23 Ott 2025, Gio

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Suor Maria Troncatti, Figlia di Maria Ausiliatrice, dichiarata santa il 19 ottobre 2025, ha vissuto la sua vita tendendo le mani verso il Signore con supplica e abbandono e stendendole verso il prossimo in segno di aiuto, consolazione e guarigione. È stata missionaria del Vangelo, ha annunciato il Regno di Dio, ha guarito gli infermi, ha girato di villaggio in villaggio e ha operato guarigioni del corpo e dell’anima. Le mani di suor Maria sono state mani che hanno accolto, aiutato, curato e benedetto.

Mani che curano e guariscono
Infatti, quale festa e insieme che gran spavento è il primo incontro con gli indios Shuar nel cammino verso Macas, in piena foresta amazzonica dell’Ecuador, cento anni fa, dopo un viaggio di oltre un mese tra mille pericoli e difficoltà. Il benvenuto è condizionato da un salvacondotto, in mancanza del quale non è previsto alcun rinvio né rimpatrio obbligato, ma solo un’esecuzione sommaria. Una figlia adolescente del cacique, capo tribù, alcuni giorni prima era stata colpita accidentalmente da una pallottola di fucile per una rivalità tra famiglie avverse. La ferita è ormai suppurata. Lo stregone interpellato si è rifiutato di procedere e il caso è grave. Sapendo che tra i missionari c’è una “doctora”, senza troppi preamboli viene posta l’alternativa: “Se la curi, ti accogliamo; se muore, ti uccidiamo”. Un gesto significativo dice che la stessa sorte è riservata agli altri del gruppo. Intanto alcuni guerrieri, come “statue vendicatrici”, presidiano la piccola missione. Tutti guardano suor Maria con occhi supplichevoli. Il capo apre la porta, viene portata la fanciulla e deposta sopra un tavolo. “Suor Maria, la operi”, dice mons. Domenico Comin, vicario apostolico. “Non sono medico, monsignore; e poi con che cosa, con quali strumenti?” “Tutti noi pregheremo mentre lei opera”, insiste l’ispettrice madre Mioletti. Anche la fanciulla la guarda. Suor Maria le pone una mano sulla fronte: scotta. La missionaria chiede di far bollire dell’acqua, si ricopre di un telo bianco e, con l’aiuto di tintura di iodio e di un temperino tascabile accuratamente sterilizzato alla fiamma, procede a un taglio deciso, invocando mentalmente l’Ausiliatrice, mentre i missionari stanno in cappella a pregare. Come sospinta da una mano ignota, la pallottola balza fuori e cade a terra, fra le risate scomposte dei Kivari che esprimono la loro soddisfazione. “La Madonna mi ha aiutata”, scrisse suor Maria; “ho visto un miracolo: ho potuto estrarre la pallottola e la bambina si sanò, grazie a Maria Ausiliatrice e a Madre Mazzarello”. Così, attribuendo l’inizio della sua opera alla materna intercessione dell’Ausiliatrice, le si apre il vasto campo della missione: curando una bambina come primizia e segno di tutta l’attenzione che suor Maria e le consorelle salesiane porranno nel difendere e promuovere la vita e la crescita delle bambine e delle ragazze in modo particolare. Una bambina ferita a causa di un odio tribale e vendicativo contro il quale suor Maria, con tutti i missionari, combatterà la buona battaglia del Vangelo, annunciando la forza redentiva del perdono e della riconciliazione.

Mani oranti
Ella accompagnava la direzione delle anime con il rosario in mano, offrendo i misteri del dolore di Cristo, delle sue gioie e dei suoi trionfi per coloro che si accostavano a lei. La sua sollecitudine sapeva cogliere, insieme al problema medico, il contesto vitale e familiare, poiché “non poteva vedere nessuno soffrire. Faceva tutti gli sforzi per dare soluzione a ogni difficoltà e lasciare ognuno in pace”. Il fine ultimo è ben chiaro: portare o riavvicinare tutti a Dio. “Con il rosario in mano risolveva casi difficili, tanto materiali, come la cura di ammalati, quanto situazioni economiche difficili, come quelle spirituali: ricomposizione di famiglie divise, ritorno all’amicizia con Dio di coloro che stavano per anni lontani da lui”. Il suo botiquín diventa così ambulatorio per le anime. “Quando curava gli ammalati, suor Maria si interessava vivamente della loro vita religioso-morale e dei problemi di ciascuno e di quelli della famiglia. Sapeva orientare e animare, sapeva guidare e correggere con chiarezza”. Il suo amore per gli ammalati era davvero eroico: lasciava tutto e, a qualunque ora del giorno e della notte, col bello o col cattivo tempo, andava dove veniva chiamata con un bastone in una mano e un rosario nell’altra, e non aveva pace finché non era riuscita a migliorare lo stato di salute dell’ammalato o ad aiutarlo a morire bene.

Mani miracolose
Un uomo terribilmente ustionato e impazzito per il dolore viene così curato da suor Maria: per due giorni e due notti inizia la cura con il rosario e lo medica per qualche settimana. Dopo trenta giorni questo uomo, con la moglie, va a sciogliere il voto fatto alla Vergine Purísima di Macas: è completamente sano, senza alcun segno o cicatrice sulla pelle. Nessuno avrebbe creduto che potesse sopravvivere a quella prova. Dio lo guarì attraverso le miracolose mani, le orazioni giornaliere e il cuore materno di suor Maria. Il suo zelo è ben fotografato da questo giudizio: “eroica nella pratica della carità. Non guardava a sacrifici né a pericoli né a contagi; meno ancora si arrestava davanti ai fenomeni atmosferici che potevano essere avversi… bastava saper che qualcuno stesse soffrendo perché volasse in suo aiuto, portando nel cuore la speranza di poter fare del bene, anche alle loro anime”. Intraprese con altre consorelle un’immensa attività evangelizzatrice e di promozione umana in mezzo ai numerosissimi rischi, non esclusi quelli causati dagli animali feroci della foresta. Le località di Macas, Sevilla Don Bosco e Sucúa sono tuttora alcuni dei “miracoli” fiorenti della sua attività di infermiera, chirurgo e ortopedico, dentista e anestesista. Ma anzitutto fu catechista e testimone del Signore, annunciatrice della Buona Novella.

Mani che spengono il fuoco dell’odio e della vendetta
Intorno ai sette-otto anni Maria si trova, durante l’estate, al Col d’Aprica (Sondrio) con altri pastorelli che, riuniti i loro greggi, giocano accanto al ruscello. I ragazzetti, per asciugarsi dopo un acquazzone, decidono di accendere un focherello, ma un improvviso colpo di vento spinge la fiamma verso Maria e una vampata lambisce il suo vestitino e le sue calze. Spaventata, cerca di spegnere con le mani le fiamme; mentre le calze sembrano friggere sulle gambe, le mani, arse, si anneriscono e restano come sigillate. Provvidenzialmente un uomo di passaggio sulla vicina mulattiera corre, spegne il fuoco e, mentre cerca di medicarla con dell’olio, esclama: “Povera bambina, non potrà mai più adoperare le mani!”. A distanza di poche ore, però, le mani e le braccia tornano ad essere sane e belle, senza alcuna traccia di ustione, mentre le cicatrici sulle gambe rimarranno per tutta la vita. Ci sarà un altro fuoco che lambirà la vita di Maria Troncatti: quello dell’odio e della vendetta, che spesso vedrà divampare nella sua avventura missionaria tra gli Shuar e tra i coloni. Un fuoco che lei cercherà di spegnere con l’olio della bontà e, al termine della vita, con quello della sua stessa vita offerta in sacrificio. E quelle mani che il fuoco sembrava non consentisse più usare saranno strumenti per il fuoco di carità che daranno sollievo, cura e conforto a tante persone.

Mani che si abbandonano in Dio
Alle sorelle che le manifestano la loro angustia e timore per la situazione creatasi a Sucúa, in Ecuador, dopo l’incendio che ha distrutto la missione salesiana nel luglio del 1969, con decisione e fermezza risponde: “Figlioline, non temete e non abbiate paura per tutto ciò che è avvenuto; abbandoniamoci nelle mani di Dio e preghiamo per la conversione dei malvagi! Restino in pace! Confidino nella Vergine Ausiliatrice e vedranno che questa angoscia non durerà molto tempo: molto presto arriverà la tranquillità e la calma! Io ve lo assicuro!”. Sono parole di addio, nella pace di un’esistenza tutta donata. Ben presto, dopo la tragica morte avvenuta il 25 agosto 1969, la fama di santità divenne vox populi. Così la gente andava ripetendo: “era morta come una santa”. E tutti volevano toccare ancora una volta quelle mani operose e prodigiose. La gente del posto si sentiva orfana, ma era convinta di avere in suor Maria “una protettrice in cielo perché lei era una santa”.
Questa fiduciosa e incrollabile speranza la faceva vivere sempre abbandonata nelle mani di Dio e la spingeva anche a infondere in coloro che essa assisteva con la sua carità materna il pensiero della futura felicità promessa dal Padre a chi lo cerca con amore e fiducia in questa vita. Era una speranza che si manifestava visibilmente anche e solo nella sua ingenua filiale fiducia nella divina assistenza: infatti l’incrollabile aspirazione al Cielo non solo la sosteneva nelle immancabili e non poche difficoltà incontrate nell’assolvimento della propria missione e, nonostante tutto, la faceva confidare incondizionatamente nell’aiuto divino per risolvere tanti problemi di ordine pratico e per tener in vita le attività caritative della missione, ma, inoltre e soprattutto, infondeva nel suo cuore quella pace e quella tranquillità che ella comunicava anche agli altri. “Quale era la sua fede, così era la sua speranza! Si può dire di lei che sperava contro ogni speranza. Nulla la spaventava, nulla la turbava: la sua speranza era sconfinata. Per suor Maria, tutto era motivo di sperare in Dio e nella ricompensa che Egli dà a coloro che vivono dedicati alla sua causa. Né temeva la morte improvvisa; anzi la chiedeva a Dio e la considerava una ricompensa, perché per lei Dio era un Padre di immensa bontà e misericordia, e in Lui confidava totalmente”.

P. Pierluigi CAMERONI

Salesiano di Don Bosco, esperto di agiografia, autore di vari libri salesiani. È il Postulatore Generale della Società Salesiana di san Giovanni Bosco