Don José-Luis Carreño, missionario salesiano

Don José Luis Carreño (1905-1986) è stato descritto dallo storico Joseph Thekkedath come “il salesiano più amato dell’India del Sud” nella prima parte del ventesimo secolo. In ogni luogo in cui ha vissuto – sia in India britannica, nella colonia portoghese di Goa, nelle Filippine o in Spagna – troviamo salesiani che custodiscono con affetto la sua memoria. Stranamente, però, non disponiamo ancora di una biografia adeguata di questo grande salesiano, eccetto la corposa lettera mortuaria redatta da don José Antonio Rico: “José Luis Carreño Etxeandía, obrero de Dios”. Speriamo che presto si possa colmare questa lacuna. Don Carreño è stato uno degli artefici della regione dell’Asia Sud, e non possiamo permetterci di dimenticarlo.

            José-Luis Carreño Etxeandía nacque a Bilbao, in Spagna, il 23 ottobre 1905. Rimasto orfano di madre alla tenera età di otto anni, fu accolto nella casa salesiana di Santander. Nel 1917, all’età di dodici anni, entrò nell’aspirantato di Campello. Ricorda che a quei tempi “non si parlava molto di Don Bosco… Ma per noi un Don Binelli era un Don Bosco, per non parlare di Don Rinaldi, allora Prefetto Generale, le cui visite ci lasciavano una sensazione soprannaturale, come quando i messaggeri di Yahweh visitarono la tenda di Abramo”.
            Dopo il noviziato e postnoviziato, svolse il tirocinio come assistente dei novizi. Doveva essere un chierico brillante, perché di lui scrive don Pedro Escursell al Rettor Maggiore: “Sto parlando proprio in questo momento con uno dei chierici modello di questa casa. È un assistente nella formazione del personale di questa Ispettoria; mi dice che da tempo chiede di essere mandato nelle missioni e dice che ha rinunciato a chiederlo perché non riceve risposta. È un giovane di grande valore intellettuale e morale.”
            Alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale, nel 1932, il giovane José-Luis scrisse direttamente al Rettor Maggiore, offrendosi per le missioni. L’offerta fu accettata, e fu inviato in India, dove sbarcò a Mumbai nel 1933. Appena un anno dopo, quando fu eretta l’Ispettoria dell’India del Sud, fu nominato maestro dei novizi a Tirupattur: aveva appena 28 anni. Con le sue straordinarie qualità di mente e di cuore, divenne rapidamente l’anima della casa e lasciò una profonda impressione nei suoi novizi. “Ci conquistò con il suo cuore paterno”, scrive uno di loro, l’arcivescovo Hubert D’Rosario di Shillong.
            Don Joseph Vaz, un altro novizio, raccontava spesso come Carreño si fosse accorto che lui tremava di freddo durante una conferenza. “Aspetta un momento, hombre,” disse il maestro dei novizi, e uscì. Poco dopo rientrò con un maglione blu che consegnò a Joe. Joe notò che il maglione era stranamente caldo. Poi si ricordò che sotto la talare il suo maestro indossava qualcosa di blu… che adesso non c’era più. Carreño gli aveva dato il suo stesso maglione.
            Nel 1942, quando il governo britannico in India internò tutti gli stranieri provenienti da paesi in guerra con la Gran Bretagna, Carreño, essendo cittadino di un paese neutrale, non fu disturbato. Nel 1943 ricevette un messaggio tramite la Radio Vaticana: doveva prendere il posto di don Eligio Cinato, ispettore dell’ispettoria dell’India del Sud, anche egli internato. Nello stesso periodo, arcivescovo salesiano Louis Mathias di Madras-Mylapore lo invitò a essere suo vicario generale.
            Nel 1945 fu ufficialmente nominato ispettore, incarico che ricoprì dal 1945 al 1951. Uno dei suoi primissimi atti fu consacrare l’Ispettoria al Sacro Cuore di Gesù. Molti salesiani erano convinti che la straordinaria crescita dell’Ispettoria del Sud fosse dovuta proprio a questo gesto. Sotto la guida di don Carreño, le opere salesiane raddoppiarono. Uno dei suoi atti più lungimiranti fu l’avvio di un college universitario nel remoto e povero villaggio di Tirupattur. Il Sacred Heart College avrebbe finito per trasformare l’intero distretto.
            Fu anche Carreño l’artefice principale della “indianizzazione” del volto salesiano in India, cercando fin da subito vocazioni locali, invece di fare affidamento esclusivo sui missionari stranieri. Una scelta che si rivelò provvidenziale: prima, perché il flusso di missionari stranieri cessò, si interruppe durante la Guerra; poi, perché l’India indipendente decise di non concedere più visti a nuovi missionari stranieri. “Se oggi i salesiani in India sono più di duemila, il merito di questa crescita va attribuito alle politiche avviate da don Carreño,” scrive don Thekkedath nella sua storia dei salesiani in India.
            Don Carreño, come abbiamo detto, non era solo ispettore, ma anche vicario di mons. Mathias. Questi due grandi uomini, che si stimavano profondamente, erano però molto diversi per temperamento. L’arcivescovo era fautore di misure disciplinari severe nei confronti dei confratelli in difficoltà, mentre don Carreño preferiva procedimenti più miti. Il visitatore straordinario, don Albino Fedrigotti, sembra aver dato ragione all’arcivescovo, definendo don Carreño “un eccellente religioso, un uomo dal cuore grande”, ma anche “un po’ troppo poeta”.
            Non mancò neppure l’accusa di essere un cattivo amministratore, ma è significativo che una figura come don Aurelio Maschio, grande procuratore e architetto delle opere salesiane di Mumbai, abbia respinto con decisione tale accusa. In realtà, don Carreño era un innovatore e un visionario. Alcune delle sue idee – come quella di coinvolgere volontari non salesiani per un servizio di qualche anno – erano, all’epoca, guardate con sospetto, ma oggi sono largamente accettate e attivamente promosse.
            Nel 1951, al termine del suo mandato ufficiale come ispettore, a Carreño fu chiesto di rientrare in Spagna per occuparsi dei Salesiani Cooperatori. Non era questo il vero motivo della sua partenza, dopo diciotto anni in India, ma Carreno accettò con serenità, anche se non senza dolore.
            Nel 1952 gli fu invece chiesto di andare a Goa, dove rimase fino al 1960. “Goa fu amore a prima vista,” scrisse in Urdimbre en el telar. Goa, da parte sua, lo accolse nel cuore. Proseguì la tradizione dei salesiani che prestavano servizio come direttori spirituali e confessori del clero diocesano, e fu persino patrono dell’associazione degli scrittori in lingua konkani. Soprattutto, governò la comunità di Don Bosco Panjim con amore, si prese cura con straordinaria paternità dei tanti ragazzi poveri e, ancora una volta, si dedicò attivamente alla ricerca di vocazioni alla vita salesiana. I primi salesiani di Goa – persone come Thomas Fernandes, Elias Diaz e Romulo Noronha – raccontavano con le lacrime agli occhi come Carreño e altri passassero dal Goa Medical College, proprio accanto alla casa salesiana, per donare il sangue e così ottenere qualche rupia con cui comprare viveri e altri beni per i ragazzi.
            Nel 1961 ebbero luogo l’azione militare indiana e l’annessione di Goa. In quel momento don Carreño si trovava in Spagna e non poté più fare ritorno all’amata terra. Nel 1962 fu inviato nelle Filippine come maestro dei novizi. Accompagnò solo tre gruppi di novizi, perché nel 1965 chiese di rientrare in Spagna. All’origine della sua decisione vi era una seria divergenza di visione tra lui e i missionari salesiani provenienti dalla Cina, e specialmente con don Carlo Braga, superiore della visitatoria. Carreño si oppose con forza alla politica di inviare i giovani Salesiani filippini appena professi a Hong Kong per gli studi di filosofia. Come accadde, alla fine i superiori accettarono la proposta di trattenere i giovani salesiani nelle Filippine, ma a quel punto la richiesta di Carreño di rientrare in patria era già stata accolta.

            Don Carreño trascorse solo quattro anni nelle Filippine, ma anche qui, come in India, lasciò un’impronta indelebile, “un contributo incommensurabile e cruciale alla presenza salesiana nelle Filippine”, secondo le parole dello storico salesiano Nestor Impelido.
            Rientrato in Spagna, ha collaborato con le Procure Missionarie di Madrid e di New Rochelle, e all’animazione delle ispettorie iberiche. Molti in Spagna ricordano ancora il vecchio missionario che visitava le case salesiane, contagiando i giovani con il suo entusiasmo missionario, le sue canzoni e la sua musica.
            Ma nella sua fantasia creativa stava prendendo forma un nuovo progetto. Carreño si dedicò con tutto il cuore al sogno di fondare un Pueblo Misionero con due obiettivi: preparare giovani missionari – per lo più provenienti dall’Europa dell’Est – per l’America Latina; e offrire un rifugio per missionari “pensionati” come lui, i quali avrebbero potuto servire anche come formatori. Dopo una lunga e sofferta corrispondenza con i superiori, il progetto prese finalmente forma nell’Hogar del Misionero ad Alzuza, a pochi chilometri da Pamplona. La componente vocazionale missionaria non decollò mai, e furono pochissimi i missionari anziani che si unirono effettivamente a Carreño. Il suo principale apostolato in questi ultimi anni rimase quello della penna. Lasciò più di trenta libri, tra i quali cinque dedicati alla Santa Sindone, alla quale era particolarmente devoto.
            Don José-Luis Carreño morì nel 1986 a Pamplona, all’età di 81 anni. Nonostante gli alti e bassi della sua vita, questo grande amante del Sacro Cuore di Gesù poté affermare, nel giubileo d’oro della sua ordinazione sacerdotale: “Se cinquant’anni fa il mio motto da giovane prete era ‘Cristo è tutto’, oggi, vecchio e sopraffatto dal suo amore, lo scriverei in lettere d’oro, perché in realtà CRISTO È TUTTO”.

don Ivo COELHO, sdb




In memoriam. Cardinale Angelo Amato, sdb

La Chiesa universale e la Famiglia Salesiana hanno salutato per l’ultima volta, il 31 dicembre 2024, il Cardinale Angelo Amato, S.D.B., Prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi. Nato a Molfetta (in provincia di Bari, Italia) l’8 giugno 1938, egli ha servito a lungo la Santa Sede ed è stato un punto di riferimento per la teologia, la ricerca accademica e la promozione della santità nella Chiesa. Le esequie, presiedute il 2 gennaio 2025 dal Cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio, si sono tenute all’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro. Al termine, il Santo Padre Francesco ha presieduto il rito dell’”Ultima Commendatio” e della “Valedictio”, rendendo il proprio omaggio a questo illustre figlio di san Giovanni Bosco.
Di seguito un profilo biografico che ne ripercorre la vita, le tappe più significative della sua formazione, le esperienze accademiche e pastorali, fino alla sua missione di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Le origini e la scelta salesiana
Angelo Amato nacque a Molfetta l’8 giugno 1938, primo di quattro figli di una famiglia di costruttori navali. Cresciuto in un ambiente che ne favorì lo spirito di impegno e responsabilità, compì i primi studi presso le scuole elementari dirette dalle suore alcantarine e dalle suore salesiane dei Sacri Cuori, a Molfetta. Successivamente, proseguì con la scuola media e, intravvedendo un possibile futuro nella carriera marittima, si iscrisse all’Istituto nautico di Bari, nella sezione dei capitani di lungo corso. Fu proprio durante il terzo anno di studi, nell’ottobre del 1953, che maturò la decisione di intraprendere la via del sacerdozio: lasciò l’Istituto nautico e fece ingresso nell’aspirantato salesiano di Torre Annunziata.
La sua vocazione religiosa, dunque, si inserì fin dall’inizio nella Famiglia Salesiana. Dopo un periodo di prova, effettuò il noviziato a Portici Bellavista dal 1955 al 1956. Il 16 agosto 1956, giorno che la tradizione salesiana riserva alla prima professione dei novizi, emise i voti religiosi diventando salesiano di Don Bosco. Da quel momento, la sua vita sarebbe stata profondamente legata al carisma salesiano, con particolare attenzione ai giovani e all’educazione.
Terminato il noviziato, Angelo Amato frequentò lo studentato filosofico di San Gregorio di Catania, dove ottenne il diploma liceale classico (nel 1959) e, a seguire, la licenza in Filosofia presso l’allora Pontificio Ateneo Salesiano di Roma (oggi Università Pontificia Salesiana). Nel 1962 emise la professione perpetua, consolidando definitivamente la sua appartenenza alla Congregazione salesiana. In quegli stessi anni svolse il tirocinio pratico al collegio salesiano di Cisternino (Brindisi), insegnando lettere nella scuola media: un’esperienza che lo mise fin da subito a contatto con l’apostolato giovanile e l’insegnamento, due dimensioni che segneranno tutta la sua missione.

L’ordinazione sacerdotale e gli studi teologici
La tappa successiva del percorso di Angelo Amato fu lo studio della Teologia nella Facoltà teologica dell’Università Salesiana, sempre a Roma, dove conseguì la licenza in Teologia. Ordinato sacerdote il 22 dicembre 1967, decise di specializzarsi ulteriormente e si iscrisse alla Pontificia Università Gregoriana. Nel 1974 vi ottenne il dottorato in Teologia, entrando così a far parte del corpo docente universitario. L’ambito teologico lo affascinava profondamente, e ciò si sarebbe riflesso nella grande mole di pubblicazioni e saggi di cui fu autore nel corso della sua carriera accademica.

L’esperienza in Grecia e la ricerca sul mondo ortodosso
Una fase determinante nella formazione di padre Angelo Amato fu il soggiorno in Grecia, a partire dal 1977, promosso dall’allora Segretariato per l’Unità dei Cristiani (oggi Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani). Inizialmente trascorse quattro mesi nella residenza ateniese dei gesuiti, dove si dedicò allo studio del greco moderno, sia scritto sia parlato, in vista dell’iscrizione all’Università di Salonicco. Ammesso ai corsi, ottenne una borsa di studio dal Patriarcato di Costantinopoli, grazie alla quale poté soggiornare al Monì Vlatadon (Vlatadon Monastery), sede di un istituto di studi patristici (Idrima ton Paterikon Meleton) e di una ricchissima biblioteca specializzata in teologia ortodossa, arricchita dai microfilm dei manoscritti del Monte Athos.
Presso l’Università di Salonicco seguì corsi di storia dei dogmi con il professore Jannis Kaloghirou e di dogmatica sistematica con Jannis Romanidis. Parallelamente, portò avanti un importante studio sul sacramento della penitenza nella teologia greco ortodossa dal XVI al XX secolo: la ricerca, sostenuta dal noto patrologo greco Konstantinos Christou, fu pubblicata nel 1982 nella collana «Análekta Vlatádon». Questo periodo di scambio ecumenico e di conoscenza approfondita del mondo cristiano orientale arricchì notevolmente la formazione di Amato, rendendolo un esperto di teologia ortodossa e delle dinamiche di dialogo tra Oriente e Occidente.

Il ritorno a Roma e l’impegno accademico all’Università Pontificia Salesiana
Rientrato a Roma, Angelo Amato assunse l’incarico di professore di Cristologia nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Salesiana. Le sue doti di studioso e la sua chiarezza espositiva non passarono inosservate: fu nominato Decano della stessa Facoltà di Teologia per due mandati (1981-1987 e 1994-1999). Inoltre, tra il 1997 e il 2000 ricoprì il ruolo di Vice-Rettore dell’Università.
In quegli anni egli maturò ulteriore esperienza all’estero: nel 1988 fu inviato a Washington per approfondire la teologia delle religioni e per completare il suo manuale di cristologia. Parallelamente al lavoro accademico, ebbe ruoli di consulenza per diversi organismi della Santa Sede: fu consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e dei Pontifici Consigli per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e per il Dialogo Interreligioso. Svolse anche l’incarico di consigliere presso la Pontificia Accademia Mariana Internazionale, sottolineando il suo interesse per la mariologia, tipico della spiritualità salesiana incentrata su Maria Ausiliatrice.
Nel 1999 venne nominato prelato segretario della ristrutturata Pontificia Accademia di Teologia e direttore della neonata rivista teologica «Path». Inoltre, tra il 1996 e il 2000, fece parte della commissione teologico-storica del Grande Giubileo dell’Anno 2000, dando così un apporto significativo all’organizzazione delle celebrazioni giubilari.

Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede e l’episcopato
Il 19 dicembre 2002 arrivò una nomina di grande rilievo: Papa Giovanni Paolo II lo designò Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, elevandolo contestualmente alla dignità arcivescovile e assegnandolo alla sede titolare di Sila, con il titolo personale di Arcivescovo. Ricevette l’ordinazione episcopale il 6 gennaio 2003, nella Basilica Vaticana, dalle mani dello stesso Giovanni Paolo II (oggi San Giovanni Paolo II).
In questo ruolo, Monsignor Angelo Amato collaborò con il Prefetto dell’epoca, il Cardinale Joseph Ratzinger (futuro Benedetto XVI). Compito del Dicastero fu, ed è, quello di promuovere e tutelare la dottrina cattolica in tutto il mondo. Durante il suo mandato, il neo-Arcivescovo continuò ad avere un approccio accademico, coniugando le sue competenze specialistiche in teologia con il servizio ecclesiale rivolto all’ortodossia della fede.

Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e la porpora cardinalizia
Un ulteriore passo in avanti nella carriera ecclesiastica giunse il 9 luglio 2008: Papa Benedetto XVI lo nominò Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in sostituzione del Cardinale José Saraiva Martins. In questo dicastero, Monsignor Amato fu responsabile di seguire l’iter di beatificazione e canonizzazione dei Servi di Dio, il discernimento sulle virtù eroiche, i miracoli e la testimonianza di quanti, nel corso della storia, sono divenuti santi e beati della Chiesa Cattolica.
Nel Concistoro del 20 novembre 2010, Benedetto XVI lo creò Cardinale, assegnandogli la Diaconia di Santa Maria in Aquiro. Il nuovo porporato poté così prendere parte al conclave del marzo 2013, che vide l’elezione di Papa Francesco. Durante il pontificato di quest’ultimo, il Cardinale Amato fu confermato “donec aliter provideatur” come Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi (19 dicembre 2013), proseguendo la propria attività sino al 31 agosto 2018, quando rassegnò le dimissioni per raggiunti limiti di età, lasciando un’impronta duratura grazie al numero di beatificazioni e canonizzazioni esaminate in quegli anni.

L’impegno per la Chiesa locale: l’esempio di don Tonino Bello
Una particolare testimonianza del legame del Cardinale Amato con la sua terra d’origine si ebbe nel novembre 2013, quando egli si recò nella Cattedrale di Molfetta per la chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di don Tonino Bello (1935-1993). Quest’ultimo, Vescovo di Molfetta dal 1982 al 1986, fu figura amatissima per il suo impegno a favore della pace e dei poveri. In quell’occasione, il Cardinale Amato mise in risalto come la santità non sia appannaggio di pochi eletti, bensì una vocazione universale: tutti i credenti, ispirati dalla persona e dal messaggio di Cristo, sono chiamati a vivere profondamente la fede, la speranza e la carità.

Ultimi anni e la morte
Dopo aver lasciato la guida della Congregazione delle Cause dei Santi, il Cardinale Angelo Amato continuò a offrire il proprio servizio alla Chiesa, partecipando ad eventi, cerimonie e rendendo disponibile la sua profonda conoscenza teologica. Il suo impegno fu sempre contrassegnato da un tratto umano di grande finezza, da un evidente rispetto per l’interlocutore e da un’umiltà che spesso colpiva chiunque lo incontrasse.
Il 3 maggio 2021, la sua diaconia di Santa Maria in Aquiro venne elevata pro hac vice a titolo presbiteriale, onorando ulteriormente la sua lunga e fedele dedizione al ministero ecclesiale.
La morte del porporato, sopraggiunta il 31 dicembre 2024 a 86 anni, ha lasciato un vuoto nella Famiglia Salesiana e nel Collegio Cardinalizio, ora costituito da 252 cardinali, di cui 139 elettori e 113 non elettori. L’annuncio della sua scomparsa ha suscitato reazioni di cordoglio e di riconoscenza in tutto il mondo ecclesiale: l’Università Pontificia Salesiana, in particolare, ne ha ricordato i lunghi anni di insegnamento come docente di Cristologia, il suo duplice mandato di Decano della Facoltà di Teologia, nonché il periodo in cui rivestì la carica di Vice-Rettore dell’ateneo.

Un’eredità di fedeltà e ricerca della santità
Guardando alla figura del Cardinale Angelo Amato, non si possono non cogliere alcuni tratti che ne hanno caratterizzato il ministero e la testimonianza. Anzitutto, il suo profilo di religioso salesiano: la fedeltà ai voti, il profondo legame con il carisma di san Giovanni Bosco, l’attenzione ai giovani, alla formazione intellettuale e spirituale, rappresentano una linea guida costante nella sua vita. In secondo luogo, la vasta produzione teologica, in particolare in ambito cristologico e mariologico, e il suo contributo al dialogo con il mondo ortodosso, di cui fu studioso appassionato.
Indubbiamente, il servizio alla Santa Sede come Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e cardinale, sottolinea l’importanza del suo ruolo nella promozione e nella tutela della dottrina cattolica, nonché nella valorizzazione dei testimoni di santità. Il Cardinale Amato fu testimone privilegiato della ricchezza spirituale che la Chiesa universale ha espresso lungo i secoli, e fu parte attiva nel riconoscimento di figure che rappresentano un faro per il popolo di Dio.
Inoltre, la partecipazione a un conclave (quello del 2013), la sua vicinanza a grandi Papi come Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, e la sua collaborazione con numerosi dicasteri testimoniano un servizio a trecentosessanta gradi, in cui si fondono la dimensione accademica e l’esercizio pastorale di governo nella Chiesa.
La morte del Cardinale Angelo Amato lascia un’eredità di dottrina, di sensibilità ecumenica e di amore per la Chiesa. La diocesi di Molfetta, che già aveva potuto sperimentare la sua partecipazione al processo di beatificazione di don Tonino Bello, lo ricorda come uomo di fede e pastore instancabile, capace di unire le esigenze della disciplina teologica a quelle della carità pastorale. La Famiglia Salesiana, in particolare, coglie in lui il frutto di un carisma ben vissuto, intriso di quella “carità educativa” che da Don Bosco in poi accompagna il percorso di tanti consacrati e sacerdoti nel mondo, sempre a servizio dei più giovani e dei più bisognosi.
Oggi, la Chiesa lo affida alla misericordia del Signore, nella certezza che, come lo stesso Pontefice ha affermato, il Cardinale Amato, “servo buono e vigilante”, possa contemplare il volto di Dio nella gloria dei santi che egli stesso ha contribuito a riconoscere. La sua testimonianza, resa concreta da una vita donata e da una profonda preparazione teologica, resta come segno e incoraggiamento per tutti coloro che desiderano servire la Chiesa con fedeltà, mitezza e dedizione, fino al termine del loro pellegrinaggio terreno.
In questo modo, il messaggio di speranza e di santità che ha animato ogni sua azione trova compimento: chi semina nel solco dell’obbedienza, della verità e della carità, raccoglie un frutto che diviene bene comune, ispirazione e luce per le generazioni future. Ed è questa, in definitiva, l’eredità più bella che il Cardinale Angelo Amato lascia alla sua famiglia religiosa, alla diocesi di Molfetta e all’intera Chiesa.

E non possiamo trascurare l’eredità scritturistica che il Cardinale Angelo Amato ci ha lasciato. Presentiamo a continuazione un elenco, sicuramente non completo delle sue pubblicazioni.


























































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































Anno



Titolo



Info



1



1974



I
pronunciamenti tridentini sulla necessità della confessione
sacramentale nei canoni 6-9 della sessione XIV (25 novembre 1551)



Saggio
di ermeneutica conciliare



2



1975



Problemi
attuali di cristologia



Conferenze
della facoltà teologica Salesiana 1974-1975



3



1976



La
Chiesa locale: prospettive teologiche e pastorali



Conferenze
della Facoltà teologica salesiana 1975-1976



4



1977



Cristologia
metaecclesiale?



Considerazioni
sulla cristologia “metadogmatica” di E. Schillebeeckx



5



1977



Il
Gesù storico



Problemi
e interpretazioni



6



1977



Temi
teologico-pastorali







7



1978



Annuncio
cristiano e cultura contemporanea







8



1978



Studi
di cristologia patristica attuale



A
proposito di due recenti pubblicazioni di Alois Grillmeier



9



1979



Il
sacramento della penitenza nelle “Risposte” del
patriarca Geremia II ai teologi luterani di Tübingen
(1576,1579,1581)







10



1980



Annunciare
Cristo ai giovani



(coautore)



11



1980



Il
Cristo biblico-ecclesiale



Proposta
di una sintesi criteriologica sui contenuti essenziali
dell’annuncio cristologico contemporaneo



12



1980



Il
Cristo biblico-ecclesiale latinoamericano



Il
modulo cristologico “religioso-popolare” di Puebla



13



1980



La
figura di Gesù Cristo nella cultura contemporanea



Il
Cristo nel conflitto delle interpretazioni



14



1980



Selezione
orientativa sulle pubblicazioni cristologiche in Italia







15



1980



L’enciclica
del dialogo rivisitata



A
proposito del Colloquio internazionale di studio sull’”Ecclesiam
suam
” di
Paolo VI (Roma, 24-26 ottobre 1980)



16



1981



Il
Salvatore e la Vergine-Madre: la maternità salvifica di
Maria e le cristologie contemporanee



Atti
del 3º Simposio mariologico internazionale (Roma, ottobre
1980)



17



1981



La
risurrezione di Gesù nella teologia contemporanea







18



1981



Mariologia
in contesto



Un
esempio de teologia inculturata: “Il volto meticcio di Maria
di Guadalupe” (Puebla n.446)



19



1982



Il
sacramento della penitenza nella teologia greco-ortodossa



Studi
storico-dogmatici, sec. XVI-XX



20



1983



Inculturazione-Contestualizzazione:
teologia in contesto



Elementi
di bibliografia scelta



21



1983



La
dimension “thérapeutique” du sacrement de la
pénitence dans la théologie et la praxis de l’Église
gréco-orthodoxe







22



1984



Come
conoscere oggi Maria







23



1984



Inculturazione
e formazione salesiana



Dossier
dell’incontro di Roma, 12-17 settembre 1983 (coautore)



24



1984



Maria
e lo Spirito Santo



Atti
del 4º Simposio Mariologico Internazionale (Roma, ottobre,
1982)



25



1985



Come
collaborare al progetto di Dio con Maria



Princìpi
e proposte



26



1987



La
Madre della misericordia







27



1988



Gesù
il Signore



Saggio
di cristologia



28



1989



Essere
donna



Studi
sulla lettera apostolica “Mulieris
dignitatem

di Giovanni Paolo II (coautore)



29



1990



Cristologia
e religioni non cristiane



Problematica
e attualità: considerazioni introduttive



30



1991



Come
pregare con Maria







31



1991



Studio
dei Padri e teologia dogmatica



Riflessioni
a partire dall’Istruzione della Congregazione per
l’educazione cattolica del 10 novembre 1989 (=IPC)



32



1991



Verbi
revelati ‘accommodata praedicatio’ lex omnis
evangelizationis”

(GS n.44)



Riflessioni
storico-teologiche sull’inculturazione



33



1992



Angeli
e demoni Il dramma
della storia tra il bene e il male







34



1992



Dio
Padre – Dio Madre



Riflessioni
preliminari



35



1992



Il
mistero di Maria e la morale cristiana







36



1992



Il
posto di Maria nella “Nuova evangelizzazione”







37



1993



Cristologia
della Secunda
Clementis



Considerazioni
iniziali



38



1993



Lettera
cristologica dei primi concili ecumenici







39



1994



Trinità
in contesto







40



1996



Maria
presso la Croce, volto misericordioso di Dio per il nostro tempo



Convegno
mariano delle Serve di Maria Riparatrici, Rovigo, 12-15 settembre
1995



41



1996



Tertio
millennio adveniente
:
Lettera apostolica di Giovanni Paolo II



Testo
e commento teologico pastorale



42



1996



Vita
consecrata
. Una
prima lettura teologica







43



1997



Alla
ricerca del volto di Cristo: … ma voi chi dite che io sia?



Atti
della XXVII Settimana teologica diocesana, Figline Valdarno, 2-5
settembre 1997



44



1997



Gesù
Cristo verità di Dio e ricerca dell’uomo



Cristologia



45



1997



La
catechesi al traguardo. Studi sul Catechismo della Chiesa
cattolica



(coautore)



46



1997



Super
fundamentum Apostolorum



Studi
in onore di S. Em. il cardinale A.M. Javierre Ortas (coautore)



47



1998



El
Evangelio del Padre







48



1998



Gesù
Cristo morto e risorto per noi consegna lo Spirito



Meditazioni
teologiche sul mistero pasquale (coautore)



49



1998



Il
Vangelo del Padre







50



1998



Una
lettura cristologica della “Secunda
Clementis



Esistenza
di influssi paolini?



51



1999



Evangelización,
catequesis, catequistas



Una
nueva etapa para la Iglesia del tercer milenio



52



1999



La
Vergine Maria dal Rinascimento a oggi







53



1999



Missione
della Chiesa e Chiesa in missione]. Gesù Cristo, Verbo del
Padre



Ambito
II



54



1999



La
Chiesa santa, madre di figli peccatori



Approccio
ecclesiologico ed implicanze pastorali



55



2000



Dominus
Iesus
: l’unicità
e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e
della Chiesa



Dichiarazione



56



2000



Gesù
Cristo e l’unicità della mediazione



(coautore)



57



2000



Gesù
Cristo, speranza del mondo



Miscellanea
in onore di Marcello Bordoni



58



2000



La
Vierge dans la catéchèse, hier et aujourd’hui



Communications
présentées à la 55e Session de la Société
française d’études mariales, Sanctuaire
Notre-Dame-de-la-Salette, 1999 (coautore)



59



2000



Maria
e la Trinità



Spiritualità
mariana ed esistenza cristiana



60



2000



Maria
nella catechesi ieri e oggi



Un
sintetico sguardo storico



61



2001



Crescere
nella grazia e nella conoscenza di Gesù







62



2002



Dichiarazione
Dominus
Iesus
” (6
agosto 2000)



Studi
(coautore)



63



2003



Maria
Madre della speranza



Per
una inculturazione della speranza e della misericordia. [Parte
componente di monografia]



64



2005



La
Madre del Dio vivo a servizio della vita



Atti
del 12. Colloquio internazionale di mariologia, Santuario del
Colle, Lenola (Latina), 30 Maggio – 1° giugno 2002 (coautore)



65



2005



Lo
sguardo di Maria sul mondo contemporaneo



Atti
del XVII Colloquio internazionale di mariologia, Rovigo, 10-12
settembre 2004



66



2005



Maria,
sintesi di valori



Storia
culturale della mariologia (coautore)



67



2007



Sui
sentieri di Clotilde Micheli fondatrice delle Suore degli Angeli
adoratrici della SS. Trinità



Spiritualità
e promozione umana (coautore)



68



2007



San
Francesco Antonio Fasani apostolo francescano e culture
dell’Immacolata







69



2007



Il
vescovo maestro della fede



Sfide
contemporanee al magistero della verità



70



2008



Gesù,
identità del cristianesimo Conoscenza
ed esperienza







71



2008



La
Dominus Iesus
e le religioni







72



2009



Catholicism
and secularism in contemporary Europe







73



2009



Futuro
presente Contributi
sull’enciclica “Spe salvi” di Benedetto XVI



(coautore)



74



2009



La
santità dei papi e di Benedetto XIII







75



2009



Maria
di Nazaret. Discepola e testimone della parola







76



2009



Reflexiones
sobre la cristología contemporánea







77



2010



I
santi nella Chiesa







78



2010



Il
celibato di Cristo nelle trattazioni cristologiche contemporanee



Rassegna
critico-sistematico



79



2010



Il
celibato di Gesù







80



2010



Il
santo di Dio. Cristologia e santità







81



2011



Dialogo
interreligioso Significato
e valore







82



2011



I
santi si specchiano in Cristo







83



2011



Istruzione
Sanctorum
mater



Presentazione



84



2011



Le
cause dei santi



Sussidio
per lo “Studium



85



2011



Maria
la Theotokos.
Conoscenza ed esperienza







86



2012



I
santi testimoni della fede







87



2012



Santa
Ildegarda di Bingen







88



2012



Santi
e beati. Come
procede la Chiesa







89



2012



Testi
mariani del secondo millennio



(coautore)



90



2013



I
santi evangelizzano



Contributo
nel Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2012, che documenta
l’indispensabile natura evangelizzatrice dei Santi, che
grazie alla loro esemplare condotta cristiana, nutrita di fede,
speranza e carità, diventano così dei punti di
riferimento per la Chiesa Cattolica e per i fedeli di tutto il
mondo e tutte le culture, orientandoli verso una vita di santità.
Il volume è diviso in due parti: nella prima si trovano le
riflessioni dottrinali sul concetto di Santità e sulle
cause dei Santi, la seconda parte raccoglie invece omelie, lettere
e relazioni, tenute nell’arco del 2012, che descrivono la
vita e l’operato di Santi, Beati, Venerabili e Servi di Dio



91



2013



Il
Paradiso: di che si tratta?







92



2014



Accanto
a Giovanni Paolo II



Gli
amici e i collaboratori raccontano (coautore)



93



2014



I
santi profeti di speranza







94



2014



La
Santissima Eucaristia nella fede e nel diritto della Chiesa



(coautore)



95



2014



San
Pietro Favre







96



2014



Sant’Angela
da Foligno







97



2015



I
santi: apostoli di Cristo risorto







98



2015



Gregorio
di Narek. Dottore della Chiesa







99



2015



Beato
Oscar Romero







100



2015



Santa
Maria dell’incarnazione







101



2015



San
Joseph Vaz







102



2015



I
Santi apostoli di Cristo risorto







103



2016



I
santi: messaggeri di misericordia







104



2016



Misericordiosi
come il Padre



Esperienze
di misericordia nel vissuto di santità



105



2017



I
santi, ministri della carità



Contiene
considerazioni sulla carità e una galleria di uomini e
donne (santi, beati, venerabili e servi di Dio) esemplari per
l’esercizio eroico di questa energia divina che è la
carità



106



2017



Il
messaggio di Fatima tra carisma e profezia



Atti
del Forum Internazionale di Mariologia (Roma 7-9 maggio 2015)



107



2018



I
santi e la Madre di Dio







108



2019



Perseguitati
per la fede



Le
vittime del nazionalsocialismo in Europa centro-orientale



109



2019



Sufficit
gratia mea



Miscellanea
di studi offerti a Sua Em. il Card. Angelo Amato in occasione del
suo 80º genetliaco



110



2019



Un’inedita
Sicilia. Eventi e personaggi da riscoprire







111



2020



Il
segreto di Tiffany Grant







112



2021



Iesus
Christus heri et hodie, ipse et in saecula



Raccolta
di contributi promossa dalla Pontificia Università
Salesiana per il Card. Angelo Amato, in occasione del suo 80º
genetliaco



113



2021



Dici
l’anticu… La cultura popolare nel paese del Gattopardo.
Proverbi di Palma di Montechiaro







114



2023



Una
Sicilia ancora da scoprire. Eventi e personaggi inediti











Il Cardinale Angelo Amato S.D.B.: un fine teologo tra occidente e oriente

Il cardinale Tarcisio Bertone, SDB, ha avuto modo di conoscere molto bene il compianto cardinale Angelo Amato, SDB. Entrambi, infatti, condividevano la vocazione salesiana e avevano collaborato come docenti presso la Pontificia Università Salesiana. Successivamente, don Angelo Amato è subentrato a mons. Bertone come Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, incarico che ha ricoperto dal 2002 al 2008.
Sua Eminenza il cardinale Bertone desidera offrire una sua personale testimonianza sul cardinale Amato, che presentiamo di seguito.

            Il Card. Angelo Amato e stato uno dei Salesiani più intelligenti e versati nelle scienze umane ed ecclesiastiche. La sua capacita di recepire e congiungere Filosofia e Teologia si è manifestata soprattutto negli anni del suo apprendimento all’Ateneo Salesiano, facendo parte di un gruppo di eccezionali studenti che hanno dato prestigio all’Università Salesiana e si sono poi distinti non solo nell’insegnamento ma anche nel servizio alla Santa Sede presso i Dicasteri della Curia Romana.
            Io ricordo in particolare la sua eccezionale valentia, nello studio della Cristologia e della Mariologia; i suoi scritti erano assai raffinati ed era ricercato come predicatore degli Esercizi spirituali soprattutto alle persone consacrate, senza dimenticare l’acutezza dei suoi pareri nella promozione del Dialogo Ecumenico e Interreligioso. Infatti è stato particolarmente apprezzato dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, Cardinale Joseph Ratzinger, (diventato poi Papa Benedetto XVI) e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani.  Per questa ragione è stato mandato in Grecia a studiare la Teologia dei Padri Orientali, ha appreso il greco antico e il greco moderno e ha pubblicato persino uno studio stimatissimo all’Università greca di Salonicco sulla concezione e sulla pratica del sacramento della Penitenza presso i Padri Orientali. In quel periodo ha appreso l’arte e la spiritualità della “scrittura” delle icone che ha continuato a praticare fino alla fine della vita. A Roma ha svolto in prevalentemente l’insegnamento presso l’Università Pontificia Salesiana diventando Decano della Facoltà di Teologia e, in qualità di esperto di Cristologia e di Mariologia, è stato nominato Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e successivamente anche Segretario della medesima.
            È interessante il contributo che Don Angelo Amato ha dato in collaborazione con il Cardinale Joseph Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede per la redazione della famosa dichiarazione dogmatica “Dominus Jesus” del 1° settembre del 2000, una dichiarazione voluta da Papa Giovanni Paolo II e redatta dal Cardinale Ratzinger con la collaborazione fine e intelligente di Don Angelo Amato. Il Cardinale Ratzinger lo ha valorizzato successivamente per i documenti e le riflessioni svolte da quel Dicastero dottrinale della Curia Romana. Poi, quando il Segretario Mons. Tarcisio Bertone è stato nominato Arcivescovo di Genova, si è cercato un successore.  Io ricordo benissimo le consultazioni del Cardinale Ratzinger e i dialoghi con Sua Santità Giovanni Paolo II. Tra i candidati alla successione spiccava il nome di Don Angelo Amato, ma in un colloquio del Cardinale Ratzinger e del sottoscritto con Papa Giovanni Paolo II, io feci presente una peculiarità che mi sembrava creare qualche difficoltà, cioè il fatto che un salesiano succedesse in questo importante incarico ad un altro salesiano. Papa Giovanni Paolo II rivolgendosi al Cardinale Ratzinger domandò; “Ma questo fa problema al Cardinale Ratzinger? Piace al Cardinale Ratzinger di nominare un altro Salesiano all’incarico di Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede”? Il Cardinale Ratzinger rispose: “Io preferirei Don Angelo Amato perché mi sono trovato molto bene a lavorare con Lui qui al Dicastero e siamo in perfetta sintonia”. Giovanni Paolo II rispose: “Allora nominiamo Don Angelo Amato nuovo Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede” e così avvenne il 19 dicembre 2002.
            Ha svolto tanta attività nella redazione dei documenti che hanno caratterizzato il magistero di questo dicastero della curia romana presieduto dal Cardinale Ratzinger e, successivamente, il Papa Giovanni Paolo II decise di crearlo Cardinale e nominarlo Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. In tale incarico svolse un’intensa attività di promozione della santità nella Chiesa, della santità nella Vita Consacrata, Laicale, Sacerdotale, e pubblicò tra i suoi volumi una serie di biografie di Beati e di Santi che fecero conoscere e moltiplicarono l’attrazione della santità nella varietà dei carismi, delle culture e delle persone che arricchirono la Chiesa, con tanti benefici esempi e benefiche iniziative.
Rimase per ben 10 anni, fino al 2018, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e continuò la sua attività di magistero per la Chiesa al servizio dei Papi. Papa Francesco, mandò un bel telegramma al Vicario Generale della Congregazione Salesiana, dove esalta appunto la “salesianità” del Cardinale Amato e la sua opera come Prefetto delle Cause dei Santi.
            Lo riportiamo per intero:

REVERENDO DON STEFANO MARTOGLIO SDB
VICARIO DEL RETTOR MAGGIORE
SOCIETÀ SAN FRANCESCO DI SALES (SALESIANI)
ROMA

            Appresa la notizia della dipartita del caro Cardinale Angelo Amato, esprimo la mia vicinanza a Lei e ai Confratelli di codesto Istituto Religioso, come pure ai Familiari del compianto Porporato. Rendo grazie a Dio per l’edificante testimonianza di questo figlio spirituale di San Giovanni Bosco che per tanti anni si è speso con finezza umana e generosità per il Vangelo e la Chiesa. Penso al suo animo sacerdotale e alla preparazione teologica con cui ha servito la Santa Sede, specialmente nel Dicastero per la Dottrina della Fede e in quello delle Cause dei Santi. Assicuro la mia preghiera per l’anima di questo servo buono e vigilante che, fedele al suo motto ‘Sufficit gratia mea’, anche negli ultimi tempi segnati dalla sofferenza, si è abbandonato alla bontà del Padre celeste. Confido che accompagnato da Maria Ausiliatrice e dai Santi e Beati che ha condotto alla gloria degli altari, egli sia accolto nel convito eterno del Cielo e invio la mia Benedizione a quanti condividono il dolore per la sua scomparsa.

Francesco

            Tra i Cardinali Salesiani, soprattutto dotati di grande carisma teologico, spicca il Cardinale Angelo Amato che lascia a disposizione non solo dell’Università Pontificia Salesiana ma anche dei vari Centri istituzionali di studio e di spiritualità, un grande patrimonio di dottrina e di sapienza con l’auspicio che continui a incidere nella vita della Chiesa e delle Comunità formative.

✠ Tarcisio Card. Bertone




John Lee Tae Seok (1962-2010), un salesiano di cui si parlerà ancora

John Lee Tae Seok, noto anche come “Fr. Jolly” (don Allegro), è stato un salesiano coreano che ha dedicato la sua vita alla cura dei più poveri e sofferenti, specialmente in Sud Sudan. Nonostante la sua vita sia stata purtroppo breve, ha lasciato un segno indelebile nel cuore delle persone che ha incontrato, grazie al suo impegno come medico, educatore e uomo di fede. La sua eredità continua a ispirare migliaia di persone in tutto il mondo.

Infanzia e radici della vocazione
Yohan Lee Tae Seok (John Lee) nacque il 19 settembre 1962 a Busan, città meridionale della Corea del Sud. Era il nono di dieci figli, quattro maschi e sei femmine, in una famiglia profondamente cattolica (un fratello, Tae-Young Lee, divenne frate francescano e una sorella, Cristina, consacrata nel Movimento dei Focolari).
Già da giovane mostrava segni di straordinaria leadership e un’inclinazione verso il servizio agli altri. Partecipava quotidianamente alla Messa ed era dotato per la musica. All’età di dieci anni perse il padre, e sua madre divenne il suo punto di riferimento, sostenendolo nel suo cammino di fede e negli studi.
Nonostante il desiderio di diventare sacerdote già all’età di quindici anni, la madre lo convinse a proseguire gli studi di medicina.
Nel 1987, dopo essersi laureato a pieni voti alla Inje University Medical School, John iniziò a lavorare come medico militare durante il servizio di leva obbligatorio. Fu in quel periodo che incontrò i Salesiani attraverso un cappellano militare, un incontro che avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Deciso a seguire la vocazione salesiana, John provò per mesi a comunicare la sua decisione alla madre, senza riuscirci.
Egli stesso racconta:

«È stata direttamente Maria Ausiliatrice a prendere in mano la situazione. Mi ero deciso ad incamminarmi nella vita salesiana con grande gioia, ma avevo l’angoscia di comunicare la mia decisione alla mia mamma. Siccome mio papà era mancato quando avevo dieci anni, la mamma aveva dovuto faticare molto per farmi studiare medicina. E grazie ai suoi molti sacrifici ero potuto diventare medico. Avrei dovuto cominciare ad aiutare la mamma per ricompensarla dei sacrifici che aveva fatto senza rinfacciarmi mai niente. Per questo mi era tanto difficile comunicarle la mia decisione. Per me era quasi impossibile dirglielo.
Avevo tentato tante volte, ma non ci ero mai riuscito perché guardandola, mi veniva meno il coraggio. Tentai pure di dirlo ad una delle mie sorelle con la quale parlavo di tutto senza problemi e alla quale confidavo tutto. Ma non ci riuscivo proprio. Così sono passati mesi senza che riuscissi a dire qualcosa.
Ma venne un giorno bellissimo. Andai da mia sorella per un altro tentativo, ma rimasi a bocca aperta: mia sorella sapeva già tutto della mia decisione. Un sogno nella notte precedente le aveva spiegato tutto. Mi piacerebbe dirvi il contenuto del sogno, però non posso senza il permesso del Vescovo. Comunque mia sorella raccontò il suo sogno alla mamma e tutte le mie difficoltà si sciolsero in un attimo.
Non avevo pensato ad un diretto aiuto di Maria Ausiliatrice fino a quando non ho sentito, per la prima volta, dal maestro dei novizi che tutte le vocazioni di tutti i salesiani sono collegate a Maria Ausiliatrice.
Non avevo chiesto l’aiuto a Maria. Maria si era accorta della mia difficoltà e mi aveva aiutato in modo silenzioso e discreto. Questa è stata la prima esperienza di Maria che ho potuto avere. Per me, questa esperienza è stata preziosissima perché così ho potuto capire la realtà di “Maria aiuto dei cristiani” e imparare l’atteggiamento che dobbiamo avere quando aiutiamo gli altri: cioè stare attenti al bisogno degli altri ed essere pronti a dare loro l’aiuto necessario. D’allora in poi potevo parlare ai ragazzi con certezza della presenza di Maria Ausiliatrice
».

La vocazione salesiana e il servizio ai poveri
Inizia il noviziato il 24 gennaio 1993 e fa la sua prima professione il 30 gennaio 1994.
Dopo aver completato il suo corso di filosofia di due anni alla Gwangju Catholic University, svolge il tirocinio presso la Casa Salesiana a Dae Rim Dong, Seoul. Lì assisteva un’ottantina di ragazzi a rischio, con tanta creatività in classe e nel cortile. Teneva questa classe di ragazzi difficili, che imparavano — a 18 anni d’età — a scrivere l’alfabeto coreano. Con le sue doti musicali faceva cantare a questi ragazzi ogni domenica sera un Tantum Ergo in latino, a ritmo pop composto proprio da lui.

Continua i suoi studi teologici.
Inviato a Roma a studiare alla Pontificia Università Salesiana nel 1997, incontra un missionario, frate Comino, che per vent’anni aveva prestato il suo servizio in Corea del Sud e poi era stato inviato in Sudan nel 1991, e in quel momento si trovava in vacanza. Raccontando la sua esperienza missionaria, rafforza il desiderio di John Lee di diventare missionario.
La visione del film “Molokai”, un film biografico su padre Damian, un missionario belga che lavorava al Kalaupapa Leprosy Settlement sull’isola hawaiana di Molokai, lo spinse ancora di più a impegnarsi a vivere come padre Damian.
Durante le vacanze del 1999 fa un’esperienza missionaria in Kenya e incontra don James Pulickal, un salesiano di origine indiana attivo a Tonj, nel Sudan del Sud. Visita Tonj, quando ancora c’era la guerra, rimane fortemente colpito e decide di dedicare la sua vita ai bambini poveri di Tonj. Questo piccolo villaggio del Sud Sudan, distrutto dalla guerra civile, dove incontrò lebbrosi e poveri, cambia la sua vita per sempre.
Dopo essere stato ordinato sacerdote nel 2001, John Lee tornò a Tonj, determinato a servire la popolazione locale come medico, sacerdote e salesiano, e a trattare i malati come fossero Gesù. Si inserì nella comunità salesiana di Tonj, composta da confratelli di diverse nazionalità, con l’obiettivo di ricostruire — dopo la guerra — la comunità cristiana, l’oratorio, le scuole e le stazioni missionarie nei villaggi circostanti.

La missione in Sud Sudan: Tonj, un piccolo miracolo
Le condizioni dopo la guerra erano pessime. Questo spinse don John Lee Tae Seok a lavorare per migliorare la vita degli abitanti del villaggio. Prima di tutto, aprì una piccola clinica, che in breve tempo divenne l’unico centro medico disponibile in una vasta area. Curava ogni tipo di malattia, spesso con mezzi limitati, ma con un’immensa dedizione. Oltre a fornire cure mediche immediate, si impegnò a lungo termine per educare la popolazione locale riguardo alla prevenzione delle malattie e all’igiene, argomenti di cui la gente del posto era largamente inconsapevole a causa della mancanza di istruzione.

Oltre al suo lavoro come medico, Lee Tae Seok era un instancabile educatore. Fondò una scuola per i bambini del villaggio, in cui insegnava non solo materie scolastiche, ma anche valori di convivenza pacifica e rispetto reciproco, essenziali in un contesto post-bellico come quello del Sud Sudan. Grazie alla sua passione per la musica, insegnò anche ai bambini a suonare strumenti musicali, creando una banda musicale che divenne famosa nella regione. La banda non solo offriva ai giovani un modo per esprimersi, ma contribuiva anche a costruire un senso di comunità e di speranza per il futuro.

Un medico con un cuore di sacerdote
Il lavoro di John Lee Tae Seok non si limitava alla medicina e all’istruzione. Essendo sacerdote, il suo obiettivo principale era quello di portare speranza spirituale a una popolazione che aveva vissuto anni di sofferenze. Celebrava la Messa regolarmente, amministrava i sacramenti e offriva conforto spirituale a coloro che avevano perso tutto a causa della guerra. La sua fede profonda era evidente in ogni aspetto del suo lavoro, e la sua presenza portava un senso di pace e speranza anche nei momenti più difficili.

Uno degli aspetti più ammirevoli della sua missione era la sua capacità di vedere la dignità in ogni persona, indipendentemente dalla loro condizione sociale o dal loro stato di salute. Trattava i malati con immenso rispetto e dedicava il suo tempo a chiunque avesse bisogno di aiuto, anche quando era stremato dalle lunghe ore di lavoro nella clinica o dalla mancanza di risorse. Questa profonda compassione non passò inosservata: la gente del villaggio lo considerava non solo come un medico e un prete, ma come un vero e proprio amico e fratello.

La lotta contro la malattia e la sua eredità
Nonostante l’instancabile lavoro e l’amore che donava agli altri, John Lee Tae Seok stesso era afflitto da una grave malattia. Durante il suo soggiorno in Sud Sudan, iniziò a mostrare segni di una malattia avanzata, che in seguito si rivelò essere un tumore al colon. Quando la malattia fu diagnosticata, era già in uno stadio avanzato, ma Lee Tae Seok continuò il suo lavoro il più a lungo possibile, rifiutando di abbandonare le persone che dipendevano da lui.

Il 14 gennaio 2010, a soli 47 anni, John Lee Tae Seok morì a Seul, Corea del Sud, dopo tredici mesi di battaglia contro il cancro. La notizia della sua morte lasciò un profondo vuoto nella comunità di Tonj e tra tutti coloro che lo avevano conosciuto. Il suo funerale fu un evento commovente, con migliaia di persone che parteciparono per onorare un uomo che aveva dedicato la sua vita al servizio degli altri.

Nonostante la sua morte prematura, l’eredità di John Lee Tae Seok continua a vivere. Le sue ultime parole furono un invito a portare avanti i suoi sogni per Tonj: «Non sarò in grado di realizzare i miei sogni per Tonj, ma vi prego di portarli avanti». La clinica che ha fondato a Tonj continua la sua attività, e molte delle persone che ha formato, sia in campo medico che educativo, stanno continuando il suo lavoro. La banda musicale da lui creata continua a suonare e a portare gioia nella vita delle persone.

Testimonianze
Racconta don Václav KLEMENT, salesiano, che è stato suo superiore (missionario in Corea del Sud negli anni 1986-2002):

«Durante gli ultimi 22 anni, da quando l’obbedienza mi ha portato in tanti paesi dell’Asia Est-Oceania e in tutto il mondo salesiano, ho visto tanti piccoli “miracoli” che ha fatto don John Lee attraverso il film (“Don’t Cry for Me, Sudan” e altri), i suoi scritti (“The Rays of the Sun in Africa are still sad” e “Will you be my Friend?”) oppure le varie pubblicazioni che raccontano la sua vita.
Un giovane studente delle superiori in Giappone ha fatto il passo verso il catecumenato dopo aver visto il film “Don’t Cry for Me, Sudan”, un catecumeno tailandese – nel cammino verso il battesimo – è stato “confermato” nella sua fede grazie alla testimonianza della vita gioiosamente sacrificata di don John Lee. Un giovane salesiano vietnamita, che godeva tutta la felicità nella sua “zona di conforto”, è stato svegliato e motivato per la vita missionaria proprio dal film “Don’t Cry for Me, Sudan”. Sì, ci sono tanti cristiani e non, che sono stati svegliati, confermati nella fede o ispirati per un cammino vocazionale grazie a don John Lee.
I Salesiani dell’Ispettoria di Corea hanno avviato una nuova presenza salesiana a Busan, città natale di don John Lee. In 2020 hanno aperto una nuova comunità con sede nella “Fr. John Lee Memorial Hall” a Busan, proprio nel quartiere dove John è nato nel 1962. L’edificio di quattro piani costruito dal governo locale di Busan – Seogu è affidato ai Salesiani di Don Bosco. Cosi la storia di don John Lee viene raccontata dai suoi confratelli salesiani immersi nella vita del quartiere che accolgono tanti giovani e fedeli per avvicinarli alla radiante testimonianza di vita missionaria.»

L’impatto internazionale e l’eredità spirituale
La spiritualità di don John Lee era profondamente legata a Maria Ausiliatrice. Interpretò molti eventi della sua vita come segni della presenza materna di Maria. Questa devozione influenzò anche il suo approccio al servizio: aiutare gli altri in modo silenzioso e discreto, essere attenti ai bisogni altrui e pronti a offrire sostegno.
Don John Lee Tae Seok incarnò pienamente lo spirito salesiano, dedicando la sua vita ai giovani e ai poveri, seguendo l’esempio di don Bosco. La sua capacità di unire medicina, educazione e spiritualità fece di lui una figura unica, capace di lasciare un’impronta duratura in una terra segnata dalla sofferenza.
La sua attività continua nella “Fondazione John Lee”, che prosegue a sostenere le opere salesiane in Sudan.

Il suo ricordo è stato immortalato in numerosi premi internazionali e documentari.
Nel 2011, dopo la sua morte, il Ministero della Pubblica Amministrazione e della Sicurezza della Corea del Sud — su raccomandazione del pubblico — gli ha conferito un premio, insieme ad altre persone che hanno contribuito alla società attraverso il volontariato, le donazioni e le buone azioni contro ogni previsione. Il premio è il più alto, quello dell’Ordine Mugunghwa.
Il 9 settembre 2010 la televisione coreana KBS realizzò un film sulla sua opera a Tonj, intitolato “Don’t Cry For Me Sudan”. Il documentario toccò il cuore di centinaia di migliaia di persone e contribuì a far conoscere la figura di don John Lee e la sua missione in tutto il mondo.
Nel 2018 il ministro dell’Istruzione del Sudan del Sud, Deng Deng Hoc Yai, ha introdotto lo studio della vita di don John Lee nei libri di testo di studi sociali per le scuole elementari e in due pagine del libro di testo di cittadinanza per le scuole medie. È la prima volta che i libri di testo del Sudan del Sud includono la storia di uno straniero per il suo servizio di volontariato nel paese.
Il successo del film documentario “Don’t Cry for Me, Sudan” ha indotto i produttori a proseguire. Il 9 settembre 2020 il regista Soo-Hwan Goo ha lanciato un nuovo documentario intitolato “Resurrection” che segue la storia degli studenti di Lee un decennio dopo la sua morte e ne presenta circa settanta di loro, sia nella Repubblica del Sudan del Sud che in Etiopia.

John Lee Tae Seok è stato un esempio vivente di amore cristiano e solidarietà. La sua vita ci insegna che anche nelle circostanze più difficili, con fede e dedizione, possiamo fare la differenza nel mondo. I sogni di John per Tonj continuano a vivere grazie a coloro che, ispirati dalla sua figura, lavorano per costruire un futuro migliore per i più poveri e i più bisognosi.

Un salesiano di cui si parlerà ancora.




Un grande collaboratore di don Bosco: don Antonio Sala

Un personaggio di rilievo, ma praticamente sconosciuto, nella storia dei primi anni della Congregazione salesiana. Ha speso tutta la sua vita salesiana nell’ambito economico. Dinamico e intraprendente è stato un grande amministratore in senso moderno. Alla sua “visione” lungimirante e previdente si devono molte opere che sono un orgoglio attuale della Congregazione. Ma soprattutto intenso fu il suo amore per don Bosco.

Infanzia e giovinezza
Nacque il 29 gennaio 1836 nella Brianza lecchese, a Monticello di Olgiate Molgora, diocesi di Milano. Il padre Pietro ed il fratello, gestori di una filanda, avevano sposato due sorelle. Famiglie molto religiose entrambe con un figlio prete (il salesiano Antonio e il cugino Federico, teologo e futuro vescovo Ausiliare a Milano) e un figlio religioso: Ambrogio, fratello di Antonio, salesiano per alcuni anni e suor Maria Serafina, sorella di Federico, religiosa di clausura a Bergamo. Antonio, compiuti gli studi elementari, adolescente forte e robusto, si mise subito al lavoro nell’ambito familiare. Come animatore dell’oratorio parrocchiale dimostrava attitudini alla vita sacerdotale, con la sua capacità di attrarre i ragazzi, organizzarne i divertimenti, portarli alle funzioni di chiesa. Tornato dal servizio militare nell’esercito austro­ungarico, assunse responsabilità nella gestione dell’azienda familiare, dove rivelò eccellenti doti amministrative e grande senso pratico. Morta la mamma, il giovane Antonio maturò il desiderio di diventare sacerdote. Se ne fece interprete il parroco don Nava che all’inizio del 1863 scrisse a don Bosco, magnificando le doti di natura e di grazia del giovane e chiedendogli di accoglierlo a Valdocco. Alla risposta immediatamente positiva di don Bosco, don Nava lo ringraziò e gli assicurò che il ventiseienne Antonio, riconoscentissimo, sarebbe arrivato a Valdocco quanto prima. Il generosissimo parroco si impegnò a pagare in anticipo per cinque anni non solo la “troppo modica” pensione richiesta da don Bosco, ma in caso di morte dava in garanzia mobili, posate d’argento e oggetti di valore in suo possesso.

Studente-lavoratore e sacerdote-educatore
Arrivato a Torino il 5 marzo 1863 il Sala iniziò gli studi ginnasiali. A Valdocco si trovò a suo agio, e come “figlio di Maria” non solo recuperò gli anni scolastici persi, ma, disinvolto nel tratto e pratico di affari commerciali, nei tempi liberi aiutava il malaticcio economo don Alasonatti, dava una mano ai provveditori della casa, andava lui stesso al mercato ed assisteva ai primi lavori della costruzione della chiesa di Maria Ausiliatrice. L’esperienza gli sarebbe servita per le varie chiese e costruzioni salesiane che avrebbe seguito personalmente nei decenni successivi.
Il 22 maggio 1869 don Sala era sacerdote, ormai da quattro anni presente nella casa di Lanzo.

Economo a Valdocco (1869-1880)
Prima ancora della fine dell’anno scolastico, il 3 luglio 1869 don Bosco gli chiese, riservatamente, se era disponibile a trasferirsi per qualche tempo a Valdocco perché vi era assoluto bisogno di un economo della casa in quanto l’economo generale don Savio era sovra occupato. Don Sala accettò, scese a Valdocco. Vi sarebbe rimasto per 26 anni, fino alla morte.
Colà poté approfondire i suoi affrettati studi teologici frequentando per tre anni al Convitto le lezioni di morale: gli sarebbero state utilissime nel ministero pastorale che avrebbe svolto per tanti anni come confessore ordinario nella chiesa di Maria Ausiliatrice, cappellano dell’Istituto del Buon Pastore, confessore straordinario del collegio degli Artigianelli, e successivamente anche assistente spirituale dei laboratori femminili di S. Giuseppe al rifugio Barolo.
Nella seduta del Consiglio Superiore dell’11 dicembre 1869 don Savio venne confermato economo generale, ma parecchi voti li ebbe pure don Sala, che nel gennaio successivo, nel Capitolo dell’Oratorio venne formalmente eletto economo. Avrebbe svolto una formidabile attività economico­amministrativa all’interno della mega opera di Valdocco, con varie centinaia di giovani, suddivisi fra studenti, artigiani, oratoriani, chierici, con tanto di aule, cortili, laboratori, refettori, camerate, sale, chiesa di Maria Ausiliatrice, cappelle; vi si aggiungano lotterie, costruzioni, manutenzione generale, problemi fiscali, notarili… Non gli mancarono momenti difficili, tant’è che il 27 gennaio 1870 don Bosco da Firenze invitò don Rua a fargli coraggio.
Nel gennaio 1873, avviata una piccola lotteria con primo premio una preziosa copia della Madonna di Foligno di Raffaello, don Bosco gli affidò lo smercio dei biglietti, previsto soprattutto in Lombardia. Don Sala percorse particolarmente le province di Milano, Como e Varese, dove poteva offrire cartelline di beneficienza alle più cospicue famiglie, che in qualche modo sentiva a lui vicine e che forse erano già in contatto con don Bosco. Smerciò molti biglietti, ma molti altri gli vennero restituiti, per cui andò a cercare altri benefattori fino a Roma. Salesiano della prima ora, don Sala svolse molti altri umili servizi, compresi la classica assistenza in cortile e nei laboratori e qualche insegnamento ai giovani coadiutori. Nel 1876 a Roma si occupò di alloggiare tanto i salesiani destinati alle nuove fondazioni di Albano, Ariccia e Magliano quanto i missionari venuti a ricevere il mandato dal Papa. Il 17 dicembre 1876 per la prima volta partecipò alle sedute del Consiglio Superiore: lo avrebbe fatto per quasi 20 anni. Nel 1878 fece sopralluoghi a Mornese e Chieri per provvedere ai necessari lavori di adattamento delle case delle FMA. In ottobre fece lo stesso per i salesiani di Randazzo in Sicilia e poi di Este e Mogliano Veneto. Così altre volte per oltre quindici anni. Don Bosco si fidò di lui e lui ne ricambiò la fiducia fino sul letto di morte, anzi ancora dopo, come vedremo.

Il Capitolo Generale del 1880 elesse don Sala Economo Generale, che però per altri tre anni rimase anche Economo di Valdocco. Si mise subito al lavoro.
Nell’aprile 1881 fece riprendere in Roma i lavori della chiesa del S. Cuore e dell’abitazione dei salesiani. Poi si interessò del nuovo fabbricato di Mogliano Veneto e prese in esame il progetto di un’ampia ristrutturazione della casa di La Navarra (Francia). Ai primi di aprile dell’anno successivo era di nuovo a Mestre per trattare con la benefattrice Astori e per fare un sopraluogo all’erigenda colonia agricola di Mogliano; in novembre vi accompagnò i primi quattro salesiani. L’8 luglio 1883 sottoscrisse il capitolato dei lavori di costruzione dell’Ospizio di S. Giovanni Evangelista in Torino ed in autunno fece rimettere in ordine gli ambienti della tipografia di Valdocco, ivi compreso l’ufficio del direttore, lo abbellì con tendine alle finestre, “meritandosi” un benevolo rimprovero di don Bosco per tali “raffinatezze di troppo”. A metà gennaio 1884 per l’Esposizione Nazionale della Scienza e della Tecnica in Torino si decise di installarvi la complessa macchina (acquistata per la cartiera salesiana di Mathi), che, partendo dagli stracci, sfornava libri rilegati. Duro fu il compito di don Sala perché a farla funzionare fossero allievi salesiani adeguatamente preparati. Fu un successo strepitoso di pubblico e don Bosco si permise di rifiutare un premio che non fosse il primo assoluto. Poco dopo don Sala si recò a Roma per accelerare i lavori del S. Cuore onde ad inizio maggio don Bosco potesse porre la prima pietra dell’Ospizio, assieme al conte Colle (che avrebbe portato con sé un’offerta di ben 50 000 lire).
Ovviamente don Sala partecipava alle sedute del Consiglio Generale per dare il suo illuminato parere soprattutto sulle materie di suo interesse: accettazione di opere, fondazione di una casa a Parigi, capitolato di quella di Lucca, sostituzione di un vecchio forno con uno nuovo proveniente da Vienna ad un prezzo di favore, adozione di una “foresteria” per il personale femminile di Valdocco, preventivi di spese di illuminazione delle case di Vienna, Nizza Marittima e Milano. Il 12 settembre presentò l’abbozzo dello stemma ufficiale della Congregazione Salesiana che, discusso e corretto, fu approvato dal Consiglio. Nella stessa seduta venne incaricato di risolvere il contenzioso del terreno di Chieri e della striscia di terreno comunale di Torino utilizzata per la chiesa di Maria Ausiliatrice, ma già compensata con permuta. Seguirono numerosissime sedute in settembre ed ottobre con presenza saltuaria di don Sala. Il 9 dicembre trattò dei problemi economici di varie case, fra cui quella di Sampierdarena, Napoli, Schio.

Il triennio 1885-1887
Per tutto l’anno seguente (1885) si interessò di quella di Faenza per la quale “si meritò” un altro paterno rimprovero di don Bosco per eccessiva spesa nelle fondamenta. In aprile assistette ad una perizia eseguita al Collegio di Lanzo su ordine del Tribunale Civile di Torino. Il 22 giugno presentò e fece approvare il disegno di innalzare di un piano la casa delle FMA a Nizza. Per l’erigenda casa di Trento si assicurò la disponibilità di adeguate risorse economiche locali, fiducioso della collaborazione del Municipio, ma messo sull’attenti da don Bosco che, sempre vigile, gli faceva presente che spesso “i Municipi promettono e non attendono”. Il 20 settembre 1885 don Sala riferì al Consiglio del terreno per il camposanto dei salesiani acquistabile a 14 000 lire. Venne autorizzato a cercare di abbassare il prezzo ed a realizzare il progetto presentato.
Seguirono altri due anni di sedute di Consiglio Generale, di viaggi per aiutare le case in difficoltà per problemi edilizi, amministrativi, economici. Intanto era stato rieletto Economo Generale (settembre 1886; sarebbe stato rieletto ancora sei anni dopo) e si preparava a predisporre tutto per la solenne consacrazione della chiesa del S. Cuore di Roma (14 maggio). Colà pochi mesi dopo, su espresso invito del papa, si nominò un nuovo Procuratore ed un nuovo Parroco in sostituzione di don F. Dalmazzo, e don Sala ebbe mille grattacapi per sbrogliare la matassa intricata di un’insostenibile situazione economico-finanziaria.

Accanto a don Bosco morente (gennaio 1888)
Richiamato d’urgenza da Roma il 30 dicembre, la mattina di capodanno era già al capezzale di don Bosco. Per tutto il mese si alternò con il giovane segretario Viglietti nell’assistere l’ammalato.
Morto don Bosco il 31 gennaio, la sera stessa il Consiglio Generale “promette al Signore che se la Madonna ci fa la grazia di poter seppellire don Bosco sotto la chiesa di Maria Ausiliatrice o almeno nella nostra casa di Valsalice avrebbe di quest’anno o almeno al più presto possibile incominciati i lavori per la decorazione della sua chiesa”. La richiesta formale avanzata da don Sala alle autorità cittadine è respinta. Si ricorre allora a Roma ed il Presidente del Consiglio F. Crispi, memore dell’aiuto datogli da don Bosco quando era esule a Torino, concede la tumulazione fuori città, nel collegio salesiano di Valsalice. Nel frattempo la salma di don Bosco si trova nei pressi della camera di don Sala. Il 4 febbraio sera viene trasportato a Valsalice. Nel piccolissimo corteo che sale la collina don Sala piange: ha perso la persona più cara che aveva ancora sulla terra. Per altri sei anni però avrebbe continuato a svolgere con grande competenza l’arduo settore di lavoro che per primo gli aveva affidato don Bosco. Il 21 maggio 1895 lo avrebbe raggiunto in cielo, stroncato da un attacco cardiaco.




Don José Luis Carreño Etxeandía. Un salesiano con il Cuore di Gesù

            Don Jose Luis Carreño è stato descritto dallo storico Joseph Thekkedath come “il salesiano più amato dell’India meridionale” della prima parte del XX secolo. In ogni luogo in cui ha vissuto – che si tratti dell’India, delle Filippine o della Spagna – troviamo salesiani che custodiscono i loro ricordi di lui. Stranamente, però, non abbiamo ancora una buona biografia di questo grande salesiano. Speriamo di poter rimediare presto. Don Carreño è stato uno degli architetti della regione dell’Asia meridionale e non possiamo permetterci di dimenticarlo.
            Jose Luis Carreño Etxeandía nacque a Bilbao, in Spagna, il 23 ottobre 1905. Alla vigilia della sua ordinazione, nel 1932, si offrì volontario per le missioni estere e fu inviato in India, sbarcando a Mumbai nel 1933. Appena un anno dopo, quando fu istituita la provincia dell’India meridionale, fu nominato maestro dei novizi a Tirupattur: aveva appena 28 anni. Con le sue straordinarie qualità di mente e di cuore, divenne rapidamente l’anima della casa e lasciò una profonda impressione sui suoi novizi. “Eravamo conquistati dal suo cuore paterno”, scrive uno dei suoi novizi, l’arcivescovo Hubert D’Rosario. Padre Joseph Vaz, un altro novizio, raccontava spesso di come Carreño si fosse accorto che tremava durante una conferenza. “Aspetta un momento, hombre“, disse il maestro dei novizi e uscì. Poco dopo tornò con un maglione blu che consegnò a Joe. Joe notò che il maglione era stranamente caldo. Poi si ricordò che il maestro dei novizi aveva indossato qualcosa di blu sotto la tonaca, che ora non c’era più. Carreño gli aveva dato il suo maglione.
            Nel 1942, quando il governo britannico in India internò tutti gli stranieri che appartenevano a paesi in guerra con la Gran Bretagna, Carreño, appartenente a un paese neutrale, non fu disturbato. Nel 1943, ricevette dalla Radio Vaticana il messaggio che avrebbe preso il posto di Eligio Cinato, il provinciale della provincia meridionale, anch’egli internato. Allo stesso tempo, il vescovo Louis Mathias di Madras lo invitò a diventare suo vicario generale. Nel 1945 fu ufficialmente nominato provinciale, carica che esercitò dal 1945 al 1951. Uno dei suoi primi atti fu quello di consacrare l’Ispettoria al Sacro Cuore di Gesù. Molti salesiani erano convinti che la straordinaria crescita dell’Ispettoria meridionale fosse dovuta a questo atto. I centri salesiani raddoppiarono sotto la guida di don Carreño. Uno dei suoi atti di maggiore portata fu quello di avviare un college universitario nel remoto e povero villaggio di Tirupattur. Il Collegio del Sacro Cuore trasformò l’intero distretto.
            Carreño fu anche il principale responsabile dell'”indianizzazione” del volto dei Salesiani in India, ricercando immediatamente le vocazioni locali invece di affidarsi esclusivamente ai missionari. Fu una politica meravigliosamente provvidenziale: quando l’India indipendente decise di non concedere visti a nuovi missionari stranieri, i Salesiani non si fecero cogliere impreparati. “Se oggi i salesiani in India sono più di duemila, il merito di questa crescita va alle politiche avviate da don Carreño”, afferma don Thekkedath nella sua storia dei salesiani in India.
            Don Carreño, come abbiamo detto, non fu solo provinciale ma anche vicario di Mons. Mathias. Questi due grandi uomini che si ammiravano a vicenda erano anche molto diversi nel carattere. L’arcivescovo era a favore di misure disciplinari forti contro i confratelli che sbagliavano, mentre don Carreño sosteneva procedure più miti. Il visitatore straordinario, P. Fedrigotti, sembra essersi schierato dalla parte dell’arcivescovo, definendo P. Carreño “un eccellente religioso, un uomo con un grande cuore” ma “un po’ troppo poeta”. Alcuni altri hanno anche affermato che don Carreño era un cattivo amministratore, ma è interessante che un uomo come don Aurelio Maschio abbia negato con forza questa affermazione. Il fatto è che don Carreño era un innovatore e un visionario. Alcune delle sue idee – come quella di portare volontari non salesiani a prestare servizio per alcuni anni, ad esempio – erano disapprovate all’epoca, ma oggi vengono promosse attivamente.
            Nel 1952, dopo aver terminato il suo mandato come provinciale, don Carreño fu assegnato a Goa, dove rimase fino al 1960. “Goa fu amore a prima vista”, scrisse in Warp in the Loom. Goa, a sua volta, lo accolse nel suo cuore. A quei tempi i salesiani servivano come direttori spirituali e confessori del seminario diocesano e del clero, e don Carreño fu persino patrono dell’associazione locale di scrittori Konkani. I primi salesiani di Goa, come Thomas Fernandes, Elias Diaz e il defunto Romulo Noronha, raccontavano con le lacrime agli occhi come don Carreño e altri si recassero all’ospedale del Goa Medical College, situato nelle vicinanze, per donare il sangue e comprare cibo e altre cose per i ragazzi.
            Nel 1962, Padre Carreño fu trasferito ancora una volta, questa volta nelle Filippine, come Rettore e Direttore dei Novizi a Canlubang. Nel 1967 – a causa delle differenze tra i missionari provenienti dalla Cina e quelli provenienti dall’India – fu rimandato in Spagna. Ma nelle Filippine come in India, i suoi novizi non possono fare a meno di ricordare quest’uomo straordinario e l’impressione che ha lasciato in loro. In Spagna fondò una “Casa dei Missionari” e continuò il suo apostolato della penna. Ha lasciato più di 30 libri, oltre a inni come il bellissimo “Cor Iesu sacratissimum” e canzoni più popolari come “Kotagiri sulla montagna”.
            Padre Jose Luis Carreño morì nel 1986 a Pamplona, in Spagna, all’età di 81 anni. Nonostante gli alti e bassi della sua vita, questo grande amante del Sacro Cuore di Gesù poté dire, in occasione del giubileo d’oro della sua ordinazione sacerdotale: “Se cinquant’anni fa il mio motto di giovane sacerdote era ‘Cristo è tutto’, oggi, vecchio e sopraffatto dal suo amore, lo scriverei in oro massiccio, perché in realtà CRISTO È TUTTO”.

don Ivo Coelho, sdb
Consigliere per la Formazione




In memoriam. Don Sergio DALL’ANTONIA, sdb

Don Sergio Dall’Antonia, missionario salesiano e fondatore della presenza salesiana in Romania, ha finito il suo pellegrinaggio terreno a Bacau, Romania, il 21.02.2023, a 83 anni.

Sergio Dall’Antonia era nato a Pieve di Soligo (Treviso, Italia), l’11 aprile 1939. I suoi genitori furono Sonia e Angelo Lombardi. La famiglia comprendeva un fratello maggiore, Francesco, e una sorellina, Mariella, che morirà a un anno di età. Fu battezzato il 14 di aprile, ricevendo i nomi Sergio e Livio. All’età di sette anni rimarrà orfano di madre.

Frequenta le scuole elementari in paese e le scuole medie nell’istituto salesiano Astori, di Mogliano Veneto, dove si era trasferita la famiglia. Grazie al contatto con i salesiani capisce la chiamata divina e al termine della quinta ginnasiale chiede di essere salesiano. Finirà il noviziato il 15 agosto 1954 sotto la guida del maestro don Vigilio Uguccioni, ad Albarè di Costermano, diventando salesiano a pieno titolo.

Dopo gli studi liceali e filosofici a Nave (1955-1958) e a Foglizzo (1958-1959) rientra in ispettoria per il tirocinio pratico, svolto a Tolmezzo (1959-1961) e poi a Pordenone (1961-1962), facendo la professione perpetua nel 13 di agosto del 1961.

Dopo gli studi teologici a Monteortone (1962-1966), conclusi con l’ordinazione presbiterale (02.04.1966) nel Santuario Mariano di Monteortone, i superiori lo segnalano come possibile futuro docente nello studentato, e per questo viene inviato a Roma, presso l’Università Pontificia Salesiana, per studiare la morale (1966-1970). Per problemi di salute, dopo gli studi di morale, torna alla casa di Pordenone (1970-1973) come catechista e insegnante. Comincia così a manifestare doti da buon organizzatore, artistiche, di animazione, che lo renderanno celebre.

La casa salesiana di San Luigi di Gorizia lo avrà per una quindicina d’anni (1973-1986): qui diventerà l’anima dell’Associazione Turismo Giovanile Salesiano Isontino. Organizza feste per i ragazzi e genitori, mostre d’arte, ma soprattutto si fa promotore delle celebri “Marcia dell’Amicizia”, in primavera, e “Pedalando in amicizia”, in autunno. Rimarranno nella memoria locale come le uniche manifestazioni che negli anni della Cortina di ferro permettevano di attraversare il confine con la Jugoslavia esibendo unicamente il tagliando dell’iscrizione alla manifestazione. Questi eventi si concludevano con un piatto caldo di pastasciutta offerto a tutti i partecipanti, italiani e jugoslavi, dalle cucine da campo dell’Esercito, ospitate nei cortili del San Luigi.

Per un altro decennio torna a Pordenone (1986-1996), lavorando sempre nel campo della scuola, fino quando il Signore – attraverso i superiori – gli chiede di andare in Romania per aprire una presenza salesiana. Non è stato facile a 57 anni trasferirsi in un paese sconosciuto, ex-comunista, di maggioranza ortodossa e imparare una lingua che non gli servirà ad altro che comunicare l’amore di Dio ai giovani. Però, grazie alla sua disponibilità (che lo caratterizzò tutta la vita) parte e diventa così fondatore di due case salesiane: prima a Constanța (1996-2001) e poi a Bacău, dove rimarrà fino alla fine del suo pellegrinaggio terreno.

I ricordi di quelli che lo hanno conosciuto lo descrivono come una persona che parlava poco ma faceva tanto, essendo grande e instancabile lavoratore. Sempre in mezzo ai ragazzi, li intratteneva con intelligente fantasia e creatività. Nell’annuncio del messaggio cristiano era entrato con animo giovanile anche nel mondo di Internet animando ben quattro blog, tirando fuori dal suo repertorio per i giovani “cose vecchie e cose nuove”.

Uomo di fedelissima orazione, pregava la Liturgia delle Ore interamente davanti al tabernacolo e amava meditare il rosario con i confratelli disponibili ogni sera, dopo la cena. Era gran devoto non solo della Santissima Eucaristia, ma anche della Madonna. Dava prova della sua fede nelle visite ai vicini santuari mariani e non mancava alle feste della Santissima Vergine. Era fedele nella sua confessione quindicinale e disponibile come confessore, apprezzato dai confratelli, dai religiosi della zona e dai fedeli.
Lascia il ricordo come di un patriarca, come il “don Bosco della Romania”.

La sua salda fede rimane riflessa anche nel suo testamento spirituale, che riportiamo in calce.

Gesù mio, perdonami! Che io ti ami per sempre!
In caso di morte, consento di prelevare dal mio corpo alcuni organi utili per la vita di altra persona, consenziente il mio Superiore diretto della casa salesiana a cui appartengo. Li cedo volentieri come umile segno della Carità di Cristo che si è fatto tutto a tutti per ricondurre tutti al Padre.
Chiedo perdono ai miei cari, ai confratelli e ai giovani del male fatto, dei cattivi esempi dati e del bene non fatto o trascurato. La Chiesa mi accolga nel suo perdono e nella sua preghiera di suffragio. Se qualcuno ritenesse di avermi in qualche modo offeso sappia che lo perdono di cuore e per sempre.
Gesù e Maria siano i miei dolci amici per sempre. Essi mi accompagnino per mano al Padre nello Spirito Santo, ottenendomi misericordia e perdono. Dal Cielo, ove spero di giungere per l’Infinita Misericordia di Dio, vi amerò per sempre, pregherò per voi e chiederò ogni benedizione per voi dal Cielo.
don Sergio Dall’Antonia

L’eterno riposo dona a lui, o Signore, e splenda a lui la luce perpetua. Riposi in pace!

Riportiamo sottostante ultimo suo video pubblicato.






In memoriam. Don Davide FACCHINELLO, sdb

Una vita spesa per gli altri. Don Davide FACCHINELLO, sdb

            Nato nella millenaria città di Treviso il 21 maggio 1974, è stato battezzato nella chiesa parrocchiale di Loria (Treviso) dove risiedeva la sua famiglia. Frequenta la scuola dell’obbligo nei suoi luoghi natali e continua da interno il biennio della scuola grafica dell’Istituto San Giorgio di Venezia dove conosce i salesiani. Inizia un’esperienza nella Comunità Proposta salesiana di Mogliano Veneto, continuando gli studi grafici a Noventa Padovana da dove riceve i suoi titoli di studio. Questa esperienza lo porta a conoscere le attività dell’oratorio parrocchiale di Mogliano, l’animazione estiva, i gruppi formativi, che diventeranno catalizzatori per la sua risposta ad una chiamata divina, entrando in noviziato nel 1993. La sua prima destinazione pastorale fu nella casa di Mogliano Veneto Astori con l’incarico di catechista della scuola media, dove fino al 2011. Di seguito riceve una nuova destinazione nella casa di Este con i compiti di vicario in comunità e di animatore pastorale tra gli allievi del Centro di Formazione Professionale. Nel suo cuore nasce il desiderio di svolgere un’esperienza pastorale in terra di missione e si mette alla disposizione delle necessità della Congregazione Salesiana a questo scopo. Come i superiori gli indicano come destinazione il Perù, subito comincia a studiare la lingua spagnola, lingua che continua ad approfondire nella realtà della missione, nello stesso tempo che si inserisce nella cultura locale.

            Dal suo arrivo a Perù nel 2017, dopo un periodo di accomodamento, è stato inviato alla comunità missionaria di Monte Salvado, nella regione di Cusco. Lì ha iniziato come vicario parrocchiale della Parrocchia Maria Ausiliatrice di Quebrada Honda, nella Valle di Yanatile, nella selva alta, dove i salesiani accompagniamo le missioni andine. Dopo quasi due anni è stato nominato parroco della stessa il 12 aprile 2019.

            Appena arrivato, si è dedicato a conoscere le persone e mettersi al loro servizio pastorale, essendo fedele alle indicazioni dell’Arcidiocesi di Cusco e in collaborazione don la comunità locale. Essendo una parrocchia missionaria, ha voluto e ha visitato periodicamente tutte le settantatré comunità, si è recato nei villaggi più remoti e ha raggiunto le case più umili e lontane di una vasta regione. Desideroso di avvicinarsi ancora di più alle anime che serviva, si era messo a imparare la lingua quechua.

            Ha avviato progetti di assistenza e promozione, come la mensa parrocchiale e un programma completo di assistenza psicologica, e, da buon salesiano, ha dato impulso a molti oratori nei vari villaggi. Ha sviluppato intensamente il rinnovamento della catechesi sulla linea dell’Iniziazione alla Vita Cristiana, in profonda sintonia con il Progetto Educativo-Pastorale dell’Ispettoria. Il suo impegno nella Chiesa locale era così grande che fu nominato dall’Arcivescovo di Cuzco decano della regione. Tra le testimonianze del popolo, spicca la particolare cura che egli ebbe per alcune persone (i più poveri tra i poveri) che David accompagnò e promosse in modo speciale e molto discreto.

            Le testimonianze ricevute, confermano che era gentile e attento ai fratelli della comunità, un religioso esemplare e un apostolo laborioso e impegnato. Fin dal primo momento ha conquistato il cuore di tutti con la sua gentilezza e la sua serena allegria; ha saputo conquistare la stima e la fiducia delle persone: compagni, collaboratori, parrocchiani e giovani, grazie al suo ottimismo, buon senso, prudenza e disponibilità.

            Oltre a tutto questo lavoro apostolico, Davide era un fratello molto amato: amava stare nella comunità salesiana, i fratelli apprezzavano il suo buon umore e la sua capacità di creare legami stretti.

            I giovani di Monte Salvado (la scuola per i giovani della giungla che frequentano la comunità missionaria salesiana) gli volevano molto bene, apprezzavano il fatto che fosse felice di passare del tempo con loro durante la pausa e rimanevano colpiti dal suo entusiasmo quando insegnava la catechesi: era un vero sacramento della presenza.

            Il suo percorso terreno finisce là: dopo aver condiviso con la comunità parrocchiale la festa della Madre Ausiliatrice nel 24 maggio 2022, nel viaggio di ritorno, parte per il cielo da un incidente stradale successo intorno alla mezzanotte. L’ultima sua celebrazione alla Madonna lo accompagni nel Paradiso.

            Due tratti fondamentali che Don Bosco avevo visto in San Francesco di Sales – carità apostolica e amorevolezza – sono quelli cha ha incarnato di più. È quasi un riflesso di quello che diceva un suo compaesano, don Antonio Cojazzi: “Faccia allegra, cuore in mano, ecco fatto il salesiano”.

            Speriamo che dal Cielo, ci ottenga molte e sante vocazioni per accompagnare i giovani nel loro cammino terreno. Intanto, preghiamo per lui.

            L’eterno riposo dona a lui, o Signore, e splenda a lui la luce perpetua. Riposi in pace.


Video commemorativo