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Nella foto, il sig. Juwà Bosco, appartenente al popolo shuar, guarito miracolosamente per intercessione della beata Maria Troncatti.
La seconda figlia di Maria Ausiliatrice agli onori degli altari!
Il messaggio della 99ª Giornata Missionaria Mondiale 2025 trova nella Beata Maria Troncatti una sua realizzazione concreta e luminosa. Suor Maria è stata un’estensione e una continuazione di Gesù Buon Samaritano e dell’Ausiliatrice per gli indigeni shuar e i coloni dell’Ecuador. Ha fatto sue le gioie e le speranze, i diritti dei più deboli e si è fatta madre e difensora della vita umana e spirituale. Educò i due popoli alla solidarietà, pregò e lavorò per creare tra di loro un’umanità felice, solidale e riconciliata. La speranza di affratellare le due etnie “nemiche” e di costruire tra loro una duratura fraternità, fu così forte che la portò a chiedere al Signore di accettare la sua offerta vittimale per la loro riconciliazione. Nulla avrebbe potuto realizzare senza una vita di preghiera e di comunione fraterna.
Per la Giornata Missionaria Mondiale del 2025, anno giubilare, è stato scelto un messaggio focalizzato sulla speranza (cfr Bolla Spes non confundit, 1), intitolato: “Missionari di speranza tra le genti”. Il Santo Padre Francesco, riferendosi alla Bolla di indizione del Giubileo, aveva evidenziato alcuni aspetti importanti dell’identità missionaria che invitavano a mettersi dietro le orme di Cristo, ad essere portatori e costruttori di speranza tra le genti e a rinnovare la missione della speranza. Cristo, nella sua esistenza terrena, è venuto a proclamare ai poveri la liberazione (cfr Lc 4,16-21), e tramite i suoi discepoli “continua il suo ministero di speranza per l’umanità. Egli si china ancora oggi su ogni persona povera, afflitta, disperata e oppressa dal male, per versare «sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza» (Prefazio “Gesù buon samaritano”)”.
Suor Maria Troncatti è stata un’estensione e una continuazione di Gesù Buon Samaritano e dell’Ausiliatrice per gli indigeni shuar e i coloni dell’Ecuador. Nata a Corteno Golgi nel 1883, in Lombardia, divenne Figlia di Maria Ausiliatrice nel 1908. Partì da Nizza nel 1922 per l’Ecuador e dal 1925 fino al 1969 (anno della sua nascita al cielo) fu “pioniera” nella nuova missione dell’Oriente amazzonico. Con il balsamo della sua squisita maternità (era familiarmente chiamata “madrecita”!) andava con slancio incontro a tutti i suoi destinatari per aiutarli, sanarli e salvarli: malati, uomini feriti a causa della legge della vendetta, vittime di avvelenamento, bambine e adolescenti fuggite da una chivaria dove le famiglie erano in lite, donne colpite con l’ascia da mariti violenti e ubriachi, piccoli indesiderati, neonati orfani per l’avvelenamento delle madri, e questi ultimi erano l’oggetto della sua predilezione. Da giovane suora a Varazze, nel periodo della Prima guerra mondiale, aveva fatto un corso da infermiera crocerossina e conosceva bene come fasciare e cosa versare sulle ferite per farle guarire. Vi erano anche ferite da curare nello spirito. Così il suo botiquìn diventò, oltre che ambulatorio, anche una “camera caritatis”, un centro di formazione umana e spirituale, una sede di coraggiosi esami di coscienza, un vero e proprio ambulatorio dell’anima. Mentre disinfettava e medicava le ferite, il suo sguardo era rivolto all’anima bisognosa del balsamo del perdono di Dio.
Quando le veniva chiesto con quali medicine guariva i casi più disperati che raggiungeva in canoa, a cavallo o a piedi, rispondeva: “Non so”. Per quanto inspiegabile, riusciva a guarire le persone. Davanti ai pazienti manifestava la sua speranza riposta solo in Dio e nella Madonna, con frasi semplici ma incisive che incoraggiavano gli ascoltatori a rifugiarsi sotto il manto della Vergine Santa: “Io vi do le medicine, ma chi vi ottiene la guarigione è Maria Ausiliatrice!”.
Anche i confratelli salesiani la definivano affettuosamente: “como una madre”, “una verdadera madre”, “una mamá”. Suor Maria li invitata nel suo botiquin, ascoltava le loro difficoltà e le gioie legate all’evangelizzazione, offriva loro una bevanda fresca, un medicinale o un rimedio per i piedi stanchi e malandati e li rigenerava fisicamente e spiritualmente.
La Beata Maria Troncatti aveva fatto sue le concrete condizioni di vita di coloro a cui era stata mandata a portare il lieto annuncio della salvezza e della speranza. Infatti Papa Francesco nel messaggio, riferendosi al Concilio Vaticano II, ricorda ai credenti che «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Gaudium et spes, 1).
Unita a Cristo e spinta dall’amore di Cristo, Suor Maria ha saputo non solo ascoltare il grido dei poveri che le chiedevano vita e salute, dignità e diritti, ma ha fatto proprie le loro speranze e i loro dolori. Custode premurosa e responsabile della vita di tutti, e in special modo delle fasce più deboli, mentre curava gli shuar si faceva difensora dei loro diritti, specialmente quelli riguardanti la terra, i salari, gli acquisti e le vendite e seguiva ogni fase pur sapendo che alcuni coloni non erano contenti di questo progresso. I coloni usavano gli shuar come servi o come operai per disboscare la terra a loro profitto in cambio di compensi irrisori, pattuiti con degradante egoismo, ad esempio: specchi, pettini, collanine. Suor Maria si rendeva maternamente conto di tutto e consigliava per il meglio.
La speranza di un rapporto di pace e di riconciliazione tra le due etnie fu sempre il sogno di Suor Maria, delle FMA e dei confratelli Salesiani. Il loro scopo era educare insieme le nuove generazioni di “etnie avversarie”, promuovendo una convivenza serena tra di loro a scuola, nell’internato e nel cortile. Volevano educarle all’incontro, al riconoscimento e alla stima delle diverse culture. Anche l’ospedale Pio XII era considerato una casa di tutti, dove ognuno veniva accolto senza distinzioni e curato sia nel corpo che nello spirito, con grande competenza e tanto cuore da suor Maria.
Il futuro di quello spicchio di terra amazzonica si costruiva solo sulla fraternità e ciò trovò grande eco nel suo cuore, tanto da chiedere al Signore di accettare la sua offerta vittimale per la loro riconciliazione, una riconciliazione che fiorì in modo stabile dopo la sua morte, avvenuta in un incidente aereo il 25 agosto 1969. Suor Maria aveva affermato: “Sarei molto contenta di poter offrire la mia vita perché la pace ritorni in questa popolazione”. Quel giorno i coloni e gli Shuar affermarono che era morta la loro ‘mamma’; che era morta una santa! Consolata dal Cuore di Cristo, ella divenne per tutti segno di consolazione e di speranza.
Con la sua vita e la morte fu una vera artigiana di riconciliazione e di pace e restauratrice «di una umanità spesso distratta e infelice», come sollecitava Papa Francesco.
Educò ad una umanità solidale e riconciliata promuovendo la responsabilità tra le giovani. Infatti, per ogni villaggio si dedicava a preparare giovani infermiere che potessero offrire il primo soccorso. Inoltre, organizzò corsi di cucito, cucina, igiene e puericultura per completare la formazione degli internati. Per salvare i piccoli shuar abbandonati, invitò le donne cristiane shuar o colone a fare da balie, adottandoli, e molte donne italiane si impegnarono a sostenere questi bambini a distanza.
Suor Maria creò una rete di umanità attenta agli altri e felice di realizzare il bene, un’umanità che nel messaggio della Giornata Mondiale delle Missioni prende di nome di «umanità pasquale» e «gente di primavera», in quanto è «la Pasqua del Signore che segna l’eterna primavera della storia» e perciò «la morte e l’odio non sono le ultime parole sull’esistenza umana (cfr “Catechesi”, 23 agosto 2017)».
Questa speranza – affermava Francesco ‒ fonda le sue radici nella preghiera e la comunione fraterna. Suor Maria tra un dialogo ed una bevanda fresca, o tra un medicinale da somministrare, un dente da togliere e una pallottola da estrarre con un semplice temperino, una ferita infetta da pulire e bendare, aveva sempre tra le labbra la preghiera dell’Ave Maria ed ogni giorno si svegliava prima dell’alba per essere in cappella prestissimo e vivere nel silenzio la Via Crucis. Anche prima di iniziare le cure, Suor Maria diceva: “Un attimo”. Era un tempo breve di discernimento, di coraggio, di decisione e forza per agire e poi ripeteva: “Gesù mio! Maria Ausiliatrice, prega per noi”.
A conclusione del suo messaggio Francesco asserisce che «l’evangelizzazione è sempre un processo comunitario, come il carattere della speranza cristiana (cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Spe Salvi, 14)». La Beata Maria Troncatti era sempre stata l’anima della coesione tra lei e le suore della comunità; tra le FMA e confratelli salesiani; tra loro e i popoli che dovevano riconoscersi ‘fratelli’.
Il desiderio della comunione e della bontà materna pronta a qualsiasi sacrificio per il prossimo, l’accompagnarono fino alla fine. Da anziana era sempre davanti alla porta dell’Ospedale Pio XII, pronta all’accoglienza. Diceva: «Non posso più lavorare, ma sono contenta di trattenermi con i miei poveri selvaggi: sempre vengono infermi nell’ospedale, sempre vengono da lontano a visitarmi».
Il messaggio di questa Giornata Missionaria Mondiale trova nell’esistenza della Beata Maria Troncatti una sua realizzazione concreta e luminosa. Papa Leone XIV la canonizzerà proprio il 19 ottobre 2025 insieme ai Beati Ignazio Choukrallah Maloyan, Peter To Rot, Vincenza Maria Poloni, Maria del Monte Carmelo Rendiles Martínez, José Gregorio Hernández Cisneros e Bartolo Longo.
Settantaquattro anni dopo la canonizzazione della Cofondatrice Santa Maria Domenica Mazzarello, presieduta da Papa Pio XII nella Basilica di San Pietro in Vaticano il 24 giugno 1951, un’altra Figlia di Maria Ausiliatrice dal cuore pienamente missionario verrà dichiarata Santa, e proprio nell’anno giubilare della Speranza: la Beata Maria Troncatti, che è stata una vera missionaria di speranza tra le genti!
Sr Francesca Caggiano FMA
Cause dei Santi FMA, Roma
Professa nell’Istituto nel 1993 è stata insegnante e direttrice di Pastorale Giovanile diocesana a Oria e San Severo. Ha conseguito la licenza in Cristologia nel 2025 a Roma. Dal 2005 segue la Causa di don Felice Canelli, prete diocesano di San Severo e salesiano cooperatore. Dal 2008 è la Vicepostulatrice. Don Canelli viene dichiarato Venerabile nel 2021. Nel 2017 ha frequentato il corso dello Studium del Dicastero delle Cause dei Santi. Dal 2019 è a Roma come Vicepostulatrice della Causa della Serva di Dio Madre Rosetta Marchese, settima successora di Santa Maria Domenica Mazzarello e dal 2021 ha accompagnato la fase diocesana e romana per il miracolo che ha portato alla canonizzazione della Beata Maria Troncatti. È Postulatrice dal 2022 della Causa della Venerabile Rachelina Ambrosini della Diocesi di Benevento.