Don Bosco International

Don Bosco International (DBI) è un’organizzazione non governativa con sede a Bruxelles, rappresenta i Salesiani di Don Bosco presso le istituzioni dell’Unione Europea, con focus su difesa dei diritti dei minori, sviluppo dei giovani e istruzione. Fondata nel 2014, DBI collabora con vari partner europei per favorire politiche sociali e educative inclusive, prestando attenzione ai soggetti vulnerabili. L’organizzazione promuove la partecipazione giovanile nella definizione delle politiche, valorizzando l’importanza dell’educazione informale. Attraverso attività di networking e advocacy, DBI mira a creare sinergie con le istituzioni europee, le organizzazioni della società civile e le reti salesiane a livello globale. I valori guida sono la solidarietà, la formazione integrale dei giovani e il dialogo interculturale. DBI organizza seminari, conferenze e progetti europei volti a garantire una maggiore presenza dei giovani nei processi decisionali, favorendo un contesto inclusivo che li sostenga nel percorso di crescita, autonomia e sviluppo spirituale, attraverso scambi culturali e formativi. La segretaria esecutiva, Sara Sechi, ci spiega l’attività di questa istituzione.

L’advocacy come atto di responsabilità per e con i nostri giovani
            Il Don Bosco International (DBI) è l’organizzazione che cura la rappresentanza istituzionale dei Salesiani di Don Bosco presso le istituzioni europee e le organizzazioni della società civile che ruotano intorno ad esse. La missione del DBI è incentrata sull’advocacy, traducibile in “incidenza politica”, quindi tutte quelle azioni mirate ad influenzare un processo decisionale-legislativo, nel nostro caso quello europeo. L’ufficio del DBI è basato a Bruxelles e viene ospitato dalla comunità salesiana di Woluwe-Saint-Lambert (Ispettoria FRB). Il lavoro nella capitale europea è dinamico e stimolante, ma la vicinanza della comunità ci permette di mantenere vivo il carisma salesiano nella nostra missione, evitando di restare intrappolati nella così detta “bolla europea”, quel mondo di relazioni e dinamiche ‘privilegiate’ spesso distanti dalle nostre realtà.
            L’azione del DBI segue due direzioni: da un lato, avvicinare la missione educativa-pastorale Salesiana alle istituzioni attraverso la condivisione di buone pratiche, istanze dei giovani, progetti e relativi risultati, creando degli spazi di dialogo e partecipazione per coloro che tradizionalmente non li avrebbero; dall’altro, portare la dimensione europea all’interno della Congregazione tramite il monitoraggio e l’informazione sui processi in atto e le nuove iniziative, la facilitazione di nuovi contatti con rappresentati istituzionali, ONG ed organizzazioni confessionali che possano dar vita a nuove collaborazioni.
            Una domanda che nasce spesso spontanea è come il DBI riesca a creare concretamente un’incidenza politica. Nelle azioni di advocacy è fondamentale il lavoro in rete con altre organizzazioni o entità che condividano principi, valori ed obiettivi. A tal proposito, il DBI garantisce una presenza attiva in alleanze, formali e informali, di ONG o attori confessionali che lavorano insieme su tematiche care alla missione di Don Bosco: la lotta alla povertà e l’inclusione sociale, la difesa dei diritti dei giovani, soprattutto quelli in situazione di vulnerabilità, e lo sviluppo umano integrale. Tutte le volte che una delegazione salesiana visita Bruxelles, facilitiamo per loro gli incontri con i Membri del Parlamento Europeo, i funzionari della Commissione, i corpi diplomatici, inclusa la Nunziatura Apostolica presso l’Unione Europea, ed altri attori di interesse. Spesso riusciamo ad incontrare i gruppi di giovani e studenti delle scuole salesiane che visitano la città, organizzando per loro un momento di dialogo con altre organizzazioni giovanili.
            Il DBI è un servizio che la Congregazione offre per dare visibilità alle proprie opere e portare nei fori istituzionali la voce di chi, altrimenti, non verrebbe ascoltato. La Congregazione Salesiana ha un potenziale di advocacy non totalmente espresso. La presenza in 137 Paesi a tutela dei giovani a rischio di povertà ed esclusione sociale rappresenta una rete educativa e sociale sulla quale poche organizzazioni possono contare; tuttavia, si fatica ancora a presentare strategicamente i buoni risultati ai tavoli decisionali, dove si delineano politiche e investimenti, soprattutto a livello internazionale. Per tale ragione, garantire un costante dialogo con le istituzioni, rappresenta allo stesso tempo un’opportunità ed un atto di responsabilità. Un’opportunità perché nel lungo periodo la visibilità facilita contatti, nuovi partenariati, finanziamenti per i progetti e la sostenibilità delle opere. Una responsabilità perché, non potendo restare in silenzio davanti alla difficoltà affrontate dai nostri ragazzi e ragazze nel mondo di oggi, l’incidenza politica è la testimonianza attiva di quell’impegno civico che spesso cerchiamo di generare nei giovani.
            Garantendo diritti e dignità per i ragazzi, Don Bosco è stato il primo attore di incidenza politica della Congregazione, per esempio attraverso la firma del primo contratto di apprendistato italiano. L’Advocacy rappresenta un elemento intrinseco della missione salesiana. Ai Salesiani non mancano l’esperienza, né le storie di successo, né le alternative concrete e innovative per affrontare le sfide attuali, ma spesso una coesione che permetta un lavoro in rete coordinato ed una comunicazione chiara e condivisa. Dando voce alle testimonianze autentiche dei giovani possiamo trasformare le sfide in opportunità, creando un impatto duraturo nella società che dia speranza per il futuro.

Sara Sechi
Don Bosco International – DBI, Bruxelles

Sara Sechi, Segretaria Esecutiva del DBI è presente a Bruxelles da due anni e mezzo. È figlia della generazione Erasmus+, che insieme ad altri programmi europei gli hanno garantito esperienze di vita e formazione altrimenti negate. È molto grata a Don Bosco e la Congregazione Salesiana, dove ha trovato meritocrazia, crescita ed una seconda famiglia. E noi gli auguriamo un buon e proficuo lavoro per la causa dei giovani.




La presenza salesiana in Etiopia ed Eritrea

La missione salesiana in Etiopia ed Eritrea ebbe inizio nel 1975, quando i primi tre salesiani — don Patrick Morrin dall’Irlanda, don Joseph Reza dagli Stati Uniti e don Cesare Bullo dall’Italia — giunsero a Mekele, nel Tigray, in Etiopia. Sotto la guida della Provincia del Medio Oriente (MOR), risposero alla chiamata della Congregazione per esplorare nuove frontiere. Successivamente, nel 1982, altri missionari dell’Ispettoria Italia-Lombardo-Emiliana (ILE) arrivarono a Dilla nell’ambito del Progetto Africa. La presenza salesiana in Eritrea prese avvio a Dekemhare nel 1995. Nel 1998, le comunità delle due ispettorie si unirono per formare la Vice-Provincia “Mariam Kidane Meheret” (AET).

Nell’ottobre 2025 celebreremo il nostro Giubileo d’Oro, segnando 50 anni di presenza salesiana. Sarà un momento per ringraziare e lodare il Signore, ricordando ed esprimendo gratitudine a coloro che hanno reso il carisma salesiano una realtà per i giovani di Etiopia ed Eritrea. Un ringraziamento speciale va a tutti i missionari e benefattori: che Dio vi benedica abbondantemente.

Quando Dio desidera benedire il suo popolo, si serve di altre persone. Quando ha voluto benedire tutte le nazioni, ha chiamato Abramo: “Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce” (Genesi 22,18). Quando ha voluto liberare il suo popolo dalla schiavitù, ha chiamato Mosè (Esodo 3). Quando ha voluto ricordare al suo popolo il suo amore, ha chiamato i profeti. E, nel nostro tempo, Dio ha parlato attraverso suo Figlio: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.” (Ebrei 1,1-2). Il suo amore ci è stato rivelato attraverso l’incarnazione della Seconda Persona della Santissima Trinità: il Verbo di Dio si è fatto carne (cfr. Giovanni 1,14) per mostrarci quanto ci ama: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Giovanni 3,16).

Quando Dio ha voluto benedire i giovani etiopi ed eritrei attraverso il carisma salesiano, ha ispirato il defunto Vescovo dell’Eparchia di Adigrat, Sua Eccellenza Abune Hailemariam Kahsay. Egli chiese che i Salesiani venissero nella sua eparchia per offrire un’educazione integrale ai giovani. Quando diciamo “sì” al Signore e collaboriamo con Lui per benedire il suo popolo, dobbiamo essere coerenti, perseveranti e impegnati a comprendere il suo piano e i suoi tempi, oltre a dare il nostro contributo.
Poiché la risposta dei Salesiani tardava ad arrivare, il vescovo Hailemariam chiese a tre dei suoi sacerdoti che studiavano in Italia di diventare salesiani, dando così inizio alla presenza salesiana in Etiopia. Uno di questi sacerdoti, Abba Sebhatleab Worku, dopo essere diventato salesiano e mentre insegnava filosofia in Libano durante la sua formazione iniziale, fu nominato vescovo dell’eparchia di Adigrat, succedendo ad Abune Hailemariam Kahsay. Come dice la Parola di Dio: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Giovanni 12,24). Il frutto non giunse mentre Abune Hailemariam era in vita, ma il seme che aveva seminato portò frutto dopo la sua morte. Abba Sebhatleab Worku emise la sua professione perpetua prima di essere consacrato vescovo e poté accogliere i primi salesiani il 17 ottobre 1975 a Mekele. Da allora, la presenza salesiana si è diffusa in diverse parti dell’Etiopia — Adigrat, Adwa, Shire, Dilla, Soddo, Adamitullu, Zway, Debrezeit, Addis Abeba, Gambella — e in Eritrea — Dekemhare, Asmara e Barentu.

Attualmente, le nostre presenze sono sedici: tredici comunità in Etiopia e tre in Eritrea. In Etiopia gestiamo sei istituti tecnici, otto scuole primarie, cinque scuole secondarie, tredici oratori/centri giovanili, una casa per minori a rischio, cinque parrocchie e tre aspirantati, oltre a case di formazione per novizi e post-novizi.

Geograficamente, l’Etiopia si trova nell’Africa orientale, nel Corno d’Africa, confinando con Kenya, Somalia, Gibuti, Eritrea, Sudan e Sud Sudan. È uno dei Paesi più antichi, talvolta indicato come Regno Aksumita. Storicamente, nonostante i progressi, la mancanza di continuità e i conflitti ricorrenti hanno portato alla distruzione delle conquiste del passato e a ripetuti tentativi di ricominciare da capo, piuttosto che costruire sulle fondamenta esistenti. Ciò ha contribuito a mantenere l’Etiopia tra i paesi meno sviluppati.

In cinquant’anni di presenza salesiana, abbiamo assistito a tre guerre sanguinose. Dal 1974 al 1991 — un periodo di diciassette anni — c’è stata una guerra civile per rovesciare il dittatore e instaurare un governo democratico. Dal 1998 al 2000, una guerra di due anni è stata combattuta con il pretesto di un conflitto di confine con l’Eritrea. Nel 2020 è scoppiato un conflitto tra il Governo federale e i suoi alleati e la Regione del Tigray; sebbene apparentemente sia terminato nel 2022 con l’Accordo di Pretoria, la guerra è proseguita tra il Governo federale e la Regione Amhara ed è tuttora in corso. Inoltre, i conflitti iniziati anni fa nella regione di Oromia — una delle regioni più grandi dell’Etiopia — continuano a persistere.

La guerra consuma immense risorse umane e materiali, distrugge le infrastrutture e le relazioni umane, ostacola gli investimenti e il turismo. Siamo testimoni di questi effetti nei nostri paesi e in molte parti del mondo.

Come salesiani, crediamo che l’unica via d’uscita da conflitti, guerre, povertà e mancanza di pace sia l’educazione. Nonostante guerre e conflitti, abbiamo continuato a fornire istruzione ai giovani poveri, aiutandoli a costruire il loro futuro e a vivere in armonia. Praticando il sistema preventivo salesiano — essere presenti tra i giovani, mostrare interesse per la loro vita, essere pronti ad ascoltare e dialogare con loro, trasmettere valori religiosi, essere ragionevoli e agire sempre con amore — facilitiamo la loro educazione.

Nel corso del nostro cammino cinquantennale, abbiamo affrontato sfide politiche (mancanza di stabilità e guerre), nonché difficoltà sociali ed economiche. Oggi le sfide principali sono l’instabilità politica e le risorse, sia umane (vocazioni) che finanziarie. Seguendo le direttive dei Capitoli Generali, puntiamo a lavorare insieme ai laici; sebbene abbiamo fatto progressi, c’è ancora molta strada da fare. La collaborazione con la Famiglia Salesiana è un’altra sfida da affrontare. Siamo profondamente grati alle Ispettorie che hanno contribuito alla fondazione e alla crescita della presenza salesiana in Etiopia ed Eritrea.

Siamo ancora in una situazione di emergenza a causa della guerra e dell’instabilità in corso, con molti sfollati interni nei campi e nelle scuole — molte scuole governative non forniscono istruzione agli studenti — nel Tigray. Le nostre scuole ospitano studenti tra gli sfollati interni e queste famiglie hanno ancora bisogno di cibo quotidiano. Interveniamo quando possiamo, grazie all’aiuto della rete Don Bosco e di altri benefattori. Gli studenti dipendono completamente da noi per tutto il materiale scolastico.

Per quanto riguarda la nostra vita religiosa, dobbiamo fare i conti con la mancanza di guide formative preparate. Sebbene continuino ad emergere vocazioni, la nostra capacità di occuparcene — soprattutto considerando i tempi che stiamo vivendo — richiede personale più qualificato.

I salesiani in Etiopia ed Eritrea sono 104, inclusi quelli in formazione iniziale. La maggior parte è costituita da vocazioni locali che già ricoprono incarichi di responsabilità, a dimostrazione del fatto che si è creata una solida base. La Vice-Provincia (AET) si sta concentrando su tre priorità principali: l’identità religiosa carismatica salesiana, la pastorale giovanile che coinvolge i laici e l’autosostenibilità.

Speriamo che, gradualmente, impareremo dalla nostra storia e ci impegneremo a vivere insieme in armonia, affinché la missione possa progredire senza ostacoli nel servizio ai giovani bisognosi. In questo modo, ci proponiamo di dare un contributo significativo all’educazione e alla crescita dei giovani, formando buoni credenti e onesti cittadini.

Insieme ai nostri benefattori e a tutti i collaboratori, ci impegniamo a continuare a camminare con i giovani, lavorando per una società migliore e una Chiesa più santa!

don Hailemariam MEDHIN, sdb
superiore della Visitatoria – AET




“Voglio essere utile al mio popolo”. Lezioni di vita in Africa missionaria

Nel 1995, 28 anni fa, ho lasciato la mia amata Argentina per l’Africa missionaria con lo stesso ideale di Zeffirino Namuncurà: diventare salesiano e sacerdote “utile al mio popolo” nella mia amata Africa.
Ed eccomi qui, seduto sotto un nobile e centenario albero africano, con 36 gradi di temperatura e il 70% di umidità, a riflettere sulla mia vita missionaria. Da qui contemplo la bellissima foresta pluviale dipinta in mille sfumature di verde infinito, traboccante di vita, piena di misteri e di mille domande in attesa di risposta. Un vero e proprio murales multicolore come la mia vita missionaria: tratteggiata in mille colori, dipinta con sfumature e toni diversi, benedetta da sfide e ricompense, da progetti e sogni, da pennellate di luce per sfumare i toni più scuri e difficili della missione.

I primi passi
I miei primi passi in Africa sono stati passi di scoperta e di riverenza. Mi sono detto: “L’Africa è ricca!” e, come un adolescente, me ne sono innamorato a prima vista… Mi sono innamorato della molteplicità dei suoi paesaggi e della sua esuberante geografia, della sua fauna e della sua flora, dei suoi mari e delle sue giungle, delle sue immense savane e dei suoi deserti. È ricca di risorse naturali: oro, diamanti, petrolio, uranio, legname, agricoltura e pesca. Ho capito subito che l’Africa non è povera, ma è gestita molto male. Mi sono innamorato delle sue culture, delle lingue, dei colori, degli odori e dei sapori. Sono stato catturato dai loro ritmi, dalla musica, dalla vibrazione dei timpani, dal suono dei loro strumenti musicali, dalle loro canzoni e dalle loro danze piene di vita. E soprattutto mi sono innamorato della sua gente e dei suoi giovani, perché questa è certamente la sua più grande ricchezza: i suoi bambini, i suoi giovani che rappresentano il presente e il futuro del continente della speranza.

Tentazione missionaria
Quando si è giovani, inesperti, e si arriva in terra di missione con mille aspettative e il cuore pieno di sogni, la prima tentazione è quella di pensare che si viene per “salvare”, che si è un “inviato”, chiamato a “cambiare il mondo”, a “trasformare”, a “insegnare”, a “evangelizzare”, a “guarire”. È lì che la vostra terra promessa vi insegna il valore dell’umiltà. E il tuo popolo ti insegna che, per essere missionario, devi farti piccolo come un bambino, devi nascere di nuovo: devi imparare a parlare nuove lingue, a capire nuovi e diversi costumi, a cambiare stili di vita, modi di pensare e di sentire. In missione si impara a tacere, a ricevere correzioni, ad accettare umiliazioni e a subire shock culturali. Il vero missionario disimpara per imparare di nuovo, fino ad arrivare alla scoperta più bella: è la tua gente, la tua gente che ti “educa”, ti “evangelizza”, ti “trasforma”, ti “guarisce”. Diventano il tuo “Kairos”, il tuo “tempo di Dio”, sono il “luogo teologico” in cui Dio si manifesta a te e finalmente ti “salva”.

Lezioni africane
Dall’emisfero meridionale, l’Africa ha molto da insegnare all’Occidente e al Nord, cristiani e “sviluppati”. Ecco alcune lezioni che ho imparato in Africa.

La prima lezione è “Ubuntu”: “Io sono, perché noi siamo”
Gli africani amano la famiglia, la comunità, lavorare e festeggiare insieme. Sono profondamente generosi e premurosi, sempre pronti a dare una mano a chiunque ne abbia bisogno. Sanno che l’individualista muore nell’isolamento. La saggezza africana lo conferma: “Se cammini da solo, vai più veloce, ma se cammini in gruppo, vai più lontano”. “Ci vogliono tre pietre per tenere la pentola sul fuoco”. “L’albero che è solo appassisce; l’albero che è nella foresta vive”. “Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”. E sulla stessa linea: “Ci vuole un intero villaggio per uccidere un cane rabbioso”. “Se due elefanti combattono, è l’erba a perdere”. La vita fraterna e la comunità mantengono in vita la famiglia, il clan e la tribù.

Il secondo è il rispetto per la vita e per gli anziani
Un figlio o una figlia sono sempre una benedizione del cielo, una gioia per tutta la famiglia, e mani per lavorare la terra e per il raccolto. La vita è un dono di Dio. Per questo si dice “dove c’è vita, c’è speranza” e “proteggendo il seme si protegge il raccolto”. E poiché l’aspettativa di vita è bassa, gli anziani sono apprezzati, amati e “curati”. Qui non ci sono case di cura o case di riposo. I nonni sono il patrimonio del villaggio. I bambini si siedono intorno agli anziani per ascoltare le storie ancestrali e la saggezza degli antenati. Ecco perché qui diciamo che “quando muore un anziano, è come se bruciasse una biblioteca” e “se dimentichi gli anziani, dimentichi la tua ombra”.

Il terzo riguarda la sofferenza e la resilienza
La saggezza africana dice che “il dolore è un ospite silenzioso” e afferma che “attraverso la sofferenza si acquisisce saggezza”. Ecco perché si dice che “la pazienza è la medicina per ogni dolore”. Trasformano gli ostacoli in opportunità. Non hanno paura del sacrificio o della morte. Per loro, perdere un raccolto, un bene materiale, una persona cara, è un’opportunità per ricominciare, per creare qualcosa di nuovo. Sanno che non si ottiene nulla senza sforzo e sacrificio; che l’unico modo per avere successo è entrare dalla porta stretta e benedicono Dio che dà e toglie allo stesso tempo.

Una quarta lezione riguarda la spiritualità e la preghiera
Gli africani sono “spirituali” per natura. Sono disposti a dare la vita per ciò in cui credono. Dio è onnipresente nella loro vita, nella loro storia, nei loro discorsi, nelle loro celebrazioni. Ogni attività inizia con una preghiera e finisce con una preghiera. Ecco perché i loro proverbi dicono: “Quando preghi, muovi i piedi”, “non guardare a Dio solo quando sei nei guai” e “dove c’è preghiera, c’è speranza”. Se non si prega, la vita diventa insipida e sterile. Pregano come se “tutto dipendesse da Dio, sapendo che alla fine tutto dipende da loro”, come direbbe un grande santo africano.

Nella mia vita missionaria, io sono missione
In tre decenni abbiamo costruito scuole e centri di formazione professionale, edificato chiese e santuari, cappelle e centri comunitari, fatto interventi di emergenza durante le guerre civili in Sierra Leone e Liberia, aperto case per i bambini soldato, aiutato gli orfani dell’Ebola, fornito assistenza ai bambini di strada o alle ragazze che si prostituiscono. Ma queste attività non si identificano con la missione. I frutti dell’attività missionaria si misurano in termini di trasformazione della vita. E in questo senso confesso di aver visto miracoli: ho visto bambini soldato ricostruire la loro vita, ho visto bambini di strada diventare avvocati all’università, li ho visti sorridere di nuovo e tornare a scuola, ho visto ragazze in prostituzione tornare dalle loro famiglie, imparare un mestiere e ricominciare.

Come dice papa Francesco, “non abbiamo una missione, o facciamo missione”. Noi siamo missione. Io sono la missione. La mia missione è essere il “sacramento dell’amore di Dio” per i più vulnerabili. Cioè, che loro, attraverso le mie mani, i miei occhi, le mie orecchie, le mie gambe, il mio cuore, possano sperimentare che Dio li ama follemente, che dà loro la vita, attraverso la mia vita donata a loro. Questo è ciò che significa per me essere missionario salesiano. Per questo sono missione quando mi inginocchio davanti all’Eucaristia chiedendo la loro salvezza; sono missione quando sono in cortile o in casa ad accompagnare i bambini, sono missione quando viaggio per raggiungere le zone più lontane e pericolose, sono missione quando celebro l’Eucaristia, ascolto le confessioni o battezzo. Sono missione quando mi siedo a leggere o a studiare pensando a loro. Sono in missione quando metto insieme un piano strategico con i miei fratelli e sorelle o scrivo un progetto per migliorare la qualità della vita della mia gente. Sono in missione quando costruisco una scuola o una cappella. Sono missione quando condivido la mia vita con voi che state leggendo.

Tutti siamo missionari per vocazione
Cari amici, con il battesimo siamo tutti chiamati a essere missionari, a essere missione. Non dobbiamo andare in Africa per essere missionari. La chiamata missionaria è una chiamata interiore a lasciare tutto, a dare tutto dove Dio ci ha piantato. Non per dare cose, ma per “darsi”, per “condividere” il mio tempo, i miei talenti, la mia fede, la mia professionalità, il mio amore, il mio servizio con i più vulnerabili. Se sentite questa chiamata, non rimandate. La carità di Cristo e l’urgenza del Regno vi chiamano.

don Jorge Mario CRISAFULLI, sdb, ispettore Africa Niger Niger




Asia Meridionale. Don Bosco tra i giovani

Vediamo cosa significa vivere oggi la missione di don Bosco verso i giovani, specialmente quelli che sono poveri di risorse in Asia Meridionale.

Il Signore disse chiaramente a don Bosco che doveva rivolgere la sua missione innanzitutto ai giovani, soprattutto a quelli più poveri. Questa missione verso i giovani, soprattutto quelli più poveri, divenne la ragione dell’esistenza della Congregazione Salesiana.

Come nostro padre don Bosco, ogni salesiano dice a Dio il giorno della sua professione religiosa: “Mi offro totalmente a Te. Mi impegno a dedicare tutte le mie forze a coloro ai quali mi manderai, specialmente ai giovani più poveri”. Ogni collaboratore salesiano è impegnato in questa stessa missione.

L’ultimo Capitolo Generale della Congregazione ha rinnovato la richiesta di dare priorità assoluta ai più poveri, abbandonati e indifesi.

Quando mi è stata offerta l’opportunità di scrivere un articolo per il Bollettino Salesiano, il mio pensiero è andato immediatamente a quello che considero uno dei maggiori interventi a favore dei giovani più poveri nella Regione dell’Asia Meridionale della Congregazione Salesiana, ossia la preparazione dei giovani poveri all’occupazione attraverso una formazione professionale a breve termine. Dopo il 28° Capitolo Generale, la Regione Asia Meridionale ha fatto una scelta per aiutare i giovani a eliminare la povertà dalle loro famiglie. Ma prima di approfondire questo, permettetemi di presentarvi la Regione Asia Meridionale della Congregazione Salesiana.

La Regione Asia Meridionale comprende tutte le opere salesiane in India, Sri Lanka, Bangladesh, Nepal, Kuwait ed Emirati Arabi. Ci sono 11 Ispettorie e 1 Visitatoria. Con oltre 3000 salesiani professi, la Regione Asia Meridionale rappresenta il 21,5% dei salesiani nel mondo; questi lavorano in 413 Case religiose salesiane, pari al 23,8% delle Case salesiane della Congregazione. L’età media dei confratelli è di 45 anni. È provvidenziale che così tanti salesiani lavorino nella regione che ha la più grande popolazione di giovani e di giovani poveri al mondo.

La Famiglia Salesiana nella Regione comprende, oltre ai salesiani, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1789), l’Associazione dei Salesiani Cooperatori (3652), la Confederazione Mondiale degli Exallievi (34091), l’Istituto Secolare dei Volontari di Don Bosco (15), le Suore Missionarie di Maria Ausiliatrice (915), l’Associazione di Maria Ausiliatrice (905), le Suore Catechiste di Maria Immacolata Ausiliatrice (748), I Discepoli – Istituto Secolare Don Bosco (317), le Suore di Maria Ausiliatrice (102) e le Suore della Visitazione di Don Bosco (109).

Le opere dei salesiani, in collaborazione con altri membri della Famiglia Salesiana e con altri religiosi e laici, raggiungono oltre 21.170.893 beneficiari. Una varietà di opere (istruzione tecnica formale e non formale, opere per i giovani a rischio [YaR, youth at risk], scuole, istruzione superiore, parrocchie, centri giovanili, oratori, lavoro sociale ecc.) sono rivolte al servizio dei beneficiari. Gli altri membri della Famiglia Salesiana hanno opere indipendenti che raggiungono molti altri.

Il mondo, sotto la guida delle Nazioni Unite, ha fissato l’obiettivo di “porre fine alla povertà in tutte le sue forme, ovunque” come primo degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Le opere salesiane raggiungono questi obiettivi in molti modi, ma un’opera di spicco tra queste è la formazione di competenze a breve termine offerta ai giovani poveri, che vengono poi aiutati a trovare un impiego e a guadagnarsi da vivere per essere i protagonisti che portano le loro famiglie fuori dalla povertà.

La Conferenza Ispettoriale Salesiana dell’Asia Meridionale (SPCSA) ha creato Don Bosco Tech (DBTech) come veicolo per coordinare gli sforzi di tutte le Ispettorie salesiane in quest’area di lavoro. Fondato nel 2006, il modello DBTech e il suo nome sono stati imitati in altre parti del mondo. In questi anni la rete (DBTech India) ha formato oltre 440.000 giovani. Il lavoro viene svolto attraverso le varie istituzioni salesiane, nonché attraverso un’ampia rete di collaborazione con altre Congregazioni diocesane e religiose e con un ampio pool di collaboratori laici altamente motivati, che si impegnano a lavorare per la parte più povera della gioventù.

Sebbene i risultati ottenuti nel corso degli anni a favore dei giovani più poveri siano stati grandi, vorrei sottolineare i risultati del 2022-2023 per apprezzare il lavoro di tutti i Salesiani e dei loro collaboratori per portare avanti il sogno di don Bosco di dedicarci ai giovani, soprattutto a quelli più poveri.

Ho scelto di presentarvi in particolare questo lavoro soprattutto perché ha raggiunto il risultato più grande e migliore per le famiglie più povere.

Qui abbiamo una rete con 26.243 studenti formati in un anno! Pochissime grandi istituzioni al mondo possono vantare così tanti studenti diplomati (20.121) in un anno. Anche fra queste, raramente i diplomati sarebbero così numerosi e provenienti dalle fasce più povere della società.

Di questi, circa 18.370 trovano un’occupazione al termine della loro formazione professionale (circa il 70% di quelli formati).

A tutti questi studenti sono stati offerti una formazione e un inserimento lavorativo totalmente gratuiti, senza addebiti. Questo risultato è stato ottenuto grazie al generoso contributo dei benefattori e dei partner della Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI). DBTech ha oltre 30 partner finanziatori, tra cui aziende, fondazioni e governo.

La predilezione salesiana per i giovani più poveri è testimoniata dal fatto che quasi tutti i tirocinanti provengono dalle “fasce economicamente più deboli” della società, il 98%.

Ancora più importante da notare è che 10.987 (55%) dei 20.121 studenti già diplomati (gli altri sono in formazione, in attesa della conclusione dei loro corsi) provengono da famiglie che hanno un reddito annuo inferiore a 100.000 Rupie, ossia circa 1111 Euro all’anno (calcolato al cambio 1 Euro = 90 Rupie). Si tratta di un reddito familiare inferiore a 100 euro al mese. Ciò significa che le famiglie vivono con meno di 3 euro al giorno. Stiamo parlando di famiglie e non di individui!

Reddito familiare annuo Reddito giornaliero approssimativo delle famiglie Totale giovani formati % dei giovani formati
Al di sotto di 1 Lakh / Al di sotto di 1.111 Euro al di sotto di 3 Euro 10.987 55%
1-3 Lakh Sotto 3-9 Euro 8144 40%
3-5 Lakh Sotto 9-15 Euro 469 2%
5-7 Lakh Sotto 15-21 Euro 161 1%
7 Lakh e oltre 21 euro e oltre 360 2%
Totale generale   20.121 (+ 6.302 in classe)  
Nota: 1 Euro = 90 Rupie

Dopo la formazione gratuita, questi giovani poveri guadagnano oggi in media 10.000 rupie al mese, il che ha reso il loro reddito personale annuo superiore al reddito familiare annuo delle loro famiglie.

Nel contesto della necessità di interventi trasformativi basati sui risultati, la Famiglia Salesiana dell’Asia Meridionale, con il ruolo primario svolto dai giovani che vengono qualificati e assunti, sta veramente formando dei “cittadini onesti”. I giovani che sono stati formati e inseriti nel mondo del lavoro stanno oggi contribuendo alla costruzione della nazione. Il reddito annuale generato da questi studenti occupati dopo la formazione gratuita è di circa 2.204.400.000 Rupie, che equivale a circa 24.493.333 Euro all’anno.

La durata della formazione varia a seconda degli ambiti di intervento. I corsi di formazione vengono erogati in vari settori: Agricoltura e affini; Abbigliamento, Make up e arredamento per la casa; Automobile; Banche e Finanza; Bellezza e Benessere; Beni strumentali; Edilizia; Elettronica e Hardware IT; Trasformazione alimentare; Mobili e Arredi; Lavori verdi; Artigianato e Tappeti; Sanità; IT-ITES; Logistica; Media e Intrattenimento; Gestione degli uffici; Industria idraulica; Energia; Commercio al dettaglio; Turismo e Ospitalità e altri.

Va inoltre notato che nei Paesi in via di sviluppo, dove le ragazze e le donne sono più deboli e indifese, i servizi offerti dai Salesiani sono maggiormente al servizio delle donne: oltre il 53% dei tirocinanti che hanno completato il corso sono donne.

Le storie dei giovani che hanno trasformato la loro vita cogliendo le opportunità offerte dalle opere salesiane sono molto importanti nella narrazione dell’attenzione salesiana verso i più poveri.

I Salesiani hanno davvero ricevuto il sostegno di molte persone generose, di fondazioni, di aziende e di governi per realizzare la trasformazione di tanti giovani svantaggiati in cittadini onesti e produttivi. Siamo veramente grati a tutti loro. Dio ha benedetto la Regione anche con una crescita delle vocazioni salesiane.

Per maggiori informazioni, è possibile visitare il sito web di DBTech India, https://dbtech.in.

Questo lavoro, come ci direbbe don Bosco, è “la nostra più grande soddisfazione”! Si rivolge ai più poveri. Comporta una collaborazione su larga scala tra enti religiosi e secolari. È un grande esempio di collaborazione tra laici. Si rivolge a tutti i giovani: il 72% dei giovani beneficiari appartiene alla religione indù, che è la religione più numerosa nella Regione dell’Asia Meridionale.

Nelle Memorie Biografiche leggiamo le parole di don Bosco: “Procurate di attenervi sempre ai poveri figli del popolo. Non fallite il vostro scopo primiero e la vostra società l’abbia sempre sott’occhio: non aspiri a cose maggiori. […] Se educherete i poveri, se sarete poveri, se non farete chiasso, nessuno avrà invidia di voi, nessuno vi cercherà, vi lasceranno tranquilli e farete del bene.” (MB IX,566)

Presentiamo anche alcuni giovani che hanno cambiato la loro vita dopo l’incontro con il carisma di don Bosco.

Adna Javaid

Le lotte di Adna Javaid sono iniziate in giovane età. È cresciuta in povertà. È nata a Bemina, una regione nel cuore di Srinagar, la capitale estiva del Jammu e Kashmir, in India. Il padre di Adna, Javaid Ahmad Bhat, era un negoziante che riusciva a malapena a mantenere la famiglia. Ha abbandonato gli studi dopo aver completato la 12esima classe ed è rimasta a casa sua per alcuni anni. Voleva inseguire i suoi sogni, ma non riusciva a trovare un modo per realizzarli.
Nonostante le circostanze difficili, ha iniziato a scrivere opere teatrali e a rappresentarle in piccoli locali della sua zona. Tuttavia, i suoi primi sforzi non hanno avuto successo e ha affrontato un rifiuto dopo l’altro. Nel 2021, Adna mise in scena la sua prima opera, “So di essere stata una ragazza”, nella sua comunità. Lo spettacolo è stato accolto male e Adna ha perso tutti i suoi risparmi. Tuttavia, ha continuato ad avere fede e ha costruito lentamente il suo futuro.
Durante la mobilitazione del Don Bosco Tech di Srinagar vicino alla sua località, Adna ha visto il team del Don Bosco Tech e ha parlato con loro dei suoi problemi. Il team l’ha convinta a partecipare alla formazione e le ha assicurato l’assistenza al lavoro, così lei ha deciso di entrare a far parte del CRM Domestic Voice Domain.

La svolta di Adna è arrivata nel 2021, quando si è resa conto di essere più vicina ai suoi sogni dopo la formazione presso il Centro di formazione Don Bosco Tech di Srinagar. 
Da allora, Adna è diventata una delle figure più influenti e di successo del settore Business Process Outsourcing. Nonostante abbia affrontato ostacoli e battute d’arresto significative, ha perseverato, ha continuato a lavorare sodo e ha creduto in se stessa e nella sua visione.
Ora lavora come Customer Care Executive Process presso la J&K Bank, supportata da DigiTech, Call System Pvt. Ltd, con una retribuzione mensile di 12.101 rupie.
Adna ora è molto soddisfatta della sua vita e sta anche aiutando tante ragazze a partecipare al corso di formazione professionale presso il Don Bosco Tech Training Centre, Rajbagh, Srinagar.

Peesara Niharika

Peesara Niharika proviene da un luogo rurale situato lontano dal centro Don Bosco Tech, Karunapuram. Ha conseguito la laurea con il sostegno dei suoi genitori, che sono lavoratori salariati giornalieri. Difficoltà e carenze sono state le parole d’ordine della sua vita fin dalla più tenera età. A un certo punto della vita, ha persino abbandonato gli studi e ha sostenuto finanziariamente i suoi genitori, lavorando in un’azienda agricola con gli abitanti del villaggio. Ma desiderava proseguire gli studi superiori, quando vedeva i suoi compagni di scuola andare all’università, mentre lei lavorava nella risaia.
Un giorno, mentre cercava un’opportunità di lavoro, Niharika si è imbattuta nell’ala di mobilitazione a Karunapuram, organizzata dal personale del Don Bosco Tech Centre e ha preso la ferma decisione di iscriversi al programma di formazione professionale. Avendo un interesse per la gestione delle relazioni con i clienti, si è iscritta al programma CRM Domestic Non-Voice presso il centro Don Bosco Tech, Karunapuram.
Si è dimostrata molto attiva e versatile durante il programma di formazione, cercando di comunicare in modo efficace con tutti i partecipanti al suo gruppo. Ha un talento multiforme, con abilità come ballare, cantare e giocare, e diffonde con entusiasmo la positività intorno a sé. Grazie alle sessioni di life skill, è riuscita a liberarsi della timidezza e della paura del palcoscenico.

Al momento del colloquio, è stata assunta da Ratnadeep, a Hyderabad, per il ruolo di Rappresentante del Servizio Clienti con una retribuzione di 14.600 rupie al mese, assicurazioni incluse. Ora è in grado di occuparsi della sua famiglia e di sostenere i suoi genitori, che sono estremamente grati alla Don Bosco Tech Society per l’enorme trasformazione della vita della loro figlia. Niharika afferma con forza che il suo percorso presso il centro Don Bosco Tech Karunapuram rimarrà per sempre un ricordo felice per il resto della sua vita.

Chanti V.

“La differenza tra chi sei e chi vuoi essere, è ciò che fai”.
Chanti proviene da una famiglia a basso reddito di Vepagunta, Vishkapattanam. Dopo aver completato la scuola media, voleva frequentare gli studi superiori, ma non poteva permettersi la spesa delle tasse. Poi, è venuto a conoscenza del centro di formazione Don Bosco Tech di Sabbavaram attraverso un amico del vicinato e dell’attività di mobilitazione nel suo villaggio. Ha saputo dai consulenti che questo istituto offre una formazione gratuita con certificazioni National Skill Development Corporation.
Dopo essersi iscritto al Don Bosco Tech, oltre al corso di e-commerce, Chanti ha imparato anche l’inglese parlato e ad utilizzare il computer. I formatori ricordano ancora che nel suo primo giorno al Don Bosco Tech, avevano notato le sue scarse capacità comunicative e le sue conoscenze informatiche non proprio minime. Nel suo villaggio non c’era un sistema educativo adeguato o strutture che gli permettessero di acquisire tali competenze. Ma la sua perseveranza per consolidare l’apprendimento di una nuova materia e la necessità di un lavoro migliore hanno convinto i formatori a inserirlo nel settore dell’e-commerce.
Riuscì a farsi inserire nell’azienda Ecom Express come fattorino. Dopo aver constatato il suo talento, l’azienda gli ha affidato una responsabilità maggiore e ora percepisce 20.000 rupie al mese.

Lui e i suoi genitori sono estremamente felici per il risultato ottenuto. È molto grato all’Istituto per averlo reso ciò che è oggi. Ora è diventato un esempio di ispirazione per i ragazzi del suo villaggio che stanno lottando per trovare un lavoro decente. Ha informato molti di loro su DB Tech, Sabbavaram, e molti hanno espresso il desiderio di iscriversi all’istituto.

Klerina N Arengh

Klerina N Arengh di Meghalaya ha completato il suo decimo anno nel 2009 come candidata privata. Poi ha sentito parlare della Don Bosco Tech Society, che offre una formazione gratuita e un collocamento fuori dallo Stato. Era molto interessata e ha deciso di partecipare alla formazione.
Si è iscritta al corso Skill Meghalaya F& B Service Associate Batch-2 presso il centro Don Bosco Tech di Shillong. Tutti i suoi compagni di classe erano più giovani di lei, quindi la maggior parte di loro la prendeva in giro e la chiamava mamma, ma lei li ignorava.
Era molto puntuale, rispettosa e imparava molto bene. Apprendeva tutto più velocemente dei suoi compagni di gruppo. In tutti i 2 mesi di formazione, ha dimostrato disciplina e conseguito risultati eccellenti. Infine, dopo il completamento della formazione, DB Tech le ha offerto un lavoro presso JW Marriott Sahar Mumbai, come Steward con uno stipendio mensile di 15.000 rupie.
È molto grata a DBTech e a MSSDS Skill Meghalaya per averle dato l’opportunità di guadagnarsi da vivere in modo dignitoso. Ora, con lo stipendio sarà in grado di sostenere finanziariamente i suoi genitori.

don Biju Michael, SDB
Consigliere generale per l’Asia Meridionale




La presenza salesiana nel Caraibi

Sotto il sole dei Caraibi, in villaggi pieni di vita e di gioia, don Bosco continua a essere una risposta significativa per i giovani di queste terre.

Da oltre cento anni, la presenza salesiana ha trovato tanto un ambiente quanto un clima molto fertili in alcuni Paesi dei Caraibi, che oggi, come in passato, confermano la loro importanza nella presenza dei loro giovani, nella loro gente gioiosa, affettuosa e semplice, nella loro sensibilità religiosa e nella loro capacità di accoglienza: Cuba, Haiti, la Repubblica Dominicana e Porto Rico hanno offerto e continuano a offrire un ambiente propizio alla missione salesiana e una terra fertile per il carisma di don Bosco.

I Salesiani, organizzati in due Ispettorie, quella delle Antille e quella di Haiti, insieme a molti altri membri della famiglia salesiana, concretizzano oggi questa presenza. Sono il frutto della generosità e della passione di grandi missionari, con buona volontà, grandi sogni, fiducia nella Provvidenza e impegno nell’educazione e nell’evangelizzazione dei giovani; è così che si è consolidata la presenza di don Bosco. Ci sono stati anche eventi storici naturali o sociali che hanno motivato le decisioni che hanno portato alla sua attuale conformazione.

Un po’ di storia

Sebbene la prima richiesta di Salesiani nelle Indie Occidentali risalga al 1896, il primo Paese a ricevere una presenza salesiana fu Cuba nel 1916, seguita dalla Repubblica Dominicana nel 1933, poi Haiti nel 1936 e infine Porto Rico nel 1947.

Dolores Betancourt, nativa di Camagüey, aveva firmato un accordo privato a Torino con don Pablo Albera riguardo a una fondazione nella sua città d’origine. I primi Salesiani arrivarono a Cuba il 4 aprile 1917 per aprire un’opera a Camagüey.

Padre José Calasanz (1872-1936), originario di Azanuy, Spagna, salesiano dal 1890, fu inviato come missionario per promuovere le fondazioni a Cuba, in Perù e in Bolivia. Nel 1917 i primi Salesiani entrarono a Cuba, insieme al sacerdote don Esteban Capra e a due coadiutori (i signori Ullivarri e Celaya). Nel 1917, ai Salesiani fu affidata la chiesa dedicata a Nostra Signora della Carità in una zona rurale di Camagüey, da dove coordinarono la prima scuola di arti e mestieri.

Haiti, Cap-Haïtien

Le comunità salesiane iniziarono a crescere e a consolidarsi a Cuba, dapprima condividendo la proprietà canonica con l’Ispettoria Salesiana di Tarragona, in Spagna. Nel 1924, passò all’Ispettoria del Messico e tre anni dopo, a causa della persecuzione religiosa subita in Messico, la sede dell’Ispettoria fu trasferita all’Avana, Cuba.

Padre Pittini svolse le funzioni di Provinciale nella parte orientale degli Stati Uniti e lì ricevette istruzioni dal Superiore Generale, don Pedro Ricaldone, di trasferirsi a Santo Domingo, per esaminare la possibilità che la Congregazione potesse insediarsi nella Repubblica Dominicana.

Il 16 agosto 1933, Padre Pittini arrivò nel porto di San Pedro de Macorís. Nel febbraio 1934, Padre Pittini assunse il ruolo di Superiore dei Salesiani appena arrivati nella Repubblica Dominicana; supervisionò i lavori della scuola in costruzione e fece conoscenza con i Domenicani. L’11 ottobre 1935, papa Pio XI lo nominò arcivescovo di Santo Domingo.

Haiti, Pétion-Ville

I Salesiani arrivarono ad Haiti nel 1936. Il Rettor Maggiore delegò don Pedro Gimbert, ex Ispettore di Lione, a impiantare il carisma salesiano ad Haiti. Arrivò il 27 maggio 1936, accompagnato da un curato salesiano, il signor Adriano Massa. In seguito, arrivarono altri confratelli per completare la comunità.
Dalla sua fondazione, Haiti fece successivamente parte dell’Ispettoria Salesiana del Messico-Antille con sede all’Avana; successivamente fece parte dell’Ispettoria delle Antille – insieme a Cuba, Repubblica Dominicana e Porto Rico – con sede a Santo Domingo.

Haiti, Gressier

La fondazione a Porto Rico divenne realtà il 24 aprile 1947, quando Padre Pedro M. Savani, ex Ispettore di Messico-Antille, arrivò per occuparsi della Parrocchia di San Juan Bosco a Santurce, in via Lutz. Da qui, iniziò la gestione di un Oratorio sull’attuale terreno di Cantera, dove, nel 1949, iniziò la costruzione della cappella che sarebbe poi diventata l’imponente Chiesa-Santuario di Maria Ausiliatrice.

L’erezione canonica della Provincia delle Antille avvenne il 15 settembre 1953 durante il rettorato di don Renato Ziggiotti, sotto il patrocinio di san Giovanni Bosco, con sede a La Víbora (L’Avana, Cuba). In seguito fu trasferita a Compostela (L’Avana Vecchia). Dopo la Rivoluzione cubana, la sede provinciale fu trasferita a Santo Domingo, Repubblica Dominicana, presso il “Collegio Don Bosco”, dove rimase fino al 1993, quando fu trasferita nell’attuale sede situata in Calle 30 de Marzo #52, nella città di Santo Domingo.

Dal gennaio 1992, Haiti è un Visitatoria, con sede a Port-au-Prince.

Don Bosco nei Caraibi oggi
L’Ispettoria Salesiana delle Antille è composta da tre Paesi della regione caraibica: Cuba, Repubblica Dominicana e Porto Rico. Haiti forma un’Ispettoria separata. In totale ci sono 169 Salesiani di don Bosco nei quattro Paesi: 15 a Cuba, 74 ad Haiti, 67 nella Repubblica Dominicana e 13 a Porto Rico.

Le opere che animano le due Ispettorie in 32 comunità sono: 41 centri educativi (di cui almeno 20 sono centri di formazione tecnica), 33 oratori, 23 opere sociali, 8 case di ritiro-incontri, 1 centro di formazione ambientale, 3 case di formazione, 4 centri di comunicazione sociale-studi di registrazione, 2 stazioni radio e 18 parrocchie con 80 cappelle e 44 case di missione.

La Famiglia Salesiana nei Caraibi ha una grande vitalità ed è composta da vari gruppi: Salesiani di Don Bosco, Figlie di Maria Ausiliatrice, Cooperatori Salesiani, Associazione dei Devoti di Maria Ausiliatrice, Exallieve (SDB-FMA), Figlie dei Sacri Cuori, Volontari di Don Bosco, Dame Salesiane e Missionarie Parrocchiali di Maria Ausiliatrice (quest’ultima, una Pia Unione, approvata dall’Arcivescovo di Santo Domingo, monsignor Octavio A. Beras, è stata fondata da don Andrés Nemeth, sdb, il 16 giugno 1961; anche se non fa parte della Famiglia Salesiana, per la sua vicinanza, partecipa alle sue riunioni). I rapporti sono cordiali, alcuni progetti pastorali sono condivisi e si incontrano frequentemente.

In un clima sociale e politico molto particolare, i quattro Paesi stanno vivendo una migrazione di massa dei loro giovani e di intere famiglie, motivata dalla fame, dalla mancanza di cibo e di lavoro, dalla violenza e dalla ricerca di opportunità meglio retribuite. In queste circostanze, la presenza salesiana continua a essere molto impegnata nei processi di educazione, formazione al lavoro, cittadinanza e vita di fede. C’è un serio impegno nella difesa dei diritti all’istruzione, all’alimentazione e ad una vita dignitosa per bambini, adolescenti e giovani; i campi da gioco sono utilizzati per accompagnare e incoraggiare le attività ludiche e gli incontri che permettono di fare amicizia. La musica e la danza sono espressioni naturali che trovano negli oratori salesiani lo stimolo e lo spazio per esprimersi al meglio. I loro cortili sono sempre stati luoghi di incontro e di rifugio, anche di fronte agli eventi naturali che li hanno colpiti.

Questa presenza oggi è profetica nel condividere con la gente le realtà sociali che ogni Paese sta vivendo, decidendo di rimanere vicino ai più bisognosi, incoraggiando la fede quotidiana, un’amicizia semplice che parla di Dio, piena di speranza e di conforto, con gesti fraterni di solidarietà e di amore per i più vulnerabili, soprattutto i bambini e i giovani.

Santo Domingo, La Plaza

don Hugo OROZCO SÁNCHEZ, sdb
Consigliere Regionale per Interamerica