La conversione

Dialogo tra un uomo convertito di recente a Cristo e un amico non credente:
«Così ti sei convertito a Cristo?».
«Sì».
«Allora devi sapere un sacco di cose su di lui. Dimmi, in che Paese è nato?».
«Non lo so».
«Quanti anni aveva quand’è morto?».
«Non lo so».
«Quanti libri ha scritto?».
«Non lo so».
«Sai decisamente ben poco per essere un uomo che afferma di essersi convertito a Cristo!».
«Hai ragione. Mi vergogno di quanto poco so di lui. Ma quello che so è questo: tre anni fa ero un ubriacone. Ero pieno di debiti. La mia famiglia cadeva a pezzi. Mia moglie e i miei figli temevano il mio ritorno a casa ogni sera. Ma ora ho smesso di bere; non abbiamo più debiti; la nostra è ora una casa felice; i miei figli attendono con ansia il mio ritorno a casa la sera. Tutto questo ha fatto Cristo per me. E questo è quello che so di Cristo!».

Ciò che conta di più è proprio come Gesù cambia la nostra vita. Lo dobbiamo ribadire con forza: seguire Gesù significa cambiare il modo di vedere Dio, gli altri, il mondo, se stessi. Rispetto a quello sponsorizzato dall’opinione corrente, è un altro modo di vivere e un altro modo di morire. È questo il mistero della «conversione».




Dialogo familiare

Figlio: «Avete sentito quello che è successo in Ucraina?».
Padre: «Bah!».
Madre: «È abbastanza salata la minestra?».
Figlio: «È un problema, no?».
Padre: «Sì».
Figlio: «Allora che ne pensi?».
Padre: «Hai ragione, manca un po’ di sale».
Madre: «Eccolo, tieni».
Figlio: «È strano come si sia potuti arrivare a tanto».
Madre: «Quanto hai preso di matematica?».
Padre: «Io non ho mai capito niente di matematica».
Madre: «Fa freddo, stasera…».

Un marito ascolta la moglie al massimo per 17 secondi e poi incomincia a parlare lui.
Una moglie ascolta il marito al massimo per 17 secondi e poi incomincia a parlare lei.
Marito e moglie ascoltano i figli per…




L’albero

Un uomo aveva quattro figli. Egli desiderava che i suoi figli imparassero a non giudicare le cose in fretta. Per questo, invitò ognuno di loro a fare un viaggio per osservare un albero che era piantato in un luogo lontano. Li mandò uno alla volta, a distanza di tre mesi uno dall’altro. I figli ubbidirono.
Quando l’ultimo rientrò, li riunì, e chiese loro di descrivere quello che avevano visto.
Il primo figlio disse che l’albero era brutto, torto e piegato.
Il secondo figlio disse, invece, che l’albero era ricoperto di gemme verdi e promesse di vita.
Il terzo figlio era in disaccordo; disse che era coperto di fiori, che avevano un profumo tanto dolce, ed erano tanto belli da fargli dire che erano la cosa più bella che avesse mai visto.
L’ultimo figlio era in disaccordo con tutti gli altri; disse che l’albero era carico di frutta, vita e generosità.
L’uomo allora spiegò ai suoi figli che tutte le risposte erano esatte poiché ognuno aveva visto solo una stagione della vita dell’albero.
Egli disse che non si può giudicare un albero, o una persona, da una sola stagione, e che la loro essenza, il piacere, l’allegria e l’amore che vengono da quelle vite possono essere misurati solo alla fine, quando tutte le stagioni sono complete.

Quando la primavera se ne parte tutti i fiori muoiono, ma quando ritorna sorridono lieti. Nei miei occhi tutto passa, sulla mia testa tutto imbianchisce.
Ma non bisogna mai credere che all’agonia della primavera tutti i fiori muoiano perché, proprio la scorsa notte, un ramo di pesco fioriva.
(anonimo del Vietnam)

Non lasciare che il dolore di una stagione distrugga la gioia di ciò che verrà dopo.
Non giudicare la tua vita in una stagione difficile. Persevera attraverso le difficoltà, e sicuramente tempi migliori verranno quando meno te lo aspetti! Vivi ogni tua stagione con gioia e con la forza della speranza.




Il saggio

All’imperatore Ciro il Grande piaceva moltissimo conversare amabilmente con un amico molto saggio di nome Akkad.
Un giorno, appena tornato stanchissimo da una campagna di guerra contro i Medi, Ciro si fermò dal suo vecchio amico per passare qualche giorno con lui.
«Sono spossato, caro Akkad. Tutte queste battaglie mi stanno consumando. Come vorrei fermarmi a passare il tempo con te, chiacchierando sulle rive dell’Eufrate…».
«Ma, caro sire, ormai hai sconfitto i Medi, che cosa farai?».
«Voglio impadronirmi di Babilonia e sottometterla».
«E dopo Babilonia?».
«Sottometterò la Grecia».
«E dopo la Grecia?».
«Conquisterò Roma».
«E dopo?».
«Mi fermerò. Tornerò qui e passeremo giorni felici a conversare amabilmente sulle rive dell’Eufrate…».
«E perché, sire, amico mio, non incominciamo subito?».

Ci sarà sempre un altro giorno per dire «Ti voglio bene».
Ricordati dei tuoi cari oggi, e sussurra loro nell’orecchio, di’ loro quanto li ami. Prenditi il tempo per dire «Mi dispiace», «Ti prego ascoltami», «Grazie».
Domani non ti pentirai di quello che hai fatto oggi.




Il grillo e la moneta

Un saggio indiano aveva un caro amico che abitava a Milano. Si erano conosciuti in India, dove l’italiano era andato con la famiglia per fare un viaggio turistico. L’indiano aveva fatto da guida agli italiani, portandoli a esplorare gli angoli più caratteristici della sua patria.
Riconoscente, l’amico milanese aveva invitato l’indiano a casa sua. Voleva ricambiare il favore e fargli conoscere la sua città. L’indiano era molto restio a partire, ma poi cedette all’insistenza dell’amico italiano e un bel giorno sbarcò da un aereo alla Malpensa.
Il giorno dopo, il milanese e l’indiano passeggiavano per il centro della città. L’indiano, con il suo viso color cioccolato, la barba nera e il turbante giallo attirava gli sguardi dei passanti e il milanese camminava tutto fiero d’avere un amico così esotico.
Ad un tratto, in piazza San Babila, l’indiano si fermò e disse: «Senti anche tu quel che sento io?». Il milanese, un po’ sconcertato, tese le orecchie più che poteva, ma ammise di non sentire nient’altro che il gran rumore del traffico cittadino.
«Qui vicino c’è un grillo che canta», continuò, sicuro di sé, l’indiano.
«Ti sbagli», replicò il milanese. «Io sento solo il chiasso della città. E poi, figurati se ci sono grilli da queste parti».

«Non mi sbaglio. Sento il canto di un grillo», ribatté l’indiano e decisamente si mise a cercare tra le foglie di alcuni alberelli striminziti. Dopo un po’ indicò all’amico che lo osservava scettico un piccolo insetto, uno splendido grillo canterino che si rintanava brontolando contro i disturbatori del suo concerto.
«Hai visto che c’era un grillo?», disse l’indiano.
«È vero», ammise il milanese. «Voi indiani avete l’udito molto più acuto di noi bianchi…».
«Questa volta ti sbagli tu», sorrise il saggio indiano. «Stai attento…». L’indiano tirò fuori dalla tasca una monetina e facendo finta di niente la lasciò cadere sul marciapiede.
Immediatamente quattro o cinque persone si voltarono a guardare.
«Hai visto?», spiegò l’indiano. «Questa monetina ha fatto un tintinnio più esile e fievole del trillare del grillo. Eppure hai notato quanti bianchi lo hanno udito?».

“Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”




Gli esegeti

Un famoso biblista aveva invitato un gruppo di colleghi a casa sua. Si sedettero intorno ad un tavolo che aveva al centro un magnifico vaso di fiori e incominciarono ad accanirsi su una pagina della Bibbia. Discutevano animatamente, scomponevano ogni parola, ipotizzavano radici antiche, congetturavano, postulavano, paragonavano, distillavano, storicizzavano, demitizzavano, psicologizzavano, femminilizzavano…
Non riuscivano ad accordarsi pressoché su nulla.
Improvvisamente il padrone di casa interruppe la discussione e si rivolse a uno degli ospiti che prendeva i fiori dal vaso posto al centro del tavolo e li distruggeva sistematicamente.
«Che cosa fa?».
«Conto i verticilli, divido gli stami e i pistilli, metto da parte peduncoli e filamenti…».
«Questo zelo scientifico le fa onore, ma in questo modo rovina tutta la bellezza di questi stupendi fiori!».
L’uomo sorrise amaramente: «È proprio quello che state facendo voi».

Il rabbino Elimelekh aveva tenuto un sermone meraviglioso sull’arte di vivere. Pieni di entusiasmo gli ascoltatori lo accompagnavano festosi mentre in carrozza prendeva la via del ritorno verso il suo villaggio.
Ad un certo punto, il rabbino fece fermare la carrozza e chiese al conducente di andare avanti senza di lui, mentre si mescolava alla gente.
«Che esempio di umiltà!» disse uno dei suoi discepoli.
«L’umiltà non c’entra» rispose Elimelekh. «Qui la gente passeggia felice, canta, beve vino, chiacchiera, fa nuove amicizie e tutto grazie ad un vecchio rabbi che è venuto a parlare sull’arte di vivere. Perciò preferisco lasciare le mie teorie sulla carrozza e godermi la festa».




Il nome

Nella Facoltà di Medicina di una importante università, il professore di anatomia, come esame finale, distribuì a tutti gli studenti un questionario.
Uno studente che si era preparato minuziosamente rispose prontamente a tutte le domande fino a quando arrivò all’ultima.
La domanda era: «Qual è il nome di battesimo della donna delle pulizie?».
Lo studente consegnò il test lasciando l’ultima risposta in bianco.
Prima di consegnare il compito, domandò al professore se l’ultima domanda del test avrebbe contato ai fini del voto.
«È chiaro!» rispose il professore. «Nella vostra carriera voi incontrerete molte persone. Hanno tutte il loro grado d’importanza. Esse meritano la vostra attenzione, anche con un piccolo sorriso o un semplice ciao».
Lo studente non dimenticò mai la lezione ed imparò che il nome di battesimo della donna delle pulizie era Marianna.

Un discepolo chiese a Confucio: «Se il re ti chiedesse di governare il Paese, quale sarebbe la tua prima azione?».
«Vorrei imparare i nomi di tutti i miei collaboratori».
«Che sciocchezza! Non è certo una questione di primaria preoccupazione per un primo ministro».
«Un uomo non può sperare di ricevere aiuto da ciò che non conosce» rispose Confucio. «Se non conosce la natura, non conoscerà Dio. Allo stesso modo, se non sa chi ha al suo fianco, non avrà amici. Senza amici, non sarà in grado di ideare un piano. Senza un piano, non potrà dirigere le azioni di alcuno. Senza direzione, il paese piomberà nelle tenebre e nemmeno i danzatori sapranno più come mettere un piede accanto all’altro. Così un’azione apparentemente banale, imparare il nome della persona che sta accanto a te, può fare una differenza enorme.
L’incorreggibile peccato del nostro tempo è che tutti vogliono mettere subito a posto le cose e si dimenticano che per fare questo hanno bisogno degli altri».




Il profumo

Una fredda mattina di marzo, in un ospedale, per colpa di complicazioni gravi, una bambina nacque molto prima del previsto, dopo solo sei mesi di gravidanza.
Era un esserino minuscolo e i neo genitori furono colpiti dolorosamente dalle parole del medico: «Non credo che la bambina abbia molte probabilità di sopravvivere. C’è solo il 10 per cento di possibilità che sopravviva alla notte, ed anche se ciò accadesse per qualche miracolo, la probabilità che abbia complicazioni future è molto alta». Paralizzati dalla paura, la mamma e il papà ascoltavano le parole del dottore che descriveva loro tutti i problemi che avrebbe dovuto affrontare la bambina. Non sarebbe mai stata in grado di camminare, parlare, vedere, sarebbe stata ritardata mentalmente e molto altro ancora.
Mamma, papà e il loro bambino di cinque anni avevano tanto atteso quella bambina. Nel giro di poche ore, vedevano tutti i loro sogni e desideri spezzati per sempre.
Ma i loro problemi non erano finiti, il sistema nervoso della piccola non era ancora sviluppato. Quindi qualunque carezza, bacio o abbraccio era pericoloso, i familiari sconsolati non potevano neanche trasmetterle il loro amore, dovevano evitare di toccarla.
Si presero per mano tutti e tre e pregarono, formando un piccolo cuore pulsante nell’immenso ospedale:
«Dio onnipotente, Signore della vita, fai tu quello che noi non possiamo fare: prenditi cura della piccola Diana, stringila al tuo petto, cullala tu e falle sentire tutto il nostro amore».
Diana era un batuffolo palpitante e lentamente cominciò a migliorare. Passavano le settimane e la piccola continuava a prendere peso e diventare più forte. Finalmente, quando Diana compì due mesi i suoi genitori poterono abbracciarla per la prima volta.
Cinque anni dopo, Diana era diventata una bambina serena che guardava verso il futuro con fiducia e con tanta voglia di vivere. Non c’erano segni di deficienza fisica o mentale, era una bambina normale vispa e piena di curiosità.
Ma non è questa la fine della storia.
Un caldo pomeriggio, in un parco non lontano da casa, mentre suo fratello giocava a calcio con gli amici, Diana era seduta in braccio della mamma. Come sempre chiacchierava felice, quando all’improvviso si zittì. Strinse le braccia come abbracciasse qualcuno e chiese alla mamma: «Lo senti?».
Sentendo nell’aria che si avvicinava la pioggia, la mamma rispose: «Sì. Profuma come quando sta per piovere».
Dopo un po’, Diana, alzò la testa e accarezzandosi le braccia esclamò: «No, profuma come Lui. Profuma come quando Dio ti abbraccia forte».
La mamma cominciò a piangere calde lacrime, mentre la bambina sgattaiolava verso le sue piccole amiche per giocare con loro.
Le parole della figlia avevano confermato ciò che la donna sapeva in cuor suo, da tanto tempo ormai. Durante tutto il periodo in ospedale, mentre lottava per la vita, Dio si era preso cura della piccola, abbracciandola così spesso che il suo profumo era rimasto impresso nella memoria di Diana.

In ogni bambino rimane il profumo di Dio. Perché abbiamo tutti tanta fretta di cancellarlo?




L’ho uccisa per un pezzo di pane

Un uomo che non entrava in una chiesa da vent’anni si accostò titubante ad un confessionale. Si inginocchiò e, dopo un attimo di esitazione, raccontò tra le lacrime: «Ho le mani sporche di sangue. È stato durante la ritirata in Russia. Ogni giorno moriva qualcuno dei miei. La fame era tremenda. Ci avevano detto di non entrare mai nelle isbe senza avere in mano il fucile, pronti a sparare al primo cenno di… Dov’ero entrato io, c’erano un vecchio e una ragazza bionda, dagli occhi tristi: «Pane! Datemi del pane!». La ragazza si chinò. Pensai che volesse prendere un’arma, una bomba. Sparai deciso. Cadde riversa.
Quando mi avvicinai, vidi che la ragazza stringeva in mano un pezzo di pane. Avevo ucciso una ragazza di 14 anni, un’innocente che mi voleva offrire del pane. Ho cominciato a bere per dimenticare: ma come?
Mi può perdonare Dio?».

Chi va in giro con il fucile carico finirà per sparare. Se l’unico attrezzo di cui disponi è un martello, finisci per vedere tutti gli altri come dei chiodi. E passi la giornata a dare martellate.




Ricordare la predica

Una domenica, verso mezzogiorno, una giovane donna stava lavando l’insalata in cucina, quando le si avvicinò il marito che, per prenderla in giro, le chiese:
«Mi sapresti dire che cosa ha detto il parroco nella predica di questa mattina?».
«Non lo ricordo più», confessò la donna.
«Perché allora vai in chiesa a sentir prediche, se non le ricordi?».
«Vedi, caro: l’acqua lava la mia insalata e tuttavia non resta nel paniere; eppure la mia insalata è completamente lavata».

Non è importante prendere appunti. È importante lasciarsi «lavare» dalla Parola di Dio.