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Nel percorso della storia salesiana, il Beato Filippo Rinaldi occupa un posto speciale. Terzo successore di Don Bosco e ultimo ad averlo conosciuto personalmente, rimane una figura discreta ma luminosa: uomo di profonda umiltà, educatore concreto, guida spirituale capace di leggere i tempi senza perdere la radice. Oggi è riconosciuto come un maestro di paternità, di pedagogia incarnata e di spiritualità salesiana vissuta nella vita quotidiana.
Una vocazione che nasce lentamente
Filippo Rinaldi nasce il 28 maggio 1856 a Lu Monferrato, in una famiglia di agricoltori. Nulla lasciava immaginare un futuro sacerdotale: la sua vocazione arrivò con fatica, tra esitazioni e fughe. Fu Don Bosco a cercarlo e a convincerlo con una pazienza tutta paterna.
A ventun anni entrò a Valdocco e trovò in Don Bosco non solo un formatore, ma un padre che lo accompagnò passo dopo passo. Filippo non era brillante negli studi, ma rivelò presto una grande capacità di relazione, ascolto e discernimento.
Ordinato sacerdote nel 1882, iniziò il suo ministero in Spagna, dove animò le opere con energia missionaria e spirito organizzativo. Tornato in Italia, divenne Direttore spirituale della Congregazione, fino alla sua elezione a Rettor Maggiore nel 1922, in un momento fragile dopo le figure imponenti di Don Rua e Don Albera.
Rinaldi portò uno stile nuovo: meno severo, più paterno; meno centrato sulle strutture, più sulle persone. Il suo governo fu segnato dalla fiducia e da una straordinaria capacità di incoraggiare senza forzare.
Il ritratto di un padre
Chi lo conobbe lo descrive come un uomo vigoroso, ma dal tratto dolce e rassicurante. Non amava i riflettori, ma la vicinanza silenziosa. Moderno nel pensare, semplice nel parlare, aveva un modo tutto suo di accompagnare: senza rimproveri, ma con fermezza buona.
Tra il 1913 e il 1915, durante le conferenze ai giovani studenti di Foglizzo, offrì le linee più mature della sua visione educativa. Quelle parole — trascritte dai suoi allievi — rivelano un educatore realista, capace di custodire lo spirito di Don Bosco aprendolo alle nuove sfide del Novecento.
Educare prevenendo, non correggendo
Don Rinaldi fu un grande interprete del sistema preventivo. Ripeteva che il compito dell’educatore è “mettere i giovani nell’impossibilità di sbagliare”, non attraverso divieti ma creando un ambiente sano, dove sentirsi amati e accompagnati.
Non si tratta di evitare le difficoltà, ma di far crescere interiormente. Il salesiano, secondo Rinaldi, deve essere presenza viva, non spettatore: condividere il tempo, gli ambienti, i giochi, le fatiche.
Per lui l’educazione non nasce sui libri, ma nella relazione. Diffidava della pedagogia “da cattedra” e invitava a imparare dagli stessi giovani:
«L’educatore deve conoscere la vita, le anime, e avere lo spirito del sacrificio.»
La scienza è utile, ma solo se unita all’esperienza, alla bontà e alla santità quotidiana.
Una Congregazione che cresce come una famiglia
Durante il suo rettorato, Don Rinaldi rinnovò la vita salesiana senza strappi. Distinse con chiarezza i ruoli della comunità educativa — Direttore come padre, Prefetto per l’organizzazione, Catechista per la crescita spirituale — ma senza creare distanze.
Il suo obiettivo era uno solo: lo spirito di famiglia. Non una comunità militarizzata, ma una casa dove ciascuno si sente accolto e responsabile.
Tra le sue intuizioni più feconde ci fu il rilancio delle compagnie giovanili, gruppi educativi interni agli oratori e ai collegi. Non semplici associazioni, ma spazi dove i giovani stessi diventavano protagonisti, sostenendo i compagni e imparando a servire. Una vera scuola di cittadinanza e di fede.
Tradizione e novità: una fedeltà creativa
Rinaldi non si limitò a custodire ciò che Don Bosco aveva fatto: si domandava che cosa farebbe oggi Don Bosco.
Per questo incoraggiò la revisione dei regolamenti, l’aggiornamento delle opere, l’attenzione al mondo che cambiava. Non per cambiare lo spirito, ma per renderlo vivo.
Per lui, l’identità salesiana non si difende irrigidendosi, ma respirando con il tempo presente: curando la fedeltà allo spirito, non alla lettera, avendo coraggio nell’innovare senza rompere, ponendo la centralità della persona più che delle strutture.
In questo fu sorprendentemente moderno e anticipatore.
Una spiritualità concreta e luminosa
Accanto al pedagogo, emerge l’uomo spirituale. Don Rinaldi era profondamente devoto a Maria Ausiliatrice, ma non fu mai un mistico distaccato. La sua spiritualità era semplice, quotidiana, fatta di fiducia e realismo.
Seguiva la linea di San Francesco di Sales: dolcezza, ottimismo cristiano, e una serenità che nasce dall’abbandono a Dio.
Sapeva che la santità non è un’eccezione, ma una strada concreta: vissuta nella pazienza, nel servizio, nell’educazione.
Padre di una famiglia più grande
Il suo sguardo non si limitò ai salesiani consacrati. Rinaldi fu un costruttore di Famiglia Salesiana: rafforzò i Cooperatori, sostenne con energia le Figlie di Maria Ausiliatrice, e incoraggiò la presenza apostolica dei laici.
Nel 1921 fondò a Ivrea il primo studentato missionario per i giovani destinati alle missioni estere: un segno di fiducia nei giovani e nell’universalità del Vangelo.
Morì il 5 dicembre 1931. Col tempo, la sua figura si rivelò in tutta la sua grandezza. Il 29 aprile 1990 Giovanni Paolo II lo proclamò Beato, riconoscendo la sua santità semplice e paterna.
Una eredità che parla ancora
Oggi, la figura di Don Filippo Rinaldi torna a essere fonte di ispirazione. In un mondo che fatica a educare e a generare fiducia, la sua testimonianza ricorda che educazione e santità camminano insieme.
Ha portato l’eredità di Don Bosco nel cuore del XX secolo con fedeltà creativa: senza nostalgie, senza forzature, con la forza silenziosa dell’amore che accompagna.
Il suo messaggio resta attuale:
– educare è un atto di paternità e di fiducia;
– lo spirito salesiano vive quando diventa casa;
– l’innovazione è vera solo quando nasce dal Vangelo.
Don Rinaldi continua a insegnare che la santità non è fatta di gesti straordinari, ma di bontà quotidiana. È il segreto più semplice — e più rivoluzionario — di ogni educazione che nasce dal cuore.

