioso e un uomo vicino ai suoi fratelli e sorelle, soprattutto a quelli che soffrivano. Ha dedicato la sua vita ad aiutare i malati e i poveri in Argentina. Zatti era un giovane proveniente da una famiglia povera che iniziò a lavorare all’età di quattro anni per aiutare la famiglia. In seguito emigrò in Argentina con la sua famiglia alla ricerca di una vita migliore. Colpito dalla tubercolosi, guarì e si unì all’ordine salesiano.
Zatti lavorò come farmacista e gestì anche un ospedale, dove fu descritto come molto devoto ai malati e ai poveri. Era anche coinvolto in attività religiose ed era considerato un potenziale candidato alla canonizzazione. Zatti era noto per la sua compassione e dedizione ai pazienti, per la sua competenza medica, per il suo lavoro volto all’espansione dell’ospedale e per la sua eredità duratura. La sua bicicletta, che usava per girare la città visitando i poveri malati, divenne un simbolo della sua vita dedicata agli altri. Zatti rifiutava i regali per sé, preferendo continuare a usare la sua bicicletta, che considerava un mezzo di trasporto sufficiente per adempiere alla sua missione di curare i malati e servire gli altri.

2. I due tweet di papa Francesco e una bicicletta
1. Il fratello salesiano Artemide Zatti, pieno di gratitudine per ciò che aveva ricevuto, ha voluto dire “grazie” facendosi carico delle ferite degli altri: guarito dalla tubercolosi, ha dedicato tutta la sua vita a prendersi cura dei malati con amore e tenerezza.
2. La fede cristiana ci chiede sempre di camminare insieme agli altri, di uscire da noi stessi verso Dio e i nostri fratelli e sorelle. E di saper ringraziare, superando l’insoddisfazione e l’indifferenza che imbruttiscono il nostro cuore.

Papa Francesco, parlando di Zatti, insiste sul “camminare insieme”, ossia condividere e unirsi attraverso l’amore per aiutare coloro che soffrono. Zatti ha dedicato tutta la sua vita a servire i più svantaggiati, utilizzando la sua bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi nei quartieri poveri della città e aiutare i malati. La sua bicicletta divenne così un potente simbolo dei valori che condivideva: umiltà, generosità e semplicità.
Infatti, Zatti non mostrava particolare interesse nel possedere un’auto o persino un motorino quando i suoi amici volevano regalargliene uno. La bicicletta era tutto ciò di cui aveva bisogno per raggiungere il suo nobile obiettivo: aiutare le persone più bisognose di sostegno. La scelta del mezzo di trasporto rifletteva anche un’altra caratteristica intrinseca della sua personalità: l’amore incondizionato che distribuiva senza restrizioni o condizioni a coloro che non avevano la fortuna di ricevere altrettanto, semplicemente perché le loro circostanze sociali o finanziarie non glielo permettevano.
Ogni gesto di Zatti risuonava profondamente con tutti, invitando tutti a seguire il suo esempio. Camminare insieme significa essere disponibili psicologicamente e fisicamente, in modo che ogni persona possa sentirsi sostenuta da chi la circonda, ma soprattutto servire gli altri con gentilezza e compassione, come lui stesso si è preso cura di loro per tanti anni. Queste azioni sono un riflesso concreto del messaggio delineato da papa Francesco sul “camminare insieme”: raggiungere coloro che soffrono per prevedere collettivamente un miglioramento generale del benessere della comunità attraverso un atteggiamento generale di maggiore solidarietà e calore verso gli altri nella nostra vita quotidiana.

3. La nostra missione di accompagnamento e sinodalità

Questa storia tratta dal Libro di Tobith è un esempio eccellente dell’importanza e del ruolo cruciale che l’accompagnamento, la sinodalità e la solidarietà svolgono nella nostra missione comune di servizio agli altri.
Raffaele accompagnò Tobia durante tutto il suo viaggio, compresi gli incidenti, adattandosi a ogni situazione e prendendosi il tempo per rispondere alle sue domande, assistere i suoi compagni e aiutare coloro che stavano soffrendo. Il suo ruolo era quello di incoraggiare, incitare e spingere Tobia ad affrontare le sfide che gli si paravano davanti, affinché potesse raggiungere la sua destinazione. Ma ha fatto di più: gli ha anche fornito un aiuto pratico nelle situazioni in cui era impotente contro le forze invisibili che lo controllavano.

Inoltre, Raffaele non ha lavorato da solo durante il viaggio; ha lavorato fianco a fianco con Tobia per trovare soluzioni adatte alle circostanze. Ha capito che per essere efficace, doveva ascoltare le richieste del giovane, rispettare il suo stile di leadership personale e creare un sistema di cooperazione tra loro per raggiungere l’obiettivo finale che condividevano: sconfiggere Asmodeus e guarire suo padre.
Raffaele e Tobia ci insegnano che per fornire un coaching reale, utile, conveniente e soddisfacente, dobbiamo essere attenti alle esigenze degli altri, uscire dalla nostra zona di comfort se necessario, ascoltare attivamente ciò che hanno da dire, mostrare empatia, ma soprattutto lavorare insieme in modo che ognuno di noi possa contribuire, in base alle proprie capacità specifiche, al raggiungimento degli obiettivi comuni che tutti condividiamo. Questo apprendimento è più che mai attuale, perché senza la collaborazione tra persone con obiettivi comuni, la missione sarà compromessa.

4. Una vocazione “medica” e pastorale
Raffaele, che significa “Dio guarisce”, è conosciuto come uno degli arcangeli della Bibbia, spesso associato alla guarigione e alla protezione. Allo stesso modo, Zatti era considerato un guaritore e un protettore dei malati e dei poveri della sua comunità. Ma questa terapia si svolgeva su diversi livelli. L’amore di Zatti per la povertà, il suo distacco dalle cose materiali e la sua disponibilità ad accettare e persino a mendicare ciò che riteneva necessario per il benessere dei suoi pazienti, sono alcuni dei tratti che lo fanno assomigliare a Gesù, che in realtà era un rabbino e guaritore laico. Era sempre disponibile a qualsiasi ora del giorno e della notte e con qualsiasi tempo, e viaggiava sui vecchi carretti di legno dei contadini se lo incontravano mentre si recava a casa di un paziente. Era anche umile e aveva una bassa opinione di sé, nonostante gli sforzi dei suoi benefattori per elevarlo ai suoi stessi occhi e agli occhi del mondo. La forte vita interiore del Santo Coadiutore, piena di amore per Dio e di fiducia totale nella bontà della divina provvidenza, la sua confessione regolare e il suo amore per il Santissimo Sacramento lo rendevano simile a don Bosco. Spesso leggeva brani della vita dei santi ai malati e, alla fine della giornata, dava loro un piccolo biglietto per la sera. Il buon umore di Zatti si basava anche sulle solide fondamenta della sua vita spirituale e consacrata, e mostrava sempre allegria e buona volontà nell’adempimento dei suoi doveri verso i malati e gli sfortunati. Era anche un pacificatore, aiutando a risolvere i conflitti tra i membri del suo staff e i medici di Viedma e della Patagonia. Queste caratteristiche del nostro santo Coadiutore vengono qui evidenziate perché sono anche un potente antidoto contro i nemici dei nostri tre voti, contro l’indifferenza e la pigrizia pastorale, contro l’attuale allontanamento tra i destinatari e noi stessi, e la strada reale che ci porta lontano dal carrierismo, che si traveste da clericalismo nel mondo religioso.
Alla scuola dell’angelo Raffaele e Zatti, scopriamo che anche noi, salesiani di don Bosco, siamo portatori della Buona Novella, che spesso consiste, come Gesù annunciò nella sinagoga (Luca 4), nel guarire e restaurare. Questa funzione “medica” è una parte importante della nostra missione di servire i giovani e i poveri. E se la “malattia”, come la povertà, può assumere diversi volti, noi Salesiani in generale, e i Salesiani Coadiutori in particolare, siamo noti per le nostre varie lotte contro i mali e le varie forme di precarietà, da cui deriva il nostro immenso lavoro nelle scuole, negli orfanotrofi, negli ospedali, negli oratori e nelle officine e laboratori dei nostri centri di formazione professionale e istituti tecnici. Inoltre, nella nostra Regione, come nella Congregazione, diverse Ispettorie, opere e membri della Famiglia Salesiana sono coinvolti in attività direttamente collegate alla salute, tra cui ospedali, cliniche e centri di assistenza agli anziani. La salute è vista come un aspetto importante del benessere dei giovani e dei poveri, e cerchiamo, con don Variara, con Zatti e altri, di rispondere alle loro esigenze in modo totale e olistico.
Oggi, abbiamo bisogno di una generazione di Salesiani sufficientemente radicati nel cielo, come Raffaele, e profondamente legati alle sfide della terra, come Azarias (il soprannome dell’angelo Raffaele), per preoccuparsi di conciliare il bene temporale con quello dell’eternità, lottando contro tutte le forme di malattia e in difesa della salute, soprattutto quelle che colpiscono i più vulnerabili della nostra società. Abbiamo bisogno di angeli e compagni che possano alleviare le nostre malattie fisiche, mentali ed emotive, così come i problemi di salute legati alla povertà, come la malnutrizione e l’accesso limitato all’assistenza sanitaria. Continuiamo a lavorare per soddisfare queste esigenze in modo efficace e olistico, fornendo un’assistenza sanitaria di qualità e lavorando per migliorare la vita delle persone più vulnerabili.

5. Metafora del rapporto educativo e pastorale
Azarias illustra la perfetta relazione educativa tra il coadiutore salesiano e i Tobia o giovani di oggi. Soprattutto se sappiamo che il soprannome Azarias significa in realtà assistente, ausiliario, coadiutore. Quindi, nello stesso modo in cui un angelo accompagnava un ragazzo verso la maturità, il coadiutore può e deve incoraggiare i giovani a crescere e maturare nelle relazioni con i loro coetanei, nelle cosiddette relazioni paritarie, ma anche nelle relazioni e nei doveri verso la famiglia e i genitori, e il mondo degli adulti in generale, nelle cosiddette relazioni asimmetriche. Ci incoraggia a rileggere questa meravigliosa storia tratta dal Libro di Tobith e a fare nostri i saggi consigli dell’anziano Tobith al figlio e la lezione di vita e di religione che Azarias dà alla famiglia riconciliata, prima di tornare a Dio, cioè a colui che lo ha mandato. Questo è un dettaglio importante: andare e tornare da Dio, Colui che ci ha mandato, come quegli andirivieni sulla scala di Giacobbe, dove gli angeli fanno la spola tra cielo e terra, come per insegnare agli angeli di oggi l’unione con Dio e la predilezione per i poveri della terra.
Sant’Artemide Zatti ci mostra come possiamo assimilare perfettamente questo ruolo nella nostra vita quotidiana: dedicando la sua vita ad aiutare i più giovani e i più poveri, ha fatto molto di più che dispensare semplicemente insegnamenti morali. Ha guidato i giovani verso la crescita personale, riconoscendo le loro capacità interiori e mostrando loro come esprimerle. Ha anche dato l’esempio mostrando compassione per i malati e i poveri; dimostrando con le sue azioni che è possibile cambiare il mondo intorno a noi attraverso l’amore, il dono di sé e il sacrificio.
Il Fratello Salesiano può essere statisticamente una minoranza (in Africa il 9% nelle province più ricche). Eppure si trova in una posizione privilegiata per cogliere questo modello ammirevole, volando verso le periferie della missione con e come l’angelo custode, percorrendo i sentieri della dimensione terrena e secolare della vita, e “pedalando” con Zatti al capezzale dei bisognosi, in tutta umiltà e senza l’arroganza dei grandi mezzi e dell’arsenale di alcuni pastori di oggi. In questo modo, possono imitare la Guida celeste fornita da Dio nella storia di Tobia: motivare l’obbedienza gentile verso il padre anziano e cieco, avviarlo di fronte alle avversità del viaggio, nonché prendere coraggiosamente una decisione importante per il suo futuro, confidare in Dio nei momenti decisivi, in poche parole un coraggio impressionante e un’empatia profonda che permetteranno al ragazzo una crescita armoniosa che lo condurrà verso un’autonomia riflessiva, anche se i suoi genitori, anticipando nella loro ansia la parabola del figliol prodigo, lo aspettavano ogni giorno con preoccupazione. Ma il testo dice che il giovane Tobia conosceva il cuore di suo padre e la tenerezza preoccupata di sua madre.

Conclusione
“Io sono Raffaele, uno dei sette angeli presenti davanti alla gloria del Signore. Non abbiate paura! La pace sia con voi e benedite Dio per sempre. Non abbiate paura di ciò che avete visto, perché era solo un’apparenza. Benedite il Signore, festeggiatelo e scrivete ciò che vi è accaduto”.

Alla fine della storia, Raffaele si definisce come un sacramento della presenza di Dio con Tobia. Esattamente quello che fece e fu Gesù, quello che illustrò il nostro fondatore don Bosco e quello che ci raccomanda il Rettor Maggiore nella terza priorità di questo sessennio. Essere un segno dell’altrove, “come se anche noi potessimo vedere l’invisibile”. L’invisibile in ambienti che sono comunque molto visibili, nelle scuole, nella catechesi, nei laboratori o, come diceva don Rinaldi, nell’agricoltura, dove alcuni Confratelli sanno come coltivare e far fruttare la terra e la creazione. Il coadiutore salesiano è una delle due forme di vocazione consacrata salesiana, l’altra è il sacerdote salesiano. Secondo la CG21, non sono solo i singoli a diffondere il messaggio di don Bosco, ma le sue comunità composte da sacerdoti e laici, fraternamente e profondamente uniti tra loro, chiamati a “vivere e lavorare insieme” (C 49).

La presenza significativa e complementare di chierici e laici salesiani nella comunità è un elemento essenziale della sua fisionomia e della sua pienezza apostolica. Quest’anno, alla luce della Strenna del Rettor Maggiore, siamo nella posizione ideale per ribadire che il coadiutore salesiano non è un laico come gli altri fedeli laici della Chiesa. È un religioso consacrato. Naturalmente, la sua vocazione conserva fortunatamente un legame reale con il concetto di laicità e lo esalta solo nelle sue espressioni più belle. In questo senso, questo secondo Congresso Regionale può legittimamente considerare ciascuno dei nostri Confratelli salesiani come quell’angelo, quell’arcangelo descritto nel libro di Tobith, che sta incessantemente davanti al volto di Dio e che percorre le strade del mondo, volando in aiuto di coloro che sono nel bisogno o in cammino, e portandoli alla lode e al ringraziamento. Ogni Confratello è quindi invitato a contemplare Raffaele che, in una mirabile kenosi, rinuncia al suo rango angelico e scende a percorrere le strade polverose per accompagnare Tobia nel cammino di iniziazione all’età adulta. Questa metafora invita il Fratello salesiano ad accompagnare i giovani di oggi verso la piena cittadinanza come cittadini e credenti, come voleva il nostro fondatore: amore per i genitori (Raffaele esorta Tobia ad obbedire a suo padre), impegno sociale (Raffaele aiuta Tobia e supervisiona le operazioni miracolose per i malati, castità e amore per sposare Sara, e lealtà per diventare l’erede di suo padre e di suo suocero Raguel) e servizio divino (Raffaele si proclama inviato direttamente da Dio e dà consigli per onorare e lodare Dio e amare il prossimo).
Come i messaggeri biblici (angeli) e gli apostoli nella storia della Chiesa, i Confratelli salesiani sono chiamati a essere disponibili, a servire l’unità e l’identità salesiana e la pienezza apostolica, partecipando attivamente alla vita e al governo della Congregazione. Accanto ai loro confratelli diaconi e sacerdoti, accompagnano i giovani – e altri confratelli – nella loro consacrazione e nei loro impegni educativi, integrando e celebrando la diversità all’interno della comunità salesiana. I Confratelli, ben dotati, formati e identificati, sono dei pilastri per i giovani nei loro percorsi di vita, spesso complicati e difficili, proprio come l’Arcangelo Raffaele, alias Azarias, è stato un pilastro, un riferimento sociale e spirituale per Tobia, che ha potuto così compiere la sua missione di figlio e futuro padre. Il lungo cammino di iniziazione dei nostri giovani dall’Africa all’età adulta è già fruttuoso e lo sarà ancora di più se saranno accompagnati da figure significative e persone fidate come Azarias, veri angeli custodi, compagni di Emmaus, capaci – come nelle nostre case di formazione e nelle nostre istituzioni – di educare, formare e accompagnare. Oltre a servire l’unità, l’identità salesiana e la pienezza apostolica all’interno della Congregazione salesiana con tutti i loro talenti, i Confratelli salesiani svolgono un ruolo molto importante come guide e mentori per i giovani che stanno ancora cercando il loro posto nel mondo: una figura simile a Zatti o a Raffaele che può essere vista come un genitore spirituale.

Da Editor BSOL

Editore del sito