Apparizione della Beata Vergine sulla montagna di La Salette

Don Bosco propone una dettagliata narrazione dell’“Apparizione della Beata Vergine sulla montagna di La Salette”, avvenuta il 19 settembre 1846, sulla base di documenti ufficiali e delle testimonianze dei veggenti. Ricostruisce il contesto storico e geografico – due giovani pastorelli, Massimino e Melania, nell’asma delle Alpi – l’incontro prodigioso con la Vergine, il suo messaggio di ammonimento contro il peccato e la promessa di grazie e provvidenze, nonché i segni soprannaturali che ne accompagnarono le dimostrazioni. Presenta le vicende della diffusione del culto, l’influsso spirituale sugli abitanti e sul mondo intero, e il segreto rivelato solo a Pio IX per rinvigorire la fede dei cristiani e a testimoniare la perenne presenza dei prodigi nella Chiesa.

Protesta dell’Autore
Per ubbidire ai decreti di Urbano VIII mi protesto, che a quanto si dirà nel libro di miracoli, rivelazioni, o di altri fatti, non intendo di attribuire altra autorità, che umana; e dando ad alcuno titolo di Santo o Beato, non intendo darlo se non secondo l’opinione; eccettuate quelle cose e persone, che sono state già approvate dalla S. Sede Apostolica.

Al lettore
            Un fatto certo e meraviglioso, attestato da migliaia di persone, e che tutti possono anche oggidì verificare, è l’apparizione della beata Vergine, avvenuta il 19 settembre 1846 (Su questo fatto straordinario si possono consultare molte operette e parecchi giornali stampati contemporaneamente al fatto e segnatamente: Notizia sull’apparizione di Maria SS. Torino, 1847; Santo officiale dell’apparizione, ecc., 1848; Il libretto stampato per cura del sac. Giuseppe Gonfalonieri, Novara, presso Enrico Grotti)
Questa nostra pietosa Madre è apparsa in forma e figura di gran Signora a due pastorelli, cioè ad un fanciullo di 11 anni, e ad una villanella di 15 anni, là sopra una montagna della catena delle Alpi situata nella parrocchia di La Salette in Francia. Ed essa comparve non pel bene soltanto della Francia, come dice il Vescovo di Grenoble, ma pel bene di tutto il mondo; e ciò per avvertirci della gran collera del suo Divin Figlio, accesa specialmente pei tre peccati: la bestemmia, la profanazione delle feste e il mangiar grasso nei giorni proibiti.
A questo tengono dietro altri fatti prodigiosi raccolti eziandio da pubblici documenti, oppure attestati da persone la cui fede esclude ogni dubbio intorno a quanto riferiscono.
Questi fatti valgano a confermare i buoni nella religione, a confutare quelli che forse per ignoranza vorrebbero porre un limite alla potenza e alla misericordia del Signore dicendo: Non è più il tempo dei miracoli.
Gesù disse che nella sua Chiesa si sarebbero operati miracoli maggiori che Egli non operò: e non fissò né tempo né numero, perciò finché vi sarà la Chiesa, noi vedremo sempre la mano del Signore che farà manifesta la sua potenza con prodigiosi avvenimenti, perché ieri ed oggi e sempre G. C. sarà quello che governa e assiste la sua Chiesa fino alla consumazione dei secoli.
Ma questi segni sensibili della Onnipotenza Divina sono sempre presagio di gravi avvenimenti che manifestano la misericordia e la bontà del Signore, oppure la sua giustizia e il suo sdegno, ma in modo che se ne tragga la sua maggior gloria e il maggior vantaggio delle anime.
Facciamo che per noi siano sorgente di grazie e di benedizioni; servano di eccitamento alla fede viva, fede operosa, fede che ci muova a fare il bene e a fuggire il male per renderci degni della sua infinita misericordia nel tempo e nella eternità.

Apparizione della B. Vergine sulle montagne della Salette
            Massimino, figlio di Pietro Giraud, falegname del borgo di Corps, era un fanciullo di 11 anni: Francesca Melania figlia di poveri parenti, nativa di Corps era una giovinetta di anni 15. Niente avevano di singolare: Ambedue ignoranti e rozzi, ambedue addetti a guardare il bestiame su pei monti. Massimino non sapeva altro che il Pater e l’Ave; Melania ne sapeva poco più, tanto che per la sua ignoranza non era ancora stata ammessa alla s. Comunione.
Mandati dai loro genitori a guidare il bestiame nei pascoli, non fu se non per puro accidente che il giorno 18 settembre, vigilia del grande avvenimento, s’incontrarono sul monte, mentre abbeveravano le loro vacche ad una fontana.
La sera di quel giorno, nel far ritorno a casa col bestiame, Melania disse a Massimino: «Domani chi sarà il primo a trovarsi sulla Montagna?» E all’indomani, 19 settembre, che era un sabato vi salivano insieme, conducendo ciascuno quattro vacche ed una capra. La giornata era bella e serena il sole brillante. Verso il mezzogiorno udendo suonare la campana dell’Angelus, fanno breve preghiera col segno della s. Croce; di poi prendono le loro provvisioni di bocca e vanno a mangiare presso una piccola sorgente, che era a sinistra d’un ruscelletto. Finito di mangiare, passano il ruscello, depongono i loro sacchi presso una fontana asciutta, discendono ancora qualche passo, e contro il solito si addormentano a qualche distanza l’uno dall’altro.
Ora ascoltiamo il racconto dagli stessi pastorelli tal quale essi lo fecero la sera del 19 ai loro padroni e di poi le mille volte a migliaia di persone.
Noi ci eravamo addormentati… racconta Melania, io mi sono svegliata la prima; e, non vedendo le mie vacche, svegliai Massimino dicendogli: Su andiamo a cercare le nostre vacche. Abbiamo passato il ruscello, siamo saliti un po’ in su, e le vedemmo dalla parte opposta coricate. Esse non erano lontane. Allora tornai giù a basso; e a cinque o sei passi prima di arrivare al ruscello, vidi un chiarore come il Sole, ma ancor più brillante, non però del medesimo colore, e dissi a Massimino: Vieni, vieni presto a veder là abbasso un chiarore (Erano tra le due e le tre ore dopo mezzogiorno).
Massimino discese subito dicendomi: Dov’è questo chiarore? E glielo indicai col dito rivolto alla piccola fontana; e lui si fermò quando lo vide. Allora noi vedemmo una Signora in mezzo alla luce; essa sedeva sopra un mucchio di sassi, col volto tra le mani. Per la paura io lasciai cadere il mio bastone. Massimino mi disse: tienilo il bastone; se la ci farà qualche cosa, le darò una buona bastonata.
In seguito questa Signora si levò in piedi, incrocicchiò le braccia e ci disse: «Avanzatevi, miei ragazzi: Non abbiate paura; son qui per darvi una gran nuova.» Allora noi passammo il ruscello, ed essa si avanzò sino al luogo, dove prima ci eravamo addormentati. Essa era in mezzo a noi due, e ci disse piangendo tutto il tempo che ci parlò (ho veduto benissimo le sue lagrime): «Se il mio popolo non si vuole sottomettere, sono costretta dì lasciar libera la mano di mio Figlio. Essa è così forte, così pesante, che non posso più trattenerla.»
«È gran tempo che soffro per voi! Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, debbo pregarlo costantemente; e voi altri non ne fate conto. Voi potrete ben pregare, ben fare, giammai non potrete compensare la sollecitudine, che mi sono data per voi.»
«Vi ho dati sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non si vuole accordarmelo. Questo è ciò che rende tanto pesante la mano di mio Figlio.»
«Se le patate si guastano, è tutto per causa vostra. Ve lo feci vedere l’anno scorso (1845); e voi non avete voluto farne caso, e, trovando patate guaste, bestemmiavate mettendovi frammezzo il nome di mio Figlio.»
«Continueranno a guastarsi, e quest’anno per Natale non ne avrete più (1846).»
«Se avete del grano non dovete seminarlo: tutto ciò che voi seminerete, sarà dai vermi mangiato; e quello che nascerà andrà in polvere, quando lo batterete.»
«Verrà una grande carestia» (Avvenne difatti una grande carestia in Francia, e sulle strade si trovavano grandi torme di pezzenti affamati, che si recavano a mille a mille per le città per questuare: e mentre che da noi in Italia incari il grano in sul far della primavera 1847, in Francia per tutto l’inverno del 46 – 47 si patì gran fame. Ma la vera penuria di alimenti, la vera fame fu provata nei disastri della guerra del 1870-71. In Parigi da un grande personaggio fu imbandito ai suoi amici un lauto pranzo di grasso nel venerdì Santo. Pochi mesi dopo in questa medesima città i più agiati cittadini furono costretti a nutrirsi di vili alimenti e di carni dei più sozzi animali. Non pochi morirono di fame)
«Avanti che venga la carestia, i fanciulli al di sotto dei sette anni saranno presi da un tremore e moriranno tra le mani delle persone che li terranno: gli altri faranno penitenza per la carestia.»
«Le noci si guasteranno, e le uve marciranno…» (Nel 1849 le noci andarono a male da per tutto; e quanto alle uve tutti ne lamentano ancora il guasto e la perdita. Ognuno rammenta il guasto immenso che la crittogama cagionò all’uva in tutta l’Europa per lo spazio d’oltre a venti anni dal 1849 al 1869).
«Se si convertono, le pietre e gli scogli si cambieranno in mucchi di grano, e le patate verranno prodotte dalla terra stessa.»
Quindi ci disse:
«Dite voi bene le vostre orazioni, o miei ragazzi?»
Noi rispondemmo entrambi: «Non troppo bene, o Signora.»
«Ah miei fanciulli, dovete dirle bene la sera e la mattina. Quando non avete tempo dite almeno un Pater ed un’Ave Maria: e quando avrete tempo ditene di più.»
«Alla Messa non vanno che alcune donne vecchie, e le altre lavorano alla domenica tutta l’estate; e all’inverno i giovani, quando non sanno che fare, vanno alla Messa per mettere in ridicolo la religione. In quaresima si va alla macelleria a guisa di cani.»
Quindi ella disse: «Non hai tu veduto, o mio ragazzo, del grano guasto?»
Massimino rispose: «Oh! no, Signora.» Io, non sapendo a chi facesse questa domanda, risposi sotto voce.
«No, Signora, non ne ho ancora veduto.»
«Voi dovete averne veduto, mio ragazzo (rivolgendosi a Massimino), una volta verso il territorio di Coin con vostro padre. Il padrone del campo disse a vostro padre che andasse a vedere il suo grano guasto; voi ci siete andati entrambi. Prendeste alcune spighe nelle vostre mani, e strofinate andarono tutte in polvere, e voi vi ritornaste. Quando eravate ancora una mezz’ora distanti da Corps, vostro padre vi diede un pezzo di pane, e vi disse: Prendi, o figlio mio, mangia ancora del pane in quest’anno; non so chi ne mangerà l’anno venturo, se il grano continua a guastarsi in questo modo.»
Massimino rispose: «Oh! sì, Signora, ora me ne ricordo; poco fa non me ne sovveniva.»
Dopo ciò quella Signora ci disse: «Ebbene, miei ragazzi, voi lo farete sapere a tutto il mio popolo.»
Indi ella passò il ruscello, ed a due passi di distanza, senza rivolgersi verso di noi, ci disse di nuovo: «Ebbene, miei ragazzi, voi lo farete sapere a tutto il mio popolo.»
Ella salì di poi una quindicina di passi, sino al luogo ove eravamo andati per cercare le nostre vacche; ma essa camminava sopra l’erba; i suoi piedi non ne toccavano che la cima. Noi la seguivamo; io passai davanti alla Signora e Massimino un poco di fianco, a due o tre passi di distanza. E la bella Signora si è innalzata così (Melania fa un gesto levando la mano di un metro e più); Ella rimase così sospesa nell’aria un momento. Dopo Ella rivolse uno sguardo al Cielo, indi alla terra; dopo non vedemmo più la testa… non più le braccia… non più i piedi… sembrava che si fondesse; non si vide più che un chiarore nell’aria; e dopo il chiarore disparve.
Dissi a Massimino: «È forse una gran santa? Massimino mi rispose: Oh! se avessimo saputo ch’era una gran santa, noi le avremmo detto di condurci con essa. Ed io gli dissi: E se ci fosse ancora? Allora Massimino slanciò la mano per raggiungere un poco del chiarore, ma tutto era scomparso. Osservammo bene, per scorgere se non la vedevamo più.
E dissi: Essa non vuol farsi vedere per non farci sapere dove se ne vada. Dopo ciò andammo dietro alle nostre vacche.»
Questo è il racconto di Melania; la quale interrogata come quella Signora fosse vestita rispose:
«Essa aveva scarpe bianche con rose attorno… ve ne erano di tutti i colori; aveva le calze gialle, un grembiale giallo, una veste bianca tutta cospersa di perle, un fazzoletto bianco al collo contornato di rose, una cuffia alta un poco pendente avanti con una corona di rose attorno. Aveva una catenella, alla quale era appesa una croce col suo Cristo: a diritta una tenaglia, a sinistra un martello; all’estremità della Croce un’altra gran catena pendeva, come le rose intorno al suo fazzoletto da collo. Aveva il volto bianco, allungato; io non poteva riguardarla molto tempo, perché ci abbagliava.»
Interrogato separatamente Massimino fa lo stessissimo racconto, senza variazione alcuna, né per la sostanza e neppure per la forma; il quale perciò ci asteniamo di qui ripetere.
Sono infinite e stravaganti le insidiose domande che loro si fecero, specialmente per ben due anni, e sotto interrogatori di 5, 6, 7 ore di seguito coll’intento di imbarazzarli, di confonderli, di trarli in contraddizione. Certo è, che forse mai nessun reo fu dai tribunali di giustizia investito così con tante difficoltà e interrogazioni intorno ad un delitto imputatogli.

Segreto dei due pastorelli
            Subito dopo l’apparizione, Massimino e Melania, nel far ritorno a casa, s’interrogarono tra di loro, perché mai la gran Dama dopo che ebbe detto «le uve marciranno» ha tardato un poco a parlare e non faceva che muovere le labbra, senza far intendere che cosa dicesse?
Nell’interrogarsi su di ciò a vicenda, diceva Massimino a Melania «A me essa ha detto una cosa, ma mi ha proibito di dirtelo.» S’accorsero entrambi d’aver ricevuto dalla Signora, ciascuno separatamente, un segreto colla proibizione di non dirlo ad altri. Or pensa tu, o lettore, se i ragazzi possono tacere.
È cosa incredibile a dirsi quanto sia fatto e tentato per cavar loro di bocca in qualche modo questo secreto. Fa meraviglia a leggere i mille e mille tentativi adoperati a quest’uopo da centinaia e centinaia di persone per ben vent’anni. Preghiere, sorprese, minacce, ingiurie, regali e seduzioni d’ogni maniera, tutto andò a vuoto; essi sono impenetrabili.
Il vescovo di Grenoble, uomo ottuagenario, si credette in dovere di comandare ai due privilegiati fanciulli di far almeno pervenire il loro segreto al santo Padre, Pio IX. Al nome del Vicario di Gesù Cristo i due pastorelli ubbidirono prontamente e si decisero a rivelare un segreto, che fino allora nulla aveva potuto strappar loro di bocca. L’hanno dunque scritto essi medesimi (dal giorno dell’apparizione in poi erano stati messi alla scuola, e ciascheduno separatamente); quindi piegarono e suggellarono la loro lettera; e tutto ciò alla presenza di persone ragguardevoli, scelte dallo stesso vescovo a servir loro di testimoni. Indi il vescovo inviò due sacerdoti a portare a Roma questo misterioso dispaccio.
Il 18 luglio 1851 rimettevano a S. S. Pio IX tre lettere, una di Monsignor vescovo di Grenoble, che accreditava questi due inviati, le due altre contenevano il segreto dei due giovanetti della Salette; ciascun di essi aveva scritto e sigillata la lettera contenente il suo segreto alla presenza di testimoni che avevano dichiarato l’autenticità delle medesime sulla coperta.
S. S. aprì le lettere, e cominciata a leggere quella di Massimino, «Vi ha proprio, disse, il candore e la semplicità di un fanciullo.» Durante quella lettura si manifestò sul volto del Santo Padre una certa emozione; gli si contrassero le labbra, gli si gonfiarono le gote. «Trattasi, disse il Papa ai due sacerdoti, trattasi di flagelli, di cui la Francia è minacciata. Non essa sola è colpevole, lo sono pure l’Alemagna, l’Italia, l’Europa intiera, e meritano dei castighi. Io temo assai l’indifferenza religiosa ed il rispetto umano.»

Concorso alla Salette
            La fontana, presso alla quale erasi riposata la Signora, cioè la V. Maria, era come dicemmo, asciutta; e, a detta di tutti i pastori e paesani di quei contorni, non dava acqua se non dopo abbondanti piogge e dopo lo scioglimento delle nevi. Ora questa fontana, asciutta nello stesso giorno dell’apparizione, il giorno dopo cominciò a zampillare, e da quell’epoca l’acqua scorre chiara e limpida senza interruzione.
Quella montagna nuda, dirupata, deserta, abitata dai pastori, appena quattro mesi dell’anno, è divenuta il teatro di un concorso immenso di gente. Intere popolazioni traggono da ogni parte a quella privilegiata montagna; e piangendo per tenerezza, e cantando inni e cantici si vedono chinare la fronte sopra quella terra benedetta, dove ha risuonato la voce di Maria: si vedono baciare rispettosamente il luogo santificato dai piedi di Maria; e ne discendono pieni di gioia, di fiducia e di riconoscenza.
Ogni giorno un numero immenso di fedeli vanno devotamente a visitare il luogo del prodigio. Nel primo anniversario dell’apparizione (19 settembre 1847), oltre a settanta mila pellegrini d’ogni età, d’ogni sesso, d’ogni condizione ed anche d’ogni nazione coprivano la superficie di quel terreno…
Ma ciò che fa sentire vie più la potenza di quella voce venuta dal Cielo, è che si produsse un mirabile cambiamento di costumi negli abitanti di Corps, di La Salette, di tutto il cantone e di tutti i dintorni, e in lontane parti ancora si diffonde e si propaga… Hanno cessato di lavorare la Domenica: hanno dismessa la bestemmia… Frequentano la Chiesa, accorrono alla voce dei loro Pastori, si accostano ai santi Sacramenti, adempiono con edificazione il precetto della Pasqua fino a quel momento generalmente negletto. Taccio le molte e strepitose conversioni, e le grazie straordinarie nell’ordine spirituale.
Nel luogo dell’apparizione sorge ora una Chiesa maestosa con vastissimo edifizio, dove i viaggiatori dopo di aver soddisfatta la loro divozione possono agiatamente ristorarsi ed anche passarvi a gradimento la notte.

Dopo il fatto di La Salette Melania fu inviata alle scuole con meraviglioso progresso nella scienza e nella virtù. Ma si sentì ognora sì accesa di divozione verso alla B. V. Maria, che determinò di consacrarsi tutta a Lei. Entrò di fatto nelle carmelitane scalze tra cui, secondo il giornale Echo de Fourvière 22 ottobre 1870, sarebbe stata dalla s. Vergine chiamata al cielo. Poco prima di morire scrisse la seguente lettera a sua madre.

11 settembre 1870.

            Carissima ed amatissima madre,

Che Gesù sia amato da tutti i cuori. – Questa lettera non è solo per voi, ma è per tutti gli abitanti del mio caro paese di Corps. Un padre di famiglia, amorosissimo verso i suoi figli, vedendo che dimenticavano i loro doveri, che disprezzavano la legge loro imposta da Dio, che diventavano ingrati, si risolvette di castigarli severamente. La sposa del Padre di famiglia domandava grazia, e nello stesso tempo si recava dai due più giovani figli del Padre di famiglia, cioè i due più deboli e più ignoranti. La sposa che non può piangere nella casa del suo sposo (che è il Cielo) trova nei campi di questi miserabili figliuoli lagrime in abbondanza: essa espone i suoi timori e le sue minacce, se non si torna indietro, se non si osserva la legge del Padrone di casa. Un piccolissimo numero di persone abbraccia la riforma del cuore, e si mette ad osservare la santa legge del Padre di famiglia; ma ahimè! la maggioranza rimane nel delitto e vi si immerge sempre più. Allora il Padre di famiglia manda dei castighi per punirli e per trarli da questo stato di induramento. Questi figli sciagurati pensano di poter sottrarsi al castigo, afferrano e spezzano le verghe che li percuotono, invece di cader ginocchioni, domandar grazia e misericordia, e specialmente promettere di cambiar vita. Infine il padre di famiglia, irritato ancor di più, da mano ad una verga ancor più forte e batte e batterà infino a che lo si riconosca, si umilino e domandino misericordia a Colui che regna sulla terra e nei cieli.
Voi mi avete capito, cara madre e cari abitanti di Corps: questo Padre di famiglia è Dio. Noi siamo tutti suoi figli; né io né voi l’abbiamo amato come avremmo dovuto; non abbiamo adempito, come conveniva, i suoi comandamenti: ora Dio ci castiga. Un gran numero dei nostri fratelli soldati muoiono, famiglie e città intere son ridotte alla miseria; e se non ci rivolgiamo a Dio, non è finito. Parigi è colpevole assai perché ha premiato un uomo cattivo che ha scritto contro la divinità di Gesù Cristo. Gli uomini hanno un tempo solo per commettere peccati; ma Dio è eterno, e castiga i peccatori. Dio è irritato per la molteplicità dei peccati, e perché è quasi sconosciuto e dimenticato. Ora chi potrà arrestare la guerra che fa tanto male in Francia, e che fra poco ricomincerà in Italia? ecc. ecc. Chi potrà arrestare questo flagello?
Bisogna 1o che la Francia riconosca che in questa guerra vi è unicamente la mano di Dio; 2° che si umili e chieda colla mente e col cuore perdono dei suoi peccati; che prometta sinceramente di servire Dio colla mente e col cuore, e di obbedire ai suoi comandamenti senza rispetto umano. Alcuni pregano, domandano a Dio il trionfo di noi Francesi. No, non è questo che vuole il buon Dio: vuole la conversione dei francesi. La Beatissima Vergine è venuta in Francia, e questa non si è convertita: è perciò più colpevole delle altre nazioni; se non si umilia, sarà grandemente umiliata. Parigi, questo focolare della vanità e dell’orgoglio, chi potrà salvarla se fervorose preghiere non s’innalzano al cuore del buon Maestro?
Mi ricordo, cara madre e carissimi abitanti, del mio caro paese, mi ricordo, quelle devote processioni, che facevate sul sacro monte della Salette, perché la collera di Dio non colpisse il vostro paese! La S. Vergine ascoltò le vostre fervide preci, le vostre penitenze e tutto quanto faceste per amor di Dio. Penso e spero, che attualmente tanto più dovete fare delle belle processioni per la salvezza della Francia; cioè perché la Francia ritorni a Dio, perché Dio non aspetta che questo per ritirare la verga, di cui si serve per flagellare il suo popolo ribelle. Preghiamo dunque molto, sì, preghiamo; fate le vostre processioni, come le faceste nel 1846 e ‘47: credete che Dio ascolta sempre le preghiere sincere dei cuori umili. Preghiamo molto, preghiamo sempre. Non ho mai amato Napoleone, perché ricordo la intiera sua vita. Possa il divin Salvatore perdonargli tutto il male che ha fatto; e che fa ancora!
Ricordiamoci che siam creati per amare e servire Dio, e che fuori di questo non vi ha vera felicità. Le madri allevino cristianamente i loro figliuoli, perché il tempo delle tribolazioni non è finito. Se io ve ne svelassi il numero e le qualità, ne restereste inorriditi. Ma non voglio spaventarvi; abbiate fiducia in Dio, che ci ama infinitamente più dì quello che noi possiamo amarlo. Preghiamo, preghiamo, e la buona, la divina, la tenera Vergine Maria sarà sempre con noi: la preghiera disarma la collera di Dio; la preghiera è la chiave del Paradiso.
Preghiamo pei nostri poveri soldati, preghiamo per tante madri desolate per la perdita dei loro figliuoli, consacriamo noi stessi alla nostra buona Madre celeste: preghiamo per questi ciechi, che non vedono che è la mano di Dio, che ora percuote la Francia. Preghiamo molto e facciamo penitenza. Tenetevi tutti attaccati alla santa Chiesa, e al nostro S. Padre che ne è il Capo visibile e il Vicario di Nostro Signor Gesù Cristo sulla terra. Nelle vostre processioni, nelle vostre penitenze pregate molto per lui. Infine mantenetevi in pace, amatevi come fratelli, promettendo a Dio di osservare i suoi comandamenti e di osservarli davvero. E per la misericordia di Dio voi sarete felici, e farete una buona e santa morte, che desidero a tutti mettendovi tutti sotto la protezione dell’augusta Vergine Maria. Abbraccio di cuore (i parenti). La mia salute è nella Croce. Il cuore di Gesù veglia su di me.

Maria, della Croce, vittima di Gesù

Prima parte della pubblicazione “Apparizione della Beata Vergine sulla montagna di La Salette con altri fatti prodigiosi, raccolti da pubblici documenti pel sacerdote Giovanni Bosco”, Torino, Tipografia dell’Oratorio di s. Francesco di Sales, 1871




Corona dei sette dolori di Maria

La pubblicazione “Corona dei sette dolori di Maria” rappresenta una cara devozione che san Giovanni Bosco inculcava ai suoi giovani. Seguendo la struttura della “Via Crucis”, le sette scene dolorose sono proposte con brevi considerazioni e preghiere, per guidare a una più viva partecipazione alle sofferenze di Maria e del suo Figlio. Ricco di immagini affettive e di spiritualità contrita, il testo riflette il desiderio di unirsi all’Addolorata nella compassione redentrice. Le indulgenze concesse da vari Pontefici attestano l’alto valore pastorale del testo che è un piccolo tesoro di preghiera e riflessione, per alimentare l’amore verso la Madre dei dolori.

Proemio
II primario fine di questa Operetta è di facilitare la rimembranza e la meditazione degli acerbissimi Dolori del tenero Cuore di Maria, cosa a Lei molto gradita, come più volte ha rivelato ai suoi devoti, e mezzo per noi efficacissimo per ottenere il suo patrocinio.
Affinché poi si renda più facile lo esercizio di una tale Meditazione si praticherà primieramente con una corona in cui sono accennati i sette principali dolori di Maria, i quali si potranno quindi meditare in sette distinte brevi considerazioni nel modo che suole farsi la Via Crucis.
Ci accompagni il Signore colla sua celeste grazia e benedizione perché si ottenga il bramato intento, sicché l’anima di ciascuno resti vivamente penetrata dalla frequente memoria dei dolori di Maria con vantaggio spirituale dell’anima, e tutto a maggior gloria di Dio.

Corona dei sette dolori della Beata Vergine Maria con sette brevi considerazioni sopra i medesimi esposte in forma della Via Crucis

Preparazione
Carissimi fratelli e sorelle in Gesù Cristo, noi facciamo i nostri soliti esercizi meditando devotamente gli acerbissimi dolori che la B. V. Maria patì nella vita e morte del suo amato Figlio e nostro Divin Salvatore. Immaginiamoci di trovarci presenti a Gesù pendente in croce, e che l’afflitta sua madre dica a ciascuno di noi: Venite, e vedete se vi è dolore eguale al mio.
Persuasi che questa Madre pietosa ci voglia concedere speciale protezione nel meditare i suoi dolori, invochiamo il Divino aiuto colle seguenti preghiere:

Antif. Veni, Sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium, et tui amoris in eis ignem accende.

Emitte Spiritum tuum et creabuntur
Et renovabis faciem terrae.
Memento Congregationis tuae,
Quam possedisti ab initio.
Domine exaudi orationem meam.
Et clamor meus ad te veniat.

Oremus.
Mentes nostras, quaesumus, Domine, lumine tuae claritatis illustra, ut videre possimus quae agenda sunt, et quae recta sunt, agere valeamus. Per Christum Dominum Nostrum. Amen.

Primo dolore. Profezia di Simeone
Il primo dolore fu allora quando la Beata Vergine Madre di Dio avendo presentato l’unico suo Figlio al Tempio nelle braccia del santo vecchio Simeone, le fu dal medesimo detto: questo sarà una spada che trapasserà l’anima tua, la qual cosa denotava la passione e morte di Nostro Signore Gesù Cristo.
Un Pater e sette Ave Maria.

Orazione
O Vergine addolorata, per quell’acutissima spada, con cui il santo vecchio Simeone vi predisse che sarebbe stata trafitta l’anima vostra nella passione e morte del vostro caro Gesù, vi supplico ad impetrarmi grazia di aver sempre presente la memoria del vostro cuore trafitto e delle acerbissime pene sofferte dal vostro Figlio per la mia salute. Così sia.

Secondo dolore. Fuga in Egitto
Il secondo dolore della Beata Vergine fu quando le convenne fuggire in Egitto per la persecuzione del crudele Erode, che empiamente cercava di uccidere il suo amato Figlio.
Un Pater e sette Ave Maria.

Orazione
O Maria, mare amarissimo di lagrime, per quel dolore che provaste fuggendo in Egitto per assicurare il vostro Figliuolo dalla barbara crudeltà di Erode, vi supplico che vogliate essere mia guida, affinché per mezzo vostro io resti libero dalle persecuzioni dei visibili e invisibili nemici dell’anima mia. Così sia.

Terzo dolore. Perdita di Gesù nel tempio
Il terzo dolore della Beata Vergine fu quando al tempo della Pasqua, dopo di essere stata col suo sposo Giuseppe e coll’amato figlio Gesù Salvatore in Gerusalemme, nel ritornarsene alla sua povera casa, lo smarrì e per tre giorni continui sospirò la perdita del suo unico Diletto.
Un Pater e sette Ave Maria.

Orazione
O Madre sconsolata, voi che nella perdita della presenza corporale del vostro Figlio, lo andaste per tre giorni continui ansiosamente cercando, deh! impetrate grazia a tutti i peccatori onde ancora essi lo vadano cercando con atti di contrizione e lo ritrovino. Così sia.

Quarto dolore. Incontro di Gesù che porta la Croce
Il quarto dolore della Beata Vergine fu quando s’incontrò col suo dolcissimo Figlio che portava una pesante croce sulle delicate spalle al Monte Calvario a fine di essere crocifisso per la nostra salute.
Un Pater e sette Ave Maria.

Orazione
O Vergine più d’ogni altra appassionata, per quello spasimo che provaste nel cuore incontrandovi nel vostro Figlio mentre portava il legno della Santissima Croce verso il Monte Calvario, fate, vi prego, che io ancora l’accompagni di continuo col pensiero, pianga le mie colpe, manifesta cagione dei suoi e vostri tormenti. Così sia.

Quinto dolore. Crocifissione di Gesù
Il quinto dolore della B. Vergine fu quando vide il suo Figlio alzato sopra il duro tronco della Croce, che da ogni parte del suo Sacratissimo Corpo versava sangue.
Un Pater e sette Ave Maria.

Orazione
O Rosa fra le spine, per quegli amari dolori che trafissero il vostro seno rimirando cogli occhi propri trafitto e sollevato in Croce il vostro Figlio, ottenetemi, vi prego, che con assidue meditazioni solo ricerchi Gesù crocifisso a cagione dei miei peccati. Così sia.

Sesto dolore. Deposizione di Gesù dalla croce
Il sesto Dolore della Beata Vergine fu allora quando il suo amato Figliuolo essendo ferito nel costato dopo la sua morte e deposto dalla Croce, così spietatamente ucciso, venne posto tra le sue Santissime braccia.
Un Pater e sette Ave Maria.

Orazione
O Vergine travagliata, voi che sconfitto di Croce il vostro Figlio, l’accoglieste morto nel grembo, e baciando quelle sacratissime Piaghe, vi spargeste sopra un mare di lagrime, deh! fate che anch’io con lagrime di vera compunzione lavi di continuo le ferite mortali che vi fecero i miei peccati. Così sia.

Settimo dolore. Sepoltura di Gesù.
Il settimo Dolore di Maria Vergine Signora ed Avvocata di noi suoi servi e miseri peccatori fu quando accompagnò il Santissimo Corpo del suo Figlio alla sepoltura.
Un Pater e sette Ave Maria.

Orazione
O Martire dei Martiri Maria, per quell’acerbo tormento che soffriste allorché sepolto il vostro Figlio vi convenne allontanarvi da quella tomba amata, ottenete grazia, vi prego, a tutti i peccatori, affinché conoscano di quanto grave danno sia all’anima l’essere lontana dal suo Dio. Così sia.

Si reciteranno tre Ave Maria in segno di profondo rispetto alle lagrime che sparse la Beata Vergine in tutti i suoi Dolori per impetrare per mezzo suo un simile pianto per i nostri peccati.
Ave Maria etc.

Finita la Corona si recita il pianto della Beata Vergine, ossia l’inno Stabat Mater etc.

Inno – Pianto della Beata Vergine Maria

Stabat Mater dolorosa
Iuxta crucem lacrymosa,
Dum pendebat Filius.

Cuius animam gementem
Contristatam et dolentem
Pertransivit gladius.

O quam tristis et afflicta
Fuit illa benedicta
Mater unigeniti!

Quae moerebat, et dolebat,
Pia Mater dum videbat.
Nati poenas inclyti.

Quis est homo, qui non fleret,
Matrem Christi si videret
In tanto supplicio?

Quis non posset contristari,
Christi Matrem contemplari
Dolentem cum filio?

Pro peccatis suae gentis
Vidit Iesum in tormentis
Et flagellis subditum.

Vidit suum dulcem natura
Moriendo desolatum,
Dum emisit spiritum.

Eia mater fons amoris,
Me sentire vim doloris
Fac, ut tecum lugeam.

Fac ut ardeat cor meum
In amando Christum Deum,
Ut sibi complaceam.

Sancta Mater istud agas,
Crucifixi fige plagas
Cordi meo valide.

Tui nati vulnerati
Tam dignati pro me pati
Poenas mecum divide.

Fac me tecum pie flere,
Crucifixo condolere,
Donec ego vixero.

Iuxta Crucem tecum stare,
Et me tibi sociare
In planctu desidero.

Virgo virginum praeclara,
Mihi iam non sia amara,
Fac me tecum plangere.

Fac ut portem Christi mortem,
Passionis fac consortem,
Et plagas recolere.

Fac me plagis vulnerari,
Fac me cruce inebriari,
Et cruore Filii.

Flammis ne urar succensus,
Per te, Virgo, sim defensus
In die Iudicii.

Christe, cum sit hine exire,
Da per matrem me venire
Ad palmam victoriae.

Quando corpus morietur,
Fac ut animae donetur
Paradisi gloria. Amen.

Stava Maria dolente
Senza respiro e voce
Mentre pendeva in croce
Del mondo il Redentor.

E nel fatale istante
Crudo materno affetto
Le trafiggeva il petto,
Le lacerava il cor.

Qual di quell’Alma bella
Fosse lo strazio indegno,
No, che l’umano ingegno
Immaginar non può.

Vedere un Figlio… un Dio…
Che palpita, che more!
Sì barbaro dolore
Qual madre mai provò?

Alla funerea scena
Chi tiene il pianto a freno,
Un cuor di tigre ha in seno,
O core in sen non ha.

Chi può mirar in tante
Pene una Madre, un Figlio
E non bagnar il ciglio,
E non sentir pietà?

Per cancellar i falli
D’un popol empio, ingrato
Vide Gesù piagato
Languire e spasimar.

Vide sull’atro Golgota
Il figlio tuo diletto
Chinar la fronte al petto,
E l’anima sua spirar.

O dolce Madre, o puro
Fonte di santo amore,
Parte del tuo dolore
Fa che mi scenda al cor.

Fa, che il pensier profano
Sdegnosamente io sprezzi,
Che a sospirar m’avvezzi
Sol di celeste ardor.

Le barbare ferite
Prezzo del mio delitto,
Del figlio tuo trafitto
Passino, o Madre, in me.

A me dovuti sono
Gli strazi, ch’Ei soffri;
Deh! fa, che possa anch’io
Piangere almen con te.

Teca si strugga in lagrime
Quest’anima gemente:
È se non fu innocente,
Terga il suo fallo almen.

Teco alla Croce accanto
Star, cara Madre, io voglio,
Compagno a quel cordoglio,
Che ti trafigge il sen.

Ah! tu, che delle Vergini
Regina in Ciel ti assidi,
Ah tu propizia arridi
Ai voti del mio cor.

Del buon Gesù spirante
Sul fero tronco esangue
La croce, il fiele, il sangue
Fa ch’io rammenti ognor.

Del Salvator rinnova
In me lo scempio atroce,
Il sangue, il fiel, la Croce
Tutto provar mi fa.

Ma nell’estremo giorno,
Quando ci verrà sdegnato,
Rendalo a me placato,
Maria, la tua pietà.

Gesù che nulla nieghi
A chi tua Madre implora,
Del mio morir nell’ora
Non mi negar mercè.

E quando sia disciolto
Dal suo corporeo velo,
Fa che il mio spirto in Cielo
Voli a regnar con te.

Il Sommo Pontefice Innocenzo XI concede l’indulgenza di 100 giorni ogni volta che si recita lo Stabat Mater. Benedetto XIII accordò l’indulgenza di sette anni a chi reciterà la Corona dei sette dolori di Maria. Moltissime altre indulgenze furono concesse da altri sommi Pontefici specialmente ai Confratelli e Consorelle della compagnia di Maria Addolorata.

I sette dolori di Maria meditati in forma della Via Crucis

S’invochi il divino aiuto dicendo:
Actiones nostras, quaesumus Domine, aspirando praeveni, et adiuvando prosequere, ut cuncta nostra oratio et operatio a te semper incipiat, et per te coepta finiatur. Per Christum Dominum Nostrum. Amen.

Atto di Contrizione
Afflittissima Vergine, ahi! quanto sconoscente nel tempo trascorso io sono stato verso il mio Dio, con quanta ingratitudine ho corrisposto agl’innumerabili suoi benefizi! Ora me ne pento, e nell’amarezza del mio cuore e nel pianto dell’anima mia, domando a Lui umilmente perdono per avere oltraggiato la sua infinita bontà, resolutissimo in avvenire colla celeste grazia di non mai più offenderlo. Deh? per tutti i dolori che sopportaste nella barbara passione del vostro amato Gesù vi prego coi più profondi sospiri ad ottenermi dal medesimo, pietà e misericordia dei miei peccati. Gradite questo santo esercizio che sono per fare e ricevetelo in unione di quelle pene e di quei dolori che Voi soffriste per il vostro figliuolo Gesù. Ah concedetemi! sì concedetemi che quelle stesse spade che trafissero il vostro spirito, trapassino anche il mio, e che viva e muoia nell’amicizia del mio Signore, per partecipare eternamente della gloria che egli mi ha acquistato con il suo prezioso Sangue. Così sia.

Primo dolore
In questo primo dolore immaginiamoci di trovarci nel tempio di Gerusalemme, dove la Beatissima Vergine ascoltò la profezia del vecchio Simeone.

Meditazione
Ah! Quali ambasce avrà provato il cuore di Maria nel sentire le dolorose parole, con cui le era predetta dal Santo vecchio Simeone l’acerba passione e l’atroce morte del suo dolcissimo Gesù: mentre in quello stesso punto si affacciarono alla di lei mente gli affronti, gli strapazzi e le carneficine che gli empi Giudei avrebbero fatto del Redentore del mondo. Ma sai quale fu la spada più penetrante che in questa circostanza la trafisse? Fu il considerare l’ingratitudine con cui il diletto suo Figlio sarebbe stato contraccambiato dagli uomini. Ora riflettendo che, per cagione dei tuoi peccati sei miseramente nel numero di questi tali, ah! gettati ai piè di questa Madre Addolorata e dille piangendo così (ognuno s’inginocchia): Deh! Pietosissima Vergine, che provaste un sì acerbo spasimo nel vostro spirito vedendo l’abuso quale io indegna creatura avrei fatto del sangue del vostro amabile Figlio, fate, sì fate per il vostro afflittissimo Cuore, che io in avvenire corrisponda alle Divine Misericordie, mi approfitti delle celesti grazie, non riceva invano tanti lumi e tante inspirazioni che voi vi degnerete ottenermi onde abbia la sorte di essere nel numero di coloro per i quali l’amara passione di Gesù saia di eterna salvezza. Così sia. Ave Maria etc. Gloria Patri etc.

Maria, dolce mio bene,
Stampate nel mio cuor le vostre pene.

Secondo dolore
In questo secondo dolore consideriamo il penosissimo viaggio che la Vergine fece verso l’Egitto per liberare Gesù dalla crudele persecuzione di Erode.

Meditazione
Considera l’acerbo dolore che avrà provato Maria quando di notte tempo dovette mettersi in cammino per ordine dell’Angelo a fine di preservare il suo Figliuolo dalla strage ordinata da quel fierissimo Principe. Ah! che ad ogni grido di animale, ad ogni soffio di vento, ad ogni moto di foglia che sentiva per quelle strade deserte si riempieva di spavento per timore di qualche inconveniente al bambino Gesù che seco portava. Ora si rivolgeva da una parte, ora dall’altra, or affrettava il passo, ora si nascondeva credendosi di essere sopraggiunta dai soldati, che strappando dalle sue braccia il suo amabilissimo Figlio ne avessero fatto sotto gli sguardi suoi barbaro trattamento e fissando l’occhio lagrimoso sopra il suo Gesù e stringendolo fortemente al petto, dandogli mille baci, mandava dal cuore i più affannosi sospiri. E qui rifletti quante volte hai tu rinnovato questo acerbo dolore a Maria sforzando il suo Figliuolo coi tuoi gravi peccati a fuggire dall’anima tua. Ora che conosci il gran male commesso rivolgiti pentito a questa pietosa Madre e dille così:
Ah Madre dolcissima! Una volta Erode costrinse voi con il vostro Gesù a prendere la fuga per l’inumana persecuzione da esso comandata; ma io oh! quante volte obbligai il mio Redentore e per conseguenza ancora voi a partire rapidamente dal mio cuore, introducendo nel medesimo il maledetto peccato, spietato nemico vostro e del mio Dio. Deh! tutto dolente e contrito ve ne domando umilmente perdono.
Sì, misericordia, o cara Madre, misericordia, e vi prometto in avvenire col Divino aiuto di mantenere sempre il mio Salvatore e Voi nel totale possesso dell’anima mia. Così sia. Ave Maria etc. Gloria Patri etc.

Maria, dolce mio bene,
Stampate nel mio cuor le vostre pene.

Terzo dolore
In questo terzo dolore consideriamo l’afflittissima Vergine che lagrimosa va in traccia del suo smarrito Gesù.

Meditazione
Quanto mai fu grande la pena di Maria, quando si avvide di avere perduto l’amabile suo Figlio! e come si accrebbe il suo dolore allorché avendolo diligentemente ricercato presso gli amici, parenti e vicini non poté avere alcuna notizia di Lui. Essa non badando agl’incomodi, alla stanchezza, ai pericoli andò raminga tre giorni continui per le contrade della Giudea, ripetendo quelle parole di desolazione: forse alcuno ha veduto colui che veramente ama l’anima mia? Ah! che la grande ansietà con cui lo andava ricercando, le faceva immaginare ad ogni momento di vederlo, o di ascoltarne la voce: ma poi conoscendosi delusa, oh come si raccapricciava e più sensibile provava il rammarico di una tale deplorabilissima perdita! Confusione grande per le, o peccatore, il quale avendo tante volte smarrito il tuo Gesù coi gravi mancamenti commessi, non ti desti alcuna premura di andarlo a ricercare, chiaro segno, che poco o niuno conto fai del prezioso tesoro della Divina amicizia. Piangi dunque la tua cecità, e volgendoti a quest’Addolorata Madre, dille sospirando così:
Afflittissima Vergine, deh fate che impari da voi il vero modo di andare in cerca di Gesù ch’io ho smarrito per secondare le mie passioni e le inique suggestioni del demonio, acciocché mi riesca di ritrovarlo, e quando ne sarò tornato in possesso, ripeterò continuamente quelle vostre parole: Ho ritrovato quello che veramente ama il mio cuore; lo riterrò sempre con me, né lo lascerò mai più partire. Così sia. Ave Maria etc. Gloria Patri etc.

Maria, dolce mio bene,
Stampate nel mio cuor le vostre pene.

Quarto dolore
Nel quarto dolore consideriamo l’incontro che fece l’addolorata Vergine col suo appassionato Figliuolo.

Meditazione
Venite pure, o cuori indurati e provate se potete reggere a questo lagrimevolissimo spettacolo. È una madre la più tenera, la più amorosa che incontra un suo Figlio il più dolce, il più amabile; e come l’incontra? Oh Dio! in mezzo alla più empia ciurmaglia che lo strascina crudelmente alla morte, carico di piaghe, grondante di sangue, lacero per le ferite, con una corona di spine in testa e con un tronco pesante sopra le spalle, affannato, ansante, languente che pare ad ogni passo voglia esalare l’estremo respiro.
Ah! considera, anima mia, l’arresto mortale che fa la Santissima Vergine al primo sguardo che fissa sopra il suo tormentato Gesù; vorrebbe dargli l’ultimo addio, ma e come, se il dolore la impedisce di proferir parola? Vorrebbe gettarglisi al collo, ma resta immobile ed impietrita per la forza dell’interna afflizione; vorrebbe sfogarsi con il pianto, ma si sente talmente serrato ed oppresso il cuore, che non gli riesce di versare una lagrima. Oh! e chi può frenare le lagrime vedendo una povera Madre immersa in sì grande affanno? Ma chi mai è la cagione di una tale acerbissima pena? Ah, sano io, sì sono io con i miei peccati che ho fatto si barbara ferita al tenero vostro cuore, o Vergine Addolorata. Pure chi lo crederebbe? Resto insensibile senza punto essere commosso. Ma se fui ingrato per il passato, per l’avvenire non lo sarò più.
Intanto prostrato ai vostri piedi, o Vergine Santissima, vi domando umilmente perdono di tanto rammarico che vi ho cagionato. Lo conosco e lo confesso che non merito pietà, essendo io il vero motivo per cui cadeste di dolore all’incontrare il vostro Gesù tutto coperto di piaghe; ma ricordatevi, sì ricordatevi che siete madre di misericordia. Ah dimostratevi dunque tale verso di me, ch’io vi prometto in avvenire di essere più fedele al mio Redentore, e così compensare tanti disgusti che ho dato al vostro afflittissimo spirito. Così sia. Ave Maria etc. Gloria Patri etc.

Maria, dolce mio bene,
Stampate nel mio cuor le vostre pene.

Quinto dolore
In questo quinto dolore immaginiamoci di trovarci sul Monte Calvario dove l’afflittissima Vergine vide spirare in Croce il suo amato Figliuolo.

Meditazione
Eccoci al Calvario ove già sono innalzati due altari di sacrificio, uno nel corpo di Gesù, l’altro nel cuore di Maria. Oh funesto spettacolo! Miriamo la Madre affogata in un mare di affanni vedendosi rapito da spietata morte il caro ed amabile parto delle sue viscere. Ahimè! Ogni martellata, ogni piaga, ogni lacerazione che sopra le sue carni riceve il Salvatore, profondamente rimbombano nel cuore della Vergine. Essa sta ai piedi della Croce talmente penetrata dalla pena e trafitta per il cordoglio che non sapresti decidere chi sia per essere il primo a spirare, se Gesù, o Maria. Fissa l’occhio sul volto del suo Figlio agonizzante, considera le pupille languenti, il volto pallido, le labbra livide, il respiro difficile e conosce finalmente che egli più non vive e che già ha consegnato lo spirito in seno dell’eterno suo Padre. Ah che l’anima di Lei fa allora ogni sforzo possibile per dividersi dal corpo ed unirsi a quella di Gesù. E chi può reggere a tale vista.
Oh addoloratissima Madre, voi invece di ritirarvi dal Calvario, a fine di non sentire sì al vivo le angosce, là ve ne state immobile per assorbire fino all’ultima stilla l’amaro calice delle vostre afflizioni. Che confusione dev’essere questa per me che cerco tutti i modi per scansare le croci e quei piccioli patimenti che per mio bene si degna mandarmi il Signore? Vergine addoloratissima, io mi umilio dinanzi a voi, deh! fate, che conosca una volta chiaramente il pregio ed il valore grande del patire, onde ci prenda tanto attaccamento, che non mi sazi mai di esclamare con S. Francesco Saverio: Plus Domine, Plus Domine, più patire, mio Dio. Ah sì, più patire, o mio Dio. Così sia. Ave Maria etc. Gloria Patri etc.

Maria, dolce mio bene,
Stampate nel mio cuor le vostre pene.

Sesto dolore
In questo sesto dolore immaginiamoci di vedere la sconsolarsi ma Vergine che riceve fra le braccia il defunto suo Figlio deposto dalla Croce.

Meditazione
Considera l’acerbissima pena che penetrò l’anima di Maria, allorché vide nel suo seno posto il corpo defunto dell’amato Gesù. Ah! che nel fissare lo sguardo sopra le ferite e sopra le piaghe di lui, nel mirarlo rosseggiante del proprio sangue, fu tale l’impeto dell’interno cordoglio, che fu il suo cuore mortalmente trafitto, e se non morì fu l’onnipotenza Divina che la conservò in vita. O povera Madre, si, povera madre, che conducete alla tomba il caro oggetto delle vostre più tenere compiacenze, e che da un mazzo di rose è divenuto un fascio di spine per i maltrattamenti e lacerazioni fattegli dagli empi manigoldi. E chi non vi compatirà? Chi non si sentirà struggere dal dolore vedendovi in uno stato di afflizione da muovere a pietà anche il più duro macigno? Osservo Giovanni inconsolabile, la Maddalena colle altre Marie che si ciucciano acerbamente, Nicodemo che non può più reggere per l’afflizione. Ed io? io solo non verso una lagrima in mezzo a tanto duolo! Ingrato e sconoscente che sono!
Deh! Madre pietosissima, eccomi ai vostri piedi, ricevetemi sotto la potente vostra protezione e fate che questo mio cuore resti trafitto da quella medesima spada che passò parte a parte il vostro afflittissimo spirito, onde si ammollisca una volta e pianga davvero i miei gravi peccati che hanno portato a Voi sì crudo martirio. E così sia. Ave Maria etc. Gloria Patri etc.

Maria, dolce mio bene,
Stampate nel mio cuor le vostre pene.

Settimo dolore
In questo settimo dolore consideriamo l’addoloratissima Vergine che vede chiudere nel sepolcro il suo defunto Figliuolo.

Meditazione
Considera che mortale sospiro mandò l’afflitto cuore di Maria quando vide posto nella tomba il suo amabile Gesù! Oh che pena, che cordoglio provò il suo spirito allorché fu alzata la pietra con cui si doveva chiudere quel sacratissimo monumento! Non era possibile distaccarla dall’orlo del sepolcro, mentre il dolore era tale, che la rendeva insensibile ed immobile, non cessando mai di rimirare quelle piaghe e quelle crudeli ferite. Quando poi venne la tomba serrata o allora sì che tale fu la forza dell’interno rammarico, che sarebbe senza dubbio caduta estinta se Iddio non l’avesse in vita conservata. Oh travagliatissima madre! Voi partirete adesso col corpo da questo luogo, ma qui sicuramente resterà il vostro cuore, essendo qui il vostro vero tesoro. Ah fato, che in compagnia di lui resti tutto il nostro affetto, tutto il nostro amore, lì come potrà essere che non ci struggiamo di benevolenza verso il Salvatore, che ha dato tutto il suo sangue per nostra salvezza? Come potrà essere che noi non amiamo Voi che tanto avete sofferto per nostra cagione.
Ora noi dolenti e pentiti di aver cagionato tanti dolori al vostro Figlio e a voi tanta amarezza ci prostriamo ai vostri piedi e per tutte quelle pene che ci faceste la grazia di meditare, concedeteci questo favore: che la memoria delle medesime resti sempre vivamente impressa nella nostra mente, che si consumino i nostri cuori per amore del nostro buon Dio, e di Voi nostra dolcissima Madre, e che l’ultimo sospiro della nostra vita sia unito a quelli che versaste dal fondo dell’anima vostra nella dolorosa passione di Gesù, a cui sia onore, gloria, e rendimento di grazie per tutti i secoli dei secoli. Così sia. Ave Maria etc. Gloria Patri etc.

Maria, dolce mio bene,
Stampate nel mio cuor le vostre pene.

Quindi si dice lo Stabat Mater, come sopra.

Antifona. Tuam ipsius animam (ait ad Mariam Simeon) pertransiet gladius.
Ora pro nobis Virgo Dolorosissima.
Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Oremus
Deus in cuius passionem secundum Simeonis prophetiam, dulcissimam animam Gloriosae Virginis et Matris Mariae doloris gladius pertransivit, concede propitius, ut qui dolorum eius memoriam recolimus, passionis tuae effectum felicem consequamur. Qui vivis etc.

Laus Deo et Virgo Dolorosissimae.

Con permissione della Revisione Ecclesiastica

La Festa dei Sette dolori di Maria Vergine Addolorata che si celebra dalla Pia Unione e Società, cade alla terza domenica di settembre nella Chiesa di S. Francesco d’Assisi.

Testo della 3a edizione, Torino, Tipografia di Giulio Speirani e figli, 1871




Le sette allegrezze della Madonna

Nel cuore dell’opera educativa e spirituale di San Giovanni Bosco, la figura della Madonna occupa un posto privilegiato e luminoso. Don Bosco non fu solo un grande educatore e fondatore, ma anche un fervente devoto della Vergine Maria, che egli venerava con profondo affetto e alla quale affidava ogni suo progetto pastorale. Una delle espressioni più caratteristiche di questa devozione è la pratica delle “Sette allegrezze della Madonna”, proposta in modo semplice e accessibile nella sua pubblicazione “Il giovane provveduto”, uno dei testi più diffusi nella sua pedagogia spirituale.

Un’opera per l’anima dei giovani
Nel 1875, Don Bosco pubblicava una nuova edizione de “Il giovane provveduto per la pratica de’ suoi doveri negli esercizi di cristiana pietà”, un manuale di preghiere, esercizi spirituali e norme di condotta cristiana pensato per i ragazzi. Questo libro, redatto con uno stile sobrio e paterno, intendeva accompagnare i giovani nella loro formazione morale e religiosa, introducendoli a una vita cristiana integrale. In esso trovava spazio anche la devozione alle “Sette allegrezze di Maria Santissima”, una preghiera semplice ma intensa, strutturata in sette punti. A differenza delle “Sette dolori della Madonna”, molto più nota e diffusa nella pietà popolare, le “Sette allegrezze” di don Bosco pongono l’accento sulle gioie della Santissima Vergine nel Paradiso, conseguenza di una vita terrena vissuta nella pienezza della grazia di Dio.
Questa devozione ha origini antiche e fu particolarmente cara ai Francescani, che la diffusero a partire dal XIII secolo, come Rosario delle Sette Allegrezze della Beata Vergine Maria (o Corona Serafica). Nella forma francescana tradizionale è una preghiera devozionale composta da sette decine di Ave Maria, ciascuna preceduta da un mistero gioioso (allegrezza) e introdotta da un Padre Nostro. Alla fine di ogni decina si recita un Gloria al Padre. Le allegrezze sono: 1. L’Annunciazione dell’Angelo; 2. La visita a Santa Elisabetta; 3. La nascita del Salvatore; 4. L’adorazione dei Magi; 5. Il ritrovamento di Gesù nel tempio; 6. La risurrezione del Figlio; 7. L’assunzione e incoronazione di Maria in cielo.
Don Bosco, attingendo a questa tradizione, ne offre una versione semplificata, adatta alla sensibilità dei giovani.
Ciascuna di queste allegrezze è meditata attraverso la recita di un Ave Maria e un Gloria.

La pedagogia della gioia
La scelta di proporre ai giovani questa devozione non risponde solo a un gusto personale di Don Bosco, ma si inserisce pienamente nella sua visione educativa. Egli era convinto che la fede dovesse essere trasmessa attraverso la gioia, non la paura; attraverso la bellezza del bene, non il timore del male. Le “Sette allegrezze” diventano così una scuola di letizia cristiana, un invito a riconoscere che, nella vita della Vergine, la grazia di Dio si manifesta come luce, speranza e compimento.
Don Bosco conosceva bene le difficoltà e le sofferenze che molti dei suoi ragazzi affrontavano quotidianamente: la povertà, l’abbandono familiare, la precarietà del lavoro. Per questo, offriva loro una devozione mariana che non si limitasse al pianto e al dolore, ma che fosse anche una sorgente di consolazione e di gioia. Meditare le allegrezze di Maria significava aprirsi a una visione positiva della vita, imparare a riconoscere la presenza di Dio anche nei momenti difficili, e affidarsi con fiducia alla tenerezza della Madre celeste.
Nella pubblicazione “Il giovane provveduto”, Don Bosco scrive parole toccanti sul ruolo di Maria: la presenta come madre amorevole, guida sicura e modello di vita cristiana. La devozione alle sue allegrezze non è una semplice pratica devozionale, ma un mezzo per entrare in relazione personale con la Madonna, per imitarne le virtù e riceverne l’aiuto materno nelle prove della vita.
Per il santo torinese, Maria non è distante o inaccessibile, ma vicina, presente, attiva nella vita dei suoi figli. Questa visione mariana, fortemente relazionale, attraversa tutta la spiritualità salesiana e si riflette anche nella vita quotidiana degli oratori: ambienti dove la gioia, la preghiera e la familiarità con Maria vanno di pari passo.

Un’eredità viva
Anche oggi, la devozione alle “Sette allegrezze della Madonna” mantiene intatto il suo valore spirituale ed educativo. In un mondo segnato da incertezze, paure e fragilità, essa offre una via semplice ma profonda per scoprire che la fede cristiana è, prima di tutto, un’esperienza di gioia e di luce. Don Bosco, profeta della gioia e della speranza, ci insegna che l’autentica educazione cristiana passa attraverso la valorizzazione degli affetti, delle emozioni e della bellezza del Vangelo.
Riscoprire oggi le “Sette allegrezze” significa anche recuperare uno sguardo positivo sulla vita, sulla storia e sulla presenza di Dio. La Madonna, con la sua umiltà e la sua fiducia, ci insegna a custodire e a meditare nel cuore i segni della gioia vera, quella che non passa, perché fondata sull’amore di Dio.
In un tempo in cui anche i giovani cercano luce e senso, le parole di Don Bosco restano attuali: “Se volete essere felici, praticate la devozione a Maria Santissima”. Le “Sette allegrezze” sono, allora, una piccola scala verso il cielo, un rosario di luce che unisce la terra al cuore della Madre celeste.

Ecco anche il testo originale preso da “Il giovane provveduto per la pratica de suoi doveri negli esercizi di cristiana pieta”, 1875 (pp. 141-142), con i titoli nostri.

Le sette allegrezze che gode Maria in Cielo

1. Purità coltivata
Rallegratevi, o Sposa immacolata dello Spirito Santo, per quel contento che ora godete in Paradiso, perché per la vostra purità e verginità siete esaltata sopra tutti gli Angeli e sublimata sopra tutti i santi.
Ave, Maria e Gloria.

2. Sapienza cercata
Rallegratevi, o Madre di Dio, per quel piacere che provate in Paradiso, perché siccome il sole quaggiù in terra illumina tutto il mondo, così voi col vostro splendore adornate e fate risplendere tutto il Paradiso.
Ave e Gloria.

3. Obbedienza filiale
Rallegratevi, o Figlia di Dio, per la sublime dignità a cui foste elevata in Paradiso, perché tutte le Gerarchie degli Angeli, degli Arcangeli, dei Troni, delle Dominazioni e di tutti gli Spiriti Beati vi onorano, vi riveriscono e vi riconoscono per Madre del loro Creatore, e ad ogni minimo cenno vi sono obbedientissime.
Ave e Gloria.

4. Preghiera continua
Rallegratevi, o Ancella della SS. Trinità, per quel gran potere, che avete in Paradiso, perché tutte le grazie che chiedete al vostro Figliuolo vi sono subito concesse; anzi, come dice s. Bernardo, non si concede grazia quaggiù in terrà, che non passi per le vostre santissime mani.
Ave e Gloria.

5. Umiltà vissuta
Rallegratevi, o augustissima Regina, perché voi sola meritaste sedere alla destra del vostro santissimo Figlio, il quale siede alla destra dell’Eterno Padre.
Ave e Gloria.

6. Misericordia praticata
Rallegratevi, o Speranza dei peccatori, Rifugio dei tribolati, pel gran piacere che provate in Paradiso nel vedere che tutti quelli che vi lodano e vi riveriscono in questo mondo sono dall’Eterno Padre premiati colla sua santa grazia in terra, e colla sua immensa gloria in cielo.
Ave e Gloria.

7. Speranza premiata
Rallegratevi, o Madre, Figlia e Sposa di Dio, perché tutte le grazie, tutti i gaudi, tutte le allegrezze e tutti i favori, che ora godete in Paradiso non si diminuiranno mai; anzi si aumenteranno fino al giorno del giudizio e dureranno in eterno.
Ave e Gloria.

Orazione alla beatissima Vergine.
O gloriosa Vergine Maria, Madre del mio Signore, fonte di ogni nostra consolazione, per queste vostre allegrezze, di cui ho fatto rimembranza con quella devozione che ho potuto maggiore, vi prego d’impetrarmi da Dio la remissione dei miei peccati, ed il continuo aiuto della sua santa grazia, onde io non mi renda mai indegno della vostra protezione, ma bensì abbia la sorte di ricevere tutti quei celesti favori, che siete solita ottenere e compartire ai vostri servi, i quali fanno devota memoria di queste allegrezze, di cui ridonda il vostro bel cuore, o Regina immortale del Cielo.

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Don Bosco e i titoli della Madonna

La devozione mariana di don Bosco nasce da un rapporto filiale e vivo con la presenza materna di Maria, sperimentata in ogni stagione della sua vita. Dai piloni votivi eretti durante la fanciullezza ai Becchi, alle immagini venerate a Chieri e Torino, fino ai pellegrinaggi compiuti con i suoi ragazzi nei santuari del Piemonte e della Liguria, ogni tappa rivela un titolo diverso della Vergine — Consolata, Addolorata, Immacolata, Madonna delle Grazie e molti altri — che parla ai fedeli di protezione, conforto e speranza. Quel titolo che avrebbe definito per sempre la sua venerazione, tuttavia, fu «Maria Ausiliatrice»: fu la stessa Madonna, secondo la tradizione salesiana, a indicarglielo. L’8 dicembre 1862 don Bosco confidò al chierico Giovanni Cagliero: “Sinora, soggiungeva, abbiamo celebrato con solennità e pompa la festa dell’Immacolata, ed in questo giorno sonosi incominciate le prime nostre opere degli oratorii festivi. Ma la Madonna vuole che la onoriamo sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: i tempi corrono così tristi che abbiamo proprio bisogno che la Vergine SS. ci aiuti a conservare e difendere la fede cristiana.” (MB VII, 334)

I titoli mariani
            Stendere oggi un articolo sui «titoli mariani» sotto i quali don Bosco nella sua vita venerò la Vergine Santissima, sembrerà forse fuori luogo. Qualcuno, infatti, potrebbe dire: La Madonna non è una sola? A che servono tanti titoli se non a creare confusione? E poi, in fin dei conti, la Madonna di don Bosco non è Maria Ausiliatrice?
Lasciando agli esperti riflessioni più profonde che giustifichino questi titoli dal punto di vista storico, teologico e devozionale, noi ci accontenteremo di un passo della «Lumen gentium», documento sulla Chiesa del Concilio Vaticano II, che ci rassicura, ricordandoci che Maria ci è madre e che «con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci le grazie della salute eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata. Per questo la Beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice» (Lumen Gentium 62).
Questi quattro appellativi ammessi dal Concilio, ben considerati, comprendono in sintesi tutta una serie di titoli ed invocazioni con cui il popolo cristiano ha chiamato Maria, titoli che fecero esclamare ad Alessandro Manzoni:
«O Vergine, o Signora, o Tuttasanta, che bei nomi ti serba ogni loquela: più d’un popol superbo esser si vanta in tua gentil tutela» (da «Il Nome di Maria»).
La stessa Liturgia della Chiesa pare comprendere e giustificare le lodi innalzate a Maria dal popolo cristiano, quando si domanda: «Come cantare le tue lodi, Santa Vergine Maria?».
E allora, lasciamo i dubbi da parte e andiamo a vedere quali furono i titoli mariani cari a don Bosco, prima ancora che diffondesse in tutto il mondo quello dell’Ausiliatrice.

Nella sua giovinezza
            Le edicole sacre o tabernacoli disseminati lungo le vie cittadine in tante parti d’Italia, le cappelle campestri ed i piloni che si incontrano agli incroci stradali o all’imbocco di stradicciole private nelle nostre terre, costituiscono un patrimonio di fede popolare che il tempo anche oggi non cancella.
Sarebbe impresa ardua calcolare esattamente quante se ne trovano per le strade del Piemonte. Nella sola zona «Becchi-Morialdo» ce ne sono una ventina, e non meno di una quindicina nella zona di Capriglio.
Si tratta per lo più di piloni votivi ereditati dai vecchi e restaurati a più riprese. Ve ne sono anche di più recenti che stanno a documentare una pietà non scomparsa.
Il più antico pilone della regione dei Becchi pare risalire al 1700. Fu eretto al fondo della «piana» verso il Mainito, ove confluivano le famiglie abitanti l’antica «Scaiota», poi cascina agricola salesiana, ora in via di ristrutturazione.
È il pilone della Consolata, con una statuetta della Vergine Consolatrice degli afflitti, sempre onorata con fiori campestri portati dai devoti.
Giovannino Bosco sarà passato tante volte davanti a quel pilone, togliendosi il cappello, piegando forse il ginocchio e mormorando un’Ave come la mamma gli aveva insegnato.
Nel 1958 i Salesiani rinnovarono il vecchio pilone e, con una solenne funzione religiosa, lo inaugurarono ad un rinnovato culto della comunità e della popolazione.
Quella statuetta della Consolata potrebbe essere la prima effigie di Maria che don Bosco abbia venerato all’aperto nella sua vita.

Nella vecchia casa
            Senza ricordare le chiese di Morialdo e di Capriglio, non sappiamo con esattezza quali immagini religiose fossero appese alle pareti nella cascina Biglione o alla Casetta. Sappiamo che, più tardi nella casa di Giuseppe, quando don Bosco vi andava ad alloggiare, poteva vedere alle pareti della sua camera da letto due vecchi quadri, uno della Sacra Famiglia e l’altro della Madonna degli Angeli. Così assicura suor Eulalia Bosco. Dove li aveva presi Giuseppe? Li vide Giovanni da ragazzo? Quello della Sacra Famiglia è ancora esposto oggi nella stanza di mezzo al primo piano della casa di Giuseppe. Rappresenta san Giuseppe seduto presso il suo tavolo di lavoro, con il Bambino in braccio, mentre la Madonna, in piedi dall’altra parte, sta a guardare.
Sappiamo poi che alla Cascina Moglia, presso Moncucco, Giovannino recitava insieme alla famiglia dei padroni le preghiere ed il rosario davanti ad un quadretto dell’Addolorata, ancora oggi conservato ai Becchi al primo piano della Casa di Giuseppe nella cameretta di don Bosco sopra la testa del letto. È molto annerito con cornice nera lineata in oro all’interno.
A Castelnuovo poi Giovannino ebbe frequenti occasioni di salire alla Chiesa della Madonna del Castello a pregare la Vergine SS. All’Assunta i paesani portavano in processione la statua della Madonna. Non tutti sanno che quella statua, come pure il dipinto sull’icona dell’altar maggiore, raffigurano la Madonna della Cintura, quella degli Agostiniani.
A Chieri, Giovanni Bosco studente e chierico seminarista pregò tante volte all’altare della Madonna delle Grazie nel Duomo di Santa Maria della Scala, a quello del Santo Rosario nella Chiesa di San Domenico, e davanti all’Immacolata nella cappella del Seminario.
Così nella sua giovinezza don Bosco ebbe modo di venerare Maria SS. sotto i titoli della Consolata, dell’Addolorata, dell’Assunta, della Madonna delle Grazie, del Rosario e dell’Immacolata.

A Torino
            A Torino Giovanni Bosco era già andato alla Chiesa della Madonna degli Angeli per l’esame di ammissione all’Ordine Francescano nel 1834. Vi ritornò più volte a fare gli Esercizi Spirituali, in preparazione alle Sacre Ordinazioni, nella Chiesa della Visitazione, e ricevette gli Ordini Sacri nella Chiesa dell’Immacolata presso la Curia Arcivescovile.
Giunto al Convitto, avrà certamente pregato spesso davanti all’immagine dell’Annunziata nella prima cappella a destra nella Chiesa di San Francesco d’Assisi. Recandosi in Duomo ed entrando, come si usa ancor oggi, dal portale di destra, quante volte si sarà fermato un istante davanti all’antica statua della Madonna delle Grazie, conosciuta dai vecchi Torinesi come «La Madòna Granda».
Se pensiamo poi alle gite pellegrinaggio che don Bosco faceva con i suoi birichini di Valdocco ai santuari mariani torinesi ai tempi dell’Oratorio ambulante, allora potremo ricordare anzitutto il Santuario della Consolata, cuore religioso di Torino, carico di ricordi del primo Oratorio. Alla «Consolà» don Bosco portò i suoi giovani tantissime volte. Alla «Consolà» ricorse egli stesso in lacrime alla morte di sua madre.
Ma non possiamo dimenticare le gite cittadine alla Madonna del Pilone, alla Madonna di Campagna, al Monte dei Cappuccini, alla Chiesa della Natività a Pozzo Strada, a quella delle Grazie alla Crocetta.
Il pellegrinaggio-gita più spettacolare di quegli anni del primo Oratorio fu quello alla Madonna di Superga. Quella Chiesa monumentale dedicata alla Natività di Maria ricordava ai birichini di don Bosco che la Madre di Dio è «come aurora che sorge», preludio alla venuta di Cristo.
Cosi don Bosco faceva vivere ai suoi ragazzi i misteri della vita di Maria attraverso i suoi titoli più belli.

Nelle passeggiate autunnali
            Nel 1850 don Bosco inaugurò le passeggiate «fuori porta» prima ai Becchi e dintorni, poi per i colli del Monferrato fino a Casale, dell’Alessandrino fino a Tortona e in Liguria fino a Genova.
Nei primi anni mèta principale, se non esclusiva, erano i Becchi e dintorni, dove si celebrava con solennità la festa del Rosario nella cappellina eretta al pian terreno della casa del fratello Giuseppe nel 1848.
Gli anni 1857-64 furono gli anni d’oro delle passeggiate autunnali, i ragazzi vi partecipavano in gruppi sempre più numerosi, entrando nei paesi con la banda musicale in testa, accolti festosamente dalla gente e dai parroci del luogo. Riposavano nei fienili, consumavano frugali pasti contadini, celebravano devote funzioni in chiesa ed alla sera davano spettacolo sopra un palco improvvisato.
Nel 1857 mèta di pellegrinaggio fu Santa Maria di Vezzolano, santuario ed abbazia tanto cari a don Bosco, situati sotto il paese di Albugnano a 5 km da Castelnuovo.
Nel 1861 fu la volta del santuario di Crea, celebre in tutto il Monferrato. In quella stessa gita don Bosco portò ancora i ragazzi alla Madonna del Pozzo a San Salvatore.
Il 14 agosto 1862 da Vignale, dove i giovani si trovavano, don Bosco guidò l’allegra comitiva in pellegrinaggio al santuarietto della Madonna delle Grazie a Casorzo. Pochi giorni dopo, il 18 ottobre, prima di lasciare Alessandria, andarono ancora in cattedrale a pregare la Madonna della Salve, venerata con tanta pietà dagli Alessandrini, per ottenere una felice conclusione della loro passeggiata.
Anche nell’ultima passeggiata del 1864 a Genova, sulla via del ritorno, tra Serravalle e Mornese, un gruppo guidato da don Cagliero salì in devoto pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora della Guardia, di Gavi.
Queste gite-pellegrinaggio ricalcavano le vestigia di una religiosità popolare caratteristica della nostra gente; erano l’espressione di una devozione mariana, che Giovanni Bosco aveva imparato da sua madre.

E poi ancora…
            Negli anni ’60 cominciò a dominare la mente e il cuore di don Bosco il titolo di Maria Ausiliatrice, con l’erezione della chiesa sognata sin dal 1844 e divenuta poi il centro spirituale di Valdocco, la chiesa-madre della Famiglia Salesiana, il punto di irradiazione della devozione alla Madonna, invocata sotto questo titolo.
Ma i pellegrinaggi mariani di don Bosco non cessarono per questo. Basterebbe seguirlo nei suoi lunghi viaggi per l’Italia e per la Francia e costatare così quante volte egli cogliesse l’occasione per una visita di sfuggita al santuario della Vergine del luogo.
Dalla Madonna di Oropa in Piemonte a quella del Miracolo a Roma, da quella del Boschetto a Camogli alla Madonna di Gennazzano, dalla Madonna del Fuoco a Forlì a quella dell’Olmo a Cuneo, dalla Madonna della Buona Speranza a Bigione a quella delle Vittorie a Parigi.
Nostra Signora delle Vittorie, posta in una nicchia d’oro, è una Regina in piedi, che sostiene con ambe le mani il suo Divin Figlio. Gesù ha i piedi poggiati sulla palla stellata che rappresenta il mondo.
Don Bosco davanti a questa Regina delle Vittorie in Parigi tenne, nel 1883, un «sermon de charité», cioè una di quelle conferenze per ottenere aiuto alle sue opere di carità per la gioventù povera ed abbandonata. Fu la sua prima conferenza nella capitale francese, nel santuario che è per i parigini ciò che il santuario della Consolata è per i torinesi.
Fu quello il culmine delle peregrinazioni mariane di don Bosco, iniziate ai piedi del Pilone della Consolata sotto la «Scaiota» dei Becchi.




Novena a Maria Ausiliatrice 2025

Questa novena a Maria Ausiliatrice 2025 invita a riscoprirci figli sotto lo sguardo materno di Maria. Ogni giorno, attraverso le grandi apparizioni – da Lourdes a Fatima, da Guadalupe a Banneaux – contempliamo un tratto del suo amore: umiltà, speranza, obbedienza, stupore, fiducia, consolazione, giustizia, dolcezza, sogno. Le meditazioni del Rettor Maggiore e le preghiere dei “figli” ci accompagnano in un cammino di nove giorni che apre il cuore alla fede semplice dei piccoli, alimenta la preghiera e incoraggia a costruire, con Maria, un mondo guarito e pieno di luce, per noi e per tutti coloro che cercano speranza e pace.

Giorno 1
Essere Figli – Umiltà e fede

I figli si fidano, i figli si affidano. E una madre è vicina, sempre. La vedi anche se non c’è.
E noi, siamo capaci di vederla?
Beato chi vede con il cuore.

Nostra Signora di Lourdes
La piccola Bernadette Soubirous
11 febbraio 1858. Avevo appena compiuto 14 anni. Era un mattino come gli altri, un giorno d’inverno. Avevamo fame, come sempre. C’era questa grotta, con la bocca nera, Nel silenzio sentii come un gran soffio. Il cespuglio si mosse, una forza lo scuoteva. E allora io vidi una giovane, bianca, non più alta di me che mi salutò con un leggero inchino del capo; nello stesso tempo ella allontanò un po’ dal corpo le braccia tese, aprendo le mani, come le statue della Madonna; Io ebbi paura. Poi mi venne in mente di pregare: presi la corona che porto sempre con me e inizia a recitare il rosario.

Maria si mostra a sua figlia Bernadette Soubirous. A lei che non sapeva né leggere né scrivere, a lei che parlava in dialetto e non andava al catechismo. Una ragazzina povera, bullizzata da tutti nel paese, eppure pronta a fidarsi e ad affidarsi, come chi non ha niente. E niente da perdere. Maria le affida i suoi segreti e lo fa perché si fida di lei. La tratta con amorevolezza, si rivolge a lei con gentilezza, le dice “per favore”. E Bernadette si abbandona e le crede, proprio come un bimbo fa con sua madre. Crede alla sua promessa che la Madonna le fa di non farla felice in questo mondo, ma nell’altro. E la ricorda per tutta la vita, questa promessa. Una promessa che le permetterà di affrontare tutte le difficoltà a testa alta, con forza e determinazione, facendo quanto la Madonna le ha chiesto: pregare, pregare sempre per tutti noi peccatori. Anche lei promette: custodisce i segreti di Maria e dà voce alla sua richiesta di un Santuario nel luogo dell’apparizione. E in punto di morte Bernadette sorride, ripensando al volto di Maria, al suo sguardo amorevole, ai suoi silenzi, alle sue poche ma intense parole e soprattutto a quella promessa. E si sente ancora figlia, figlia di una Madre che mantiene le sue promesse.

Maria, Madre che promette
Tu, che hai promesso di diventare madre dell’umanità, sei rimasta accanto ai tuoi figli, iniziando dai più piccoli e dai più poveri. A loro ti sei avvicinata, a loro ti sei manifestata.
Abbi fede: Maria si mostra anche a noi se sappiamo spogliarci di tutto.

Intervento Rettor Maggiore
Maria Santissima, umiltà e fede

Possiamo dire che Maria Santissima per noi è un faro di umiltà e di fede che accompagna i secoli, accompagna la nostra vita, accompagna l’esperienza di ognuna e di ognuno di noi. Non dimentichiamo però che l’umiltà di Maria prima di tutto non è una semplice modestia esteriore, non è una facciata, piuttosto è una profonda consapevolezza della sua piccolezza di fronte alla grandezza di Dio.

Il suo sì, eccomi la serva del Signore che pronuncia davanti all’angelo, è un atto di umiltà, non di presunzione, è un abbandono fiducioso di chi si riconosce strumento nelle mani di Dio. Maria non cerca riconoscimenti, Maria cerca semplicemente di essere serva, ponendosi all’ultimo posto con silenzio, con umiltà, con semplicità che per noi è disarmante. Ecco, questa umiltà, questa umiltà radicale che è la chiave che ha aperto il cuore di Maria alla grazia divina, permettendo al Verbo di Dio con la sua grandezza, con la sua immensità, di incarnarsi nel suo grembo umano.

Ecco, Maria, Maria ci insegna a metterci così come siamo, con la nostra umiltà, senza orgoglio, non c’è bisogno di dipendere sulla nostra autorevolezza, sulla nostra autoreferenzialità, ponendoci liberamente davanti a Dio affinché possiamo cogliere pienamente con libertà e con disponibilità, come Maria, affinché con amore viviamo la sua volontà. Ecco il secondo punto, ecco allora la fede di Maria. L’umiltà della serva la pone in un cammino costante di un’adesione incondizionata al progetto di Dio, anche nei momenti più oscuri, incomprensibili, che vuol dire affrontare con coraggio la povertà della sua esperienza della grotta di Betlemme, la fuga in Egitto, la vita nascosta a Nazareth, però soprattutto ai piedi della croce, dove la fede di Maria raggiunge il suo apice.

Ecco, lì sotto la croce, un cuore trafitto dal dolore, Maria non vacilla, Maria non cade, Maria crede nella promessa. La sua fede allora non è un sentimento passeggero, ma è una roccia salda su cui si fonda la speranza della umanità, la nostra speranza. Umiltà e fede in Maria sono indissolubilmente legati.

Ecco, lasciamo che questa umiltà di Maria illumini il nostro terreno umano, affinché anche in noi la fede possa germogliare, che riconoscendo la nostra piccolezza davanti a Dio non ci lasciamo abbandonare per il fatto che siamo piccoli, non ci lasciamo conquistare dalle presunzioni, ma ci mettiamo lì, come Maria, con un atteggiamento di grande libertà, con un atteggiamento di grande disponibilità, riconoscendo la nostra dipendenza da Dio, viviamo con Dio nella semplicità ma allo stesso tempo nella grandezza. Ecco allora Maria ci esorta a coltivare una fede serena, salda, capace di superare le prove e di confidare nella promessa di Dio. Contempliamo la figura di Maria, umile e credente, perché anche noi possiamo dire con generosità il nostro sì, come ha fatto lei.

E noi, siamo capaci di cogliere le sue promesse d’amore con gli occhi di un bambino?

La preghiera di un figlio infedele
Maria, tu che ti mostri a chi sa vedere…
rendi limpido il mio cuore.
Rendimi umile, piccolo, capace di perdermi nel tuo abbraccio di madre.
Aiutami a riscoprire quanto sia importante il ruolo di un figlio e segna i miei passi.
Tu prometti, io prometto in un patto che solo madre e figlio possono fare.
Io cadrò, madre, tu lo sai.
Non sempre manterrò le mie promesse.
Non sempre mi fiderò.
Non sempre riuscirò a vederti.
Ma tu resta lì, in silenzio, col sorriso, le braccia tese e le mani aperte.
E io prenderò il rosario e pregherò con te per tutti i figli come me.

Ave Maria…
Beato chi vede con il cuore.

Giorno 2
Essere Figli – Semplicità e speranza

I figli si fidano, i figli si affidano. E una madre è vicina, sempre. La vedi anche se non c’è.
E noi, siamo capaci di vederla?
Beato chi vede con il cuore.

Nostra Signora di Fatima
I piccoli pastorelli in Cova di Iria
In Cova di Iria verso le 13, il cielo si apre e appare il sole. All’improvviso, alle 13,30 circa accade l’improbabile: davanti a una folla stupefatta avviene il miracolo più spettacolare, più grandioso e più incredibile mai avvenuto dai tempi biblici. Il sole inizia una danza frenetica e spaventosa che durerà più di dieci minuti. Un tempo lunghissimo.

Tre piccoli pastorelli, semplici e felici, assistono e diffondono il miracolo che sconvolge milioni di persone. Nessuno se lo spiega, dagli scienziati agli uomini di fede. Eppure, tre bambini hanno visto Maria, hanno ascoltato il suo messaggio. E loro ci credono, credono alle parole di quella donna che si è mostrata e ha chiesto loro di tornare in Cova di Iria ogni 13 del mese. Non hanno bisogno di spiegazioni perché nelle ripetute parole di Maria ripongono tutta la loro speranza. Una speranza difficile da tenere viva, che avrebbe spaventato qualunque bambino: la Madonna rivela a Lucia, Giacinta e Francesco sofferenze e conflitti mondiali. Eppure loro non hanno dubbi: chi confida nella protezione di Maria, madre che protegge, può affrontare tutto. E lo sanno bene, l’hanno provato sulla loro pelle rischiando di essere uccisi per non tradire la parola data alla loro mamma celeste. I tre pastorelli erano pronti al martirio, imprigionati e minacciati di fronte a un pentolone di olio bollente.
Avevano paura:
«Perché dobbiamo morire senza abbracciare i genitori? Io vorrei vedere la mamma».
Eppure decisero di sperare ancora, credendo in un amore più grande di loro:
«Non avere paura. Offriamo questo sacrificio per la conversione dei peccatori. Sarebbe peggio se la Madonna non tornasse più».
«Perché non recitiamo il Rosario?».
Una madre non è mai sorda al grido dei figli. E in lei i figli ripongono speranza.
Maria, Madre che protegge, è rimasta accanto ai suoi tre figli di Fatima e li ha salvati facendoli rimanere vivi.
E oggi protegge ancora tutti i suoi figli nel mondo che vanno in pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora di Fatima.

Maria, Madre che protegge
Tu, che ti prendi cura dell’umanità dal momento dell’annunciazione, sei rimasta accanto ai tuoi figli più semplici e pieni di speranza. A loro ti sei avvicinata, a loro ti sei manifestata.
Poni la tua speranza in Maria: lei saprà proteggerti.

Intervento Rettor Maggiore
Maria Santissima, speranza e rinnovamento

Maria Santissima è aurora di speranza, fonte inesauribile di rinnovamento.
Contemplando la figura di Maria è come volgere lo sguardo verso un orizzonte luminoso, un invito costante a credere in un futuro pieno di grazia. E questa grazia è trasformatrice. Ecco, Maria è la personificazione della speranza cristiana in atto. La sua fede incrollabile di fronte alle prove, la sua perseveranza nel seguire Gesù fino alla croce, la sua attesa fiduciosa nella risurrezione sono per me le cose più importanti. Sono per noi un faro di speranza per l’umanità intera.

In Maria vediamo come la certezza è, per così dire, la conferma della promessa di un Dio che non viene mai meno alla sua parola. Che il dolore, la sofferenza, il buio non hanno l’ultima parola. Che la morte è vinta dalla vita.

Ecco, Maria allora è la speranza. È la stella del mattino che annuncia la venuta del sole di giustizia. Rivolgerci a lei significa affidare le nostre attese, le nostre aspirazioni a un cuore materno che le presenta con amore al suo figlio risorto. In qualche modo la nostra speranza è sostenuta dalla speranza di Maria. E se c’è la speranza allora le cose non rimangono come prima. C’è rinnovamento. Il rinnovamento della vita. Accogliendo il verbo incarnato, Maria ha reso possibile credere nella speranza e nella promessa di Dio. Ha reso possibile una nuova creazione, un nuovo inizio.
La maternità spirituale di Maria continua a generare noi nella fede, accompagnandoci nel nostro cammino di crescita e di trasformazione interiore.

Chiediamo a Maria Santissima la grazia necessaria perché questa speranza che noi vediamo compiuta in lei possa rinnovare il nostro cuore, guarire le nostre ferite, farci passare al di là del velo della negatività per intraprendere un cammino di santità, un cammino di vicinanza a Dio. Chiediamo a Maria, lei, la donna che sta con gli apostoli in preghiera, affinché ci aiuti oggi, credenti, comunità cristiane, perché siamo sostenuti nella fede e aperti ai doni dello Spirito, perché sia rinnovata la faccia della terra.
Maria ci esorta a non rassegnarci mai al peccato e alla mediocrità, ma pieni di speranza compiuta in lei, desideriamo ardentemente una vita nuova in Cristo. Che Maria continui a essere per noi modello e sostegno per continuare a credere sempre nella possibilità di un nuovo inizio, di una rinascita interiore che ci conformi sempre di più all’immagine del suo figlio Gesù.

E noi, siamo capaci di sperare in lei e farci proteggere con gli occhi di un bambino?

La preghiera di un figlio scoraggiato
Maria, tu che ti mostri a chi sa vedere…
rendi il mio cuore semplice e pieno di speranza.
Io confido in te: tu in ogni situazione proteggimi.
Io mi affido a te: tu in ogni situazione proteggimi.
Io ascolto la tua parola: tu in ogni situazione proteggimi.
Donami la capacità di credere all’impossibile e di fare tutto quello che è nelle mie possibilità
per portare il tuo amore, il tuo messaggio di speranza e la tua protezione al mondo intero.
E ti prego, Madre mia, proteggi tutta l’umanità, anche quella che ancora non ti riconosce.

Ave Maria…
Beato chi vede con il cuore.

Giorno 3
Essere Figli – Obbedienza e dedizione

I figli si fidano, i figli si affidano. E una madre è vicina, sempre. La vedi anche se non c’è.
E noi, siamo capaci di vederla?
Beato chi vede con il cuore.

Nostra Signora di Guadalupe
Il giovane Juan Diego
Juan Diego», disse la Signora, «piccolo e preferito tra i miei figli…». Juan scattò in piedi.
«Dove stai andando, Juanito?», chiese la Signora.
Juan Diego rispose più educatamente che poteva. Disse alla Signora che era diretto alla chiesa di Santiago per ascoltare la Messa in onore della Madre di Dio.
«Figlio mio diletto», disse la Signora, «sono io la Madre di Dio, e voglio che tu mi ascolti attentamente. Ho un messaggio molto importante da darti. Desidero che mi sia costruita una chiesa in questo luogo, da dove potrò mostrare il mio amore alla tua gente.

Un dialogo dolce, semplice e tenero come quello di una mamma con un figlio. E Juan Diego obbedì: andò dal vescovo a riferire quanto aveva visto ma lui non gli credette. Allora il giovane tornò da Maria e le spiegò quanto accaduto. La Madonna gli diede un altro messaggio e lo esortò a riprovare, e così ancora e ancora. Juan Diego obbediva, non si dava per vinto: avrebbe portato a termine il compito che la Madre celeste gli stava affidando. Ma un giorno, preso dai problemi della vita, stava per saltare l’appuntamento con la Madonna: suo zio stava morendo. «Credi proprio che dimenticherei chi amo tanto?» Maria guarì suo zio, mentre Juan Diego obbediva ancora una volta:
«Mio amato figlio», rispose la Signora, «sali sulla cima della collina dove ci siamo incontrati la prima volta. Taglia e raccogli le rose che vi troverai. Mettile nel tuo tilma e portamele qui. Ti dirò io che devi fare e dire». Pur sapendo che su quella collina non crescevano rose, e certo non d’inverno, Juan corse fin sulla cima. E là c’era il più bel giardino che avesse mai visto. Rose di Casti-glia ancora lucenti di rugiada si stendevano a perdita d’occhio. Tagliò delicatamente i boccioli più belli col suo coltello di pietra, ne riempì il mantello, e veloce tornò dove la Signora lo aspettava. La Signora prese le rose e le sistemò di nuovo nel tilma di Juan. Poi glielo legò dietro al collo e disse: «Questo è il segno che il vescovo vuole. Presto, vai da lui e non fermarti lungo la strada.»

Sul mantello era apparsa l’immagine della Madonna e alla vista di tale miracolo, il vescovo si convinse. Ed oggi il Santuario di Nostra Signora di Guadalupe conserva ancora l’effige miracolosa.

Maria, Madre che non dimentica
Tu, che non dimentichi nessuno dei tuoi figli, non lasci indietro nessuno, hai guardato ai giovani che hanno riposto in te le loro speranze. A loro ti sei avvicinata, a loro ti sei manifestata.
Obbedisci anche quando non comprendi: una madre non dimentica, una madre non lascia soli.

Intervento Rettor Maggiore
Maria Santissima, maternità e compassione

La maternità di Maria non si esaurisce nel suo sì che ha reso possibile l’incarnazione del Figlio di Dio. Certamente, quel momento è il fondamento di tutto, ma la sua maternità è un’attitudine costante, un modo di essere per noi, di relazionarsi con l’umanità intera.
Gesù sulla croce proprio le affida Giovanni con le parole Donna, ecco tuo figlio, simbolicamente estendendo la sua maternità a tutti i credenti di tutti i tempi.
Maria diventa così madre della Chiesa madre spirituale di ognuno di noi.

Vediamo allora come questa maternità si manifesta in una cura tenera e premurosa in un’attenzione costante ai bisogni dei suoi figli e in un desiderio profondo del loro bene. Maria ci accoglie, ci nutre con la sua espressione di fedeltà, ci protegge sotto il suo manto. La maternità di Maria è un dono immenso che noi ci avviciniamo a lei, lo sentiamo una presenza amorevole che ci accompagna in ogni momento.

Ecco allora la compassione di Maria è il naturale corollario della sua maternità. Compassione che non è semplicemente un sentimento superficiale di pietà ma una partecipazione profonda al dolore degli altri, un “soffrire con”.  La vediamo manifestarsi in modo toccante durante la passione del figlio. E nella stessa maniera Maria non rimane indifferente al nostro dolore, intercede per noi, ci consola, ci offre il suo aiuto materno.

Ecco, il cuore di Maria allora diventa un rifugio sicuro dove noi possiamo deporre le nostre fatiche, trovare conforto e speranza. Maternità e compassione in Maria diventano, per così dire, due facce della stessa esperienza umana a favore di noi, due espressioni del suo amore infinito per Dio e per l’umanità.

La sua compassione allora è la manifestazione concreta del suo essere madre, compassione conseguenza della maternità. Contemplare Maria allora come madre ci apre il cuore alla speranza che in lei trova una esperienza veramente completa. Madre Celeste che ci ama.

Chiediamo a Maria affinché la vediamo come un modello di una umanità autentica, di una maternità capace di “sentire con”, capace di amare, capace di soffrire con gli altri, seguendo l’esempio del suo figlio Gesù, che per amore nostro ha patito ed è morto sulla croce.

E noi, siamo sicuri che una madre non dimentica, così come lo sono i bambini?

La preghiera di un figlio perso
Maria, tu che ti mostri a chi sa vedere…
rendi il mio cuore obbediente.
Quando non ti ascolto, ti prego insisti.
Quando non torno, ti prego vienimi a cercare.
Quando non mi perdono, ti prego insegnami l’indulgenza.
Perché noi uomini ci perdiamo e ci perderemo sempre
ma tu non ti dimenticare di noi figli erranti.
Vieni a prenderci,
vieni a portarci per mano.
Non vogliamo e non possiamo rimanere soli qui.

Ave Maria…
Beato chi vede con il cuore.

Giorno 4
Essere Figli – Stupore e riflessione

I figli si fidano, i figli si affidano. E una madre è vicina, sempre. La vedi anche se non c’è.
E noi, siamo capaci di vederla?
Beato chi vede con il cuore.

Nostra Signora de La Salette
I piccoli Melania e Maximin di La Salette
Sabato 19 settembre 1846 i due ragazzini salirono di buon’ora i versanti del monte Planeau, al di sopra del villaggio di La Salette, guidando ognuno quattro mucche a pascolare. A metà strada, presso una piccola sorgente, Melania per prima vide su un mucchio di pietre un globo di fuoco «come se il sole fosse caduto lì» e lo indicò a Maximin. Da quella sfera luminosa cominciò ad apparire una donna, seduta con la testa fra le mani, i gomiti sulle ginocchia, profondamente triste. Davanti al loro stupore, la Signora si alzò e con voce dolce, ma in lingua francese, disse loro: «Avvicinatevi figli miei, non abbiate paura, sono qui per annunciarvi una grande notizia». Rincuorati, i ragazzi si avvicinarono e videro che la figura stava piangendo.

Una madre annuncia una grande notizia ai suoi figli e lo fa piangendo. Eppure i ragazzini non si straniscono del suo pianto. Ascoltano nel più tenero dei momenti tra una madre e i suoi figli. Perché anche le madri a volte sono preoccupate, perché anche le madri affidano ai loro figli le proprie sensazioni, i propri pensieri e riflessioni. E Maria affida ai due pastorelli, poveri e trascurati negli affetti, un grande messaggio: “sono preoccupata per l’umanità, sono preoccupata per voi figli miei che vi state allontanando da Dio. E la vita lontana da Dio è una vita complicata, difficile, fatta di sofferenze.” Ecco perché piange. Piange come una qualunque madre e racconta ai sui figli più piccoli e più puri un messaggio tanto stupefacente quanto grande. Un messaggio da annunciare a tutti, da portare al mondo.
E loro lo faranno, perché non possono tenere per loro un momento così bello: l’espressione dell’amore di una mamma per i suoi figli bisogna annunciarla a tutti. Il Santuario di Nostra Signora di La Salette che sorge nel luogo delle apparizioni, pone le sue basi sulla rivelazione del dolore di Maria di fronte al peregrinare dei suoi figli peccatori.

Maria, Madre che annuncia/che racconta
Tu, che ti doni completamente ai tuoi figli tanto da non avere paura di raccontar loro di te, hai toccato il cuore dei tuoi figli più piccoli, capaci di riflettere sulle tue parole e accoglierle con stupore. A loro ti sei avvicinata, a loro ti sei manifestata.
Stupisciti di fronte alle parole di una madre: saranno sempre le più autentiche.

Intervento Rettor Maggiore
Maria Santissima, amore e misericordia

La sentiamo questa dimensione di Maria, queste due dimensioni? Maria è la donna del cuore traboccante di amore, di attenzione e anche di misericordia. Noi la sentiamo come un porto, un rifugio sicuro nel momento che stiamo passando momenti di difficoltà o di prova.

Contemplando Maria è come immergerci in un oceano di tenerezza, di compassione. Ci sentiamo circondati da un ambiente, da tutta un’atmosfera inesauribile di conforto e di speranza. L’amore di Maria è un amore materno che abbraccia tutta l’intera umanità, perché è un amore che ha le sue radici nel suo sì incondizionato al progetto di Dio.

Maria, accogliendo il suo figlio nel grembo, ha accolto l’amore di Dio. Per conseguenza il suo amore non conosce confine né distinzioni, si china sulle fragilità, sulle miserie umane, con una delicatezza infinita. Lo vediamo manifestarsi nella sua attenzione verso Elisabetta, nella sua intercessione alle nozze di Cana, nella sua presenza silenziosa, straordinaria ai piedi della croce.

Ecco, l’amore di Maria, questo amore materno, è un riflesso dello stesso amore di Dio, un amore che si fa vicino, che consola, perdona, non si stanca mai, non finisce mai. Ecco, ci insegna Maria che amare significa donarsi completamente, farsi prossimo di chi soffre, condividere le gioie e i dolori dei fratelli con la stessa generosità e la stessa dedizione che hanno animato il suo cuore. Amore, misericordia.

La misericordia allora diventa la naturale conseguenza dell’amore di Maria, una compassione, possiamo dirle viscerale, davanti alle sofferenze dell’umanità, del mondo. Maria la guardiamo, la contempliamo, la incontriamo con il suo sguardo materno e lo sentiamo posarsi sulle nostre debolezze, sui nostri peccati, sulla nostra vulnerabilità, senza aggressione, anzi con una infinita dolcezza. È un cuore immacolato, sensibile al grido del dolore.

Maria è una madre che non giudica, non condanna, ma accoglie, consola, perdona. La misericordia di Maria la sentiamo come un balsamo per le ferite dell’anima, una broccia che riscalda il cuore. Ci ricorda Maria che Dio è ricco di misericordia e che non si stanca mai di perdonare chi si rivolge a Lui con cuore contrito, sereno, aperto, disponibile.

Amore e misericordia in Maria Santissima si fondono in un abbraccio che avvolge l’intera umanità. Chiediamo a Maria che ci aiuti a spalancare i nostri cuori, all’amore di Dio, come ha fatto lei, a lasciare che questo amore pervada il nostro cuore, specialmente quando ci sentiamo più bisognosi, più sotto il peso delle prove e della difficoltà. In Maria troviamo una madre tenerissima e potente, pronta ad accoglierci nel suo amore e a intercedere per la nostra salvezza.

E noi, siamo capaci di stupirci ancora come un bambino di fronte all’amore della mamma?

La preghiera di un figlio lontano
Maria, tu che ti mostri a chi sa vedere…
rendi il mio cuore capace di compassione e conversione.
Nel silenzio, ti ritrovo.
Nella preghiera, ti ascolto.
Nella riflessione, ti scopro.
E di fronte alle tue parole d’amore, Madre, mi stupisco
e scopro la forza del tuo legame con l’umanità.
Lontano da te, chi mi tiene la mano nei momenti di difficoltà?
Lontano da te, chi mi conforta nel mio pianto?
Lontano da te, chi mi consiglia quando sto prendendo il bivio sbagliato?
Io ritorno a te, nell’unità.

Ave Maria…
Beato chi vede con il cuore.

Giorno 5
Essere Figli – Fiducia e preghiera

I figli si fidano, i figli si affidano. E una madre è vicina, sempre. La vedi anche se non c’è.
E noi, siamo capaci di vederla?
Beato chi vede con il cuore.

Medaglia di Caterina
La piccola Caterina Labouré
La notte del 18 luglio 1830, verso le 11,30, si sentì chiamare per nome. Era un bambino che le disse: «Alzati e vieni con me». Caterina lo seguì. Tutte le luci erano accese. La porta della cappella si aprì appena il bambino l’ebbe sfiorata con la punta delle dita. Caterina si inginocchiò.
A mezzanotte venne la Madonna, si sedette sulla poltrona che c’era accanto all’altare. «Allora sono balzata vicino a lei, ai suoi piedi, sui gradini dell’altare, e ho posato le mani sulle sue ginocchia» raccontò Caterina. «Sono rimasta così non so quanto tempo. Mi è parso il momento più dolce della mia vita…».
«Dio vuole affidarti una missione» disse la Vergine a Caterina.

Caterina, orfana a 9 anni, non si rassegna a vivere senza la mamma. E si avvicina alla Madre del Cielo. La Madonna che la guardava già da lontano, non l’avrebbe mai abbandonata. Anzi, aveva grandi progetti per lei. Lei, una sua figlia attenta e amorevole, avrebbe avuto una grande missione: vivere una vita cristiana autentica, una relazione personale con Dio forte e salda. Maria crede nelle potenzialità della sua bambina e a lei affida la Medaglia Miracolosa, capace di intercedere e compiere grazie e miracoli. Una missione importante, un messaggio difficile. Eppure Caterina non si scoraggia, si fida della sua Mamma del Cielo e sa che lei non l’abbandonerà mai.

Maria, Madre che dà fiducia
Tu, che ti fidi e affidi missioni e messaggi a ogni tuo figlio, li accompagni sulla loro strada come presenza discreta, restando accanto a tutti ma soprattutto a chi ha vissuto grandi dolori. A loro ti sei avvicinata, a loro ti sei manifestata.
Fidati: una madre ti affiderà sempre solo compiti che potrai portare a termine e ti starà accanto per tutto il cammino.

Intervento Rettor Maggiore
Maria Santissima, fiducia e preghiera

Maria Santissima ci si presenta come la donna di una fiducia incrollabile, una potente interceditrice attraverso la preghiera. Ecco, contemplare questi due aspetti, la fiducia e la preghiera, vediamo due dimensioni fondamentali della relazione di Maria con Dio.

La fiducia di Maria in Dio possiamo dire che è un filo d’oro che percorre tutta la sua esistenza, dall’inizio fino alla fine. Quel sì pronunciato con consapevolezza delle conseguenze, è un atto di abbandono totale alla volontà divina. Ecco, Maria si affida, Maria vive la fiducia in Dio con un cuore saldo alla provvidenza divina, sapendo che Dio non l’avrebbe mai abbandonata.

Ecco, allora per noi, nella nostra vita quotidiana, guardare a Maria, questo abbandono non passivo, ma attivo, fiducioso, è un invito, non a dimenticare le nostre ansie, le nostre paure, ma in qualche modo di guardare tutto a quella luce dell’amore di Dio, che nel caso di Maria non è mai venuto a meno, e neanche nella nostra vita. Ecco, allora, questa fiducia che porta alla preghiera, che possiamo dire è quasi il respiro dell’anima di Maria, il canale privilegiato della sua intima comunione con Dio. La fiducia porta alla comunione, la sua vita abbandonata è stato un continuo dialogo di amore con il Padre, un’offerta costante di sé stessa, delle sue preoccupazioni, ma anche delle sue decisioni.

La visitazione a Elisabetta è un esempio di preghiera che si fa poi servizio. Vediamo Maria accompagnando Gesù fino alla croce, dopo l’ascensione la vediamo nel cenacolo unita agli Apostoli in fervente attesa. Maria ci insegna il valore della preghiera costante come conseguenza di una fiducia totale e completa abbandonandosi nelle mani di Dio, precisamente incontrare Dio e vivere con Dio.

Fiducia e preghiera e Maria Santissima sono strettamente interconnesse. Una profonda fiducia in Dio che fa nascere, fa emergere una preghiera perseverante. Chiediamo a Maria affinché sia lei il suo esempio che noi ci sentiamo esortati a fare della preghiera un’abitudine quotidiana perché vogliamo continuamente sentirci abbandonati nelle mani misericordiose di Dio.

Rivolgiamoci a lei con filiale e confidenza affinché imitandola, imitando la sua fiducia e la sua perseveranza nella preghiera, potremo sperimentare la pace che solo quando ci abbandoniamo a un Dio possiamo ricevere le grezze necessarie per il nostro cammino di fede.

E noi, siamo capaci di fidarci in maniera incondizionata come i bambini?

La preghiera di un figlio sfiduciato
Maria, tu che ti mostri a chi sa vedere…
rendi il mio cuore capace di pregare.
Non sono capace di ascoltarti, apri le mie orecchie.
Non sono capace di seguirti, muovi i miei passi.
Non sono capace di tenere fede a quanto vorrai affidarmi, rendi la mia anima salda.
Le tentazioni sono tante, fa’ che io non ceda.
Le difficoltà sembrano insormontabili, fa’ che io non cada.
Le contraddizioni del mondo gridano forte, fa’ che io sia non le segua.
Io, tuo figlio fallimentare, sono qui perché tu ti serva di me.
Rendendomi un figlio obbediente.

Ave Maria…
Beato chi vede con il cuore.

Giorno 6
Essere Figli – Sofferenza e guarigione

I figli si fidano, i figli si affidano. E una madre è vicina, sempre. La vedi anche se non c’è.
E noi, siamo capaci di vederla?
Beato chi vede con il cuore.

Nostra Signora dei dolori di Kibeho
La piccola Alphonsine Mumiremana e i suoi compagni
La storia cominciò alle 12,35 di un sabato, il 28 novembre 1981, in un Collegio gestito da Suore locali, frequentato da poco più di un centinaio di ragazze della zona. Un Collegio rurale, povero, dove si imparava a diventare maestre oppure segretarie. Il complesso non era dotato di Cappella e, quindi, non vi era un clima religioso particolarmente sentito. Quel giorno tutte le ragazze del Collegio erano nel refettorio. La prima del gruppo a “vedere” fu Alphonsine Mumureke, di 16 anni. Secondo quanto lei stessa scrive nel suo diario, stava servendo a tavola le sue compagne, quando udì una voce femminile che la chiamava: “Figlia mia, vieni qui”. Si diresse verso il corridoio, accanto al refettorio, e lì le apparve una donna di incomparabile bellezza. Era vestita di bianco, con un velo bianco sulla testa, che nascondeva i capelli, e che sembrava unito al resto del vestito, che non aveva cuciture. Era scalza e le sue mani erano giunte sul petto con le dita rivolte al cielo.

Successivamente la Madonna apparve ad altri compagni di Alphonsine che all’inizio erano scettici ma poi, di fronte all’apparizione di Maria, dovettero ricredersi. Maria, parlando con Alphonsine, si definisce la Signora dei dolori di Kibeho e racconta ai ragazzi tutti gli spietati e sanguinosi avvenimenti che sarebbero avvenuti di lì a poco con lo scoppio della guerra in Ruanda. Il dolore sarà grande ma anche la consolazione e la guarigione da quel dolore, perché lei, la Signora dei Dolori, non avrebbe mai lasciato soli i suoi figli dell’Africa. I ragazzi restano lì, attoniti, di fronte alle visioni ma credono in questa mamma che tende loro le braccia dicendo chiamandoli “figli miei”. Sanno che solo in lei ci sarà consolazione. E per poter pregare affinché la madre che consola avesse alleviato le sofferenze dei suoi figli, viene eretto il santuario dedicato a Nostra Signora dei Dolori di Kibeho, oggi luogo segnato da stermini e genocidi. E la Madonna continua a essere lì e abbracciare tutti i suoi figli.

Maria, Madre che consola
Tu, che hai consolato i tuoi figli come Giovanni sotto la croce, hai guardato a chi vive nella sofferenza. A loro ti sei avvicinata, a loro ti sei manifestata.
Non aver paura di attraversare la sofferenza: la madre che consola asciugherà le tue lacrime.

Intervento Rettor Maggiore
Maria Santissima, sofferenza e invito alla conversione

Figura emblematica di sofferenza, trasfigurata e potente invito alla conversione è Maria. Quando contempliamo il suo cammino doloroso, è monito, silenzioso e pure eloquente, una chiamata profonda a rivedere un po’ le nostre vite, le nostre scelte, e la chiamata a ritornare al cuore del Vangelo. La sofferenza che attraversa la vita di Maria, come una spada affilata, profetizzata dal vecchio Simeone, segnata dalla scomparsa di Gesù Fanciullo, al dolore indicibile ai piedi della croce, ecco, Maria vive tutto questo, il peso della fragilità umana, e il mistero del dolore innocente in una maniera unica.

La sofferenza di Maria non è stata una sofferenza sterile, una rassegnazione passiva, ma in qualche modo notiamo che c’è una attività, un’offerta silenziosa e coraggiosa, unita al sacrificio redentivo del suo figlio Gesù.

Ecco, quando noi guardiamo a Maria, la donna che soffre con gli occhi da parte nostra della fede, quella sofferenza, piuttosto che deprimerci, ci rivela la profondità dell’amore di Dio per noi, che è visibile nella vita di Maria. Maria in qualche modo ci insegna che anche nel dolore più acuto può trovare senso, una possibilità di crescita spirituale, che viene frutto dell’unione con il mistero pasquale.

Ecco allora, dall’esperienza del dolore trasfigurato, scaturisce, emerge un potente invito alla conversione. Guardando, contemplando Maria come ha sopportato tanto per amore nostro e per la nostra salvezza, anche noi siamo interpellati a non rimanere indifferenti, di fronte al mistero della redenzione.

Maria, la donna dolce e materna, ci esorta a abbandonare le vie del male, per abbracciare il cammino della fede. La famosa frase di Maria alle nozze di Cana, «Fate tutto quello che vi dirà», risuona ancora per noi oggi come un pressante invito ad ascoltare la voce di Gesù nei momenti della difficoltà, nei momenti della prova. Nei momenti delle situazioni inaspettate e incognite.

La sofferenza di Maria, notiamo subito che non è fine a se stessa, ma è intimamente legata alla redenzione operata da Cristo. Ecco, il suo esempio di fede è incrollabile nel dolore, sia per noi luce e guida per trasformare le nostre sofferenze in opportunità di crescita spirituale, sia per rispondere con generosità all’appello pressante alla conversione, affinché la profondità che ancora risuona nel cuore di ogni uomo, l’invito di Dio, di un Dio che ci ama, possa attraverso l’intercessione di Maria trovare senso, sbocco, crescita, anche nei momenti più difficili, nei momenti più sofferenti.

E noi, siamo ci lasciamo consolare come i bambini?

La preghiera di un figlio che soffre
Maria, tu che ti mostri a chi sa vedere…
rendi il mio cuore capace guarire.
Quando sono a terra, tendimi la mano, madre.
Quando mi sento distrutto, rimetti insieme i pezzi, madre.
Quando la sofferenza prende il sopravvento, aprimi alla speranza, madre.
Perché io non cerchi solo la guarigione del corpo ma mi renda conto di quanto il mio cuore
ha bisogno di pace.
E dalla polvere alzami, madre.
Alza me e tutti i tuoi figli che sono nella prova.
Quelli sotto le bombe,
quelli perseguitati,
quelli ingiustamente incarcerati,
quelli lesi nei diritti e nella dignità,
quelli a quali viene stroncata la vita troppo presto.
Alzali e consolali
perché sono tuoi figli. Perché siamo tuoi figli.

Ave Maria…
Beato chi vede con il cuore.

Giorno 7
Essere Figli – Giustizia e dignità

I figli si fidano, i figli si affidano. E una madre è vicina, sempre. La vedi anche se non c’è.
E noi, siamo capaci di vederla?
Beato chi vede con il cuore.

Nostra Signora di Aparecida
I piccoli pescatori Domingos, Felice e Joao
All’alba del 12 ottobre 1717, Domingos Garcia, Felipe Pedroso e Joao Alves spinsero la loro barca nelle acque del fiume Paraiba che scorreva presso il loro villaggio. Non sembravano aver fortuna quella mattina: per ore gettarono le reti, senza pescare nulla. Avevano quasi deciso di rinunciare, quando Joao Alves, il più giovane, volle fare un ultimo tentativo. Gettò dunque nelle acque del fiume la sua rete e lentamente la tirò su. C’era qualcosa, ma non era un pesce… sembrava piuttosto un pezzo di legno. Quando lo liberò dalle maglie della rete, il pezzo di legno si rivelò essere una statua della Vergine Maria, purtroppo priva della testa. Joao gettò di nuovo la rete in acqua e questa volta, ritirandola su, vi trovò impigliato un altro pezzo di legno di forma arrotondata che sembrava proprio la testa della stessa statua: provò a mettere insieme i due pezzi e si accorse che combaciavano perfettamente. Come obbedendo ad un impulso, Joao Alves gettò nuovamente in acqua la rete e, quando provò a tirarla su, si accorse di non riuscirci, perché era piena di pesci. I suoi compagni gettarono le reti in acqua a loro volta e la pesca di quel giorno fu veramente abbondantissima.

Una madre vede le necessità dei sui figli, Maria ha visto le necessità dei tre pescatori ed è andata loro in soccorso. I figli le hanno dato tutto l’amore e la dignità che si può dare a una madre: hanno messo insieme i due pezzi della statua, l’hanno posta su una capanna e ne hanno fatto un santuario. Dall’alto della capanna, la Madonna Aparecida – che vuol dire Apparsa – ha salvato un suo figlio schiavo che scappava dai padroni: ne ha visto la sofferenza e gli ha restituito dignità. E oggi, quella capanna, è il più grande santuario mariano del mondo e porta il nome di Basilica di Nostra Signora di Aparecida.

Maria, Madre che vede
Tu, che hai visto la sofferenza dei tuoi figli maltrattati, a iniziare dai discepoli, ti poni accanto ai tuoi figli più poveri e perseguitati. A loro ti sei avvicinata, a loro ti sei manifestata.
Non nasconderti dallo sguardo di una madre: lei vede anche nei tuoi desideri e bisogni più nascosti.

Intervento Rettor Maggiore
Maria Santissima, dignità e giustizia sociale

Maria Santissima è uno specchio di dignità umana pienamente realizzata, silenziosa ma potente e ispiratrice per un senso giusto del vissuto sociale. Riflettere sulla figura di Maria in relazione a questi temi ci svela una prospettiva profonda e sorprendentemente attuale.

Guardiamo a Maria, la donna piena di dignità come un dono che per noi oggi ci aiuta a guardare questa sua purezza originaria, che non la pone su un piedistallo inaccessibile, ma rivela Maria nella pienezza di quella dignità a cui tutti ci sentiamo un pochettino attratti, chiamati.

Contemplando Maria vediamo risplendere la bellezza e la nobiltà precisamente la dignità dell’essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, libero dal gioco del peccato, pienamente aperto all’amore divino, una umanità che non si perde nei dettagli, nelle cose superficiali.

Possiamo dire che il sì libero e consapevole di Maria è quel gesto di autodeterminazione che eleva Maria a quella che è a livello della volontà di Dio, entra in qualche modo nella logica di Dio. La sua umiltà poi la rende ancora più libera, lungi dall’essere sminuente dall’umiltà. L’umiltà di Maria diventa la consapevolezza della vera grandezza che viene da Dio.

Ecco allora questa dignità Maria ci aiuta a guardare come noi la stiamo vivendo nella quotidianità della vita. Il tema della giustizia sociale può apparire meno esplicito però da una lettura attenta contemplativa del Vangelo specialmente dal Magnificat riusciamo a captare, a sentire a incontrare quello spirito rivoluzionario che proclama l’abbattimento dei potenti dai troni e l’innalzamento degli umili, cioè il rovesciamento delle logiche mondane e l’attenzione privilegiata di Dio verso i poveri, gli affamati.

Parole che sgorgano da un cuore umile, pieno di Spirito Santo. Possiamo dire che sono un manifesto di giustizia sociale “ante Littera”, un’anticipazione del regno di Dio, dove gli ultimi saranno i primi.

Contempliamo Maria affinché ci sentiamo attratti da questa dignità che non si limita a chiudersi in se stesso ma è una dignità che nel Magnificat ci sfida a non rimanere chiusi nelle nostre logiche ma diventiamo aperti, lodando Dio cercando di vivere il dono ricevuto per il bene dell’umanità, con dignità per il bene dei poveri per il bene di quelli che sono gli scartati della società.

E noi, siamo ci nascondiamo o diciamo tutto come fanno i bambini?

La preghiera di un figlio che ha paura
Maria, tu che ti mostri a chi sa vedere…
rendi il mio cuore capace di restituire dignità.
Nell’ora della prova, guarda le mie mancanze e colmale.
Nell’ora della fatica, guarda le mie debolezze e sanale.
Nell’ora dell’attesa, guarda le mie insofferenze e curale.
Così che io guardando i miei fratelli, possa guardare le loro mancanze e colmarle,
vedere le loro debolezze e sanarle, sentire le loro insofferenze e curarle.
Perché nulla cura come l’amore e nessuno è forte come una madre che cerca giustizia per i suoi figli.
E allora anche io, Madre, mi fermo ai piedi della capanna, guardo con occhi fiduciosi la tua immagine e ti prego per la dignità di tutti i tuoi figli.

Ave Maria…
Beato chi vede con il cuore.

Giorno 8
Essere Figli – Dolcezza e quotidianità

I figli si fidano, i figli si affidano. E una madre è vicina, sempre. La vedi anche se non c’è.
E noi, siamo capaci di vederla?
Beato chi vede con il cuore.

Madonna di Banneaux
La piccola Marietta di Banneaux
Il 18 gennaio, Marietta è in giardino, prega con il rosario. Maria viene e la porta a una piccola sorgente ai margini del bosco, ove dice: «Questa sorgente è per me», e invita la piccola a immergervi la mano e il rosario. Il papà e due altre persone hanno seguito, con indicibile stupore, Marietta in tutti i suoi gesti e parole. E quella stessa sera il primo d’essere conquistato dalla grazia di Banneaux è proprio il papà di Marietta, che corre a confessarsi e a ricevere l’Eucaristia: era dalla Prima Comunione che non si confessava più.
Il 19 gennaio, Marietta domanda: «Signora, chi siete?». «Sono la Vergine dei poveri».
Alla sorgente, aggiunge: «Questa sorgente è per me, per tutte le nazioni, per i malati. Vengo a consolarli!».

Marietta è una ragazza normale che vive i suoi giorni come tutti noi, come i nostri figli, i nostri nipoti. Un borgo piccolo e sconosciuto, il suo. Prega per rimanere vicina a Dio. Prega la sua mamma celeste per mantenere vivo il legame con lei. E Maria le parla con dolcezza, in un luogo a lei familiare. Le apparirà diverse volte, le confiderà segreti e le dirà di pregare per la conversione del mondo: questo per Marietta è un forte messaggio di speranza. Tutti i figli vengono abbracciati e consolati dalla Madre, tutta la dolcezza che Marietta trova nella “Signora gentile” la trasmette al mondo. E da questo incontro nasce una grande catena d’amore e spiritualità che trova il suo compimento nel santuario alla Madonna di Banneaux.

Maria, Madre che resta accanto
Tu, che sei rimasta accanto ai tuoi figli, senza perderne mai neanche uno, hai illuminato il cammino quotidiano dei più semplici. A loro ti sei avvicinata, a loro ti sei manifestata.
Abbandonati nell’abbraccio di Maria: non temere, lei ti consolerà.

Intervento Rettor Maggiore
Maria Santissima, educazione e amore

Maria Santissima è una maestra incomparabile di educazione, perché è fonte inesauribile di amore e chi ama educa, educa veramente chi ama.

Riflettere sulla figura di Maria in relazione a questi due pilastri della crescita umana e spirituale ecco abbiamo qui un esempio da contemplare, da prendere sul serio, da assumere nelle nostre scelte quotidiane.
L’educazione che viene emanata da Maria, non è fatta di precetti, di insegnamenti formali ma si manifesta attraverso il suo esempio di vita. Un silenzio contemplativo che parla, la sua obbedienza alla volontà di Dio, umile e grande allo stesso tempo, la sua profonda umanità.

Ecco, il primo aspetto educativo che Maria ci comunica è quello dell’ascolto.
L’ascolto della parola di Dio, l’ascolto di quel Dio che è continuamente lì per aiutarci, per accompagnarci. Maria custodisce nel suo cuore, medita con cura favorisce l’ascolto attento alla parola di Dio e con la stessa maniera la necessità degli altri. Maria ci educa a quella umiltà che non sceglie di rimanere distaccata e passiva ma piuttosto a quell’umiltà che mentre riconosciamo la nostra piccolezza davanti alla grandezza di Dio, ci mettiamo come protagonisti al suo servizio. Il nostro cuore è aperto per essere veramente quelli che accompagniamo, viviamo il progetto che Dio ha per noi.

Maria è un esempio che ci aiuta a lasciarci educare dalla fede ci educa alla perseveranza rimanendo saldi nell’amore per Gesù, fino ai piedi della croce.
Educazione e amore.  Ecco, l’amore di Maria è il cuore pulsante della sua esistenza, continua a essere per noi, tutte le volte che ci avviciniamo a Maria, sentiamo questo amore materno, che si estende su tutti noi. È un amore per Gesù che diventa un amore per l’umanità. Il cuore di Maria che si apre con quella tenerezza infinita che lei riceve da Dio, che lei comunica a Gesù, ai suoi figli spirituali.

Chiediamo al Signore affinché contemplando l’amore di Maria, che è un amore che educa lasciamoci spingere a superare i nostri egoismi, le nostre chiusure e di aprirci agli altri. In Maria vediamo una donna che educa con amore e che ama con un amore che è educativo. Chiediamo al Signore che ci dia il dono di un amore, che è il dono del suo amore che a sua volta è un amore che ci purifica ci sostiene, ci fa crescere, affinché il nostro esempio, possa essere veramente un esempio che comunica amore e comunicando amore possiamo lasciarci educare da lei e lasciamo che lei ci aiuti affinché il nostro esempio educhi anche gli altri.

E noi, siamo capaci di abbandonarci come fanno i bambini?

La preghiera di un figlio dei nostri giorni
Maria, tu che ti mostri a chi sa vedere…
rendi il mio cuore mite e docile.
Chi mi rimetterà insieme, dopo essermi spezzato sotto il peso delle croci che porto?
Chi riporterà la luce nei miei occhi, dopo aver visto le macerie della crudeltà umana?
Chi allevierà le sofferenze della mia anima, dopo gli errori che ho commesso sul mio cammino?
Madre mia, solo tu puoi consolarmi.
Abbracciami e tienimi con te per evitare che io vada in mille pezzi.
L’anima mia riposa in te e trova pace come un bimbo in braccio a sua madre.

Ave Maria…
Beato chi vede con il cuore.

Giorno 9
Essere Figli – Costruzione e sogno

I figli si fidano, i figli si affidano. E una madre è vicina, sempre. La vedi anche se non c’è.
E noi, siamo capaci di vederla?
Beato chi vede con il cuore.

Maria Ausiliatrice
Il piccolo Giovannino Bosco
A 9 anni ho fatto un sogno, che mi rimase profondamente impresso nella mente per tutta la vita. Nel sonno mi parve di essere vicino a casa in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli, che si trastullavano. Alcuni ridevano, altri giuocavano, non pochi bestemmiavano. All’udire quelle bestemmie mi sono subito lanciato in mezzo di loro adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve un uomo venerando in virile età nobilmente vestito.
— Non colle percosse ma colla mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi amici.
— Chi siete voi, soggiunsi, che mi comandate cosa impossibile?
— Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle possibili coll’ubbidienza e coll’acquisto della scienza.
— Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza?
— Io ti darò la maestra sotto alla cui disciplina puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.
In quel momento vidi accanto di lui una donna di maestoso aspetto, vestita di un manto, che risplendeva da tutte parti, come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella.
—Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte e robusto: e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo per i miei figli.
Volsi allora lo sguardo ed ecco invece di animali feroci, apparvero altrettanti mansueti agnelli, che, saltellando, correvano attorno belando, come per fare festa a quell’uomo e a quella signora. A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere, e pregai a voler parlare in modo da capire, poiché io non sapevo quale cosa volesse significare. Allora ella mi pose la mano sul capo dicendomi:
—A suo tempo tutto comprenderai.

Maria guida e accompagna Giovannino Bosco in tutta la sua vita e la sua missione. Lui, bambino, scopre così, da un sogno, la sua vocazione. Non capirà ma si lascerà guidare. Non comprenderà per molti anni ma alla fine ma sarà consapevole che “ha fatto tutto lei”. E la madre, sia quella terrena, sia quella celeste, sarà la figura centrale nella vita di questo figlio che si farà pane per i propri figli. E dopo aver incontrato Maria nei suoi sogni, Giovanni Bosco ormai diventato sacerdoti, ergerà un santuario alla Madonna perché tutti i suoi figli possano affidarsi a lei. E lo dedicherà a Maria Ausiliatrice, perché lei è stata il suo porto sicuro, il suo aiuto perenne. Così, tutti coloro che entrano nella Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino vengono presi sotto il manto protettivo di Maria che ne diventa guida.

Maria, Madre che accompagna/che guida
Tu, che hai accompagnato tuo figlio Gesù in tutto il suo cammino, ti sei proposta come guida a chi ha saputo ascoltarti con l’entusiasmo che solo i bambini sanno avere. A loro ti sei avvicinata, a loro ti sei manifestata.
Lasciati accompagnare: la Madre sarà sempre al tuo fianco per indicarti la via.

Intervento Rettor Maggiore
Maria Santissima aiuto nella conversione

Maria Santissima è un aiuto potente e silenzioso nel nostro cammino di crescita.
È un cammino che ha bisogno continuamente di liberarsi da quello che lo blocca verso la crescita. È un cammino che continuamente deve rinnovarsi, a non ritornare indietro oppure a fermarsi in degli angoli oscuri della propria esistenza. Ecco la conversione.

La presenza di Maria è un faro di speranza, è un invito costante affinché noi continuiamo a camminare verso Dio, aiutare il nostro cuore che sia continuamente focalizzato verso Dio, verso il suo amore. Riflettere su Maria, sul suo ruolo, significa che scopriamo Maria che non impone, che non giudica, ma piuttosto sostiene, incoraggia, con la sua umiltà, con il suo amore materno, aiuta il nostro cuore a rimanere accanto a lei per avvicinarci sempre di più verso il suo figlio Gesù, che è la via, la verità e la vita.

Anche per noi continua a essere valido questo Sì di Maria all’annunciazione che apre all’umanità la storia della salvezza raggiungibile e accessibile. La sua intercessione alle Nozze di Cana sostiene quelle che si trovano in situazioni non attese, inedite. Ecco, Maria è un modello di conversione continua. La sua vita, una vita di Immacolata, è stata però un progressivo aderire alla volontà di Dio, un cammino di fede che l’ha portata attraverso gioie e dolori, culminando nel sacrificio del Calvario.

Ecco, la perseveranza di Maria nel seguire Gesù diventa per noi un invito, affinché anche noi viviamo questa vicinanza continua, questa trasformazione interiore, che sappiamo bene che è un processo graduale, ma che richiede costanza, umiltà e fiducia nella grazia di Dio.

Maria aiuto nella conversione attraverso un ascolto molto attento e focalizzato sulla Parola di Dio. Un ascolto che ci aiuta a trovare la forza per abbandonare le vie del peccato, perché riconosciamo la forza, la bellezza di camminare verso Dio. Rivolgiamoci a Maria con fiducia filiale, perché questo significa che noi, mentre riconosciamo le nostre fragilità, i nostri peccati, i nostri difetti, vogliamo favorire quei desideri di cambiamento. Un cambiamento di un cuore che vuole lasciarsi accompagnare dal cuore materno di Maria. In Maria, troviamo quell’aiuto prezioso per discernere le false promesse del mondo e riscoprire la bellezza e la verità del Vangelo. Che Maria, l’aiuto dei cristiani, sia per tutti noi un aiuto continuo per scoprire la bellezza del Vangelo. E per accettare di camminare verso la bontà, la grandezza della parola di Dio, viva nel cuore per poterla comunicare agli altri.

E noi, siamo capaci di farci prendere per mano come i bambini?

La preghiera di un figlio immobile
Maria, tu che ti mostri a chi sa vedere…
rendi il mio cuore capace di sognare e di costruire.
Io che non mi lascio aiutare da nessuno.
Io che mi scoraggio, perdo la pazienza e non credo mai di aver costruito nulla.
Io che penso sempre di essere fallimentare.
Oggi voglio essere figlio, quel figlio in grado di darti la mano Madre mia
per farsi accompagnare sulle strade della vita.
Mostrami il mio campo,
mostrami il mio sogno
e fa’ che alla fine anche io possa comprendere tutto e riconoscere il tuo passaggio
nella mia vita.

Ave Maria…
Beato chi vede con il cuore.




La Devozione mariana nella prospettiva di don Bosco

San Giovanni Bosco nutrì una profonda devozione verso Maria Ausiliatrice, una devozione che affonda le radici nelle numerose esperienze del suo intervento materno, iniziate quando aveva solo 9 anni. Questa vera devozione non poteva rimanere solo personale, e così Don Bosco sentì il bisogno di condividerlo con gli altri. Nel 1869 fondò l’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA), che ancora oggi continua a essere una vivace realtà spirituale. Ogni 5-6 anni l’associazione organizza Congressi internazionali in onore di Maria Ausiliatrice. L’ultimo, il IX Congresso, si è tenuto a Fatima, in Portogallo, dal 29 agosto al 1° settembre 2024. Presentiamo l’intervento conclusivo del Vicario del Rettor Maggiore, don Stefano Martoglio.


Prendo parola volentieri in questo Congresso Mariano, dopo quanto abbiamo ascoltato e vissuto per riaffermare un atto di affidamento personale ed istituzionale, secondo il cuore di Don Bosco e la Fede della Chiesa. Chiudiamo questi nostri giorni con uno degli aspetti spirituali che Don Bosco percepisce e vive come importante a livello personale e qualificante per la sua opera: la devozione mariana. Ci affidiamo alle mani materne di Maria. Qui ora, in questo luogo Santo della presenza di Maria; a lei chiediamo di rendere fecondi nella vita quanto abbiamo qui vissuto, pregato ed ascoltato.
Per cui il mio dire, dopo quanto abbiamo ascoltato e vissuto è fare memoria, cominciando dall’inizio. Farre memoria è importante: vuol dire riconoscere che questo non è nostro, ci è stato affidato, e noi ad altre generazioni dovremmo consegnarlo
Con molta semplicità, dico a me e a ciascuno di noi alcuni aspetti centrali della Presenza di Maria in don Bosco, della sua e nostra devozione.

1. Maria negli scritti di don Bosco, cominciamo dall’inizio.
La donna «di maestoso aspetto, vestita di un manto, che risplendeva da tutte le parti», descritta nel sogno dei nove anni che tanto abbiamo meditato e pensato in questo Bicentenario di questo Sogno, è la Madonna cara alla tradizione popolare e alla devozione comune. Di essa Don Bosco sottolinea soprattutto la amabilità materna. Questa rappresentazione è quella più consona al suo animo, che lo accompagnerà fino all’ultimo respiro di vita.

Nelle Memorie dell’Oratorio vengono richiamati molti degli aspetti e delle devozioni tipiche della religiosità popolare: rosario in famiglia, Angelus, novene e tridui, invocazioni e giaculatorie, consacrazioni, visite ad altari e a santuari, feste mariane (Maternità, Nome di Maria, Madonna del Rosario, Addolorata, Consolata, Immacolata, Madonna delle grazie…). Attenzione: quando diciamo aspetti tipici della religiosità popolare, non diciamo una cosa facile né “automatica”. La religiosità popolare è la quinta essenza, il distillato, dell’esperienza di secoli che ci viene portata in dono; di cui dobbiamo appropriarci.

Nel periodo degli studi a Chieri, appaiono più elementi che collegano la devozione mariana alle scelte spirituali del giovane Bosco, soprattutto la maturazione vocazionale e il consolidamento delle virtù che formano il buon seminarista. La Madonna del seminario è l’Immacolata (in tutti i seminari piemontesi, e in quelli influenzati dalla tradizione lazzarista, la cappella è dedicata all’Immacolata fin dal ‘600).
Questo, appunto, è l’aspetto che caratterizza la pietà mariana per il giovane don Bosco (formato alla scuola di S. Alfonso): la vera devozione, che si esprime soprattutto in una vita virtuosa, garantisce il patrocinio più possente che si possa avere in vita e in morte.

Lo scriverà anche nel Giovane provveduto nel 1847: «Se sarete suoi devoti, oltre a colmarvi di benedizioni in questo mondo, avrete il paradiso nell’altra vita».

Ma è soprattutto nel libretto Il mese di maggio consacrato a Maria SS. Immacolata ad uso del popolo (1858), che il santo inquadra esplicitamente e insistentemente la devozione mariana popolare e giovanile in un contesto finalizzato ad un concreto serio impegno di vita cristiana vissuta con fervore e amore.

«Tre cose da praticarsi in tutto il mese: 1. Fare quanto possiamo per non commettere alcun peccato nel corso di questo mese: sia esso tutto consacrato a Maria. 2. Darsi grande sollecitudine per l’adempimento de’ doveri spirituali e temporali del nostro stato … 3. Invitare i nostri parenti ed amici e tutti quelli che da noi dipendono a prendere parte alle pratiche di pietà che si fanno in onore di Maria nel corso del mese”.

L’altro tema, ereditato da tutta una tradizione devota, è il collegamento tra devozione mariana e salvezza eterna: «Poiché il più bell’ornamento del cristianesimo è la Madre del Salvatore, Maria Santissima, così a Voi mi rivolgo, o clementissima Vergine Maria, io sono sicuro di acquistare la grazia di Dio, il diritto al Paradiso, di riacquistare insomma la perduta mia dignità, se Voi pregherete per me: Auxilium christianorum, ora pro nobis». Don Bosco è convinto che Maria interviene come avvocata efficacissima e mediatrice potentissima presso Dio.
Dieci anni più tardi (1868), per l’inaugurazione della chiesa di Maria Ausiliatrice, il santo scrive e diffonde un fascicolo intitolato Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice. In quest’operetta è sottolineata la dimensione ecclesiale, sulla quale si va sempre più aprendo lo sguardo di Don Bosco e si orientano le sue preoccupazioni missionarie e educative.

I titoli di Immacolata e di Ausiliatrice nel contesto ecclesiale del tempo evocano lotte e trionfi, il “grande scontro” tra Chiesa e società liberale. Si fa una lettura religiosa degli eventi politici e sociali, sulla linea della reazione cattolica all’incredulità, al liberalismo, alla scristianizzazione.
Tuttavia Don Bosco, per i suoi ragazzi e i suoi salesiani, continua a sottolineare prevalentemente la dimensione ascetico-spirituale e apostolica della pietà mariana. Infatti, la pratica del mese di Maria e delle varie devozioni mira a determinare nei giovani la decisione di un maggior impegno nel proprio dovere, ad esercitare le virtù, ad un ardore ascetico (mortificazioni in onore di Maria), ad una carità operativa ad una generosa azione di apostolato tra i compagni.
Cioè, Don Bosco tende ad assegnare all’Immacolata e all’Ausiliatrice un ruolo determinate nell’opera educativa e formativa e a valorizzare, nel clima del fervore mariano del tempo, esercizi virtuosi e pratiche devote per condurre una vita di purificazione dal peccato e dall’affetto ad esso e di crescente totalità di dono di sé a Dio.

Dunque: lotta contro il peccato e orientamento a Dio, santificazione di sé e del prossimo, servizio di carità, forza nel portare la croce e impegno missionario. Sono questi i tratti salienti di una devozione mariana che ha ben poco di devozionalistico e di sentimentale (nonostante il clima dell’epoca e i gusti popolari che, comunque, Don Bosco valorizza).
Che cammino in don Bosco e dell’uomo di fede don Bosco! Tra quanto avete in cuore vorrei mettere un accento: anche io, anche noi dobbiamo camminare nella devozione. Non si sta fermi, se non si va avanti si va indietro…e nessuno può farlo al posto mio!

2. Maria nella vita di don Bosco, espressioni quotidiane della devozione di don Bosco e devozione nostra

2.1. Il senso di una presenza
Maria è, nella vita di Don Bosco, una presenza percepita, amata, attiva e stimolante, finalizzata al grande affare della salvezza eterna e della santità. Egli la sente vicina e si affida a lei, lasciandosi guidare e condurre sulle strade della sua vocazione (la sogna, la “vede”).

A Nizza Monferrato nel giugno 1885, Don Bosco si intratteneva nel parlatorio con le madri capitolari delle Figlie di Maria Ausiliatrice, con un filo di voce, stanchissimo. Fu pregato di lasciare loro un ultimo ricordo. «Oh dunque, voi volete che vi dica qualche cosa. Se potessi parlare, quante cose vi vorrei dire! Ma sono vecchio, vecchio cadente, come vedete; stento perfino a parlare. Voglio dirvi solo che la Madonna vi vuole molto, molto bene. E, sapete, essa si trova qui in mezzo a voi. Allora Don Bonetti, vedendolo commosso, lo interruppe e prese a dire, unicamente per distrarlo:
– Si, così, così! Don Bosco vuol dire che la Madonna è vostra Madre e che essa vi guarda e vi protegge.
– No, no, ripigliò il Santo, voglio dire che la Madonna è proprio qui, in questa casa e che è contenta di voi, e che se continuate con lo spirito di ora, che è quello desiderato dalla Madonna… Il buon Padre si inteneriva più di prima e don Bonetti a prendere un’altra volta la parola:
– Sì, così, così! Don Bosco vuol dirvi che, se sarete sempre buone, la Madonna sarà contenta di voi.
– Ma no, ma no, si sforzava di spiegare don Bosco, cercando di dominare la propria commozione. Voglio dire che la Madonna è veramente qui, qui in mezzo a voi! La Madonna passeggia in questa casa e la copre con il suo manto. – In così dire stendeva le braccia, levava le pupille lacrimose in alto e pareva voler persuadere le suore che la Madonna egli la vedeva andare ivi di qua e di là come in casa sua».

È una presenza operativa: colei che accompagna, sostiene, guida, incoraggia; colei che gli è stata donata: «Io ti darò la Maestra sotto alla cui disciplina puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza». Una presenza che stimola a vivere consapevolmente alla presenza di Dio in una tensione di totalità: «Al pensier di Dio presente / fa’ che il labbro, il cuor, la mente / di virtù seguan la via / o gran Vergine Maria. / Sac. Gio Bosco» (preghiera scritta dal santo ai piedi di una sua fotografia).

Splendido ed essenziale: ciò che non è presenza viva nella mia vita è assenza! Il senso della Presenza, della Provvidenza di Dio, dell’azione di Maria. Un cammino continuo per ciascuno di noi e per tutti noi insieme, Famiglia Salesiana.

2.2. L’energia della missione
Don Bosco collega strettamente Maria con la sua vocazione e il suo ministero. Qui è bene riprendere la presentazione che Don Bosco fa del sogno dei nove anni: «Presomi con bontà per mano – guarda – mi disse… Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte, robusto; e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali tu dovrai farlo pei figli miei». È la missione di salvezza/trasformazione/formazione dei giovani, attraverso la prevenzione, l’educazione, l’istruzione, l’evangelizzazione, e un corredo solido di virtù nell’educatore.
Il Figlio di Maria ne insegna il metodo e l’obiettivo: «Non con le percosse, ma colla mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti adunque immediatamente a far loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù».
La narrazione fatta nel 1873-74 dell’antico sogno ispiratore, si collega con tanti altri racconti di interventi e ispirazioni interiori (i sogni) nei quali il nostro santo ha riferito a Maria un ruolo di animazione, di guida e di sostegno del suo anelito e del suo zelo per la missione di salvezza giovanile.
In questo contesto vanno collocati e interpretati quelli che Don Bosco riconosce come interventi prodigiosi di Maria: le “grazie” accordate alle persone (spirituali e corporali), la potente protezione sua sull’Oratorio e sulla nascente Famiglia salesiana e sul loro prodigioso sviluppo a vantaggio delle anime.
Le grazie personali, l’accorgerci della presenza particolare di Dio, per intercessione di Maria, che guida provvidenzialmente l’esistenza personale e istituzionale. Se non percepisci la Presenza, sei in balia del caso.

2.3. Stimolo alla santità
Don Bosco vive la devozione mariana come stimolo e sostegno della tensione alla perfezione cristiana. Nella stessa prospettiva egli la inculca sapientemente ai giovani per promuovere in essi la vita cristiana e stimolarli al desiderio di santità.
Valorizzando la sensibilità dei suoi ragazzi e i gusti popolari della loro pietà, Don Bosco seppe trasformare una tendenza devozionale, venata di sentimento romantico, in un potente strumento di formazione spirituale (incoraggiando, correggendo, indirizzando).
Maria non ci lascia mai dove ci trova. Come all’inizio dei Segni del Vangelo di Giovanni, sa che noi dobbiamo esser guidati, accompagnati…per un itinerario preciso: fate quello che vi dirà e arriverete lì dove IO vi aspetto, ci dice don Bosco. Vedere l’invisibile.

3. Identità salesiana e devozione mariana
Per concludere vi condivido, con semplicità, ciò di cui viviamo come confratelli, e che è al centro della nostra vocazione. Amo concludere con questa parte, perché è l’ossatura della mia e nostra vita. Se fa tanto bene a me, a noi, sicuramente farà bene a tutti.

Innanzitutto, le Costituzioni, che ci delineano i tratti caratterizzanti della nostra devozione mariana. L’articolo 8 (collocato nel primo capitolo, relativo agli elementi che assicurano l’identità della Congregazione Salesiana) sintetizza il senso della presenza di Maria nella nostra Società: ella ha indicato a Don Bosco il suo campo d’azione, l’ha costantemente guidato e sostenuto, continua tra noi la sua missione di Madre e Ausiliatrice: noi «ci affidiamo a lei, umile serva in cui il Signore ha fatto grandi cose, per diventare tra i giovani testimoni dell’amore inesauribile del suo Figlio».

L’articolo 92 presenta il ruolo di Maria nella vita e nella pietà del salesiano: modello di preghiera e di carità pastorale; maestra di sapienza e guida della nostra famiglia; esempio di fede, di sollecitudine per i bisognosi, di fedeltà nell’ora della croce, di gioia spirituale; nostra educatrice alla pienezza di donazione al Signore e al coraggioso servizio dei fratelli. Ne deriva, dunque, una devozione filiale e forte, che si esplicita nella preghiera (rosario quotidiano e celebrazione delle sue feste) e nella imitazione convinta e personale.

La migliore sintesi, tuttavia, si trova a mio parere nella Preghiera di affidamento a Maria SS. Ausiliatrice che quotidianamente si recita in ogni nostra comunità dopo la meditazione. Fu don Rua nel 1894 a comporla, come espressione di quotidiana consacrazione nell’impegno di fedeltà e di generosità. Oggi è stata riveduta, ma conserva lo stesso impianto di quella antica e i medesimi contenuti. Ecco il testo primitivo:

«Santissima e immacolata Vergine Ausiliatrice, noi ci consacriamo interamente a voi e vi promettiamo di sempre operare alla maggior gloria di Dio e alla salute delle anime

Vi preghiamo di rivolgere i vostri sguardi pietosi sopra la Chiesa, l’augusto suo Capo, i Sacerdoti e i Missionari, sopra la Famiglia Salesiana, i nostri parenti e benefattori e la gioventù alle nostre cure affidata, sopra i poveri peccatori, i moribondi e le anime del purgatorio.

Insegnateci, o Madre tenerissima, a ricopiare in noi le virtù del nostro Fondatore, in particolar modo l’angelica modestia, l’umiltà profonda e l’ardente carità.

Fate, o Maria Ausiliatrice, che la potente vostra intercessione ci renda vittoriosi contro i nemici dell’anima nostra in vita e in morte, affinché possiamo venire a farvi corona con Don Bosco nel Paradiso. Così sia».

Come si può vedere la versione attuale non fa che riprendere, con alcuni sviluppi, il testo di Don Rua. Credo che sia bene, ogni tanto, riprenderla e meditarla. È strutturata in quattro parti: promessa; intercessione; docilità, affidamento.

Nella prima parte (Santissima) si ricorda il fine ultimo della nostra consacrazione promettendo di orientare ogni nostra azione unicamente al servizio di Dio e alla salvezza del prossimo, nella fedeltà all’essenza della vocazione salesiana.

Nella seconda parte (Ti preghiamo) si condensa il senso ecclesiale, salesiano e missionario della nostra consacrazione, affidando all’intercessione di Maria la Chiesa, la Congregazione e la Famiglia Salesiana, i giovani, soprattutto i più poveri, tutti gli uomini redenti da Cristo. Qui è ben delineata la passione che deve alimentare e caratterizzare la preghiera salesiana: universalità, ecclesialità, missionarietà giovanile.

Nella terza parte (Insegnaci) sono concentrate le virtù che caratterizzano la fisionomia tipica del salesiano discepolo di Don Bosco: ci si mette alla scuola di Maria per crescere nell’unione con Dio, nella castità, nell’umiltà e nella povertà, nell’amore al lavoro e alla temperanza, nell’ardente carità amorevole (bontà e donazione illimitata ai fratelli), nella fedeltà alla Chiesa e al suo magistero.

Nell’ultima parte (Fa’, o Maria Ausiliatrice) ci si affida all’intercessione della Vergine Ausiliatrice per ottenere la fedeltà e la generosità nel servizio di Dio fino alla morte e l’ammissione nella comunione eterna dei santi.

Questa eccellente sintesi, che contiene un completo programma di vita spirituale e delinea i tratti fisionomici della nostra identità, può servirci oggi di riferimento e di traccia concreta per la verifica e la programmazione spirituale. E così sia per ciascuno di noi!




Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice (13/13)

(continuazione dall’articolo precedente)

Grazie ottenute per intercessione di Maria Ausiliatrice.I. Grazia ricevuta da Maria SS. Ausiliatrice.
            Correva l’anno del Signore 1866 quando la mia consorte nel mese d’ottobre fu colta da una gravissima malattia, vale a dire da una grande infiammazione congiunta con una gran costipazione, e con mal verminoso. In questi dolorosi frangenti si fece in prima ricorso ai periti dell’arte i quali non stettero molto a dichiarare che la malattia era pericolosissima. Vedendo io che il male molto più s’aggravava, e che a poco o nulla giovavano i rimedii umani, suggerii alla mia compagna che si raccomandasse a Maria Ausiliatrice, e che ella certamente le avrebbe concesso la salute se era necessaria per quella dell’anima; aggiunsi nello stesso tempo la promessa che se avesse ottenuto la sanità, appena terminata la chiesa, che si sta facendo in Torino, di portarci ambedue a visitarla e farvi qualche oblazione. A tal proposta essa rispose che poteva raccomandarsi a qualche Santuario più vicino per non aver poi l’obbligo di andar così lontano; a quella risposta io le dissi che non bisognava guardar tanto il comodo, quanto la grandezza del benefizio che si spera.
            Allora essa si raccomandò, e promise quanto si proponeva. O potenza di Maria! non erano ancora 30 minuti dacché essa aveva fatto la promessa quando interrogata da me come stava ella mi disse: sto molto più bene, ho la mente più libera, non ho più oppresso lo stomaco, sento abborrimento al ghiaccio che poco prima tanto desiderava, e son più vogliosa di brodo che poco prima tanto abborriva.
            A queste parole io mi sentii nascere a nuova vita, e se non fosse stato di notte sarei subito uscito di camera a pubblicare la grazia ricevuta da Maria SS. Il fatto sta che essa passò la notte tranquilla, ed al mattino seguente comparendo il medico la dichiarò immune da ogni pericolo. Chi la risanò se non Maria Ausiliatrice? Infatti essa dopo pochi giorni abbandonò il letto, ed intraprese le faccende domestiche. Ora aspettiamo ansiosamente che si compia la chiesa a lei dedicata, per quindi adempir la promessa fatta.
            Ho scritto questo, qual figlio umile dell’una, santa, cattolica ed apostolica Chiesa, e desidero che al medesimo si dia tutta quella pubblicità che si giudicherà bene per la maggior gloria di Dio e dell’augusta Madre del Salvatore.

COSTAMAGNA Luigi
di Caramagna.

II. Maria Ausiliatrice Protettrice delle campagne.
            Mornese è un paesello della diocesi di Acqui, provincia di Alessandria, di circa mille abitanti. Questo nostro paese, come tanti altri, era tristamente travaglialo dalla crittogama che da oltre venti anni divorava quasi tutto il raccolto dell’uva che è la nostra ricchezza principale. Avevamo già usato altri ed altri specifici per allontanare quel malanno, ma inutilmente. Quando si sparge la voce che alcuni contadini dei paesi confinanti avendo promesso una parte del frutto dei loro vigneti per la continuazione dei lavori della chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice in Torino furono meravigliosamente favoriti ed ebbero uva in abbondanza. Mossi i Mornesini dalla speranza di migliore raccolto e più ancora animati dal pensiero di concorrere ad un’opera di religione, determinarono di offrire per questo scopo la decima parte delle nostre vendemmie. La protezione della santa Vergine si fece sentire tra noi in modo veramente pietoso. Abbiamo avuto l’abbondanza dei tempi più felici, e fummo ben lieti di poter scrupolosamente offrire in genere o in danaro quanto avevamo promesso. All’occasione che il direttore dei lavori di quella chiesa invitato venne tra noi per raccogliere le offerte vi fu una festa di vera gioia e di pubblica esultanza.
            Egli apparve profondamente commosso per la prontezza e disinteresse con cui erano fatte le offerte, e per le cristiane parole con cui le accompagnavano. Ma un nostro patriota a nome di tutti diede ad alta voce ragione di quanto avveniva. Noi, esso prese a dire, siamo debitori di grandi cose alla santa Vergine Ausiliatrice. L’anno scorso molti di codesto paese dovendo andare alla guerra si posero tutti sotto alla protezione di Maria Ausiliatrice, mettendosi per lo più una medaglia al collo andarono coraggiosamente, e dovettero affrontare i più gravi pericoli, ma niuno restò vittima di quel flagello del Signore. Inoltre nei paesi confinanti fu strage del colera, della grandine, della siccità, e noi fummo affatto risparmiati. Quasi nulla è la vendemmia dei nostri vicini, e noi siamo stati benedetti con tale abbondanza che da venti anni non si è più veduta. Per questi motivi noi siamo lieti di poter manifestare in tal modo la incancellabile nostra gratitudine verso la grande Protettrice del genere umano.
            Credo di essere fedele interprete dei miei concittadini asserendo che quanto abbiamo fatto ora, lo faremo eziandio in avvenire, persuasi così di renderci sempre più degni delle celesti benedizioni.
            25 marzo 1868

Un Abitante di Mornese.

III. Pronta guarigione.
            Il giovanetto Bonetti Giovanni di Asti nel collegio di Lanzo ebbe il favore seguente. La sera dei 23 di dicembre ultimo scorso entrò improvvisamente in camera del direttore con passo incerto e col viso stravolto. Gli si avvicina, appoggia la sua persona a quella del pio Sacerdote, e colla destra si stropiccia la fronte e non dice parola. Meravigliato egli di vederlo così convulso, lo sorregge, e ponendolo a sedere lo richiede che cosa desideri. Alle replicate domande il poveretto non rispondeva che con sospiri sempre più stentati e profondi. Allora lo fissa più attentamente in fronte, e vede che i suoi occhi erano immobili, le labbra pallide, ed il corpo consentendo al peso della testa minacciava cadere. Vedendo allora in qual pericolo della vita stesse il giovanetto si manda tosto pel medico. Intanto il male peggiorava ad ogni istante, la sua fisonomia erasi contraffatta, e non sembrava più quella di prima, le braccia, le gambe, la fronte erano gelate, il catarro lo soffocava; il respiro sempre si faceva più breve, ed i polsi non si sentivano più che leggermente. Durò in questo stato cinque penosissime ore.
            Giunse il Dottore, applicò vari rimedi, ma sempre con nessun risultato. È finito, disse addolorato il medico, prima di domattina cotesto giovanetto sarà morto.
            Sfidato così delle speranze umane il buon Sacerdote si rivolse al cielo, pregando che se non era suo volere che il giovanetto vivesse, almeno gli concedesse un po’di tempo per confessarsi e comunicarsi. Prese quindi una piccola medaglia di Maria Ausiliatrice. Le grazie già ottenute dalla invocazione della Vergine con quella medaglina erano molte, ed aumentarono la speranza di ottenere aiuto dalla celeste Protettrice. Pieno adunque di fiducia in Lei si inginocchiò, gli mise sul cuor la medaglia e con altre pie persone accorse si dissero alcune preghiere a Maria ed al SS. Sacramento. E Maria ascoltò le preghiere che con tanta confidenza Le erano innalzate. Il respiro del piccolo Giovanni diventò più libero, gli occhi, che erano come impietriti, si volsero caramente intorno a mirare e a ringraziare gli astanti delle cure pietose che gli facevano. Né il miglioramento fu cosa di breve durata, anzi ognuno tenne certa la guarigione. Il medico stesso sbalordito dell’avvenuto ebbe ad esclamare: – Fu la grazia di Dio, che operò la salute. Nella mia lunga carriera ho veduto un gran numero di ammalati e moribondi, ma nessuno di quelli che si trovarono al punto del Bonetti vidi riaversi. Senza l’intervento benefico del cielo, è questo per me un fatto inesplicabile. E la scienza, usa oggidì a rompere quel mirabile vincolo che la unisce a Dio, rese umile omaggio a Lui giudicandosi essa impotente ad ottenere quello che solo Iddio compì. Il giovanetto che fu oggetto di gloria della Vergine, continua tuttora a stare molto e molto bene. Dice e predica a tutti che la sua vita la deve doppiamente a Dio ed alla potentissima sua Madre, dalla cui valida intercessione ottenne la grazia. Egli si crederebbe ingrato di cuore se non rendesse pubblica testimonianza di gratitudine, ed invitare così altri ed altri infelici che in questa valle di lagrime soffrono e vanno in cerca e di conforto e di aiuto.

(Dal giornale: La Vergine).

IV. Maria Ausiliatrice libera un suo devoto da forte mal di denti.
            In una casa d’educazione di Torino vi era un giovinetto di 19 o 20 anni, che già da parecchi giorni soffriva acerbissimi dolori ai denti. Tutto quello che l’arte medica suole in tali casi suggerire erasi già usato senza alcun felice esito. Onde il povero giovane era a tal punto di esacerbazione ridotto, che destava la pietà in tutti quelli che lo sentivano. Se il giorno gli pareva orrido, eterna e sciaguratissima la notte, in cui non poteva chiudere l’occhio al sonno che ad istanti interrotti e brevissimi. Che stato deplorabile era mai questo suo! Continuò così per qualche tempo; ma alla sera del 29 aprile il male parve diventar furiosissimo. Gemeva il giovanetto nel suo letto senza posa, sospirava ed altamente gridava senza che lo potesse qualcuno alleviare. I compagni inteneriti sulla condizione di lui infelice andarono a farne parte al direttore che volesse degnarsi di venirlo a confortare. Ci venne, e tentò a parole di ridonargli la calma tanto a lui necessaria e ai suoi compagni perché potessero riposare. Ma tanto era il furore del male, che egli sebben obbedientissimo, non poté cessare il lamento; dicendo che non sapeva se pur anche nell’inferno stesso si potevano soffrire più crudeli dolori. Il superiore allora pensò bene di collocarlo sotto alla protezione di Maria Ausiliatrice, al cui onore si solleva pur anche in questa nostra città maestoso tempio. C’inginocchiammo tutti, e facemmo breve preghiera. Ma che? L’aiuto di Maria non si fece molto aspettare. Nell’atto che il sacerdote compartiva al desolato giovane la benedizione, sull’istante ebbe calma, e prese placido e profondo sonno. In quell’istante ci balenò alla mente un terribile sospetto; che cioè il povero giovane soccombette al male, ma no, egli erasi già profondamente addormentato, e Maria aveva udita la preghiera del suo devoto, e Dio la benedizione del suo ministro.
            Passarono più mesi, e il giovane soggetto al male dei denti non ne fu più molestato.

(Dallo stesso).

V. Alcune meraviglie di Maria Ausiliatrice.
            Credo che il vostro nobile periodico farà buon viso ad alcuni avvenimenti succeduti tra di noi, che io espongo ad onore di Maria Ausiliatrice. Ne trascelgo solamente alcuni di cui sono stato testimonio in questa città, ommettendone molti altri che si raccontano ogni dì.
            Il primo riguarda ad una signora di Milano che da cinque mesi si andava consumando da una polmonite congiunta ad una totale prostrazione dell’economia vitale.
Passando da queste parti il Sac. B… venne da esso consigliata a fare ricorso a Maria Ausiliatrice, mercè una novena di preghiera ad onore di lei, con promessa di qualche oblazione per continuare i lavori della chiesa, che appunto sotto il titolo di Maria aiuto dei cristiani si va innalzando in Torino. Questa oblazione per altro era soltanto da farsi a grazia ottenuta.
            Meraviglia a dirsi! In quel giorno stesso l’inferma poté ripigliare le sue ordinarie e gravi occupazioni, accomodarsi a qualsiasi genere di cibi, andare a passeggio, entrare e uscire da casa liberamente, come se non fosse mai stata ammalata. Quando poi si terminava la novena, ella si trovava nello stato di florida sanità, quale non si ricordava mai aver in addietro goduta.
            Un’altra Signora da tre anni pativa un male di palpitazione, con molti incomodi che a questo male vanno congiunti. Ma la venuta di qualche febbre e di una specie di idropisia l’aveva resa immobile in letto. Il suo male era giunto a tal segno, che quando il mentovato sacerdote le dava la benedizione, il marito di lei dovette alzarle la mano, affinché potesse fare il segno della santa croce. Fu parimente raccomandata una novena ad onore di Gesù Sacramentato e di Maria Ausiliatrice, con promessa di qualche oblazione pel sopra citato sacro edifizio, ma a grazia compiuta. Nel giorno stesso, in cui si terminava la novena, la inferma era libera da ogni male, e poté ella medesima compilare la narrazione del suo male, in cui leggo quanto segue:
            “Maria Ausiliatrice mi ha fatto guarire da una malattia, per cui si reputava inutile ogni ritrovato dell’arte. Oggi, ultimo giorno della novena, io sono libera da ogni male, e vado a mensa colla mia famiglia, cosa che da tre anni non aveva più potuto fare. Finché vivrò, non cesserò di magnificare la potenza e la bontà dell’augusta Regina del cielo, e mi adopererò per promuovere il culto di lei, specialmente nella chiesa che si sta costruendo in Torino.”
            Aggiungo ancora un altro fatto, che è altresì più meraviglioso degli antecedenti.
            Un giovinetto sul fiore degli anni si vedeva aperta una delle più luminose carriere per la via delle scienze, quando fu colpito da crudo male ad una mano. Malgrado ogni cura, ogni sollecitudine dei medici più accreditati non si poterono ottenere miglioramenti, né poteva arrestarsi il progresso del male. Tutte le conclusioni dei periti dell’arte concorrevano a dire doversi venire all’amputazione, per impedire la totale rovina del corpo. Spaventato egli a questa sentenza, volle fare ricorso a Maria Ausiliatrice, mettendo in opera i medesimi rimedii spirituali, che altri con tanto frutto avevano praticato. L’acutezza dei dolori cessò sull’istante, le piaghe si mitigarono, e in breve tempo apparve compiuta guarigione. Chi volesse soddisfare alla propria curiosità potrebbe rimirare quella mano che presenta le tacche ed i fori delle piaghe cicatrizzate, che ricordano la gravezza del suo male e la meravigliosa guarigione del medesimo. Esso volle andare a compiere in persona la sua oblazione a Torino, per dimostrare viepiù la sua gratitudine verso l’augusta Regina del cielo.
            Ho ancora molti altri racconti di questo genere, che vi esporrò con altre mie lettere, se giudicherete questa essere materia opportuna pel vostro periodico. Vi prego di omettere i nomi delle persone, cui i fatti si riferiscono, per non esporle ad importune dimande ed osservazioni. Valgano tuttavia questi fatti a ravvivare ognora più fra i cristiani la fiducia nella protezione di Maria Ausiliatrice, per accrescerle i devoti in terra, e per avere un giorno più gloriosa corona dei suoi devoti in cielo.

(Dalla Vera Buona Novella di Firenze).

Con approvazione Ecclesiastica.

Fine




Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice (12/13)

(continuazione dall’articolo precedente)

Rimembranza della funzione per 1a pietra angolare della chiesa sacrata a Maria Ausiliatrice il giorno 27 Aprile 1865.

FILOTICO, BENVENUTO, CRATIPPO E TEODORO.

            Filot. Bella festa è quella di quest’oggi.
            Crat. Festa bellissima; io sono da molti anni in quest’Oratorio, ma festa pari non vidi mai, e difficilmente potremo farne altra simile in avvenire.
            Benv. Mi presento a voi, cari amici, pieno di meraviglia: non so darmi ragione.
            Filot. Di che?
            Benv. Non so darmi ragione di quello che ho veduto.
            Teod. Chi sei tu, donde vieni, che hai veduto?
            Benv. Io sono forestiere, e sono partito dalla mia patria per venire a far parte dei Giovani dell’Oratorio di S. Francesco di Sales. Giunto in Torino domando di essere qua condotto, ma appena entrato vedo vetture regalmente fornite, cavalli, staffieri, cocchieri tutti adornati con grande magnificenza. Possibile! dissi fra me, che questa sia la casa che io, povero orfanello, vengo ad abitare? Entro di poi nel recinto dell’Oratorio, vedo una moltitudine di giovanetti che van gridando inebbriati di gioia e quasi frenetici: Viva, gloria, trionfo, benevolenza da tutti e sempre. – Alzo lo sguardo verso il campanile e vedo una piccola campanella agitarsi in tutti i versi per produrre con ogni suo sforzo un armonioso scampanio. – Pel cortile musica di qua, musica di là: chi corre, chi salta, chi canta, chi suona. Che cosa è mai tutto questo?
            Filot. Ecco in due parole la ragione. Oggi fu benedetta la pietra angolare della novella nostra chiesa. Sua Altezza il Principe Amedeo si degnò di venire a deporvi sopra la prima calce; Sua Eccellenza il Vescovo di Susa ne venne a fare la religiosa funzione; gli altri poi sono una schiera di nobili personaggi e d’insigni nostri Benefattori, che intervennero a fine di prestar omaggio al Figlio del Re, e nel tempo stesso rendere più maestosa la solennità di questo bellissimo giorno.
            Benv. Ora comprendo la cagione di tanta allegria; ed avete ben motivo di celebrare una gran festa. Ma, se mi permettete una osservazione, sembrami che voi l’abbiate sbagliala nella parte principale. In un giorno così solenne per fare la debita accoglienza a tanti insigni personaggi, all’Augusto Figlio del nostro Sovrano, voi avreste dovuto preparare grandi cose. Voi avreste dovuto costruire archi trionfali, coprire di fiori le strade, inghirlandare ogni angolo di rose, ornare ogni parete di eleganti tappeti, con mille altre cose.
            Teod. Hai ragione, caro Benvenuto, hai ragione, questo era nostro comune desiderio. Ma che vuoi? Poveri giovanetti, come siamo, ne fummo impediti non dalla volontà, che in noi è grande, ma dall’assoluta nostra impotenza.
            Filot. A fine di ricevere degnamente questo nostro amato Principe, pochi giorni or sono ci siamo tutti radunati per trattare quanto era da farsi in un giorno cotanto solenne. Uno diceva: Se io avessi un regno lo vorrei offrirlo, poiché ne è veramente degno. Ottimo, risposero tutti; ma, poverini, abbiamo niente. Ah, i miei compagni soggiunsero, se non abbiamo un regno da offrirgli, possiamo almeno costituirlo Re dell’Oratorio di s. Francesco di Sales. Noi fortunati! tutti esclamarono, allora cesserebbe tra noi la miseria, e vi sarebbe una festa perenne. Un terzo poi, vedendo senza fondamento le altrui proposte, conchiuse, che noi potevamo farlo Re dei nostri cuori, padrone del nostro affetto; e poiché parecchi nostri compagni sono già sotto ai suoi comandi nella milizia, offrirgli la nostra fedeltà, la nostra sollecitudine, qualora venisse il tempo in cui noi dovessimo militare nel reggimento da lui diretto.
            Benv. Che risposero i tuoi compagni?
            Filot. Tutti accolsero con gioia quel progetto. In quanto poi agli apparecchi del ricevimento abbiamo detto unanimi: Questi Signori vedono già cose grandi, cose magnifiche, cose maestose a casa loro, e sapranno dare benigno compatimento alla nostra impotenza; e noi abbiamo motivo di tanto sperare dalla generosità e dalla bontà del loro Cuore.
            Benv. Bravo, hai detto bene.
            Teod. Benissimo, approvo quanto dite. Ma intanto non dobbiamo almeno loro in qualche modo manifestare la nostra gratitudine, e rivolgere loro qualche parola di ringraziamento?
            Benv. Sì, miei cari, ma prima vorrei che appagaste la mia curiosità intorno a parecchie cose riguardanti agli Oratorii ed alle cose che in essi si fanno.
            Filot. Ma noi faremo esercitare di troppo la pazienza a questi amati Benefattori.
            Benv. Credo che tal cosa tornerà loro eziandio di gradimento. Imperciocché siccome essi furono e sono tuttora nostri insigni Benefattori, ascolteranno con piacere l’oggetto della loro beneficenza.
            Filot. Io non sono in grado di fare tanto, perché è appena un anno dacché sono qui. Forse Cratippo, che è dei più anziani, sarà in grado di appagarci; non è vero, Cratippo?
            Crat. Se giudicate che io sia capace di tanto, volentieri mi adoprerò per appagarvi. – Dirò primieramente che gli Oratorii nella loro origine (1841) non erano altro che radunanze di giovanetti per lo più forestieri, che nei giorni festivi intervenivano in siti determinati per essere istruiti nel Catechismo. Quando poi si poterono avere locali più opportuni, allora gli Oratorii (1844) divennero luoghi in cui i giovani si radunavano per trattenersi in piacevole ed onesta ricreazione dopo avere soddisfatto ai loro religiosi doveri. Quindi giocare, ridere, saltare, correre, cantare, suonare, trombettare, battere i tamburi era il nostro trattenimento. – Poco dopo (1846) vi si aggiunse la scuola domenicale, di poi (1847) le scuole serali. – Il primo Oratorio è quello ove noi ci troviamo, detto di S. Francesco di Sales. Dopo questo se ne aprì un altro a Porta Nuova; quindi un altro più tardi in Vanchiglia, e pochi anni sono quello di S. Giuseppe a S. Salvano.
            Benv. Tu mi racconti la storia degli Oratorii festivi, e questa piace assai; ma io vorrei sapere qualche cosa di questa casa. Di quale condizione sono i giovanetti accolti in questa casa? In quale cosa sono essi occupati?
            Crat. Sono in grado di poterti soddisfare. Fra i giovani che frequentano gli Oratorii, ed anche di altri paesi, se ne incontrano alcuni, i quali o perché totalmente abbandonati, o perché poveri o scarsi di beni di fortuna li attenderebbe un tristo avvenire, se una mano benefica non prendesse di loro cura paterna, ed accoltili, loro non somministrasse quanto è necessario per la vita.
            Benv. Da quanto mi dici, pare che questa casa sia destinata a poveri giovanetti, e intanto io vi vedo tutti così ben vestiti che mi sembrate tanti signorini.
            Crat. Vedi, Benvenuto, attesa la festa straordinaria che oggi facciamo, ciascuno trasse fuori quanto aveva o poté avere di più bello, e così possiamo fare, se non maestosa, almeno compatibile comparsa.
            Benv. Siete molti in questa casa?
            Crat. Siamo circa ottocento.
            Benv. Ottocento! ottocento! E come soddisfare all’appetito di tanti distruggitori di pagnottelle?
            Crat. Di questo noi non ci occupiamo; ci pensi il panettiere.
            Benv. Ma come far fronte alle spese che occorrono?
            Crat. Dà uno sguardo a tutti questi personaggi che con bontà ci ascoltano, e tu saprai chi e come si provvede quanto occorre per vitto, vestito, ed altro che sia a tale scopo.
            Benv. Ma la cifra di ottocento mi sbalordisce! In qual cosa si possono mai occupare, tutti questi giovani e di giorno e di notte!
            Crat. È cosa facilissima occupargli di notte. Ciascuno a letto dorme il fatto suo e sta in disciplina, ordine e silenzio sino al mattino.
            Benv. Ma tu celi.
            Crat. Dico questo per secondare la celia che mi proponesti. Se poi vuoi sapere quali siano le nostre giornaliere occupazioni, te le dirò pure in poche parole. Essi si dividono in due principali categorie – Una di Artigiani, l’altra di Studenti. – Gli Artigiani sono applicati ai mestieri di sarti, calzolai, ferrai, falegnami, legatori, compositori, tipografi, musici e pittori. Per esempio, queste litografie, questi dipinti sono lavoro dei nostri compagni. Questo libro è stato stampato qui, e fu legato nel nostro laboratorio.
            In generale poi sono tutti studenti, perché devono tutti frequentare la scuola serale, ma coloro che manifestano maggior ingegno e miglior condotta sogliono dai nostri superiori essere applicati esclusivamente allo studio. Per questo noi abbiamo la consolazione di avere fra i nostri compagni alcuni medici, altri notai, altri avvocati, maestri, professori, ed anche parroci.
            Benv. E questa musica è tutta dei giovani di questa casa?
            Crat. Sì, i giovani che appena cantarono o suonarono sono giovani di questa casa; anzi la stessa composizione musicale è quasi tutta roba dell’Oratorio; imperciocché ogni giorno ad ora determinata vi è scuola apposita, e ciascuno oltre ad un mestiere od allo studio letterario, può avanzarsi nella scienza musicale.
            Per questo motivo noi abbiamo il piacere di aver eziandio parecchi nostri compagni che esercitano luminose cariche civili e militari per la scienza letteraria, mentre non pochi sono addetti alla musica in vari reggimenti, nella Guardia Nazionale, nel medesimo Reggimento di S. A. il Principe Amedeo.
            Benv. Questo mi piace assai; così quei giovanetti che sortirono dalla natura perspicace ingegno possono coltivarlo, e non sono costretti dalla indigenza a lasciarlo inoperoso, od a fare cose contrarie alle loro propensioni. – Ma ditemi ancora una cosa: entrando qui ho veduto una chiesa bella e fatta, e tu mi hai detto che se ne vuol fare un’altra: che necessità avi di questo?
            Crat. La ragione è semplicissima. La chiesa di cui ci siamo finora serviti era specialmente destinata ai giovanetti esterni che intervenivano nei giorni festivi. Ma pel numero sempre crescente di giovanetti accolti in questa casa, la chiesa divenne ristretta, e gli esterni ne sono quasi totalmente esclusi. Dimodoché possiamo calcolare che nemmeno un terzo dei giovani che interverrebbero possono aver posto. – Quante volte si dovettero respingere schiere di giovanetti e permettere che andassero a fare i monelli nelle piazze per la sola ragione che non vi era più posto in chiesa!
            Si aggiunga ancora che dalla chiesa parrocchiale di Borgo Dora fino a s. Donato esiste una moltitudine di case, e molte migliaia di abitanti, nel cui mezzo non avi né chiesa, né cappella, né poco, né molto spaziosa: né per i fanciulli, né per gli adulti che pure v’interverrebbero. Era pertanto necessaria una chiesa abbastanza spaziosa per accogliere i fanciulli, e che somministrasse anche spazio per gli adulti. A questo pubblico e grave bisogno tende a provvedere la costruzione della chiesa che forma l’oggetto della nostra festa.
            Benv. Le cose così esposte mi danno una idea giusta degli Oratorii e dello scopo della chiesa, e credo che ciò torni anche di gradimento a questi Signori, che così conoscono dove vada a terminare la loro beneficenza. Mi rincresce per altro molto di non essere un eloquente oratore od un valente poeta per improvvisare uno splendido discorso, od un sublime poema sopra quanto mi hai detto con qualche espressione di gratitudine e di ringraziamento a questi Signori.
            Teod. Io pure vorrei fare altrettanto, ma appena so che in poesia la lunghezza delle linee deve essere uguale e non più; perciò a nome dei miei compagni e dei nostri amati Superiori solo dirò a S. A. il Principe Amedeo e a tutti gli altri Signori che noi fummo contentissimi di questa bella festa; che faremo una iscrizione in carattere d’oro in cui si dica:

Viva eterno questo dì!
            Prima il sole dall’Occaso
            Fia che torni al suo Oriente;
            Ogni fiume a sua sorgente

Prima indietro tornerà,
            Che dal cuor ci si cancelli
            Questo dì che fra i più belli
            Tra di noi sempre sarà.

            A voi poi in particolare, Altezza Reale, dico che noi vi portiamo grande affetto, e ci avete procurato un grandissimo favore col venirci a visitare, e che ogni qualvolta avremo la bella ventura di vedervi per la città o altrove, oppure ascolteremo parlare di voi, sarà sempre per noi oggetto di gloria, di onore, di verace compiacenza. Prima per altro che parliate da noi, permettete che a nome dei miei amati Superiori e dei miei cari compagni vi domandi un favore; ed è che vi degniate ancora di venire altre volte a vederci per così rinnovarci la gioia di questo bel giorno. Voi poi, Eccellenza, continuateci quella paterna benevolenza che ci avete finora usato. Voi, o Signor Sindaco, che in tante guise prendeste parte al nostro bene, continuateci la vostra protezione, e procurateci il favore che la via Cottolengo venga rettificata di fronte alla novella chiesa; e noi vi accertiamo, che raddoppieremo verso di voi la profonda nostra gratitudine. Voi, signor Curato, degnatevi di considerarci sempre non solo come parrocchiani, ma come cari figli che in voi ravviseranno ognora un tenero e benevolo padre. A tutti poi ci raccomandiamo affinché vogliate continuare ad essere, come lo foste nel passato, insigni benefattori specialmente per compiere quel santo edifizio che forma l’oggetto dell’odierna solennità. Esso è già cominciato, già sorge fuori terra, e col fatto porge egli stesso la mano ai caritatevoli perché lo conducano a compimento. In fine mentre vi assicuriamo che rimarrà grata ed incancellabile nei nostri cuori la memoria di questo bel giorno, unanimi preghiamo la Regina del cielo, a cui è dedicato il novello tempio, che vi ottenga dal Datore di tutti i beni vita lunga e giorni felici.

(continua)




Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice (11/13)

(continuazione dall’articolo precedente)

Appendice di cose diverse

I. Antico uso della consacrazione delle chiese.

            Fabbricata che sia la chiesa, non si possono ivi cantare i divini uffizi, celebrarvi il santo sacrificio e le altre ecclesiastiche funzioni, se prima non venga benedetta o consacrata. Il vescovo colla molteplicità delle croci e colle aspersioni dell’acqua benedetta intende purgare e santificare il luogo cogli esorcismi contro ai maligni spiriti. Questa benedizione può eseguirsi dal vescovo o da un semplice sacerdote, ma colla diversità dei riti. Ove intervenga l’unzione del sagro crisma e dei santi olii la benedizione spetta al vescovo, e chiamasi solenne, reale e consecutiva perché ha il compimento di tutte le altre, e molto più perché la materia benedetta e consacrata non può convertirsi in uso profano; perciò rigorosamente dicesi consacrazione. Se poi in tali cerimonie si fanno solo alcune orazioni con riti e cerimonie analoghe, la funzione può essere eseguita da un sacerdote, e suole chiamarsi benedizione.
            La benedizione può essere fatta da qualunque sacerdote, colla licenza però dell’Ordinario, ma la consacrazione spetta al Papa, ed al solo vescovo. Il rito di consacrare le chiese è antichissimo non che pieno di gravi misteri, e G. Cristo ancor bambino ne santificò l’osservanza, mentre la sua capanna ed il presepio si cambiarono in tempio nell’offerta che fecero i Re Magi. La spelonca perciò divenne tempio, ed il presepio un altare. S. Cirillo ci avvisa che dagli apostoli fu consacrato in chiesa il cenacolo ove avevano ricevuto lo Spirito Santo, sala che raffigurò anche la Chiesa universale. Anzi secondo Niceforo Calisto, hist. lib. 2, cap. 33, fu tale la sollecitudine degli apostoli, che in ogni luogo ove predicavano il vangelo consacravano qualche chiesa od oratorio. Il Pontefice s. Clemente I, creato l’anno 93, successore non meno che discepolo di san Pietro, tra le altre sue ordinazioni decretò, che tutti i luoghi di orazione fossero a Dio consacrati. Certamente al tempo di s. Paolo le chiese erano consacrate, come vogliono alcuni dottori, scrivendo ai Corinti al c. III, aut Ecclesiam Dei contemnitis? S. Urbano I, eletto nell’anno 226, consacrò in chiesa la casa di santa Cecilia, come scrisse Burius in vita eius. S. Marcello I, creato l’anno 304, consacrò la chiesa di s. Lucina, come racconta il Papa s. Damaso. Vero è per altro che la solennità della pompa, con cui si compie oggidì la consacrazione, si aumentò in progresso di tempo, dopo che Costantino nel ridonare la pace alla Chiesa fabbricò sontuose basiliche. Anche i templi dei Gentili, già abitazione dei falsi numi, e nido di menzogna, si convertirono in chiese colla approvazione del pio imperatore, e furono consacrati colla santità delle venerande reliquie dei martiri. Laonde il Pontefice san Silvestro I a seconda delle prescrizioni dei suoi predecessori ne stabilì il rito solenne, il quale fu ampliato e confermato da altri Papi, massime da s. Felice III. Si rileva che s. Innocenzo I stabilì che le chiese non si consacrassero più di una volta. Il Pontefice s. Gio. I nel recarsi a Costantinopoli per le cose degli Ariani consacrò in cattoliche le chiese degli eretici, come si legge nel Bernini[1].

II. Spiegazione delle principali cerimonie che si usano nella consacrazione delle chiese.

            Lungo sarebbe descrivere le mistiche spiegazioni che i santi Padri e i Dottori danno ai riti e alle cerimonie della consacrazione della chiesa. Il Cecconi ne parla ai capi X e XI, ed il P. Galluzzi al capo IV, da cui ricaviamo compendiosamente quanto segue.
            I sacri Dottori pertanto non dubitarono di asserire, che la consacrazione della chiesa è una delle più grandi funzioni sacre ecclesiastiche, come si ricava dai sermoni dei santi Padri, e dai trattati liturgici dei più celebri autori dimostrando la eccellenza e nobiltà che racchiude sì bella funzione tutta diretta a far rispettare e venerare la casa di Dio. Si premettono le vigilie, i digiuni e le orazioni a fine di prepararsi agli esorcismi contro il demonio. Le reliquie rappresentano i nostri santi. E perché gli abbiamo sempre in mente e nel cuore si ripongono nella cassetta con tre grani di incenso. La scala per la quale ascende il vescovo all’unzione delle dodici croci ci ricorda che l’ultimo e primario nostro fine è il Paradiso. Le dette croci e le altrettante candele significano i dodici Apostoli, i dodici Patriarchi, e i dodici Profeti che sono la guida e le colonne della Chiesa.
            Inoltre nell’unzione delle dodici croci in altrettanti luoghi distribuite sulla muraglia consiste formalmente la consacrazione, e diconsi la chiesa e le sue mura consacrate, come nota s. Agostino, lib. 4, Contra Crescent. Si chiude la chiesa per figurare la celeste Sionne, ove non si entra se non purgali da ogni imperfezione, e colle diverse preghiere s’invoca l’aiuto dei santi, e il lume dello Spirito Santo. Il girare che fa tre volle il vescovo, in un col clero per la chiesa, si vuole alludere al giro che fecero i sacerdoti coll’arca intorno alle mura di Gerico, non perché cadano le mura della chiesa, ma perché venga fiaccata la superbia del demonio e la sua potenza mediante l’invocazione di Dio, ed alla replica delle sacre preghiere assai più efficaci delle trombe degli antichi sacerdoti o leviti. Le tre percosse che dà il vescovo colla punta del pastorale alla soglia della porta, ci dimostrano la potestà del Redentore sopra la sua Chiesa, non che la dignità sacerdotale che il vescovo esercita. L’alfabeto greco e latino figura l’antica unione dei due popoli prodotta dalla croce del medesimo Redentore; e lo scrivere che fa il vescovo colla punta del pastorale, significa la dottrina ed il ministero apostolico. La forma poi di questa scrittura indica la croce che deve essere l’ordinario e principale oggetto di ogni scienza dei cristiani fedeli. Significa inoltre la credenza e fede di Cristo passata dai Giudei ai Gentili, e da questi trasmessa a noi. Tutte le benedizioni sono ripiene di gravi significati, come lo sono tutte le cose che si adoperano nell’augusta funzione. Le sacre unzioni colle quali s’imbalsamo l’altare e le pareti della chiesa significano la grazia dello Spirito Santo, che non può arricchire il mistico tempio della nostra anima, se prima non è mondata dalle sue macchie. Termina la funzione colla benedizione secondo lo stile della santa Chiesa, la quale sempre incomincia le sue azioni colla benedizione di Dio, e con esse le termina, giacché tutto principia da Dio e in Dio finisce. Si compie col sacrificio non solo per eseguire il pontificio decreto di s. Igino, ma perché non è consacrazione compiuta ove colla Messa non si consuma interamente anche la vittima.
            Dall’imponenza del sacro rito, dall’eloquenza della sua mistica significazione, facilmente possiamo rilevare quanta importanza le attribuisca la santa Chiesa nostra madre e quindi quanta importanza dobbiamo darle noi. Ma ciò che deve accrescere la nostra venerazione verso la casa del Signore, è il vedere quanto questo rito sia fondato e informato dal vero spirito del Signore rivelato nell’Antico Testamento. Lo spirito che guida oggi la Chiesa a circondar di tanta venerazione, i templi del culto cattolico, è lo stesso che inspirava a Giacobbe di santificar coll’olio il luogo dove aveva avuta la visione della scala; è lo stesso che inspirava a Mosè ed a Davide, a Salomone ed a Giuda Maccabeo di onorar con riti speciali i luoghi destinati ai divini misteri. Oh quanto questa unione di spirito dell’uno e dell’altro Testamento, dell’una e l’altra Chiesa ci ammaestra e ci consola! Esso ci dimostra quanto gradisca Dio di essere adorato ed invocato nelle sue chiese, perciò quanto volentieri esaudisca le preghiere che in esse gli rivolgiamo. Quanto rispetto per un luogo, la profanazione del quale armò di flagello la mano di un Dio e lo cambiò di mansueto agnello in severo punitore!
            Accorriamo pertanto al sacro tempio, ma con frequenza, giacché quotidiano e il bisogno che abbiamo di Dio; interveniamovi, ma con fiducia e con religioso timore. Con fiducia, giacché vi troviamo un Padre pronto ad esaudirci, a moltiplicarci il pane delle sue grazie come già sul monte, ad abbracciarci come il figlio, prodigo, a consolarci come la Cananea, nei bisogni temporali come alle nozze di Cana, nei bisogni spirituali come sul Calvario; con timore, giacché quel Padre non cessa di esserci giudice, e se ha orecchi da sentire le nostre preghiere, ha pur occhi da vedere le nostre irriverenze, e se tace ora agnello paziente nel suo tabernacolo, parlerà con voce tremenda nel gran giorno del giudizio. Se lo offendiamo fuori di chiesa, ci resterà ancora la chiesa di scampo per averne il perdono; ma se lo offendiamo dentro la chiesa, dove andremo per essere perdonati?
            Nel tempio si placa la divina giustizia, si riceve la divina misericordia, suscepimus divinam misericordiam tuam in medio templi tui. Nel tempio Maria e Giuseppe trovarono Gesù quando lo ebbero smarrito, nel tempio lo troveremo noi se lo cercheremo con quello spirito di santa fiducia e di santo timore con cui lo cercarono Maria e Giuseppe.

Copia della inscrizione chiusa nella pietra angolare della chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice in Valdocco.

D. O. M.

UT VOLUNTATIS ET PIETATIS NOSTRAE
SOLEMNE TESTIMONIUM POSTERIS EXTARET
IN MARIAM AGUSTAM GENITRICEM
CHRISTIANI NOMINIS POTENTEM
TEMPLUM HOC AB INCHOATO EXTRUERE
DIVINA PROVIDENTIA UNICE FRETIS
IN ANIMO FUIT
QUINTA TANDEM CAL. MAI. AN. MDCCCLXV
DUM NOMEN CHRISTIANUM REGERET
SAPIENTIA AC FORTITUDINE
PIUS PAPA IX PONTIFEX MAXIMUS
ANGULAREM AEDIS LAPIDEM
IOAN. ANT. ODO EPISCOPUS SEGUSINORUM
DEUM PRECATUS AQUA LUSTRALI
RITE EXPIAVIT
ET AMADEUS ALLOBROGICUS V. EMM. II FILIUS
EAM PRIMUM IN LOCO SUO CONDIDIT
MAGNO APPARATU AC FREQUENTI CIVIUM CONCURSU
SALVE O VIRGO PARENS
VOLENS PROPITIA TUOS CLIENTES
MAIESTATI TUAE DEVOTOS
E SUPERIS PRAESENTI SOSPITES AUXILIO.

I. B. Francesia scripsit.

Traduzione.

A solenne testimonianza messo i posteri della nostra benevolenza e religione verso l’augusta Madre di Dio Maria Ausiliatrice abbiamo deliberato di edificare cotesto tempio dalle fondamenta addì XXVII aprile dell’anno MDCCCLXV governando la Chiesa Cattolica con sapienza e fortezza il Pontefice Massimo Pio IX secondo i riti religiosi si benedisse la pietra angolare della chiesa da Giovanni Antonio Odone vescovo di Susa ed Amedeo di Savoia figlio di Vittorio E. II la collocò per la prima volta a posto in mezzo a grande apparato e numeroso concorso di popolo. Salve, o Vergine Madre, soccorri benevola ai tuoi cultori alla tua maestà devoti e difendili dal cielo con efficace aiuto.

Inno letto nella solenne benedizione della pietra angolare.

Quando il cultor degli idoli
            Mosse a Gesù la guerra,
            Di quanti mila intrepidi
            S’insanguinò la terra!
            Da fiere lotte incolume
            Di Dio la Chiesa uscita
            Propaga ancor sua vita,
            Dall’uno all’altro mar.

E vanta pur suoi martiri
            Quest’umile vallea,
            Quivi fu morto Ottavio,
            Qui Solutor cadea.
            Bella immortal vittoria!
            Sulle sanguigne zolle
            Dei Martiri s’estolle
            Forse il divino altar.

E qui l’afflitto giovane
            Aprendo i suoi sospiri,
            Un refrigerio all’anima
            Trova nei suoi martiri;
            Qui la sprezzata vedova
            Dal cuor devoto e santo
            Depone l’umil pianto
            In seno al Re dei Re,

E a te che suoli vincere
            Più che non mille spade,
            A Te che vanti glorie
            In tutte le contrade,
            A Te potente ed umile
            Cui tutto il nome dice,
            MARIA AUSILIATRICE,
            Tempio innalziamo a Te.

Dunque, o pietosa Vergine,
            Si grande a’tuoi cultori,
            Sopra di loro in copia
            Deh! versa i tuoi favori.
            Già con pupilla tenera
            Il giovin PRENCE mira,
            Che a’tuoi allori aspira,
            Oh Madre al Redentor!

Egli di mente e d’indole,
            Di nobile sentire,
            A Te si dona, o Vergine,
            Degli anni in sul fiorire;
            Egli con vece assidua
            Ode a Te sacro carme,
            Ed or desia dell’arme
            Il solito fragor.

Ei di Amedeo la gloria,
            Le gran virtù d’Umberto
            Nutre nel cuor, e memora
            Il celestial lor serto;
            E dalle bianche nuvole,
            Dalle celesti squadre
            Della beata Madre
            Ascolta il pio parlar.

Caro e diletto Principe,
            Schiatta di santi eroi,
            Quale pensier benefico
            Ti mena qui fra noi?
            Uso alle aurate regie,
            Del mondo alto splendore
            Del miser lo squallore
            Degnasti visitar?

Bella speranza al popolo,
            In mezzo a cui tu vieni,
            Possa tuoi giorni vivere
            Calmi, dolci e sereni:
            Mai sul tuo capo giovane,
            Sull’alma tua secura
            Non strida la sventura,
            Non surga amaro dì.

Saggio e zelante Presule,
            E nobili Signori,
            Quanto all’Eterno piacciono
            I santi vostri ardori?
            Beata vita e placida
            Vive chi pel decoro
            Del Tempio il suo tesoro
            O l’opera largì.

O dolce e pio spettacolo!
            O giorno memorando!
            Giorno più bello e nobile,
            Qual mai si vide e quando?
            Ben mi favelli all’anima:
            Di questo ancor più bello
            Giorno fia certo quello
            Che il Tempio s’apra al ciel.

Nella difficil opera
            Benefici dorate,
            E presto giunti al termine,
            Con gioia in Dio posate;
            E allor sciogliendo fervido
            Sulla mia cetra un canto:
            Lode diremo al Santo
            Al Forte d’Israel.

(continua)


[1] Compendio delle eresie pag. 170. Sui templi dei gentili convertiti in chiese, vedasi il Butler Vite, novembre, p. 10.




Un milione di bambini pregano il Rosario

“Se un milione di bambini pregherà il Rosario, il mondo cambierà” (San Pio da Pietrelcina – Padre Pio)

            Ogni anno, nel mese di ottobre, un’onda di preghiera si diffonde in tutto il mondo, unendo bambini di diverse nazionalità, culture e background in un unico, potente gesto di fede. Questa straordinaria iniziativa, intitolata “Un milione di bambini pregano il Rosario”, è diventata un appuntamento annuale atteso da molti, che incarna la speranza di un futuro migliore attraverso la preghiera e la devozione dei più giovani.

Origini e significato dell’iniziativa
           
L’idea di questa iniziativa è nata nel 2005 a Caracas, capitale del Venezuela, quando un gruppo di bambini si era riunito per pregare il Rosario di fronte a un’immagine della Santissima Vergine Maria. Molte delle donne ivi presenti hanno percepito fortemente la presenza della Vergine Maria, e si ricordarono della profezia di san Pio da Pietrelcina(Padre Pio): «Quando un milione di bambini pregherà il Rosario, il mondo cambierà». Quella frase, apparentemente semplice, esprimeva la profonda convinzione che la preghiera dei più piccoli ha una speciale capacità di toccare il cuore di Dio e influenzare positivamente il mondo.
Ispirate da questa esperienza e dalle parole di Padre Pio, queste donne decisero di trasformare quell’immagine in realtà. Iniziarono organizzando eventi di preghiera locali, invitando i bambini a recitare il Rosario. L’iniziativa crebbe rapidamente, superando i confini del Venezuela e diffondendosi in altri paesi dell’America Latina.
            Nel 2008, l’iniziativa attirò l’attenzione della Fondazione Pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), un’organizzazione cattolica internazionale che sostiene la Chiesa in difficoltà in tutto il mondo. Riconoscendo il potenziale di questa campagna di preghiera, l’ACS decise di adottarla e promuoverla a livello globale, con l’intento di coinvolgere un milione di bambini nel recitare il Rosario, una delle preghiere più antiche e amate della tradizione cristiana cattolica.
            Sotto la guida dell’ACS, “Un milione di bambini pregano il Rosario” si è trasformata in un evento mondiale. Ogni anno, il 18 ottobre, bambini di tutti i continenti si uniscono in preghiera, recitando il Rosario per la pace e l’unità nel mondo. La data del 18 ottobre non è casuale: è il giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la festa di San Luca evangelista, noto per la sua particolare attenzione alla Vergine Maria nei suoi scritti.

Il Rosario: preghiera mariana e simbolo di pace
           
Il Rosario è una preghiera molto antica, incentrata sulla riflessione sui misteri della vita di Gesù e di Maria, sua madre. Si compone di ripetizioni di preghiere come l’Ave Maria, il Padre Nostro e il Gloria al Padre, e permette ai fedeli di meditare sui momenti centrali del cammino di Cristo sulla terra. Questa pratica non è solo una forma di devozione individuale, ma ha una forte dimensione comunitaria e di intercessione, tanto che in molte apparizioni mariane, come quelle di Fatima e Lourdes, la Madonna ha espressamente chiesto ai bambini la recita del Rosario come mezzo per ottenere la pace nel mondo e la conversione dei peccatori.
            Il Rosario, essendo ripetitivo, permette anche a bambini piccoli, spesso incapaci di seguire preghiere complesse o letture lunghe, di partecipare attivamente e di comprendere il significato della preghiera. Attraverso il semplice atto di ripetere le parole dell’Ave Maria, i bambini si uniscono spiritualmente alla comunità globale dei fedeli, intercedendo per la pace e la giustizia nel mondo.

La dimensione spirituale e educativa
           
L’iniziativa si svolge ogni anno il 18 ottobre, anche se molti gruppi, parrocchie e scuole scelgono di prolungarla per tutto il mese, dedicato tradizionalmente alla Madonna del Rosario.
            Nel giorno dell’evento, i bambini si riuniscono in vari luoghi: scuole, chiese, case private o spazi pubblici. Spesso, i bambini vengono istruiti su come si recita il Rosario e sui significati spirituali dei vari misteri, in modo che possano partecipare con consapevolezza e fede. Sotto la guida di adulti – genitori, insegnanti o leader religiosi – i bambini recitano insieme il Rosario. Molte comunità organizzano eventi speciali intorno a questa preghiera, come canti, letture bibliche o brevi riflessioni adatte ai più giovani.
            Alcune parrocchie organizzano vere e proprie celebrazioni, durante le quali i bambini portano corone del Rosario fatte a mano o realizzate con materiali creativi, per esprimere la loro partecipazione in maniera attiva e coinvolgente. L’iniziativa si conclude con la celebrazione di una Santa Messa speciale dedicata alla Madonna del Rosario e alla pace nel mondo.
            “Un Milione di bambini pregano il Rosario” non è solo un momento di preghiera, ma anche un’opportunità educativa. Molte scuole e gruppi pastorali utilizzano questo evento per insegnare ai bambini i valori della pace, della solidarietà e della giustizia sociale. Attraverso il Rosario, i piccoli imparano l’importanza di affidare le loro preoccupazioni e le sofferenze del mondo a Dio, e comprendono che la pace comincia nei loro cuori e nelle loro famiglie.
            Inoltre, l’iniziativa cerca di far comprendere ai bambini l’universalità della Chiesa e della fede cristiana. Sapere che, contemporaneamente, migliaia di altri bambini in ogni parte del mondo stanno pregando la stessa preghiera crea un senso di comunità globale e di fraternità, che va oltre le barriere linguistiche, culturali e geografiche.

Il valore della preghiera dei bambini
           
La preghiera dei bambini è spesso vista come particolarmente potente nella tradizione cristiana, per la loro innocenza e purezza di cuore. Nella Bibbia, Gesù stesso invita i suoi discepoli a guardare ai bambini come esempio di fede: “In verità vi dico, se non cambierete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt. 18,3).
            I bambini, con il loro cuore aperto e sincero, sono capaci di pregare con una fiducia totale in Dio, senza dubbi o riserve. Questa fiducia e semplicità rendono la loro preghiera particolarmente efficace agli occhi di Dio. Inoltre, la preghiera dei bambini può avere un forte impatto anche sugli adulti, richiamandoli a una fede più pura e profonda.

L’impatto globale
           
Negli anni, “Un milione di bambini pregano il Rosario” ha visto una partecipazione crescente, coinvolgendo milioni di bambini in oltre 140 paesi. Nel 2023, oltre un milione di bambini si sono uniti in preghiera, pregando in particolare per la pace in Terra Santa e per altre intenzioni urgenti.
            L’evento ha anche attirato l’attenzione dei media in vari paesi, contribuendo a diffondere un messaggio di speranza e unità in un mondo spesso dominato da notizie negative. I social media sono diventati uno strumento importante per promuovere l’iniziativa e condividere esperienze. Hashtag come #MillionChildrenPraying e #ChildrenPrayingTheRosary sono diventati virali in molti paesi, creando un senso di comunità globale tra i partecipanti.
            L’iniziativa “Un milione di bambini pregano il Rosario” ha ricevuto il sostegno di molti leader della Chiesa cattolica, inclusi i Papi. Papa Francesco, in particolare, ha espresso più volte il suo apprezzamento per questa campagna, sottolineando l’importanza della preghiera dei bambini per la pace nel mondo.
            Al di là dell’ambito religioso, l’iniziativa ha attirato l’attenzione di educatori e psicologi, che hanno sottolineato i benefici di coinvolgere i bambini in attività che promuovono la riflessione, la compassione e un senso di connessione globale.

Obiettivi della Campagna
La campagna “Un milione di bambini pregano il Rosario” ha diversi obiettivi chiave:
Educazione Spirituale: Insegnare ai bambini l’importanza della preghiera e del Rosario come parte integrante della loro vita spirituale, per crescere nella fede.
Onorare la Vergine Maria: L’iniziativa rafforza la devozione mariana, elemento centrale della fede cattolica.
Imparare a pregare insieme: L’evento crea un senso di unità e solidarietà tra i partecipanti, superando barriere geografiche e culturali.
Promuovere la pace nel mondo: La preghiera dei bambini è vista come un potente strumento per invocare la pace in un mondo spesso afflitto da conflitti e divisioni.
Sensibilizzare sulle sfide globali: Attraverso la preghiera, i bambini vengono incoraggiati a riflettere sulle problematiche mondiali e sul loro ruolo nel creare un futuro migliore.

Come partecipare
Partecipare all’iniziativa è molto semplice. Basta:
Informarsi: Visitare il sito ufficiale di ACS per scaricare i materiali gratuiti, come locandine, storie illustrate e guide per la preghiera.
Organizzare un momento di preghiera: Scegliere un’ora per pregare il Rosario, il 18 di ottobre (o un altro giorno più vicino se non fosse possibile proprio il 18). Può essere fatto in gruppo o individualmente.
Coinvolgere i bambini: della propria famiglia, della scuola o della parrocchia in un momento di preghiera comune. Spiegare ai bambini l’importanza della preghiera e il significato del Rosario. Incoraggiarli a partecipare attivamente.
Iscriversi online: Registrare la propria partecipazione sul sito di ACS per far sentire la propria voce e contribuire a raggiungere l’obiettivo di un milione di bambini.
Condividere l’esperienza: Condividere foto, video e testimonianze sui social media utilizzando l’hashtag #MillionChildrenPraying. Questo aiuta a creare una comunità globale di preghiera.

“Un Milione di bambini pregano il Rosario” è un’iniziativa straordinaria che dimostra il potere della preghiera e l’importanza della fede. Attraverso la preghiera del Rosario, i bambini di tutto il mondo possono unirsi in una comunità globale di fede, portando speranza e pace. Uniamoci a loro in questa grande catena di preghiera e contribuiamo a costruire un mondo più bello.