Elezione del primo Rettor Maggiore

Durante l’undicesimo Capitolo Generale della Congregazione Salesiana venne eletto il primo Rettor Maggiore, don Paolo Albera. Sebbene formalmente rappresenti il secondo successore di don Bosco, in realtà fu il primo a essere eletto, poiché don Rua era stato già nominato personalmente da don Bosco, per ispirazione divina e su sollecitazione di Papa Pio IX (la nomina di don Rua fu ufficializzata il 27 novembre 1884 e successivamente confermata dalla Santa Sede l’11 febbraio 1888). A seguire, lasciamoci guidare dal racconto di don Eugenio Ceria, che narra l’elezione del primo successore di don Bosco e i lavori del Capitolo Generale.

            Non sembra quasi possibile parlare di antichi Salesiani senza prendere le mosse da Don Bosco. Questa volta è per ammirare la divina Provvidenza, che a Don Bosco lungo l’arduo cammino fece incontrare gli uomini a lui indispensabili nei vari gradi e uffici dell’istituenda sua Congregazione. Uomini, dico, non fatti, ma da fare. Toccò al fondatore cercarseli giovanetti, crescerli, educarli, istruirli, informarli del suo spirito, sicché, dovunque li mandasse, lo rappresentassero degnamente in mezzo ai Soci e di fronte agli estranei. Ecco il caso anche del suo secondo successore. Il piccolo ed esile Paolino Albera, quando dal paesello nativo venne all’Oratorio, non spiccava tra la turba dei compagni per alcuna di quelle caratteristiche, le quali richiamano l’attenzione sopra un nuovo arrivato; ma Don Bosco non tardò a scorgere in lui innocenza di costumi, capacità intellettuale velata da naturale timidezza, e indole di fanciullo, che gli dava bene a sperare. Portatolo su su fino all’altare, lo mandò Direttore a Sampierdarena, poi Direttore a Marsiglia e Ispettore per la Francia, dove lo chiamavano petit Don Bosco, finché nel 1886 la fiducia dei confratelli lo elesse Catechista generale ossia Direttore spirituale della Società. Ma lì non si arrestarono le sue ascensioni.
            Dopo la morte di Don Rua il governo della Società passò, secondo la Regola, nelle mani del Prefetto Generale Don Filippo Rinaldi, che perciò presiedeva il Capitolo Superiore e dirigeva i preparativi per il Capitolo Generale da tenersi entro l’anno 1910. Il grande convegno fu stabilito che si aprisse il 15 agosto, preceduto da un corso di esercizi spirituali, fatti dai Capitolari e predicati da Don Albera.
            Un diario intimo di Don Albera, in inglese, ci mette in grado di conoscere quali fossero i suoi sentimenti nel periodo dell’attesa. Sotto il 21 aprile troviamo: “Parlo a lungo con Don Rinaldi e con gran piacere. Io desidero di tutto cuore, che sia eletto alla carica di Rettor Maggiore della nostra Congregazione. Pregherò lo Spirito Santo per ottenere questa grazia». E sotto il 26: “Raramente si parla del successore di Don Rua. Io spero che si elegga il Prefetto. Ha le virtù necessarie per la carica. Ogni giorno prego per questa grazia». Di nuovo 1’11 maggio: “Accetto di andare a Milano per il funerale di Don Rua. Sono contentissimo di obbedire a Don Rinaldi, nel quale riconosco il mio vero Superiore. Prego tutti i giorni domandando che sia eletto Rettor Maggiore”. Sotto il 6 giugno rivela il perché di tanta propensione per Don Rinaldi scrivendo di lui: “Ho un’alta idea della sua virtù, della sua capacità e iniziativa”. Andando poco dopo a Roma in sua compagnia, scriveva l’8 in Firenze: “Vedo che Don Rinaldi è bene accetto dappertutto e considerato come il successore di Don Rua. Lascia buona impressione in quelli con i quali parla”.
            Se fosse dunque stato lecito fare propaganda, egli sarebbe stato suo grande elettore. Né erano pochi i Salesiani che la pensavano allo stesso modo. Non parliamo degli spagnoli, tra i quali aveva lasciato grande eredità d’affetti. Ispettori e delegati, quando arrivavano dalla Spagna per il Capitolo Generale, non facevano tanti misteri nemmeno parlando con lui. Ma egli a tali discorsi mostrava tutta l’indifferenza di un sordo, che non intenda sillaba di quanto gli si dice. In questo il suo atteggiamento era tale, che impressionava i suoi giocondi interlocutori. C’era veramente del mistero.
            La sera dell’Assunta si tenne l’adunanza di apertura, nella quale Don Rinaldi “parlò molto bene”, nota nel diario Don Albera. All’elezione del Rettor Maggiore si procedette nella seduta del mattino seguente. Dall’inizio dello scrutinio i nomi di Don Albera e di Don Rinaldi si avvicendavano a brevi intervalli. Il primo appariva sempre più turbato e sbigottito; l’altro invece non dava il menomo segno di commozione. La cosa era notata, e non senza una puntolina di curiosità. Un grande applauso salutò il voto, che raggiungeva la maggioranza assoluta, richiesta dalla Regola. Don Rinaldi, com’ebbe compiuto l’ultimo atto nella sua qualità di presidente dell’assemblea con la proclamazione dell’eletto, domandò di poter leggere un suo promemoria. Ottenuto l’assenso, si fece restituire da Don Lemoyne, Segretario del Capitolo1 Superiore, una busta chiusa, consegnatagli il 27 febbraio e recante la soprascritta: “Da aprirsi dopo le elezioni che avverrebbero alla morte del caro Don Rua”. Avutala nelle mani, la dissuggellò e lesse: “Il sig. Don Rua è gravemente ammalato ed io mi credo in dovere di consegnare per iscritto, quanto si conserva nel mio cuore, al suo successore. Il 22 novembre 1877 si celebrava a Borgo S. Martino la solita festa di S. Carlo. Alla tavola presieduta dal Ven. Giovanni Bosco e da Mons. Ferrò sedeva io pure al fianco di Don Belmonte. Ad un certo punto cadde la conversazione su Don Albera, raccontando Don Bosco le difficoltà, che gli mosse il clero del suo paese. Fu allora che Mons. Ferrò volle sapere, se Don Albera avesse superato quelle difficoltà: — Certamente, rispose Don Bosco. Egli è il mio secondo… — E passando una mano sulla fronte, sospese la frase. Ma io calcolai subito che non era il secondo entrato né il secondo in dignità, non essendo del Capitolo Superiore, né il secondo Direttore ed arguii che fosse il secondo successore; ma conservai queste cose nel mio cuore, aspettando gli eventi. Torino, 27 febbraio 1910». Gli elettori compresero allora il perché del suo contegno e si sentirono allargare il cuore: avevano dunque eletto colui che da Don Bosco era stato preconizzato trentatré anni prima.
            Venne subito incaricato Don Bertello di formulare due telegrammi di comunicazione al Santo Padre e al Card. Rampolla, Protettore della Società. Al Papa si diceva: “Don Paolo Albera, nuovo Rettor Maggiore Pia Società Salesiana e Capitolo Generale, che con massima concordia di animi oggi novantacinquesimo anniversario nascita Ven. Don Bosco lo elesse e col massimo giubilo lo festeggia eletto, ringraziano Vostra Santità preziosi consigli e preghiere e protestano profondo ossequio ed illimitata obbedienza”. Sua Santità rispose tosto inviando l’apostolica benedizione. Nel telegramma si allude a un autografo pontificio del 9 agosto. Era del tenore seguente: “Ai diletti figli della Congregazione Salesiana del Ven. Don Bosco raccolti per la elezione del Rettor Generale, nella certezza, che tutti, quacumque humana affectione postposita, daranno il loro voto a quel Confratello, che giudicheranno in Domino il più adatto per mantenere il vero spirito della Regola, per incoraggiare e dirigere alla perfezione tutti i Membri del religioso Istituto, e per far prosperare le molteplici opere di carità e di religione, alle quali si sono consacrati, impartiamo con paterno affetto l’Apostolica Benedizione. Dal Vaticano li 9 agosto 1910. Pius PP. X”.
            Anche il Cardinale Protettore aveva indirizzato il 12 agosto “al Regolatore ed Elettori del Capitolo “una parola paterna di augurio e di incoraggiamento, dicendo tra l’altro: “Il vostro amatissimo Don Bosco col più intenso affetto di padre già vi rivolge senza dubbio dal Cielo lo sguardo ed implora ferventemente dal Divino Paracleto che spanda su di voi i celesti lumi ispirandovi savi consigli. La santa Chiesa attende dai vostri suffragi un degno successore di Don Bosco e di Don Rua, il quale sappia sapientemente conservare l’opera loro, anzi accrescerla con nuovi incrementi. Ed anch’io col più vivo interessamento, unito a voi nella preghiera, formo caldissimi voti, affinché col divino favore la vostra scelta sia sotto ogni rapporto felice e tale da recarmi la dolce consolazione di vedere la Congregazione Salesiana ognora più rigogliosa fiorire a vantaggio delle anime e ad onore dell’Apostolato cattolico. Fate dunque che in atto così sacro e solenne gli animi vostri si tengano lungi da umani riguardi e personali sentimenti; onde guidati unicamente da rette intenzioni e ardente brama della gloria di Dio e del maggior bene dell’Istituto, congiunti nel nome del Signore nella più perfetta concordia e carità, possiate scegliere a vostro reggitore colui che per santità di vita vi sia esempio, per bontà di cuore padre amoroso, per prudenza e saggezza guida sicura, per zelo e fermezza vigile custode della disciplina, della religiosa osservanza e dello spirito del Venerabile Fondatore”. Sua Eminenza, ricevendo non molto dopo Don Albera, gli diede segni non dubbi di ritenere che la scelta fosse stata fatta conforme ai voti da lui espressi.
            Quale fosse nei primi istanti il sentimento dell’eletto, lo dice il diario, nel quale sotto il 16 agosto leggiamo: “Questo è un giorno di grande sfortuna per me. Sono stato eletto Rettor Maggiore della Pia Società di S. Francesco di Sales. Quale responsabilità sulle mie spalle! Ora più che mai debbo gridare: Deus, in adiutorium meum intende. Ho pregato moltissimo, specialmente davanti alla tomba di Don Bosco”. Nel suo portafoglio fu rinvenuto un foglietto ingiallito, nel quale si era tracciato e firmato questo programma: “Avrò sempre Dio in vista, Gesù Cristo qual modello, l’Ausiliatrice in aiuto, me stesso in sacrificio”.
            Erano scaduti nel medesimo tempo tutti i membri del Capitolo Superiore e bisognava farne l’elezione, il che si eseguì nella terza seduta. Primo fu eletto il Prefetto Generale. La votazione sul nome di Don Rinaldi risultò plebiscitaria. Dei 73 votanti, 71 diedero a lui il voto. Mancò dunque un voto solo, che andò a Don Paolo Virion, Ispettore francese. L’altro, assai probabilmente il suo, fu per Don Pietro Ricaldone, Ispettore nella Spagna, da lui molto stimato. Ripigliò pertanto la sua quotidiana fatica, che doveva durare ancora dodici anni, fino a quando diventò egli stesso Rettor Maggiore.
            Fatto questo, il Capitolo passò all’elezione dei rimanenti, che furono: Don Giulio Barberis, Catechista Generale; Don Giuseppe Bertello, Economo; Don Luigi Piscetta, Don Francesco Cerruti, Don Giuseppe Vespignani, Consiglieri. Quest’ultimo, Ispettore nell’Argentina, ringraziata l’assemblea per l’atto di fiducia, si disse obbligato da motivi particolari e anche dalla salute a declinare la nomina, pregando si volesse addivenire a un’altra elezione. Ma il Superiore non credette doversene accettare così su due piedi la rinuncia e lo pregò di sospendere fino al domani ogni decisione. Al domani, invitato dal Rettor Maggiore a notificare la risoluzione presa, rispose che, seguendo il consiglio del Superiore, si rimetteva interamente all’obbedienza con faccettare la carica.
            Primo atto del rieletto Prefetto Generale fu di portare ufficialmente a conoscenza dei Soci l’elezione del nuovo Rettor Maggiore. In una breve lettera, accennate di volo le varie fasi della sua vita, ricordava opportunamente il così detto “Sogno della Ruota”, nel quale Don Bosco aveva visto Don Albera con una lucerna in mano illuminare e guidare gli altri (MB VI,910). Quindi molto opportunamente conchiudeva: “Miei cari confratelli, risuonino ancora una volta alle vostre orecchie le amorose parole di Don Bosco nella lettera-testamento: “Il vostro Rettore è morto, ma ve ne sarà eletto un altro, che avrà cura di voi e della vostra eterna salvezza. Ascoltatelo, amatelo, ubbiditelo, pregate per lui, come avete fatto per me”.
            Alle Figlie di Maria Ausiliatrice Don Albera stimò opportuno fare senza troppo indugio una sua comunicazione, tanto più che da esse riceveva lettere in buon numero. Le ringraziava pertanto dei loro rallegramenti, ma soprattutto delle loro preghiere. “Spero, scriveva, che Iddio esaudirà i vostri voti e che non permetterà che la mia inettezza abbia ad essere di nocumento a quelle opere, a cui il Ven. Don Bosco e l’indimenticabile Don Rua consacrarono tutta la loro vita”. Si augurava infine che tra i due rami della famiglia di Don Bosco regnasse ognora una santa gara nel conservare lo spirito di carità e di zelo lasciato in eredità dal fondatore.
            Diamo ora un fuggevole sguardo ai lavori del Capitolo Generale. Tema fondamentale si può dire che ve ne fu uno solo. Il Capitolo antecedente, compiuta una revisione piuttosto sommaria dei Regolamenti, aveva deliberato che, così com’erano, si praticassero per sei anni ad experimentum e che il Capitolo XI li ripigliasse in esame fissandone il testo definitivo. Questi Regolamenti erano sei: per gl’Ispettori, per tutte le case salesiane, per le case di noviziato, per le parrocchie, per gli oratori festivi e per la Pia Unione dei Cooperatori. Il medesimo Capitolo X con una petizione firmata da 36 membri aveva chiesto che nell’XI si trattasse la questione amministrativa e soprattutto il modo di rendere sempre più proficui i cespiti d’entrata, che la Provvidenza concedeva a ogni casa salesiana. Ad agevolare l’arduo lavoro fu nominata per ogni Regolamento una Commissione, dirò così, di tecnici, extracapitolare con l’incarico di fare gli studi relativi e di presentare al Capitolo medesimo le conclusioni.
            Le discussioni, incominciate alla quinta seduta, si protrassero per altre 21. A voler esaurire la materia sarebbe stato necessario prolungare ben più i lavori; ma il Capitolo Generale con votazione unanime deferì il compito di ultimare la revisione al Capitolo Superiore, il quale promise di eseguirla, nominando un’apposita Commissione. Tuttavia il Capitolo Generale, per mostrare che non se ne disinteressava e per aiutare l’opera, manifestò il desiderio di creare una Commissione incaricata di formulare i principali criteri, che avrebbero dovuto guidare la nuova Commissione dei Regolamenti nella sua lunga e delicata fatica. Cosi fu fatto. Vennero pertanto portate a conoscenza dell’assemblea e approvate dieci norme direttive, elaborate da suoi delegati sotto la presidenza di Don Ricaldone. Lo sfondo di esse era di mantenere saldo lo spirito di Don Bosco, integri conservando quegli articoli che si riconoscevano suoi, e di eliminare dai Regolamenti quanto contenevano di puramente esortativo.
            Dell’XI Capitolo Generale altro più non ricorderò fuorché due episodi, i quali sembrano avere particolare importanza. Il primo si riferisce al Regolamento degli Oratori festivi. La Commissione extracapitolare aveva creduto bene di sfrondarlo, massime nella parte concernente le svariate cariche. A Don Rinaldi parve che ne risultasse distrutto il concetto di Don Bosco circa gli Oratori festivi; onde insorse dicendo; “Il Regolamento stampato nel 1877 fu veramente compilato da Don Bosco, e me lo assicurava Don Rua quattro mesi prima della morte. Faccio quindi voti, che sia conservato intatto, perché, se sarà praticato, si vedrà che è sempre buono anche oggi”.
            Qui si accese un’animata discussione, della quale colgo le battute più notevoli. Il relatore dichiarò che la Commissione ignorava affatto questa particolarità; ma osservò pure non essersi mai quel Regolamento praticato integralmente in nessun Oratorio festivo, nemmeno a Torino. Opinare la Commissione che il Regolamento fosse stato fatto compilare da Don Bosco su Regolamenti degli Oratori festivi lombardi; a ogni modo aver essa inteso soltanto di sfrondarlo e d’introdurvi quanto di pratico si riscontrasse nei migliori Oratori salesiani. Ma Don Rinaldi non si acquietò, e insistette nel desiderio di Don Rua che quel Regolamento venisse rispettato, come opera di Don Bosco, pur con l’introduzione di quanto si giudicasse utile per i giovani adulti.
            Rincalzò questa tesi Don Vespignani. Egli, venuto all’Oratorio già sacerdote nel 1876, aveva ricevuto da Don Rua l’incarico di trascrivere dall’originale di Don Bosco quel Regolamento e ne conservava ancora le prime bozze. Anche Don Barberis assicurò di aver veduto l’autografo. Gli oppositori l’avevano contro le cariche. Ma Don Rinaldi non disarmò, anzi proferì queste energiche parole: “Nulla si alteri del Regolamento di Don Bosco, che altrimenti perderebbe l’autorità”. Don Vespignani confermò un’altra volta il pensiero di lui con esempi dell’America e specialmente dell’Uruguay, dove, essendosi voluto al tempo di Mons. Lasagna provare diversamente, non si era riusciti a nulla. Finalmente la controversia fu chiusa col votare il seguente ordine del giorno: “Il Capitolo Generale XI delibera che si conservi intatto il “Regolamento degli Oratori festivi” di Don Bosco, quale fu stampato nel 1877, facendovi solo in appendice quelle aggiunte che vi si ritenessero opportune, specialmente per le sezioni dei giovani più adulti». Va encomiata la sensibilità dell’assemblea di fronte a un tentativo di riforma in cose sancite da Don Bosco.
            Il secondo episodio appartiene alla penultima seduta per una questione non estranea ai Regolamenti, come a prima vista potrebbe sembrare. La sollevò di nuovo Don Rinaldi, resosi interprete del desiderio di molti, che venisse definita la posizione dei Direttori nelle case dopo il decreto sulle confessioni. Fino al 1901 l’essere essi confessori ordinari dei soci e degli alunni faceva sì che nel dirigere agissero abitualmente con uno spirito paterno (questo argomento è ampiamente esposto in Annali III,170-194). Dopo d’allora invece si cominciava a osservare che veniva smettendosi il carattere paterno voluto da Don Bosco nei suoi Direttori e da lui insinuato nel Regolamento delle case e altrove; i Direttori infatti si davano ad accudire gli affari materiali, disciplinari e scolastici, sicché diventavano Rettori e non più Direttori. “Dobbiamo tornare, diceva Don Rinaldi, allo spirito e al concetto di Don Bosco, manifestatoci specialmente nei “Ricordi confidenziali “(Annali III,49-53) e nel Regolamento. Il Direttore sia sempre Direttore salesiano. Eccetto il ministero della confessione, nulla è mutato».
            Don Bertello deplorò che i Direttori avessero creduto di dover lasciare con la confessione anche la cura spirituale della casa, dedicandosi ad uffici materiali. “Speriamo, disse, che sia stata cosa di un momento. Bisogna tornare all’ideale di Don Bosco, descrittoci nel Regolamento. Si leggano quegli articoli, si meditino e si pratichino” (Li citò secondo l’edizione d’allora’; nella presente sarebbero i 156, 157, 158, 159, 57, 160, 91, 195). Conchiuse Don Albera dicendo: “È questione essenziale per la vita della nostra Società, che si conservi lo spirito del Direttore secondo l’ideale di Don Bosco; altrimenti cambiamo il modo di educare e non saremo più salesiani. Dobbiamo fare di tutto per conservare lo spirito di paternità, praticando i ricordi che Don Bosco ci lasciò: essi ci diranno come bisogna fare. Specialmente nei rendiconti noi potremo conoscere i nostri sudditi e dirigerli. Quanto ai giovani, la paternità non importa carezze o concessioni illimitate, ma l’interessarsi di loro, il dar loro facoltà di venirci a trovare. Non dimentichiamo poi l’importanza del discorsino della sera. Siano fatte bene e con cuore le prediche. Facciamo vedere che ci sta a cuore la salvezza delle anime e lasciamo ad altri le parti odiose. Così sarà conservata al Direttore l’aureola, di cui lo voleva circondato Don Bosco”.
            Anche questa volta i Capitolari trovarono aperta nell’Oratorio un’Esposizione generale delle Scuole Professionali e Agricole Salesiane, la terza, che durò dal 3 luglio al 16 ottobre. Avendo già descritte le due precedenti, non occorre più fermarci a ripetere su per giù le medesime cose (Annali III,452-472). Naturalmente l’esperienza passata servì a una migliore organizzazione della mostra. Prevalse il criterio enunciato già due volte dall’organizzatore Don Bertello, che cioè, secondo un ordinamento voluto da Don Bosco, ogni Esposizione di tal genere è un fatto destinato a ripetersi periodicamente ad ammaestramento e stimolo delle scuole. L’apertura e la chiusura ricevettero lustro dall’intervento delle autorità cittadine e di rappresentanti del Governo. Visitatori non ne mancarono mai, e fra essi personalità d’alto grado ed anche di vera competenza. Nell’ultimo giorno il prof. Piero Gribaudi fece al nuovo Rettor Maggiore la prima presentazione di ex-allievi torinesi in numero di circa 300. Il Deputato Cornaggia nel suo discorso finale pronunciò questo giudizio ben degno di restare (Bollettino Salesiano, nov.1910, p.332): “Chi ha avuto occasione di approfondire lo studio sull’ordinamento di queste scuole e dei concetti che le ispirano, non può non ammirare la sapienza di quel Grande, che ha compreso i bisogni operai nelle condizioni dei tempi nuovi, prevenendo filantropi e legislatori”.
            Avevano partecipato alla mostra 55 case con un numero complessivo di 203 scuole. L’esame dei lavori esposti fu affidato a nove giurie distinte, delle quali fecero parte 50 tra i più insigni professori, artisti e industriali di Torino. Dovendo avere l’Esposizione carattere esclusivamente scolastico, secondo tale criterio vennero giudicati i lavori e aggiudicati i premi. Questi ultimi furono cospicui, offerti dal Papa (una medaglia d’oro), dal Ministero di Agricoltura e Commercio (cinque medaglie d’argento), dal Municipio di Torino (una medaglia d’oro e due d’argento), dal Consorzio agrario di Torino (due medaglie d’argento), dalla “Pro Torino” (una medaglia vermeil, una d’argento e due di bronzo), dagli ex-allievi del Circolo “Don Bosco” (una medaglia d’oro), dalla Ditta “Augusta” di Torino (lire 500 in materiale tipografico da dividersi in tre premi), dal Capitolo Superiore salesiano (corona d’alloro in argento dorato per il gran premio) (Le assegnazioni stanno elencate nel citato numero del Bollettino Salesiano).
            Mette conto riportare gli ultimi periodi della relazione, che Don Bertello lesse prima che si proclamassero i premiati. Disse: “Circa tre mesi fa, nell’atto d’inaugurare la nostra piccola Esposizione, noi abbiamo deplorato che per la morte del Rev.mo sig. Don Rua fosse mancato Colui, al quale intendevamo di fare l’omaggio dei nostri studi e dei nostri lavori nel suo giubileo sacerdotale. La Divina Provvidenza ci ha dato un nuovo Superiore e Padre nella persona del Rev.mo sig. Don Albera. Orbene, chiudendo l’Esposizione, noi deponiamo nelle sue mani i nostri propositi e le nostre speranze, sicuri che l’artigiano, che fu già prima cura del Ven. Don Bosco e delizia del signor Don Rua, avrà sempre un posto conveniente nell’affetto e nelle sollecitudini del loro Successore”.
            Quello fu l’ultimo trionfo di Don Bertello. Poco più di un mese dopo, il 20 novembre, un malore improvviso spegneva d’un tratto un’esistenza così operosa. L’ingegno robusto, la soda cultura, la fermezza del carattere e la bontà dell’animo fecero di lui prima un saggio Direttore di collegio, poi un solerte Ispettore e infine per dodici anni un esperto Direttore Generale delle scuole professionali e agricole salesiane. Tutto egli doveva, dopo Dio, a Don Bosco, che l’aveva allevato nell’Oratorio fin da piccolo e se l’era formato a sua immagine e somiglianza.
            Don Albera non aveva frapposto il menomo indugio a compiere il gran dovere di rendere omaggio al Vicario di Gesù Cristo, a Colui che la Regola chiama “arbitro e supremo Superiore “della Società. Subito il 1° settembre partì per Roma, dove, giunto il 2, trovò già il biglietto di udienza per la mattina del 3. Sembrò quasi che Pio X fosse impaziente di vederlo. Dalle labbra del Papa raccolse alcune amabili espressioni, che si ripose nel cuore. Ai ringraziamenti per l’autografo e la benedizione rispose il Papa d’aver creduto di agire così per far conoscere quanto gli tornasse gradita l’attività mondiale dei Salesiani e soggiunse: -— Siete nati ieri, è vero, ma siete sparsi in tutto il mondo e dappertutto lavorate molto. — Essendo informato delle vittorie già ottenute nei tribunali contro i calunniatori di Varazze (Annali III,729-749), ammonì: — Vigilate, perché altri colpi vi preparano i vostri nemici. — Finalmente, richiesto umilmente di qualche norma pratica per il governo della Società, rispose; — Non vi scostate dagli usi e dalle tradizioni introdotti da Don Bosco e da Don Rua.
            Era già finito il 1910 e Don Albera non aveva ancora fatto una comunicazione all’intera Società. Occupazioni nuove per lui e incessanti, massime le molte conferenze con i 32 Ispettori, gl’impedivano sempre di raccogliersi al tavolino. Solo nella prima metà di gennaio, come si rileva dal diario, scrisse le prime pagine di una circolare, che doveva riuscirgli lunghetta. La spedi con la data del 25. Scusatosi del ritardo a farsi vivo, commemorato Don Rua ed elogiato Don Rinaldi per il suo buon governo interinale della Società, si diffondeva in particolari notizie sul Capitolo Generale, sulla propria elezione, sulla visita al Papa, sulla morte di Don Bertello. In tutto aveva l’aria di un padre che s’intrattiene familiarmente con i figli. Li mise pure a parte delle sue pene per i fatti del Portogallo. Spodestata a Lisbona la monarchia nell’ottobre 1910, i rivoluzionari avevano preso accanitamente di mira i religiosi, assalendoli con una furia selvaggia. I Salesiani non ebbero a lamentare vittime; tuttavia i confratelli del Pinheiro presso Lisbona passarono una brutta giornata. Un branco di energumeni invase e svaligiò quella casa, non solo prendendosi ludibrio dei sacerdoti e dei chierici, ma anche profanando sacrilegamente la cappella e più sacrilegamente disperdendo al suolo e perfino calpestando le ostie consacrate. Quasi tutti i Salesiani dovettero lasciare il Portogallo, rifugiandosi nella Spagna o nell’Italia. I rivoluzionari ne occuparono le scuole e i laboratori, donde furono scacciati gli alunni. Anche alle colonie si estese la persecuzione, sicché bisognò abbandonare Macao e Mozambico, dove si faceva gran bene (Annali III, 606 e 622-4). Ma già allora Don Albera poteva scrivere: “Coloro stessi che ci hanno dispersi, riconoscono che hanno privato il loro paese delle uniche scuole professionali che possedesse”.
            Egli, che tante volte aveva udito Don Bosco nei primordi della Società predire il moltiplicarsi de’ suoi figli in ogni nazione anche remota, e vedeva allora avverate mirabilmente quelle predizioni, sentiva certo tutto il peso dell’immensa eredità ricevuta e riteneva che per qualche tempo non fosse da metter mano a opere nuove, ma convenisse applicarsi a consolidare le esistenti. Stimava quindi doveroso inculcare la stessa cosa a tutti i Salesiani: a ottener ciò non bastando da soli i Superiori, si raccomandava caldamente alla cooperazione comune. Siccome poi in quegli anni il modernismo tendeva insidie anche alle famiglie religiose, metteva sull’avviso i Salesiani, supplicandoli a fuggire ogni novità, che Don Bosco e Don Rua non avrebbero potuto approvare.
            Insieme con la circolare inviava pure a ogni casa un esemplare delle circolari di Don Rua, che dal letto di morte aveva dato a lui l’incarico di raccoglierle in un volume. Il lavoro tipografico era già terminato da circa due mesi; infatti la pubblicazione recava in fronte una lettera di Don Albera con la data dell’8 dicembre 1910.
            Per il vicino anniversario della morte di Don Bosco inviava dunque alle case un doppio regalo, la circolare e il libro. A questo secondo egli teneva in modo speciale, perché sapeva di offrire in esso un gran tesoro di ascetica e di pedagogia salesiana. Le tracce di Don Rua egli si era proposto di seguire, prefiggendosi specialmente d’imitarne la carità e lo zelo nel procurare il bene spirituale di tutti i Salesiani.

Annali della Società salesiana, vol. IV (1910-1921), p. 1-13




I ragazzi del cimitero

Il dramma dei giovani abbandonati continua a far rumore nel mondo contemporaneo. Le statistiche parlano di circa 150 milioni di ragazzi costretti a vivere per strada, una realtà che si manifesta in maniera drammatica anche a Monrovia, capitale della Liberia. In occasione della festa di San Giovanni Bosco, a Vienna, si è svolta una campagna di sensibilizzazione promossa da Jugend Eine Welt, un’iniziativa che ha messo in luce non solo la situazione locale ma anche le difficoltà incontrate in paesi lontani, come la Liberia, dove il salesiano Lothar Wagner dedica la sua vita a dare una speranza a questi giovani.

Lothar Wagner: un salesiano che dedica la sua vita ai ragazzi di strada in Liberia
Lothar Wagner, salesiano coadiutore tedesco, ha dedicato oltre vent’anni della sua vita al sostegno dei ragazzi in Africa Occidentale. Dopo aver maturato esperienze significative in Ghana e Sierra Leone, negli ultimi quattro anni si è concentrato con passione sulla Liberia, un paese segnato da conflitti prolungati, crisi sanitarie e devastazioni come l’epidemia di Ebola. Lothar si è fatto portavoce di una realtà spesso ignorata, dove le cicatrici sociali ed economiche compromettono le opportunità di crescita per i giovani.

La Liberia, con una popolazione di 5,4 milioni di abitanti, è un paese in cui la povertà estrema si accompagna a istituzioni fragili e a una corruzione diffusa. Le conseguenze di decenni di conflitti armati e crisi sanitarie hanno lasciato il sistema educativo tra i peggiori al mondo, mentre il tessuto sociale si è logorato sotto il peso di difficoltà economiche e mancanza di servizi essenziali. Molte famiglie non riescono a garantire ai propri figli i bisogni primari, spingendo così un gran numero di giovani a cercare rifugio per strada.

In particolare, a Monrovia, alcuni ragazzi trovano rifugio nei luoghi più inaspettati: i cimiteri della città. Conosciuti come “ragazzi del cimitero”, questi giovani, privi di un’abitazione sicura, si rifugiano tra le tombe, luogo che diventa simbolo di un abbandono totale. Dormire all’aperto, nei parchi, nelle discariche, persino nelle fogne o all’interno di tombe, è diventato il tragico rifugio quotidiano per chi non ha altra scelta.

“È davvero molto commovente quando si cammina per il cimitero e si vedono ragazzi che escono dalle tombe. Si sdraiano con i morti perché non hanno più un posto nella società. Una situazione del genere è scandalosa.”

Un approccio multiplo: dal cimitero alle celle di detenzione
Non solo i ragazzi dei cimiteri sono al centro dell’attenzione di Lothar. Il salesiano si dedica anche a un’altra realtà drammatica: quella dei detenuti minorenni nelle prigioni liberiane. La prigione di Monrovia, costruita per 325 detenuti, ospita oggi oltre 1.500 prigionieri, tra cui molti giovani incarcerati senza una formale accusa. Le celle, estremamente sovraffollate, sono un chiaro esempio di come la dignità umana venga spesso sacrificata.

“Manca cibo, acqua pulita, standard igienici, assistenza medica e psicologica. La fame costante e la drammatica situazione spaziale a causa del sovraffollamento indeboliscono enormemente la salute dei ragazzi. In una piccola cella, progettata per due detenuti, sono rinchiusi otto-dieci giovani. Si dorme a turno, perché questa dimensione della cella offre spazio solo in piedi ai suoi numerosi abitanti”.

Per far fronte a questa situazione, organizza visite quotidiane nella prigione, portando acqua potabile, pasti caldi e un supporto psicosociale che diventa un’ancora di salvezza. La sua presenza costante è fondamentale per cercare di ristabilire un dialogo con le autorità e le famiglie, sensibilizzando anche sull’importanza di tutelare i diritti dei minori, spesso dimenticati e abbandonati a un destino infausto. “Non li lasciamo soli nella loro solitudine, ma cerchiamo di donare loro una speranza,” sottolinea Lothar con la fermezza di chi conosce il dolore quotidiano di queste giovani vite.

Una giornata di sensibilizzazione a Vienna
Il sostegno a queste iniziative passa anche dall’attenzione internazionale. Il 31 gennaio, a Vienna, Jugend Eine Welt ha organizzato una giornata dedicata a evidenziare la precaria situazione dei ragazzi di strada, non solo in Liberia, ma in tutto il mondo. Durante l’evento, Lothar Wagner ha condiviso le sue esperienze con studenti e partecipanti, coinvolgendoli in attività pratiche – come l’uso di un nastro segnaletico per simulare le condizioni di una cella sovraffollata – per far comprendere in prima persona le difficoltà e l’angoscia dei giovani che vivono quotidianamente in spazi minimi e in condizioni degradanti.

Oltre alle emergenze quotidiane, il lavoro di Lothar e dei suoi collaboratori si concentra anche su interventi a lungo termine. I missionari salesiani, infatti, sono impegnati in programmi di riabilitazione che spaziano dal supporto educativo alla formazione professionale per i giovani detenuti, fino all’assistenza legale e spirituale. Questi interventi mirano a reintegrare i ragazzi nella società una volta rilasciati, aiutandoli a costruire un futuro dignitoso e pieno di possibilità. L’obiettivo è chiaro: offrire non solo un aiuto immediato, ma creare un percorso che consenta ai giovani di sviluppare le proprie potenzialità e contribuire attivamente alla rinascita del paese.

Le iniziative si estendono anche alla costruzione di centri di formazione professionale, scuole e strutture di accoglienza, con la speranza di ampliare il numero di giovani beneficiari e garantire un sostegno costante, giorno e notte. La testimonianza di successo di molti ex “ragazzi del cimitero” – alcuni dei quali sono diventati insegnanti, medici, avvocati e imprenditori – è la conferma tangibile che, con il giusto sostegno, la trasformazione è possibile.

Nonostante l’impegno e la dedizione, il percorso è costellato di ostacoli: la burocrazia, la corruzione, la diffidenza dei ragazzi e la mancanza di risorse rappresentano sfide quotidiane. Molti giovani, segnati da abusi e sfruttamento, faticano a fidarsi degli adulti, rendendo ancor più arduo il compito di instaurare un rapporto di fiducia e di offerta di un supporto reale e duraturo. Tuttavia, ogni piccolo successo – ogni giovane che ritrova la speranza e inizia a costruire un futuro – conferma l’importanza di questo lavoro umanitario.

Il percorso intrapreso da Lothar e dai suoi collaboratori testimonia che, nonostante le difficoltà, è possibile fare la differenza nella vita dei ragazzi abbandonati. La visione di una Liberia in cui ogni giovane possa realizzare il proprio potenziale si traduce in azioni concrete, dalla sensibilizzazione internazionale alla riabilitazione dei detenuti, passando per programmi educativi e progetti di accoglienza. Il lavoro, improntato su amore, solidarietà e una presenza costante, rappresenta un faro di speranza in un contesto in cui la disperazione sembra prevalere.

In un mondo segnato dall’abbandono e dalla povertà, le storie di rinascita dei ragazzi di strada e dei giovani detenuti sono un invito a credere che, con il giusto sostegno, ogni vita possa risorgere. Lothar Wagner continua a lottare per garantire a questi giovani non solo un riparo, ma anche la possibilità di riscrivere il proprio destino, dimostrando che la solidarietà può davvero cambiare il mondo.




150° anniversario della prima spedizione missionaria. La Giornata Missionaria

Il Settore per le Missioni della Congregazione Salesiana ha preparato i consueti materiali per la Giornata Missionaria Salesiana 2025 “Ringraziare, Ripensare e Rilanciare”, ricordando il 1875, anno della prima spedizione missionaria.

Centocinquant’anni sono un lungo periodo di tempo e la Famiglia Salesiana si sta preparando a celebrare questa occorrenza in maniera appropriata. Il libretto della Giornata Missionaria Salesiana 2025 è una risorsa ricca e utile per ringraziare, ripensare e rilanciare le missioni salesiane, insieme al poster, alla preghiera e al video (disponibile al link Youtube Settore per le Missioni Salesiane)

La prima Giornata Missionaria Salesiana (GMS) è stata nel 1988 e, nonostante i cambiamenti, continua ad essere un’occasione che viene offerta alle comunità SDB, alle Comunità Educativo-Pastorali (CEP), a tutti i giovani e ai membri della Famiglia Salesiana per vivere bene questo aspetto del carisma salesiano e diffondere la sensibilità missionaria.
Nonostante il nome può ingannare, non si tratta di una giornata in particolare, non esiste una data unica perché ogni Ispettoria può scegliere il periodo che più si adatta al proprio ritmo e calendario per vivere al meglio questo momento forte di animazione missionaria. La GMS, inoltre, è il culmine di itinerari educativi-pastorali e non un’attività slegata dal resto.

Il libretto inizia con alcune parole del vicario don Stefano Martoglio SDB: “In questo anno abbiamo il dono di celebrare il 150° della prima spedizione Missionaria della Congregazione Salesiana, fatta da Don Bosco nel 1875. Celebrare questa spedizione vuol dire rinnovare lo stesso spirito e chiedere al Signore di avere il cuore missionario di Don Bosco. Questa spedizione, e tutte quelle che sono seguite, non sono per noi solamente degli elementi cronologici. Sono la fedeltà allo spirito di Don Bosco, in obbedienza al Dono di Dio, che hanno segnato e segnano la crescita, nella fedeltà, della Congregazione Salesiana nel segno e nel Sogno di Don Bosco.”

Don Alfred Maravilla SDB, Consigliere Generale per le Missioni, condivide una riflessione sull’Opzione Missionaria di Don Bosco. Anche se Don Bosco non è mai partito come missionario ad gentes ad exteros ad vitam, possiamo ritrovare il suo spirito missionario sin dalla sua infanzia. Don Bosco visse in Piemonte durante un vivace risveglio missionario e già nel 1848 parlava ai suoi ragazzi di inviare missionari in regioni lontane, parlando spesso del suo desiderio di evangelizzare coloro che non conoscevano Cristo in Africa, America e Asia. L’opzione missionaria di Don Bosco fu la confluenza di tre fattori: in primo luogo, fu la realizzazione del suo desiderio personale, a lungo coltivato, di “andare in missione”, espresso nei suoi cinque “sogni missionari”. In secondo luogo, Don Bosco riteneva che l’impegno missionario della sua Congregazione appena approvata avrebbe impedito ai membri di cadere nel pericolo reale di uno stile di vita morbido e facile. Soprattutto, l’impegno missionario della sua Congregazione è l’espressione più piena del suo carisma, riassunto nel suo motto e in quello della Congregazione: Da mihi animas, caetera tolle.

Alcuni contributi da prospettive diverse: la Strenna 2025 “Ancorati alla speranza, pellegrini con i giovani”, il giubileo del Sacro cuore di Gesù, con alcune parti dell’enciclica “Dilexit nos,” scritta da Papa Francesco e, ovviamente, l’Anno Santo della Chiesa, il Giubileo. Possiamo leggere tutti questi stimoli come un invito dello Spirito Santo a diventare “più missionari” nella nostra vita quotidiana, con fede e speranza.

Sappiamo che, tra i tanti appuntamenti del 2025, uno sarà molto speciale per i Salesiani: il 29° Capitolo Generale della Congregazione. Don Alphonse Owoudou SDB sarà il regolatore del CGXXIX e ha preparato una riflessione profetica sulle missioni salesiane alla luce del Capitolo Generale. “Il tema del Capitolo Generale 29, Appassionati per Gesù Cristo e dedicati ai giovani ci offre un’ottica privilegiata per riflettere sulla nostra missione alla luce dei tre assi tematici: la vocazione e la fedeltà profetica (ringraziare), la comunità come profezia di fraternità (ripensare) e la riorganizzazione istituzionale della Congregazione (rilanciare). La missione salesiana non è solo un’eredità da custodire, ma una sfida da rilanciare con rinnovato entusiasmo e con una visione profetica.
Con gratitudine per il passato, con discernimento per il presente e con coraggio per il futuro, continuiamo a camminare insieme, animati dallo stesso zelo missionario che ha portato i primi missionari salesiani oltre i confini, spinti dal desiderio di rendere visibile l’amore di Dio tra i giovani.”

Poi, la presentazione dei membri della prima spedizione del 1875, conosciuta soprattutto grazie alla famosa foto scattata da Michele Schemboche, un fotografo professionista: Giovanni Battista Allavena, don Giovanni Battista Baccino, don Valentino Cassini, don Domenico Tomatis, Stefano Belmonte, Vincenzo Gioia, Bartolomeo Molinari, Bartolomeo Scavini, don Giuseppe Fagnano e don Giovanni Cagliero, capo della spedizione. L’11 Novembre 1875 fu un giorno solenne e di grande emozione. Don Bosco preparò un sermone per accompagnare i suoi figli che per primi avrebbero varcato l’oceano, verso l’Argentina: “Il nostro Divin Salvatore, quando era su questa terra, prima di andare al Celeste Padre, radunati i suoi Apostoli, disse loro: Ite in mundum universum… docete omnes gentes… Praedicate evangelium meum omni creaturae. Con queste parole il Salvatore dava non un consiglio, ma un comando ai suoi Apostoli, affinché andassero a portare la luce del Vangelo in tutte le parti della terra.”

Per comprendere meglio il contesto dei missionari salesiani, sul libretto troverete un articolo sulla corrispondenza con Don Bosco e una sintesi dei cinque sogni missionari Fra le centinaia di lettere di don Bosco che dal 1874 al 1887 hanno varcato l’Oceano Atlantico, la maggior parte sono quelle indirizzate ai salesiani, da don Cagliero a don Fagnano, da don Bodrato a don Vespignani, da don Costamagna a don Tomatis e via via a molti dei salesiani, sacerdoti, coadiutori, chierici, partiti nel corso delle 12 spedizioni missionarie organizzate dal 1875.

Come dicono le Costituzioni della Società di San Francesco di Sales all’articolo 138, “il Consigliere per le Missioni promuove in tutta la Società lo spirito e l’impegno missionario. Coordina le iniziative e orienta l’azione delle missioni perché risponda con stile salesiano alle urgenze dei popoli da evangelizzare. È anche suo compito assicurare la preparazione specifica e l’aggiornamento dei missionari.” Abbiamo così l’opportunità di conoscere meglio e ricordare gli otto Consiglieri Generali per le Missioni fino al 2025: don Modesto Bellido Iñigo (1948-1965), don Bernard Tohill (1971-1983); don Luc Van Looy (1984-1990); don Luciano Odorico (1990-2002); don Francis Alencherry (2002-2008); don Václav Klement (2008-2014), don Guillermo Basañes (2014-2020) e don Alfred Maravilla (2020-2025).

Inoltre, presentiamo alcune figure di salesiani “pionieri” meno noti che hanno contribuito a diffondere il carisma salesiano nei cinque continenti: don Francisque Dupont, l’iniziatore della missione salesiana in Vietnam, don Valeriano Barbero, il seminatore del carisma salesiano in Papua Nuova Guinea, don Jacques Ntamitalizo, l’ispiratore del Progetto Africa, don Raffaele Piperni, il precursore dei Salesiani negli U.S.A., don Pascual Chavez, come ideatore del Progetto Europa, e don Bronisław Chodanionek, il  pioniere in incognito in Moldavia.
 
La crescita della Famiglia Salesiana è un segno della fecondità del carisma salesiano e, in particolare, molti gruppi della Famiglia Salesiana sono stati fondati da missionari salesiani: nel libretto c’è una breve presentazione di ognuno di essi. Inoltre, è bello vedere la santità missionaria della Famiglia Salesiana, con un numero crescente di persone che camminano sulla strada della santità. Un altro frutto tangibile delle missioni salesiane è la vita di quattro giovani che possono essere considerati giovani testimoni della speranza cristiana: Zeffirino Namuncurá, Laura Vicuña, Simão Bororo e Akash Bashir.

Le nuove presenze Salesiane, soprattutto nei Paesi dove i Salesiani ancora non sono presenti, sono indicazioni dello slancio missionario della Congregazione Salesiana che rinvigorisce la fede, dà nuovo entusiasmo vocazionale e rivitalizza l’identità carismatica dei Salesiani sia nell’Ispettoria che si assume la responsabilità della nuova presenza, sia in quella che invia o che riceve missionari. In più, lo slancio missionario della Congregazione ci libera dai pericoli dell’imborghesimento, della superficialità spirituale e del genericismo, ci spinge ad uscire dalle nostre zone di comfort e ci proietta con speranza al futuro. Con questo spirito, possiamo conoscere meglio le nuove frontiere missionarie salesiane: Niger, Botswana, Algeria, Grecia e Vanuatu.

La ricchezza delle missioni salesiane supera le frontiere e raggiunge molti ambiti: i musei missionari salesiani, come custodi del patrimonio culturale e salesiano, i Volontari Missionari Salesiani, che donano tempo e vita agli altri, i gruppi missionari, come quelli diffusi nella Repubblica Democratica del Congo, nell’Ispettoria AFC.

Ogni GMS propone un progetto, legato al tema dell’anno, come opportunità concreta di solidarietà e animazione missionaria. Quest’anno abbiamo scelto l’apertura di un oratorio a Pagos, in Grecia, una delle nuove frontiere missionarie salesiane. L’apertura di un oratorio a Pagos, nell’isola di Syros, sarà una delle chiavi per coinvolgere i giovani greci cattolici e i migranti presenti nel territorio e iniziare con loro il lavoro salesiano. Tutti i fondi raccolti verranno utilizzati per l’avvio delle attività pastorali, la sistemazione degli ambienti e l’acquisto di materiali di animazione. Il coinvolgimento dei salesiani nella pastorale giovanile della diocesi permetterà di condividere il nostro carisma per arricchire la Chiesa locale, una minoranza esigua e bisognosa di animazione.

Il libretto si conclude con alcuni giochi per divertirsi e migliorare la conoscenza delle missioni salesiane, la presentazione dei membri del Settore Missioni, che aiutano il Consigliere per le Missioni a svolgere il suo ruolo di promozione dello spirito e dell’impegno missionario nella Congregazione Salesiana, e la preghiera finale.

Sia lodato Dio nostro Padre,
per lo spirito missionario
che hai effuso nel cuore di Don Bosco
come elemento essenziale del suo carisma.

Ti rendiamo grazie per i 150 anni
delle missioni salesiane,
e per tanti missionari Salesiani
che hanno dato la loro vita
portando il Vangelo e il carisma salesiano
nei 137 paesi del mondo.

Manda il tuo Spirito per guidarci
a ripensare una visione rinnovata
delle missioni salesiane,
con instancabile creatività missionaria.

Accendi i nostri cuori con il fuoco del tuo amore
affinché, appassionati di Gesù Cristo,
possiamo rilanciarci
con zelo ed entusiasmo missionario
per annunciarlo a tutti,
soprattutto ai giovani poveri e abbandonati.

O tutti santi missionari salesiani,
pregate per noi!

I materiali della GMS 2025 sono disponibili al link Giornata Missionaria Salesiana 2025 per maggiori info scrivere a cagliero11@sdb.org.

Marco Fulgaro




Intervista con il nuovo ispettore don Domingos LEONG

Don Domingos Leong è il Superiore dell’Ispettoria “Maria Ausiliatrice” (CIN) per il sessennio 2024-2030. Succede a don Joseph Ng Chi Yuen, che ha servito l’Ispettoria della Cina come Ispettore dal 2018. Lo abbiamo intervistato.

Può presentarsi?
Mi chiamo Domingos Leong, nato in una famiglia cattolica che viveva a Macao, allora colonia portoghese in Cina. Ho due sorelle e sono l’unico maschio della famiglia. Entrambi i miei genitori erano insegnanti in scuole gestite dai Salesiani e dalle FMA. Tutta la mia formazione è avvenuta in scuole salesiane, sia a Macao che a Hong Kong. Sono entrato nei Salesiani dopo la mia laurea al liceo e ho ricevuto la mia formazione a Hong Kong. Sono stato inviato a studiare filosofia negli Stati Uniti (Newton, New Jersey) dove si è aperta la mia visione globale della Congregazione. Dopo la mia ordinazione, sono andato a Roma per proseguire i miei studi sulla Liturgia a San Anselmo, Roma.

Di cosa sognavi da bambino?
Poiché i miei genitori erano insegnanti e alcuni dei miei parenti lavoravano nel campo dell’istruzione, sognavo di diventare un insegnante in futuro.

Ricordi qualche educatore in particolare?
Durante i miei anni alle scuole medie, andavo all’Oratorio la domenica. Ricordo che quando avevo solo 12 anni, con mia sorpresa, mi è stato chiesto di occuparmi di un gruppo di giovani, organizzare giochi per loro e insegnare loro il catechismo. Credo che sia stato il seme della vocazione salesiana piantato nel mio cuore.

Qual è la tua esperienza migliore?
Dopo la mia ordinazione, abbiamo avuto l’opportunità di organizzare un “gruppo di volontari” che serviva in Cina continentale durante le vacanze estive. Giovani provenienti dalle nostre scuole, sia a Hong Kong che a Macao, sono andati a servire nelle aree rurali. Insieme ai giovani locali, abbiamo condiviso esperienze bellissime, non solo servendo, ma anche testimoniando la nostra fede in un ambiente totalmente diverso. Credo che questo sia il modo migliore per promuovere la vocazione religiosa.

Quali sono i bisogni locali più urgenti e quelli dei giovani?
I giovani locali, pur non mancando di materiali, si sentono soli e hanno bisogno di accompagnamento, sia da parte dei loro coetanei che degli adulti. I giovani sono vittime di famiglie disfunzionali e non vengono ascoltati.

Cosa diresti ai giovani in questo momento?
Siate coraggiosi! Noi, i Salesiani, siamo sempre disponibili e pronti a darvi una mano ogni volta che ne avete bisogno, specialmente in quest’anno di Speranza. Insieme ai membri della Famiglia Salesiana, siamo il vostro GRANDE supporto e non esitate a chiedere.

don Domingos LEONG




Intervista al nuovo superiore don Eric CACHIA, superiore di Malta

Malta, terra benedetta dall’apostolo Paolo, è un’isola situata nel cuore del Mar Mediterraneo, tra l’Europa e il Nord Africa. Nel corso dei secoli ha accolto l’influsso di numerose culture, che ha arricchito il suo fascino. Questo piccolo Stato, tra i più densamente popolati al mondo, ospita i Salesiani di Don Bosco sin dal 1903, impegnati con passione nell’educazione dei giovani. Abbiamo intervistato, don Eric, nominato di recente alla guida della comunità salesiana maltese.

Puoi presentarti?
Mi chiamo don Eric Cachia, sono nato il 4 agosto 1976 a Malta. Sono il primogenito di tre figli: ho due sorelle più giovani di me e due adorabili nipotine. Ho frequentato le scuole materne nella scuola statale del mio paese, ħaż-Żebbuġ, per sei anni. Durante l’ultimo anno, era necessario sostenere un esame per accedere alla scuola desiderata. Sognavo di entrare nel seminario minore, ma per fare felice mia madre, ho sostenuto anche l’esame per il liceo statale e un altro per il Savio College, la scuola salesiana, di cui allora non sapevo quasi nulla e che inizialmente non desideravo frequentare. Ho affrontato quell’esame controvoglia, ma i disegni di Dio hanno voluto che fossi ammesso dai Salesiani.

Dopo sette anni di studio, ho conseguito il diploma di maturità e intrapreso il Noviziato a Lanuvio, vicino Roma, emettendo i primi voti religiosi nelle mani del neo-eletto Rettor Maggiore, don Juan E. Vecchi, presso il Sacro Cuore di Roma. Ero il più giovane del gruppo: avevo solo 19 anni. Tornato a Malta, ho ottenuto un Baccalaureato in Filosofia e Sociologia e successivamente ho svolto due anni di tirocinio come responsabile dell’Oratorio a Tas-Sliema.

Per gli studi teologici mi sono trasferito a Roma, frequentando l’Università Pontificia Salesiana (UPS) e vivendo presso la comunità del Gerini. Sono stato ordinato diacono nel 2004 e ho proseguito la mia formazione a Dublino, in Irlanda, conseguendo un Master in Holistic Development in Family Pastoral Ministry. Tornato a Malta, il 21 luglio 2005, insieme ad altri nove religiosi e diocesani, sono stato ordinato sacerdote.

La mia prima obbedienza è stata quella di responsabile dell’Oratorio a Tas-Sliema e di economo della comunità. Dopo alcuni mesi, sono stato nominato delegato per la Pastorale Giovanile nel Consiglio della Delegazione di Malta. Ho ricoperto questo incarico per un anno prima di essere nominato economo della Delegazione, ruolo che ho svolto per 10 anni e, successivamente, per altri 6 anni quando, nel 2018, Malta è diventata una Visitatoria.

Nel frattempo, ho ricoperto anche altri incarichi: preside del Savio College, accompagnatore nella formazione al post-noviziato di Malta per sei anni e, per quattro anni, assistente coordinatore dell’Associazione delle Scuole Cattoliche a Malta. Per rispondere alle esigenze pastorali, ho conseguito un Master in Psicoterapia Sistemica e della Famiglia e sono stato eletto segretario del Comitato dell’Associazione Nazionale della Psicoterapia a Malta.
Nel 2017 sono diventato direttore del St. Patrick’s, una realtà che include una scuola, un internato e una chiesa pubblica, oltre al ruolo di preside della scuola. Infine, nel dicembre 2023 sono stato nominato Ispettore, incarico assunto a partire dal luglio 2024.

Che cosa sognavi da piccolo?
A 7 anni sono diventato chierichetto e ancora oggi non riesco a spiegare l’esperienza vissuta durante la mia prima Messa da ministrante. Sentii una presenza d’amore nel cuore che mi invitava a diventare sacerdote. Già a casa giocavo a “fare il prete” e, a scuola, nonostante le tensioni tra Chiesa e Stato dell’epoca, dibattevo spesso su temi religiosi.

Il desiderio di diventare sacerdote includeva in sé quello di dare voce a chi non l’aveva. Mi piaceva scrivere storie, parlare in pubblico e organizzare eventi. A soli 14 anni, ad esempio, già organizzavo passeggiate per i ministranti.

Qual è la storia della tua vocazione?
La mia vocazione è nata dall’incontro con vari sacerdoti che consideravo modelli di vita. Tuttavia, fu nella scuola salesiana che trovai nuova energia: lì scoprii talenti nascosti e vissi esperienze che mi fecero sentire parte di una grande famiglia. In quel contesto gioioso e stimolante, il Signore parlò al mio cuore.

All’ultimo anno scolastico, capii che la mia strada sarebbe stata quella salesiana. Dopo un anno di discernimento e confronto con la mia famiglia e un sacerdote, trovai pace nel decidere: “Mi dono per i ragazzi del futuro. Sarò salesiano per portare avanti ciò che ho ricevuto”.

Un aneddoto curioso mi fu raccontato dalla nonna paterna quando ero ormai prossimo al diaconato. Mio padre era uno dei 18 figli di una famiglia numerosa e modesta. Un salesiano inglese, don Patrick McLoughlin, noto per la sua fama di santità, era solito, dopo la messa, passare dalle suore per portare una fetta di torta alla nonna. La sera, tornava con pasti avanzati per aiutare a sfamare la famiglia in difficoltà. Un giorno, la nonna gli chiese: “Come posso ripagare tanta gentilezza e provvidenza?”. Lui rispose: “Tu prega soltanto: chissà, magari uno dei tuoi figli diventerà salesiano”. Tra 51 cugini, sono stato il primo – e uno dei due – a scegliere la vita religiosa… e salesiana.

Come ha reagito la tua famiglia?
La mia famiglia è sempre stata di grande supporto. I miei genitori non hanno mai imposto le loro idee, ma hanno sempre cercato di sostenere le mie decisioni. Mio padre era un muratore e mia madre una casalinga. La semplicità e l’unione familiare erano tra i valori più forti che ci contraddistinguevano. Si facevano sacrifici che solo da adulto ho compreso come espressione di un amore vissuto in modo concreto. Non è stato facile lasciare il paese e iniziare il mio cammino a soli 18 anni, ma oggi i miei genitori sono orgogliosi e, in qualche modo, anche loro fanno parte della Famiglia Salesiana. Da oltre 30 anni preparano pasti per i ragazzi durante i campi estivi. Chissà quante volte mio padre, nonostante sia rimasto analfabeta, ha parlato con la saggezza del cuore a qualche giovane o genitore. E quante volte hanno spedito dépliant a livello ispettoriale per sostenere le nostre opere salesiane!

La gioia più bella e la fatica più grande
Ci sono tante gioie che si custodiscono nel cuore, ma una delle più grandi è quando incontro un exallievo e mi dice: “In te ho ritrovato il padre che non ho mai avuto”. Vivere in pienezza la propria vocazione significa anche offrire ciò che avrebbe potuto essere altrettanto bello, come costruire una famiglia. Questo comporta, talvolta, il dover soffrire in silenzio per questa scelta offerta.
La fatica più grande, invece, è vedere i bambini che soffrono a causa di guerre, violenze e abusi… vederli privati della capacità di sognare un mondo pieno di speranza e di possibilità. È altrettanto difficile restare credibili e ottimisti in un contesto di secolarismo feroce che spesso consuma le energie e tenta di spegnere l’entusiasmo.

Le necessità locali e dei giovani
Malta vive una realtà molto particolare. Culturalmente rimane profondamente cattolica, ma nella pratica quotidiana non lo è altrettanto. Negli ultimi anni, scelte politiche orientate principalmente al potenziamento dell’economia hanno generato una crisi profonda all’interno delle famiglie. Molti ragazzi crescono segnati dalla mancanza di figure di riferimento e di modelli che li accompagnino con amore. Mancano punti stabili di orientamento, e allo stesso tempo, molti giovani sono alla ricerca di un nuovo significato per la propria vita.
La fede, sempre più relegata alla sfera privata, può tuttavia risvegliare interesse quando riesce a parlare un linguaggio che sfida e invita a puntare in alto. In questi casi, i giovani sono felici di unirsi per vivere esperienze che chiedono di essere accompagnati. Circa il 20% della popolazione, ormai, non è più maltese. L’economia, che ha attratto persone da tutto il mondo, sta trasformando il volto dell’isola. Molti giovani non-maltesi si sentono soli, mentre altri iniziano o riprendono un cammino di fede. Si tratta di nuove frontiere e forme emergenti di povertà, segnate da sfide psico-affettive e problemi di salute mentale. Queste situazioni mettono in evidenza l’urgenza di affrontare l’isolamento, la precarietà e le carenze relazionali che caratterizzano questa complessa realtà.

Le grandi sfide dell’evangelizzazione
Tutto può essere riassunto in una parola: credibilità. I giovani, oggi più che mai, non hanno bisogno di semplici trasmettitori di contenuti, ma di persone con cuori autentici e orecchie capaci di ascoltare il battito di cuori in cerca di un senso per la propria vita. Hanno bisogno di educatori che sappiano creare processi, accompagnatori che non temano di mostrare la propria fragilità e i propri limiti, ma che siano guide autentiche. Guide che propongano ciò che loro stessi hanno vissuto: l’incontro con Gesù come meta e chiamata per ogni persona. Una guida che conduca a riscoprirsi parte di una Chiesa in cammino verso le periferie, pronta ad abbracciare e curare le ferite, ancor prima di indicare cosa si deve fare.
La vera sfida, almeno per l’Europa, è trovare giovani che abbiano il coraggio di scommettere la propria vita su Gesù. Come emerso durante il Sinodo, alcune strutture, contesti e linguaggi della Chiesa non sono più incisivi. A questo si aggiunge una Chiesa che, in alcuni casi, appare stanca e distratta, troppo concentrata sull’auto-preservazione. Questa situazione rispecchia anche quella delle famiglie, che devono essere rimesse al centro delle priorità in ogni nazione: sono il futuro dello Stato e della Chiesa.
Ecco perché gli ambienti salesiani, con il loro umanesimo che valorizza il bello presente in ogni persona, devono proporsi non solo come risposte immediate ma anche come modelli per altri gruppi e realtà. Forse solo oggi comprendiamo che la gioia e la speranza di don Bosco vanno ben oltre semplici emozioni: sono le fondamenta su cui costruire il rilancio di un’umanità rinnovata e redenta da Cristo.

Come vedi il futuro?
Guardo al futuro con speranza. Il presente che viviamo, secondo me, è segnato da numerose crisi su vari fronti: direi che non potrebbe andare peggio di così. È quindi un periodo di rinnovamento; ci si affida a Cristo in questo tempo di purificazione e trasformazione. Sì, ci sono sfide che sicuramente plasmeranno il futuro.

Quale posto occupa Maria Ausiliatrice nella tua vita?
Da bambino, pregavamo quotidianamente il Rosario in famiglia. Tuttavia, per me, era forse solo una pratica di pietà popolare. Col passare del tempo, soprattutto durante gli anni da Salesiano, ho potuto rendermi conto di quanto questa mamma celeste mi sia vicina. Ricordo numerosi momenti in cui, preso dalle difficoltà pratiche e dalle preoccupazioni legate alla pastorale, stavo per arrendermi. Ma Lei interveniva sempre al momento giusto. Ogni giorno mi rendo conto di come veramente “sia stata Lei a fare tutto”. Nutro un profondo affetto per la benedizione di Maria Ausiliatrice. Ogni mattina affido a Lei tutti i giovani e i laici collaboratori, ma in particolare quelli che si trovano nelle periferie della società. Un anno fa, in occasione della festa della Madonna di Guadalupe, ho condiviso sui social una frase che Maria disse a Juan Diego: “Non temere nulla. Non sono forse io, che sono tua Madre? Non sei sotto la mia ombra e protezione? Non sono io la fonte della tua gioia? Non sei nel cavo del mio mantello, nell’incrocio delle mie braccia? Hai bisogno di altro? Non lasciare che nient’altro ti preoccupi o ti turbi”. Due ore dopo, ricevo la chiamata del Rettor Maggiore e la richiesta di accettare o meno la nomina a Ispettore.

Che cosa diresti ai giovani?
Di non arrendersi! Riprenderei le parole di Papa Francesco rivolte ai giovani nell’aprile del 2024: “Alzarsi per stare in piedi di fronte alla vita, non seduti sul divano. Ci sono divani diversi che ci attirano e non ci permettono di alzarci.” Se solo i giovani comprendessero che sono la speranza di oggi e di domani, che sono come semi delicati e fragili, ma al contempo ricchi di infinite possibilità! Li esorterei a sfidare Cristo, ma anche a permettere a Cristo di sfidarli: solo così si comprende che con Lui si costruisce una relazione intima con un Dio vivo, non con un’immagine plasmata da paure o ansie. Sfiderei quei giovani che hanno già fatto esperienza di Don Bosco: è straordinario gettarsi nel Cuore di Cristo, donando la propria vita per i giovani che verranno. “Chi manderò?”, chiese Cristo ai suoi discepoli. Magari tanti altri avessero la stessa determinazione: “Mandi me!”

don Eric CACHIA, sdb
superiore di Malta




Le “Stazioni Romane”. Una tradizione millenaria

Le “Stazioni romane” sono un’antica tradizione liturgica che, durante la Quaresima e la prima settimana del Tempo di Pasqua, associa ogni giornata a una chiesa specifica di Roma, dentro di un cammino di pellegrinaggio. Il termine “statio” (dal latino stare, fermarsi) rimanda all’idea di una sosta comunitaria per la preghiera e la celebrazione. Nei secoli passati, il Papa e i fedeli si muovevano in processione dalla chiesa detta “collecta” fino alla stazione del giorno, dove si celebrava l’Eucaristia. Questo rito, pur avendo radici nei primi secoli della cristianità, conserva una sua vitalità anche oggi, quando l’indicazione della chiesa stazionale figura ancora nei libri liturgici. È un vero pellegrinaggio tra le basiliche e i santuari della Città Eterna che si può fare in quest’anno giubilare non solo come un cammino di conversione, ma anche una testimonianza di fede.

Origine e diffusione
Le origini delle Stazioni romane risalgono almeno al III secolo, quando la comunità cristiana subiva ancora le persecuzioni. Le prime testimonianze fanno riferimento al Papa Fabiano (236-250) che si recava nei luoghi di culto sorti presso le catacombe o le sepolture dei martiri, distribuendo ai bisognosi ciò che i fedeli offrivano come elemosina e celebrando l’Eucaristia. Questa consuetudine si rafforzò nel IV secolo, con la libertà di culto sancita da Costantino: sorsero grandi basiliche, e i fedeli iniziarono a riunirsi in giornate precise per celebrare la Messa nei siti legati alla memoria dei santi. Col passare del tempo, l’itinerario assunse un carattere più organico, creando un vero e proprio calendario di stazioni che toccavano i diversi rioni di Roma. La dimensione comunitaria – con la presenza del vescovo, del clero e del popolo – divenne così un segno visibile di comunione e di testimonianza della fede.

Fu Papa Gregorio Magno (590-604) a dare struttura e regolarità all’uso delle Stazioni, soprattutto in Quaresima. Egli stabilì un calendario che, giorno dopo giorno, assegnava a una specifica chiesa la celebrazione principale. La sua riforma non nacque dal nulla, ma organizzò una prassi già esistente: Gregorio volle che la processione partisse da una chiesa minore (collecta) e si concludesse in un luogo più solenne (statio), dove il popolo, unito al Papa, celebrava i riti penitenziali e l’Eucaristia. Era un modo per prepararsi alla Pasqua: il cammino stesso che indicava il pellegrinaggio terreno verso l’eternità, le chiese che con la loro architettura sacra e le opere d’arte svolgevano una funzione pedagogica in un’epoca in cui non tutti potevano leggere o accedere a libri, le reliquie dei martiri conservate in quelle chiese testimoniavano la fede vissuta fino dare la vita e la loro intercessione portavano grazie a coloro che le richiedevano, la celebrazione del Sacrificio della Messa santificava i fedeli partecipanti.

Nel corso del Medioevo, la pratica delle Stazioni romane si diffuse sempre di più, divenendo non solo un evento ecclesiale, ma anche un fenomeno sociale di grande rilievo. I fedeli, infatti, che provenivano dalle diverse regioni d’Italia e d’Europa, si univano ai romani per prendere parte a questi raduni liturgici.

Struttura della celebrazione stazionale
L’elemento caratteristico di queste celebrazioni era la processione. Al mattino, i fedeli si riunivano nella chiesa della collecta, dove, dopo un breve momento di preghiera, si avviavano in corteo verso la chiesa stazionale, intonando litanie e canti penitenziali. Giunti a destinazione, il Papa o il presule incaricato presiedeva la Messa, con letture e orazioni proprie del giorno. L’uso delle litanie aveva un forte senso spirituale e pedagogico: mentre si camminava fisicamente tra le strade, si pregava per i bisogni della Chiesa e del mondo, invocando i santi di Roma e di tutta la cristianità. La celebrazione culminava nell’Eucaristia, conferendo a questa “sosta” un valore sacramentale e di comunione ecclesiale.

La Quaresima divenne il tempo privilegiato per le Stazioni, a partire dal Mercoledì delle Ceneri fino al Sabato Santo o, secondo alcune consuetudini, fino alla seconda domenica dopo Pasqua. Ogni giornata era contraddistinta da una chiesa designata, scelta spesso per la presenza di reliquie importanti o per la sua storia particolare. Esempi notevoli includono Santa Sabina all’Aventino, dove di solito inizia il rito del Mercoledì delle Ceneri, e Santa Croce in Gerusalemme, collegata al culto delle reliquie della Croce di Cristo, meta tradizionale del Venerdì Santo. Partecipare alle Stazioni quaresimali significa entrare in un pellegrinaggio quotidiano, che unisce i fedeli in un percorso di penitenza e conversione, sostenuto dalla devozione verso i martiri e i santi. Ogni chiesa racconta una pagina di storia, offrendo immagini, mosaici e architetture che comunicano il messaggio evangelico in forma visiva.

Uno dei tratti più significativi di questa tradizione è il legame con i martiri della Chiesa di Roma. Nel periodo delle persecuzioni, molti cristiani trovarono la morte a causa della loro fede; in epoca costantiniana e successiva, sui loro sepolcri furono erette basiliche o cappelle. Celebrare una statio in questi luoghi significava richiamare la testimonianza di chi aveva donato la vita per Cristo, rafforzando la convinzione che la Chiesa è edificata anche sul sangue dei martiri. Ogni visita liturgica diventava così un atto di comunione tra i fedeli di ieri e quelli di oggi, uniti dal sacramento dell’Eucaristia. Questo “pellegrinaggio nella memoria” collegava il cammino quaresimale a una storia di fede tramandata di generazione in generazione.

Dal declino alla riscoperta
Nel Medioevo e nei secoli successivi, la pratica delle Stazioni conobbe alterne vicende. A volte, a causa di epidemie, invasioni o situazioni politiche instabili, fu ridotta o sospesa. I libri liturgici, tuttavia, continuarono a indicare le chiese stazionali per ogni giorno, segno che la Chiesa ne custodiva almeno il ricordo simbolico. Con la riforma liturgica tridentina (XVI secolo), la centralità del Papa in tali celebrazioni si fece meno frequente, ma l’uso di citare la chiesa stazionale rimase nei testi ufficiali. Con il rinnovato interesse per la storia e l’archeologia cristiana, la tradizione stazionale fu riscoperta e riproposta come via di formazione spirituale.
In epoca moderna, soprattutto a partire da Leone XIII (1878-1903) e successivamente con i papi del XX secolo, si è assistito a un crescente interesse verso il recupero di questa tradizione. Vari ordini religiosi e associazioni laicali hanno iniziato a promuovere la riscoperta del “pellegrinaggio delle stazioni”, organizzando momenti comunitari di preghiera e di catechesi nelle chiese designate.

Oggi, in un’epoca caratterizzata dalla frenesia e dalla velocità, la statio propone di riscoprire la dimensione della “sosta”: fermarsi per pregare, contemplare, ascoltare, fare silenzio e incontrare il Signore. La Quaresima è per definizione un tempo di conversione, di preghiera più intensa e di carità verso il prossimo: compiere un itinerario tra le chiese di Roma, anche solo in alcuni giorni significativi, può aiutare il fedele a riscoprire il senso di una penitenza vissuta non come rinuncia fine a sé stessa, ma come apertura al mistero di Cristo.

Ancora oggi, nel Calendario Romano, troviamo indicata la chiesa stazionale per ogni giornata: questo richiama all’unità del popolo di Dio, radunato attorno al successore di Pietro, e alla memoria dei santi che hanno speso la propria vita per il Vangelo. Chiunque partecipi a queste liturgie – anche saltuariamente – scopre una città che non è soltanto un museo a cielo aperto, ma un luogo in cui la fede si è espressa in modo originale e duraturo.

Chi desidera riscoprire il senso profondo della Quaresima e della Pasqua, può dunque lasciarsi guidare dall’itinerario stazionale, unendo la propria voce a quella dei cristiani di ieri e di oggi nel grande coro che conduce alla luce pasquale.

Presentiamo di seguito l’itinerario delle Stazioni Romane, corredato dall’elenco delle chiese e dalla loro collocazione geografica. È importante notare che l’ordine dell’elenco rimane invariato ogni anno; varia solo la data di inizio della Quaresima e, di conseguenza, le date successive. Auguriamo un proficuo pellegrinaggio a quanti vorranno percorrere, anche solo in parte, questo cammino nell’anno giubilare.


     

Stazione
romana

Martiri
e santi custoditi o reliquie

1

03.05

X

S.
Sabina all’Aventino

Santa Sabina e Santa Serapia, martire († 126); Santi Alessandro,
Evenzio e Teodulo
,
martiri

2

03.06

G

S.
Giorgio al Velabro

San Giorgio,
martire († 303)

3

03.07

V

SS.
Giovanni e Paolo al Celio

Santi Giovanni
e Paolo
,
martiri († 362); San Paolo
della Croce
(† 1775), fondatore della Congregazione della Passione di
Gesù Cristo (i Passionisti)

4

03.08

S

S.
Agostino in Campo Marzio

Santa Monica († 387), madre di Sant’Agostino; reliquie di
Sant’Agostino († 430)

5

03.09

D

S.
Giovanni in Laterano

Teste
di San Pietro e San Paolo:
Queste reliquie sono custodite in busti d’argento posti sopra
l’altare papale, visibili attraverso una grata dorata; la Scala
Santa
(nella vicina cappella del Sancta Sanctorum); Mensa dell’Ultima
Cena – la tavola sulla quale si celebrò l’Ultima Cena,
secondo la tradizione (reliquia significativa che si trova
sull’altare del Santissimo Sacramento)

6

03.10

L

S.
Pietro in Vincoli al Colle Oppio

Catene
di San Pietro; reliquie attribuite ai Sette Fratelli Maccabei,
personaggi dell’Antico Testamento venerati come martiri

7

03.11

M

S.
Anastasia al Palatino

Sant’Anastasia
di Sirmio
(† 304); Reliquie del Sacro Manto di San Giuseppe; Parte
del Velo della Vergine Maria

8

03.12

X

S.
Maria Maggiore

Sacro
Legno della Culla (la mangiatoia di Gesù Bambino); Panniculum (un piccolo pezzo di stoffa, parte delle fasce con cui fu avvolto
Gesù appena nato); San Matteo,
apostolo († 70 o 74); San Girolamo († 420); San Pio
V
,
papa († 1572)

9

03.13

G

S.
Lorenzo in Panisperna

Luogo
del martirio di San Lorenzo († 258); San Lorenzo, martire; Santa Crispina,
martire († 304); Santa Brigida
di Svezia
(† 1373)

10

03.14

V

SS.
XII Apostoli al Foro Traiano

San Filippo apostolo († 80); San Giacomo
il Minore
apostolo († 62); Santi Crisanto
e Daria
,
martiri († 283 ca.)

11

03.15

S

S.
Pietro in Vaticano

San Pietro († 67); San Lino († 76); San Cleto († 92); Sant’Evaristo († 105); Sant’Alessandro
I
(† 115); San Sisto
I
(† 126-128); San Telesforo († 136); Sant’Igino († 140) ; San Pio
I
(† 155); Sant’Aniceto († 166); Sant’Eleuterio († 189); San Vittore
I
(† 199); san Giovanni
Crisostomo
(† 407, parti, nella Cappella del Coro); San Leone
I, Magno
(† 461); San Simplicio († 483); San Gelasio
I
(† 496); San Simmaco († 514); Sant’Ormisda († 523); San Giovanni
I
(† 526); San Felice
IV
(† 530); Sant’Agapito
I
(† 536); San Gregorio
I, Magno
(† 604); San Bonifacio
IV
(† 615); Sant’Eugenio
I
(† 657); San Vitaliano († 672); Sant’Agatone († 681); San Leone
II
(† 683); San Benedetto
II
(† 685); San Sergio
I
(† 701); San Gregorio
II
(† 731); San Gregorio
III
(† 741); San Zaccaria († 752); San Paolo
I
(† 767); San Leone
III
(† 816); San Pasquale
I
(† 824); San Leone
IV
(† 855); San Niccolò
I
(† 867); San Leone
IX
(† 1054); Beato Urbano
II
(† 1099); Beato Innocenzo
XI
(† 1689); San Pio
X
(† 1914); San Giovanni
XXIII
(† 1963); San Paolo
VI
(† 1978); Beato Giovanni
Paolo I
(† 1978); San Giovanni
Paolo II
(† 2005); pezzo di croce di san Andrea; lancia di san
Logino; pezzo della Croce di Cristo

12

03.16

D

S.
Maria in Domnica alla Navicella

San Lorenzo,
martire († 258); Santa Ciriaca,
martire

13

03.17

L

S.
Clemente in Laterano

San Clemente
I
,
papa e martire († 101); Sant’Ignazio
di Antiochia
,
vescovo e martire († 110 ca.); San Cirillo († 869), apostolo degli Slavi

14

03.18

M

S.
Balbina all’Aventino

Santa Balbina,
vergine e martire († 130); San Felicissimo e San Quirino
(suo padre) associati al martirio di s. Balbina

15

03.19

X

S.
Cecilia in Trastevere

Santa Cecilia († 230); San Valeriano,
marito di Cecilia, convertito al cristianesimo e martirizzato (†
229); San Tiburzio, fratello di Valeriano e compagno di martirio;
San Massimo, il soldato o il funzionario preposto all’esecuzione
di Valeriano e Tiburzio, che poi si convertì e fu
martirizzato a sua volta; Papa Urbano
I
(† 230 ca.), avrebbe battezzato Cecilia e il suo sposo
Valeriano

16

03.20

G

S.
Maria in Trastevere

San Giulio
I
,
papa († 352); San Calisto
I
,
papa martire († 222 ca.); Santi Fiorentino, Corona, Sabino
e Alessandro, martiri

17

03.21

V

S.
Vitale in Fovea

Santi Vitale († 304), Valeria († II sec.), Gervasio
e Protasio
(† II sec.)

18

03.22

S

SS.
Pietro e Marcellino al Laterano

Santi Marcellino
e Pietro
,
martiri († 304); Santa Marzia, martire associata ai ss.
Marcellino e Pietro

19

03.23

D

S.
Lorenzo fuori le mura

San Lorenzo († 258); Santo Stefano Protomartire (I secolo); Sant’Ippolito († III sec.); San Giustino,
martire († 167); San Sisto
III
papa († 440); San Zosimo papa († 418); Beato Pio
IX
,
papa († 1878)

20

03.24

L

S.
Marco al Campidoglio

San Marco,
l’evangelista e martire († I sec.); San Marco Papa († 336); Santi Abdon
e Sennen
,
martiri persiani († III sec.)

21

03.25

M

S.
Pudenziana al Viminale

Santa Pudenziana,
martire († II sec.); Santa Prassede,
sua sorella († II sec.)

22

03.26

X

S.
Sisto (SS. Nereo e Achilleo)

San Sisto
I
,
papa († 125); Santi Nereo
e Achilleo
(† 300); Santa Flavia
Domitilla
martire († I sec.)

23

03.27

G

SS.
Cosma e Damiano in Via sacra

Santi Cosma
e Damiano
,
medici e martiri († 303); Antimo e Leonzio, fratelli e
martiri

24

03.28

V

S.
Lorenzo in Lucina

La
graticola di San Lorenzo sulla quale il santo sarebbe stato arso
vivo; vaso che contiene carne bruciata di San Lorenzo

25

03.29

S

S.
Susanna alle Terme di Diocleziano

Santa Susanna vergine e martire († 294)

26

03.30

D

S.
Croce in Gerusalemme

Frammenti
della Vera Croce, parte del Titulus Crucis (la scritta
“I.N.R.I.”); chiodi della crocifissione e alcune spine
della Corona; un frammento della croce del Buon Ladrone, san Disma;
la falange di San Tommaso Apostolo († I sec.)

27

04.31

L

SS.
Quattro Coronati al Celio

Santi Castorio,
Sinfroniano, Claudio e Nicostrato
,
martiri († IV sec.)

28

04.01

M

S.
Lorenzo in Damaso

San Lorenzo martire († 258); San Damaso,
papa e martire († 384); Giovino e Faustino, martiri

29

04.02

X

S.
Paolo fuori le mura

San Paolo apostolo († 67); Catena di San Paolo; Bastone di San Paolo

30

04.03

G

SS.
Silvestro e Martino ai Monti

Santi
Artemio, Paolina e Sisinnio, martiri; beato Angelo
Paoli
(† 1720)

31

04.04

V

S.
Eusebio all’Esquilino

Sant’Eusebio,
presbitero e martire († 353); Santi Orosio e Paolino,
sacerdoti e martiri

32

04.05

S

S.
Nicola in Carcere

San Nicola
di Bari
(† 270); Santi Marcellino e Faustino, martiri (†
250)

33

04.06

D

S.
Pietro in Vaticano

 

34

04.07

L

S.
Crisogono in Trastevere

San Crisogono,
martire († 303); Sant’Anastasia martire († 250); San Rufo, martire († I sec.); Beata Anna
Maria Taigi
,
(† 1837)

35

04.08

M

S.
Maria in via Lata

San Agapito,
martire († 273); Santi Ippolito e Dario,
martiri († IV sec. ); frammento della Vera Croce

36

04.09

X

S.
Marcello al Corso

San Marcello
I
,
papa († 309); Santa Digna e Santa Emerita, martire

37

04.10

G

S.
Apollinare in Campo Marzio

Sant’Apollinare († II sec.); Santi Eustrazio, Bardario, Eugenio, Oreste ed
Eusenzio, martiri

38

04.11

V

S.
Stefano al Celio

San Stefano,
protomartire († 36); Santi Primo
e Feliciano
,
martiri († 303); frammenti della Vera Croce

39

04.12

S

S.
Giovanni a Porta Latina

Frammenti
ossei o piccoli reliquiari contenenti parti del corpo o oggetti
personali attribuiti a San Giovanni Evangelista († 98); Santi Gordiano
e Epimaco
,
martiri († IV sec.)

40

04.13

D

S.
Giovanni in Laterano

 

41

04.14

L

S.
Prassede all’Esquilino

Santa Prassede,
martire († II sec.); Santa Pudenziana, martire († II
sec.); Santa Vittoria,
martire († 253); Colonna della Flagellazione

42

04.15

M

S.
Prisca all’Aventino

Santa Prisca,
una delle prime martire cristiane († I sec.); Santi Aquila
e Priscilla
,
sposi cristiani; frammenti della Vera Croce

43

04.16

X

S.
Maria Maggiore

 

44

04.17

G

S.
Giovanni in Laterano

 

45

04.18

V

S.
Croce in Gerusalemme

 

46

04.19

S

S.
Giovanni in Laterano

 

47

04.20

D

S.
Maria Maggiore

 

48

04.21

L

S.
Pietro in Vaticano

 

49

04.22

M

S.
Paolo fuori le mura

 

50

04.23

X

S.
Lorenzo fuori le mura

San Lorenzo,
martire († 258); Santo Stefano protomartire († 36); San Sebastiano,
martire († 288); San Francesco
d’Assisi
(† 1226); San Zosimo papa, († 418), San Sisto
III
papa, († 440), Sant’Ilario papa, († 468), San Damaso
II
papa, († 1048); Beato Pio
IX
,
papa († 1878); frammenti della Vera Croce

51

04.24

G

SS.
XII Apostoli

San Filippo apostolo († 80); San Giacomo
il Minore
(† 62)

52

04.25

V

S.
Maria ad Martyres (Pantheon)

San Longino,
soldato romano che trafisse il costato di Gesù Cristo
durante la crocifissione († I sec.); Santa Bibiana,
martire († 362-363); Santa Lucia,
martire († 304); San Rasio e Sant’Anastasio, martiri;
Durante la consacrazione della chiesa nel 609 d.C. da parte di
Papa Bonifacio IV, furono trasferite qui dai cimiteri romani le
ossa di ben 28 carri di martiri.

53

04.26

S

S.
Giovanni in Laterano

 

54

04.27

D

S.
Pancrazio

San Pancrazio,
martire († 304); frammenti della Vera Croce





Il nostro invitato: don Alphonse Owoudou, Regolatore del Capitolo

Domenica 16 febbraio 2025, a Valdocco, Torino, avrà inizio il ventinovesimo Capitolo Generale della Congregazione Salesiana. Questo evento è il principale segno di unità della Congregazione nella sua diversità. Ne parliamo con don Alphonse Owoudou, Consigliere Regionale per l’Africa-Madagascar e Regolatore del Capitolo.

Può presentarsi?
Mi chiamo Alphonse Owoudou, Salesiano di Don Bosco, originario del Camerun (visitatoria ATE) in Africa. Ad aprile 2025 festeggerò i miei 56 anni. Attualmente sono Consigliere Regionale per l’Africa-Madagascar. Prima di assumere questo ruolo all’interno del Consiglio Generale, sono stato Superiore della visitatoria ATE, Africa Tropicale Equatoriale.

Il mio percorso mi ha portato prima in Gabon come giovane sacerdote e cappellano diocesano dei giovani. Successivamente, ho proseguito gli studi di psicologia presso l’Università Pontificia Salesiana (UPS). Ho poi raggiunto Lomé, in Togo, dove avevo svolto il mio noviziato e il mio post noviziato; vi sono tornato dopo 12 anni come membro del team di formazione. Ho poi avuto la responsabilità dell’attuale Istituto Superiore Don Bosco.

Nel 2015, sono tornato in ATE per far parte del team di animazione ispettoriale. Felice di ritrovare i miei confratelli e il mio paese dopo 20 anni, ho servito inizialmente come vicario ispettoriale dal 2015 al 2017, prima di essere nominato Ispettore nel giugno 2017. Questo periodo mi ha permesso di scoprire la mia ispettoria, le sue opere e la grande comunità educativa e pastorale su un territorio di sei nazioni, ridotto in seguito a cinque con la nascita dell’ACC.

Dal CG28 nel 2020, ho l’immenso privilegio di servire come Consigliere Regionale, assicurando il legame tra i 15 ispettori l’Africa-Madagascar e il Consiglio Generale, in conformità con l’articolo 140 delle nostre Costituzioni. Questa missione mi ha permesso di scoprire e comprendere meglio la ricchezza, la complessità e la bellezza dell’Africa salesiana, una regione piena di storia, promesse, sfide e risorse.

Qual è il compito del Regolatore?
Nel contesto del Capitolo Generale, il ruolo del Regolatore è principalmente quello di garantire il coordinamento tecnico e la regolarità dei processi prima e durante il Capitolo. Presiede la Commissione Tecnica, incaricata dell’elaborazione del calendario dei lavori, del documento di lavoro preparato dalla Commissione Precapitolare, nonché delle raccomandazioni del Rettore Maggiore o del Vicario per il buon svolgimento dei Capitoli Ispettoriali e delle regole elettorali.

Assistito dal suo segretariato e dal Segretario Generale, il Regolatore si occupa anche della validazione dei delegati eletti verificando i numeri di ciascuna ispettoria, garantendo così la legittimità della loro partecipazione al Capitolo Generale. Invia agli ispettori i moduli necessari per i verbali e i modelli per i contributi provenienti dai Capitoli Ispettoriali, dai gruppi di confratelli e dai membri individuali. Una volta raccolti questi contributi, li ordina, li classifica e li prepara. Introduce i membri della Commissione Precapitolare al tema centrale del Capitolo Generale per elaborare insieme il documento che servirà da base per le riflessioni e i dibattiti durante le sessioni del Capitolo.

Il Capitolo Generale è spesso definito come “il segno principale dell’unità della Congregazione nella sua diversità”. È in questo spirito che il Regolatore deve orientare e facilitare gli scambi affinché questa unità si manifesti pienamente, grazie a una preparazione accurata e a discussioni ben strutturate.

Perché il Capitolo è così importante per la vita della Congregazione?
Il Capitolo Generale è cruciale per la vita della Congregazione perché rappresenta “il segno principale dell’unità della Congregazione nella sua diversità”. È un momento in cui i Salesiani si riuniscono per riflettere insieme su come rimanere fedeli al Vangelo, al carisma di Don Bosco e alle esigenze delle epoche e dei luoghi in cui esercitano la loro missione. Guidati dallo Spirito Santo, i Salesiani discernono la volontà di Dio per servire meglio la Chiesa e la gioventù in un momento preciso della storia.

Oltre a questa dimensione spirituale e di riflessione sulla missione, il Capitolo Generale gioca un ruolo centrale nel governo della Congregazione. È durante il Capitolo che si svolgono le elezioni o le rielezioni del Rettore Maggiore, del suo Vicario e degli altri membri del Consiglio Generale. Questo processo elettivo consente alla Congregazione di scegliere i responsabili che guideranno la missione salesiana per i prossimi anni. Queste elezioni sono fondamentali perché assicurano non solo la continuità, ma anche la vitalità e l’adattamento della Congregazione alle sfide attuali.

Il Capitolo è anche l’occasione per rivedere e adattare la missione salesiana ai tempi presenti. Ad esempio, durante il 29° Capitolo Generale, uno dei temi centrali è il “debilitarsi dell’identità carismatica” percepito all’interno della Congregazione, e sono previste discussioni per rispondere a questa preoccupazione. Inoltre, saranno affrontate anche questioni giuridiche rimaste in sospeso dal Capitolo precedente.

In sintesi, il Capitolo Generale è un tempo di discernimento, decisione e rinnovamento, che consente alla Congregazione di rispondere meglio ai bisogni del mondo di oggi, eleggendo al contempo i responsabili che guideranno questa missione nell’unità e nella fedeltà a Don Bosco.

Qual è il tema del Capitolo?
Il tema centrale del 29° Capitolo Generale è “Appassionati di Gesù Cristo, dedicati ai giovani”, con il sottotitolo “Vivere la nostra vocazione salesiana in modo fedele e profetico”. Questo tema ci invita a tornare all’essenza della nostra identità consacrata, centrata su Cristo e sui giovani. Si tratta di un appello a rinnovare il cuore stesso della vocazione salesiana, a ravvivare l’ardore spirituale e apostolico che deve animare ogni Salesiano.

Concretamente, ciò significa approfondire la nostra vita spirituale, dedicarci maggiormente alla preghiera e alla contemplazione, rimanendo fermamente impegnati con i giovani, soprattutto i più poveri e marginalizzati. Il Capitolo ci invita a essere non solo educatori e pastori, ma anche testimoni profetici del Vangelo in un mondo in cambiamento. In altre parole, non basta realizzare opere; è necessario che queste opere riflettano profondamente la nostra passione per Cristo e il nostro impegno verso i giovani.

Il tema mette anche in luce tre grandi priorità per il rinnovamento: la vita spirituale e la formazione, una collaborazione accresciuta con i laici e i membri della Famiglia Salesiana, e infine, una revisione coraggiosa delle strutture di governo della Congregazione per adattarle ai bisogni attuali della missione.

Chi sono i partecipanti?
Il 29° Capitolo Generale riunisce un totale di 226 capitolari e un team di 45 confratelli e collaboratori incaricati della logistica e di altri servizi. Concretamente, si tratta di:

14 membri del Consiglio Generale, compreso il Segretario Generale;
il Procuratore Generale e il Rettore Maggiore Emerito;
2 capitolare della Casa Generale (RMG);
2 dell’Università Pontificia Salesiana (UPS);
22 della Regione Cone Sud;
27 dell’Inter-America;
27 dell’Asia Est Oceania;
29 della Regione Mediterranea;
32 della Regione Africa;
33 dell’Asia Sud;
e, 36 i più numerosi, dell’Europa Centro-Nord.
Questi capitolari arrivano al Capitolo Generale portatori del discernimento e della speranza dei 13.544 Salesiani registrati in occasione di questo importante appuntamento. Durante il CG29, il 93% dell’assemblea sarà costituito da chierici e il 7% da confratelli coadiutori.

Quali sono le sue preoccupazioni?
Mi sento complessivamente sereno, soprattutto dopo tutto il percorso “sinodale” che abbiamo appena attraversato da quel famoso mese di luglio 2023, con una resilienza che ammiro.

Abbiamo lavorato intensamente nelle 92 ispettorie e nelle 7 regioni, così come all’interno del Consiglio Generale. Inoltre, la Commissione Tecnica, la Commissione Giuridica e la Commissione Precapitolare hanno lavorato con un grande senso di sacrificio e una flessibilità ammirevole per preparare questa importante e forse svolta unica. Sono convinto che Dio ci aiuterà ad affrontare le sfide di questo Capitolo che il Rettor Maggiore emerito, card. Àngel Fernández Artime, ha voluto profetico e portatore di rinnovamento.

Detto ciò, le mie “preoccupazioni” si allineano naturalmente a quelle di tutti i miei confratelli, le cui riflessioni sono state sintetizzate nell’Instrumentum Laboris, derivante da 244 documenti ricevuti. Tra le principali, c’è la questione dell’identità carismatica. Molti esprimono la paura che il nostro carisma salesiano perda gradualmente la sua specificità e che rischiamo di diventare simili a qualsiasi organizzazione sociale. Questo potrebbe indebolire l’efficacia della nostra missione, poiché ciò che ci rende unici è proprio la nostra capacità di unire azione sociale e testimonianza spirituale radicata nella fede. È per questo che la prima frase delle Costituzioni, come un credo, ci dice che siamo un’invenzione di Dio per la sua gloria e per la salvezza totale dei suoi figli.

C’è anche la preoccupazione per la crescente secolarizzazione e la decristianizzazione delle nostre società, non solo in Occidente. Questa realtà rende più difficile per noi, Salesiani—e scommetto che sia lo stesso per tutti i consacrati e le confessioni religiose—proclamare e vivere apertamente la fede nella sfera pubblica. Queste sfide richiedono un adattamento della nostra visione e dei nostri metodi pastorali, in particolare nell’accompagnamento dei giovani confratelli e delle nuove generazioni.

Un altro tema importante è quello dell’ecologia integrale e della cultura digitale. Il Capitolo sottolineerà certamente la necessità per noi, come hanno ripetuto i tre ultimi papi dall’inizio di questo millennio, di adattarci al mondo digitale in cui vivono i giovani oggi, integrando una maggiore attenzione all’ambiente, la nostra “casa comune”, in tutti gli aspetti della nostra missione.

Infine, c’è l’urgenza di un rinnovamento nella nostra vita spirituale, fraterna e apostolica. È importante non lasciarci assorbire esclusivamente dalle attività pratiche, ma ritrovare una vitalità spirituale al centro della nostra azione. Questo passa attraverso una preghiera più intensa, una formazione più solida e inculturata, e una migliore collaborazione all’interno della Famiglia Salesiana e con i laici, che sono chiamati a svolgere un ruolo importante nella nostra missione. Questo appello alla collaborazione non è nuovo, ma il contesto del sinodo sulla sinodalità porta un respiro più potente e meglio articolato.

Ci saranno sorprese?
Potrebbero esserci sorprese durante questo 29° Capitolo Generale, a causa dell’ampiezza della sua agenda e del desiderio espresso di prendere “decisioni coraggiose” e adottare una posizione “più profetica”. È in ogni caso ciò che molti di noi sperano.

Tra queste sorprese, uno degli aspetti chiave potrebbe riguardare la revisione delle strutture di governo e di animazione. Il Capitolo potrebbe scegliere di ripensare significativamente il Consiglio Generale, rendendolo più agile e meglio adattato ai bisogni attuali della Congregazione. Ripensare può anche significare mantenere la struttura esistente, ma viverla e gestirla meglio. Questo potrebbe includere anche una rivalutazione dei processi elettorali per garantire che i leader scelti siano il frutto di un processo più collegiale, lineare e trasparente.

Un altro punto potenzialmente significativo riguarda la sinodalità, in particolare in una collaborazione più stretta con i laici. Questo potrebbe tradursi in una governance condivisa più profonda, in linea con l’approccio “con e per i giovani”. Rafforzando questa sinodalità, la missione salesiana potrebbe non solo rinnovare il suo impegno verso i giovani, ma anche diventare veramente profetica incarnando un modello di leadership partecipativa e di corresponsabilità con i laici. Questo sarebbe un segno forte che lo spirito di comunione e collaborazione è al centro del nostro carisma.

Inoltre, come già sottolinea l’Instrumentum Laboris, ci sono forti aspettative affinché questo Capitolo sia un momento di coraggio e profezia. È probabile che il CG29, invece di moltiplicare le esortazioni, decida di focalizzarsi su alcune priorità chiave, in accordo con i segni dei tempi. Tra queste priorità, potrebbe esserci un’attenzione particolare all’attuazione e al rafforzamento del protocollo di protezione dei minori e delle persone vulnerabili, garantendo che ogni opera salesiana sia un luogo sicuro e protetto per tutti. L’educazione alla pace e alla convivenza pacifica potrebbe anche figurare tra i temi centrali, soprattutto nei contesti segnati dalla violenza o dai conflitti.

Infine, le questioni contemporanee come la missione digitale, l’ecologia integrale e la giustizia sociale potrebbero essere oggetto di decisioni audaci, tenendo conto della diversità dei contesti in cui il carisma salesiano deve esprimersi oggi. Focalizzandosi su aree concrete, il Capitolo potrebbe fornire risposte profonde e coerenti alle sfide attuali, rispettando al contempo la ricchezza delle diverse realtà locali.

Così, le decisioni prese potrebbero riflettere questa dinamica sinodale e profetica, centrata su Cristo e sul servizio dei giovani, aprendo la strada a un futuro salesiano rinnovato e fedele al suo impegno evangelico.

In sintesi:

Contesto
Il 29° Capitolo Generale della Congregazione Salesiana si terrà a Valdocco, Torino, tra il 16 febbraio e il 12 marzo 2025 e riunirà 226 capitolari per riflettere sul futuro della missione salesiana.

Ruolo del Regolatore
– coordinamento tecnico: elaborare il calendario, organizzare i lavori e preparare i documenti di base;
– validazione dei partecipanti: verificare l’eleggibilità dei delegati, garantire la loro legittimità e raccogliere i loro contributi;
– preparazione tematica: introdurre i membri della Commissione precapitolare al tema principale del Capitolo per elaborare un documento di lavoro che guiderà i dibattiti;
– garantire che gli scambi riflettano pienamente l’unità e la diversità della Congregazione, favorendo una riflessione collettiva e un discernimento spirituale.

Importanza del Capitolo
– dimensione spirituale: riflettere sulla fedeltà al carisma di Don Bosco, per rinnovare l’ardore missionario;
– dimensione di governance: eleggere i dirigenti per gli anni a venire;
– dimensione adattativa: rispondere alle sfide contemporanee, come il debilitarsi dell’identità carismatica o la crescente secolarizzazione.

Tema
Centrale: “Appassionati di Gesù Cristo, dedicati ai giovani – Vivere la nostra vocazione salesiana in modo fedele e profetico”.
Nuclei tematici:
– vita spirituale e formazione: rafforzare la preghiera, la contemplazione e la formazione spirituale;
– collaborazione con i laici: favorire una leadership condivisa con i membri della Famiglia Salesiana;
– revisione delle strutture di governance: adattare le strutture alle realtà attuali per una missione più efficace.

Sfide e problemi
– identità carismatica: riaffermare la specificità salesiana per evitare di diventare un’organizzazione sociale ordinaria;
– secolarizzazione: adattare i metodi pastorali per una proclamazione efficace della fede;
– digitale ed ecologia: integrare le questioni digitali e ambientali nella missione;
– rinnovamento spirituale e collaborazione: intensificare la preghiera e rafforzare la cooperazione con i laici e i giovani.




Intervista al nuovo superiore don Vincentius Prastowo

Don Vincentius Prastowo è il nuovo ispettore salesiano per l’Indonesia, Paese che con i suoi 279 milioni di abitanti e oltre 700 lingue si colloca al quarto posto nel mondo per popolazione. L’Indonesia è lo Stato-arcipelago più grande del pianeta, formato da 17.508 isole, e ospita la comunità musulmana più numerosa al mondo. La presenza salesiana in questa nazione risale al 1985, pur considerando che la prima esperienza nell’attuale Timor Est ebbe inizio già nel 1927. Lo abbiamo intervistato.

Puoi presentarti?
Mi chiamo Vincentius Prastowo. Sono nato il 28 novembre 1980 a Magelang, Giava Centrale. Sono la seconda generazione della mia famiglia ad abbracciare la fede cattolica. I miei genitori sono stati i primi nella nostra famiglia allargata a ricevere il sacramento del battesimo, una decisione che ha cambiato profondamente il corso delle nostre vite. Da loro, ho conosciuto Gesù Cristo e i valori cattolici che mi sono stati trasmessi fin dall’infanzia. Ho frequentato una scuola primaria cattolica gestita dalle Suore dell’Immacolata Concezione (SPM), dove la mia fede è cresciuta attraverso l’educazione religiosa, le attività liturgiche e le interazioni ravvicinate con le suore religiose.

Qual è la storia della tua vocazione?
Il mio interesse per la vita religiosa è iniziato durante l’adolescenza, ispirato dai sacerdoti gesuiti che servivano nella mia parrocchia. La loro genuina dedizione al servizio, la profondità intellettuale e la spiritualità profonda hanno lasciato un’impressione duratura su di me. Questa ispirazione mi ha portato a continuare la mia formazione al Seminario Minore Stella Maris a Bogor, gestito dai Francescani, dal 1994 al 1998.
Al seminario, non solo ho imparato teologia e filosofia di base, ma ho anche approfondito la mia comprensione della vita di preghiera, della disciplina e della vita comunitaria. Questi anni sono stati fondamentali nel plasmare il mio cammino e chiarire il mio desiderio di perseguire una vita di servizio a Dio e agli altri.

Come hai incontrato i salesiani?
Ogni anno, il Seminario Stella Maris ospitava visite di varie congregazioni religiose, introducendo i seminaristi a diverse spiritualità e missioni. Durante una di queste visite, ho incontrato il Padre Jose Llopiz Carbonell e il Padre Andress Calejja, due sacerdoti salesiani che venivano frequentemente al seminario. Portavano calendari annuali con l’immagine di Maria, Aiuto dei Cristiani, che ha immediatamente catturato la mia attenzione.
Attraverso conversazioni con loro, sono diventato curioso riguardo alla missione salesiana e ho deciso di esplorare ulteriormente la loro comunità. La mia curiosità mi ha portato a visitare regolarmente la comunità salesiana a Giacarta ogni fine anno. Sono rimasto profondamente colpito dal loro approccio all’educazione e dal loro impegno nell’accompagnare i giovani. Non predicavano solo la fede; la praticavano facendo da mentori a giovani provenienti da contesti umili.
Il calore e l’amore che ho sperimentato nella comunità salesiana hanno infine consolidato la mia decisione di scegliere questo cammino.

Quali sono state le difficoltà che hai incontrato?
Scegliere il cammino salesiano non è stato privo di sfide. La mia formazione iniziale si è svolta a Timor Est, una regione coinvolta in un conflitto politico all’epoca a causa della sua lotta per l’indipendenza dall’Indonesia. La situazione ha creato tensioni significative, sia per me che per la mia famiglia. I miei genitori erano profondamente preoccupati per la mia sicurezza e hanno persino suggerito di considerare una congregazione “più sicura”.
Tuttavia, la mia determinazione era ferma. Credevo che questa vocazione fosse la vita che Dio aveva pianificato per me. In mezzo al conflitto in corso, ho affrontato numerose prove, tra cui la minaccia di violenza, l’adattamento culturale e la nostalgia per la mia famiglia. Eppure, in ogni difficoltà, ho trovato forza attraverso la preghiera e la protezione di Dio.
Questa esperienza mi ha insegnato a superare la paura e ha rafforzato la mia convinzione. Una delle mie più grandi gioie è stata la libertà e il coraggio di determinare la mia vocazione, nonostante gli ostacoli lungo il cammino.

Come salesiano, ho realizzato le immense sfide affrontate dalle comunità nelle regioni insulari dell’Indonesia. La nostra nazione, composta da migliaia di isole, si confronta con disparità nell’accesso all’istruzione e alle opportunità economiche. Nelle aree remote, i bisogni più urgenti dei giovani sono un’istruzione di qualità e l’accesso a lavori dignitosi.
Credo fermamente che la collaborazione tra i governi centrali e locali sia essenziale per alleviare la povertà in queste regioni. Dare priorità allo sviluppo delle infrastrutture educative, offrire borse di studio per bambini svantaggiati e creare opportunità lavorative eque sono passi vitali.
Come parte della comunità salesiana, mi sento chiamato a contribuire a questi sforzi, specialmente attraverso programmi di educazione professionale volti a dare potere ai giovani con competenze che li preparino per il mercato del lavoro e promuovano l’autosufficienza.

Come è il vostro lavoro salesiano nel contesto del paese?
L’Indonesia è conosciuta come il paese con la più grande popolazione musulmana al mondo. Tuttavia, sono grato che il suo popolo sia generalmente moderato e aperto alla diversità. In questo contesto, i salesiani lavorano in aree prevalentemente musulmane con uno spirito di fratellanza e collaborazione. La nostra missione cerca di costruire ponti attraverso l’educazione e il servizio, rispettando le credenze individuali mentre si difendono valori universali come amore, giustizia e pace.
Questa consapevolezza della diversità è un tesoro che dobbiamo continuare a celebrare. Nella vita quotidiana, impariamo a rispettarci e a lavorare insieme con varie comunità. Credo che la diversità culturale, religiosa e tradizionale dell’Indonesia sia una benedizione che deve essere preservata e apprezzata.

Come vedi il futuro dei giovani e l’educazione salesiana?
Si prevede che l’Indonesia sperimenti un boom demografico a partire dal 2030. Ciò significa un significativo aumento della popolazione in età lavorativa, presentando sia opportunità che sfide. Sebbene questa crescita offra il potenziale per un avanzamento economico, comporta anche rischi di disoccupazione diffusa se non gestita bene.
Come comunità focalizzata sull’educazione, i salesiani svolgono un ruolo cruciale nel preparare i giovani ad affrontare il futuro. Ci concentriamo sulla formazione professionale che si allinea alle esigenze dell’industria, promuovendo al contempo un forte carattere e disciplina. Uno dei nostri principali progetti è elevare la dignità dei giovani nelle isole remote dotandoli di competenze per l’era digitale e tecnologica.
Per prosperare nell’era 5.0, i giovani indonesiani hanno bisogno di adattabilità, creatività e capacità di collaborazione. I programmi di formazione che offriamo mirano a soddisfare queste esigenze, dando potere ai giovani non solo per competere nel mercato del lavoro, ma anche per diventare agenti di cambiamento nelle loro comunità.

Quale posto occupa nella tua vita Maria Ausiliatrice?
Maria ha sempre occupato un posto speciale nel mio cammino. Fin dall’infanzia, l’ho conosciuta e amata attraverso le preghiere del Rosario spesso recitate nel nostro quartiere. La sua immagine come Maria, Aiuto dei Cristiani, mi ha continuamente rafforzato e guidato attraverso le sfide della vita.
Nella tradizione salesiana, la devozione a Maria è altamente enfatizzata. Crediamo che sia sempre presente, accompagnandoci e proteggendoci in ogni passo del nostro cammino. Le mie esperienze personali confermano che attraverso la preghiera e affidandoci a Maria, difficoltà apparentemente insormontabili possono essere superate.

Che cosa diresti ai giovani in questo momento?
Ai giovani, il mio messaggio è questo: non perdete mai la speranza. Non lasciate che difficoltà, sfide o ostacoli schiaccino i vostri sogni. Credete che ci sia sempre una via da seguire, specialmente quando ci appoggiamo a Dio e cerchiamo l’intercessione di Maria.
La vita è un dono pieno di opportunità. Non temete di uscire dalla vostra zona di comfort, affrontare sfide e perseguire la vostra vera vocazione. In ogni viaggio, Dio fornisce la forza, e Maria sarà sempre presente come una madre amorevole e fedele.
Che i giovani indonesiani possano alzarsi, crescere e diventare agenti di cambiamento, portando speranza alla nazione e al mondo. Camminiamo insieme nella fede, nell’amore e nel servizio.

don Vincentius Prastowo
Ispettore dell’Indonesia




Intervista al nuovo ispettore don Simon Zakerian

Ha emesso la sua Prima Professione a Damasco l’8 settembre 2002 e la Professione Perpetua ad Aleppo il 2 Agosto 2008. È stato ordinato sacerdote nella sua città natale, Qamishli l’11 settembre 2010.
Dopo la formazione iniziale, ha servito l’Ispettoria in diversi ministeri, occupandosi di varie responsabilità. Dal 2010 al 2014 ad Aleppo, in Siria, ha servito come collaboratore pastorale; dal 2015 al 2017 a Damasco ha servito come Direttore. Dal 2017 al 2018 ad Alessandria, in Egitto, ha ricoperto ancora il ruolo di Direttore e, dal 2018 a luglio 2024 ad Al – Fidar e El Houssoum, in Libano, sempre con la responsabilità di Direttore. A livello ispettoriale ha servito come consigliere delegato della Pastorale Giovanile per circa 12 anni, finendo questo servizio a giugno 2024 e poi iniziando il nuovo servizio il 6 luglio 2024 come ispettore.
L’Ispettoria del Medio Oriente comprende Palestina – Israele, Siria, Egitto e Libano.

Puoi presentarti?
Sono nato in Siria, in una città che si chiama al-Qamishli (a nord est della Siria), il 2 luglio 1978 da una famiglia armena, e come tutti gli armeni della diaspora ha sopravvissuto al genocidio ottomano del 1915, quando i miei nonni sono scappati e sono arrivati fino a Qamishli.
Mio papà si chiama Aram e mia mamma Araxi; siamo una famiglia di due fratelli e sei sorelle.

Chi ti ha raccontato per primo la storia di Gesù?
La mia famiglia ha sempre avuto una profonda fede cristiana che i miei mi hanno trasmesso fin da quando ero bambino, anche con l’aiuto di mia nonna che mi parlava di Gesù. Anche la Chiesa Armena mi è stata di aiuto perché da piccolo facevo il chierichetto e servivo la messa.  Poi ho cominciato a frequentare l’oratorio di don Bosco nella mia città, fin dalla quinta elementare. Siccome mi piaceva molto giocare a calcio, ho continuato a frequentare il don Bosco per anni e poi piano piano la mia appartenenza all’oratorio è cresciuta sempre di più facendomi coinvolgere non solo in attività sportive ma anche in quelle di animazione e servizio.

Qual è la storia della tua vocazione?
La mia vocazione è nata da un desiderio che Dio ha messo nel mio cuore. Quando servivo la messa mi dicevo: quando diventerò grande sarò anch’io sull’altare come questo sacerdote.  Dopo avere conosciuto i Salesiani, questo desiderio è maturato sempre di più e l’esempio dei Salesiani, che erano con noi in cortile, in chiesa e nei vari momenti della nostra vita, mi ha fatto pensare seriamente alla mia vita e al suo senso. Così ho iniziato a riflettere più profondamente e a chiedermi il perché della mia esistenza e il senso della mia vita. Ho perciò incominciato a domandarmi come potevo discernere la mia vocazione, a chiedermi che cosa volesse Dio da me. Con questi pensieri, con la preghiera e con il servizio ho camminato alla ricerca della volontà del Signore per me.
A Qamishli c’era un missionario italiano che era sempre con noi in cortile; organizzava i tornei di calcio, incoraggiava, ci accompagnava in chiesa per vivere la santa messa e l’adorazione eucaristica, e ci faceva vedere i film sulla vita dei santi per poi spingerci a fare opere di carità e servizio nell’oratorio e fuori. La sua testimonianza mi ha fatto riflettere che potevo anch’io vivere e fare come lui. Così con il suo aiuto e quello di altri salesiani ho iniziato il mio discernimento. Ho amato la vita di quel salesiano perché era vicino Dio, alla gente e ai giovani come don Bosco con una vita gioiosa e bella, semplice e profonda. Si capiva che il suo non era un lavoro ma una vocazione divina!

Come ha reagito la tua famiglia?
La mia è una famiglia semplice e all’inizio non voleva che io lasciassi la casa, ma poi ha capito che era una chiamata del Signore e così mi è stato permesso di iniziare il cammino. Da quel momento in poi la mia famiglia ha sempre incoraggiato la mia vocazione con l’affetto e la preghiera.

Quali sono state le sfide più grandi?
La sfida più grande è stata lasciare il mondo per seguire Cristo nella vita consacrata. Questo non è stato facile, perché la mia vita era legata a tanti amici e al calcio. Ero un calciatore, e giocavo in una squadra della mia città di serie A, quindi lasciare tutto questo è stato faticoso.

Qual è la tua esperienza più bella?
Devo però dire che una volta iniziato il cammino ho sperimentato quanto dice Gesù nel vangelo che chi segue Lui avrà in cambio tanti fratelli, sorelle, amici, confratelli, giovani e laici con cui condividere la vita e la missione. Questo è veramente un dono bellissimo.

Come sono i giovani del luogo?
I giovani della nostra ispettoria, sono degli eroi, sono stupendi. Come dico sempre a tutti, sono loro i veri protagonisti della storia delle nostre terre, perché hanno sempre vissuto in situazioni molto difficili e di guerra, perché hanno imparato a vivere in queste situazioni come cristiani e come testimoni, con tanta fede e speranza. Per me erano e sono ancora un esempio bellissimo.

Che cosa si potrebbe fare di più e meglio?
Il futuro dei giovani nelle nostre terre oggi è molto ambiguo e non facile, ma loro possono fare tanto, e prego Dio, che ci conceda la pace, perché possano costruire un futuro in queste terre e guardare al domani con speranza e senza paura perché Lui è con noi e non ci abbandona.

Quale posto occupa nella tua vita Maria Ausiliatrice?
Nelle nostre case del Medio Oriente siamo abituati noi salesiani insieme ai giovani a invocare molto spesso Maria Ausiliatrice, perché sappiamo che è stata Lei ad aiutare don Bosco soprattutto nei momenti più faticosi.  E noi proprio in questi momenti di guerra non cessiamo di chiedere la sua intercessione materna, Lei il nostro rifugio, Lei la Madonna dei tempi difficili come diceva don Bosco.

Che cosa diresti ai giovani in questo momento?
Dico ai giovani di non aver paura della vita e delle difficoltà, ma di affrontare tutto con amore e speranza; non da soli, ma con Dio e con i fratelli e le sorelle, perché insieme possiamo cambiare noi stessi e il mondo; così hanno vissuto e fatto i nostri santi e il nostro padre fondatore don Bosco. Invito perciò i giovani ad aprire il cuore alla chiamata di Dio, a non essere indifferenti quando ascoltano la Sua voce… non indurite il cuore!
E concludo dicendo a me stesso e a tutti i giovani, le stesse parole di papa Francesco nella Cristus Vivit: “Lui vive e ti vuole vivo!”

don Simon ZAKERIAN
ispettore Medio Oriente




In memoriam. Cardinale Angelo Amato, sdb

La Chiesa universale e la Famiglia Salesiana hanno salutato per l’ultima volta, il 31 dicembre 2024, il Cardinale Angelo Amato, S.D.B., Prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi. Nato a Molfetta (in provincia di Bari, Italia) l’8 giugno 1938, egli ha servito a lungo la Santa Sede ed è stato un punto di riferimento per la teologia, la ricerca accademica e la promozione della santità nella Chiesa. Le esequie, presiedute il 2 gennaio 2025 dal Cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio, si sono tenute all’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro. Al termine, il Santo Padre Francesco ha presieduto il rito dell’”Ultima Commendatio” e della “Valedictio”, rendendo il proprio omaggio a questo illustre figlio di san Giovanni Bosco.
Di seguito un profilo biografico che ne ripercorre la vita, le tappe più significative della sua formazione, le esperienze accademiche e pastorali, fino alla sua missione di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Le origini e la scelta salesiana
Angelo Amato nacque a Molfetta l’8 giugno 1938, primo di quattro figli di una famiglia di costruttori navali. Cresciuto in un ambiente che ne favorì lo spirito di impegno e responsabilità, compì i primi studi presso le scuole elementari dirette dalle suore alcantarine e dalle suore salesiane dei Sacri Cuori, a Molfetta. Successivamente, proseguì con la scuola media e, intravvedendo un possibile futuro nella carriera marittima, si iscrisse all’Istituto nautico di Bari, nella sezione dei capitani di lungo corso. Fu proprio durante il terzo anno di studi, nell’ottobre del 1953, che maturò la decisione di intraprendere la via del sacerdozio: lasciò l’Istituto nautico e fece ingresso nell’aspirantato salesiano di Torre Annunziata.
La sua vocazione religiosa, dunque, si inserì fin dall’inizio nella Famiglia Salesiana. Dopo un periodo di prova, effettuò il noviziato a Portici Bellavista dal 1955 al 1956. Il 16 agosto 1956, giorno che la tradizione salesiana riserva alla prima professione dei novizi, emise i voti religiosi diventando salesiano di Don Bosco. Da quel momento, la sua vita sarebbe stata profondamente legata al carisma salesiano, con particolare attenzione ai giovani e all’educazione.
Terminato il noviziato, Angelo Amato frequentò lo studentato filosofico di San Gregorio di Catania, dove ottenne il diploma liceale classico (nel 1959) e, a seguire, la licenza in Filosofia presso l’allora Pontificio Ateneo Salesiano di Roma (oggi Università Pontificia Salesiana). Nel 1962 emise la professione perpetua, consolidando definitivamente la sua appartenenza alla Congregazione salesiana. In quegli stessi anni svolse il tirocinio pratico al collegio salesiano di Cisternino (Brindisi), insegnando lettere nella scuola media: un’esperienza che lo mise fin da subito a contatto con l’apostolato giovanile e l’insegnamento, due dimensioni che segneranno tutta la sua missione.

L’ordinazione sacerdotale e gli studi teologici
La tappa successiva del percorso di Angelo Amato fu lo studio della Teologia nella Facoltà teologica dell’Università Salesiana, sempre a Roma, dove conseguì la licenza in Teologia. Ordinato sacerdote il 22 dicembre 1967, decise di specializzarsi ulteriormente e si iscrisse alla Pontificia Università Gregoriana. Nel 1974 vi ottenne il dottorato in Teologia, entrando così a far parte del corpo docente universitario. L’ambito teologico lo affascinava profondamente, e ciò si sarebbe riflesso nella grande mole di pubblicazioni e saggi di cui fu autore nel corso della sua carriera accademica.

L’esperienza in Grecia e la ricerca sul mondo ortodosso
Una fase determinante nella formazione di padre Angelo Amato fu il soggiorno in Grecia, a partire dal 1977, promosso dall’allora Segretariato per l’Unità dei Cristiani (oggi Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani). Inizialmente trascorse quattro mesi nella residenza ateniese dei gesuiti, dove si dedicò allo studio del greco moderno, sia scritto sia parlato, in vista dell’iscrizione all’Università di Salonicco. Ammesso ai corsi, ottenne una borsa di studio dal Patriarcato di Costantinopoli, grazie alla quale poté soggiornare al Monì Vlatadon (Vlatadon Monastery), sede di un istituto di studi patristici (Idrima ton Paterikon Meleton) e di una ricchissima biblioteca specializzata in teologia ortodossa, arricchita dai microfilm dei manoscritti del Monte Athos.
Presso l’Università di Salonicco seguì corsi di storia dei dogmi con il professore Jannis Kaloghirou e di dogmatica sistematica con Jannis Romanidis. Parallelamente, portò avanti un importante studio sul sacramento della penitenza nella teologia greco ortodossa dal XVI al XX secolo: la ricerca, sostenuta dal noto patrologo greco Konstantinos Christou, fu pubblicata nel 1982 nella collana «Análekta Vlatádon». Questo periodo di scambio ecumenico e di conoscenza approfondita del mondo cristiano orientale arricchì notevolmente la formazione di Amato, rendendolo un esperto di teologia ortodossa e delle dinamiche di dialogo tra Oriente e Occidente.

Il ritorno a Roma e l’impegno accademico all’Università Pontificia Salesiana
Rientrato a Roma, Angelo Amato assunse l’incarico di professore di Cristologia nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Salesiana. Le sue doti di studioso e la sua chiarezza espositiva non passarono inosservate: fu nominato Decano della stessa Facoltà di Teologia per due mandati (1981-1987 e 1994-1999). Inoltre, tra il 1997 e il 2000 ricoprì il ruolo di Vice-Rettore dell’Università.
In quegli anni egli maturò ulteriore esperienza all’estero: nel 1988 fu inviato a Washington per approfondire la teologia delle religioni e per completare il suo manuale di cristologia. Parallelamente al lavoro accademico, ebbe ruoli di consulenza per diversi organismi della Santa Sede: fu consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e dei Pontifici Consigli per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e per il Dialogo Interreligioso. Svolse anche l’incarico di consigliere presso la Pontificia Accademia Mariana Internazionale, sottolineando il suo interesse per la mariologia, tipico della spiritualità salesiana incentrata su Maria Ausiliatrice.
Nel 1999 venne nominato prelato segretario della ristrutturata Pontificia Accademia di Teologia e direttore della neonata rivista teologica «Path». Inoltre, tra il 1996 e il 2000, fece parte della commissione teologico-storica del Grande Giubileo dell’Anno 2000, dando così un apporto significativo all’organizzazione delle celebrazioni giubilari.

Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede e l’episcopato
Il 19 dicembre 2002 arrivò una nomina di grande rilievo: Papa Giovanni Paolo II lo designò Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, elevandolo contestualmente alla dignità arcivescovile e assegnandolo alla sede titolare di Sila, con il titolo personale di Arcivescovo. Ricevette l’ordinazione episcopale il 6 gennaio 2003, nella Basilica Vaticana, dalle mani dello stesso Giovanni Paolo II (oggi San Giovanni Paolo II).
In questo ruolo, Monsignor Angelo Amato collaborò con il Prefetto dell’epoca, il Cardinale Joseph Ratzinger (futuro Benedetto XVI). Compito del Dicastero fu, ed è, quello di promuovere e tutelare la dottrina cattolica in tutto il mondo. Durante il suo mandato, il neo-Arcivescovo continuò ad avere un approccio accademico, coniugando le sue competenze specialistiche in teologia con il servizio ecclesiale rivolto all’ortodossia della fede.

Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e la porpora cardinalizia
Un ulteriore passo in avanti nella carriera ecclesiastica giunse il 9 luglio 2008: Papa Benedetto XVI lo nominò Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in sostituzione del Cardinale José Saraiva Martins. In questo dicastero, Monsignor Amato fu responsabile di seguire l’iter di beatificazione e canonizzazione dei Servi di Dio, il discernimento sulle virtù eroiche, i miracoli e la testimonianza di quanti, nel corso della storia, sono divenuti santi e beati della Chiesa Cattolica.
Nel Concistoro del 20 novembre 2010, Benedetto XVI lo creò Cardinale, assegnandogli la Diaconia di Santa Maria in Aquiro. Il nuovo porporato poté così prendere parte al conclave del marzo 2013, che vide l’elezione di Papa Francesco. Durante il pontificato di quest’ultimo, il Cardinale Amato fu confermato “donec aliter provideatur” come Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi (19 dicembre 2013), proseguendo la propria attività sino al 31 agosto 2018, quando rassegnò le dimissioni per raggiunti limiti di età, lasciando un’impronta duratura grazie al numero di beatificazioni e canonizzazioni esaminate in quegli anni.

L’impegno per la Chiesa locale: l’esempio di don Tonino Bello
Una particolare testimonianza del legame del Cardinale Amato con la sua terra d’origine si ebbe nel novembre 2013, quando egli si recò nella Cattedrale di Molfetta per la chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di don Tonino Bello (1935-1993). Quest’ultimo, Vescovo di Molfetta dal 1982 al 1986, fu figura amatissima per il suo impegno a favore della pace e dei poveri. In quell’occasione, il Cardinale Amato mise in risalto come la santità non sia appannaggio di pochi eletti, bensì una vocazione universale: tutti i credenti, ispirati dalla persona e dal messaggio di Cristo, sono chiamati a vivere profondamente la fede, la speranza e la carità.

Ultimi anni e la morte
Dopo aver lasciato la guida della Congregazione delle Cause dei Santi, il Cardinale Angelo Amato continuò a offrire il proprio servizio alla Chiesa, partecipando ad eventi, cerimonie e rendendo disponibile la sua profonda conoscenza teologica. Il suo impegno fu sempre contrassegnato da un tratto umano di grande finezza, da un evidente rispetto per l’interlocutore e da un’umiltà che spesso colpiva chiunque lo incontrasse.
Il 3 maggio 2021, la sua diaconia di Santa Maria in Aquiro venne elevata pro hac vice a titolo presbiteriale, onorando ulteriormente la sua lunga e fedele dedizione al ministero ecclesiale.
La morte del porporato, sopraggiunta il 31 dicembre 2024 a 86 anni, ha lasciato un vuoto nella Famiglia Salesiana e nel Collegio Cardinalizio, ora costituito da 252 cardinali, di cui 139 elettori e 113 non elettori. L’annuncio della sua scomparsa ha suscitato reazioni di cordoglio e di riconoscenza in tutto il mondo ecclesiale: l’Università Pontificia Salesiana, in particolare, ne ha ricordato i lunghi anni di insegnamento come docente di Cristologia, il suo duplice mandato di Decano della Facoltà di Teologia, nonché il periodo in cui rivestì la carica di Vice-Rettore dell’ateneo.

Un’eredità di fedeltà e ricerca della santità
Guardando alla figura del Cardinale Angelo Amato, non si possono non cogliere alcuni tratti che ne hanno caratterizzato il ministero e la testimonianza. Anzitutto, il suo profilo di religioso salesiano: la fedeltà ai voti, il profondo legame con il carisma di san Giovanni Bosco, l’attenzione ai giovani, alla formazione intellettuale e spirituale, rappresentano una linea guida costante nella sua vita. In secondo luogo, la vasta produzione teologica, in particolare in ambito cristologico e mariologico, e il suo contributo al dialogo con il mondo ortodosso, di cui fu studioso appassionato.
Indubbiamente, il servizio alla Santa Sede come Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e cardinale, sottolinea l’importanza del suo ruolo nella promozione e nella tutela della dottrina cattolica, nonché nella valorizzazione dei testimoni di santità. Il Cardinale Amato fu testimone privilegiato della ricchezza spirituale che la Chiesa universale ha espresso lungo i secoli, e fu parte attiva nel riconoscimento di figure che rappresentano un faro per il popolo di Dio.
Inoltre, la partecipazione a un conclave (quello del 2013), la sua vicinanza a grandi Papi come Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, e la sua collaborazione con numerosi dicasteri testimoniano un servizio a trecentosessanta gradi, in cui si fondono la dimensione accademica e l’esercizio pastorale di governo nella Chiesa.
La morte del Cardinale Angelo Amato lascia un’eredità di dottrina, di sensibilità ecumenica e di amore per la Chiesa. La diocesi di Molfetta, che già aveva potuto sperimentare la sua partecipazione al processo di beatificazione di don Tonino Bello, lo ricorda come uomo di fede e pastore instancabile, capace di unire le esigenze della disciplina teologica a quelle della carità pastorale. La Famiglia Salesiana, in particolare, coglie in lui il frutto di un carisma ben vissuto, intriso di quella “carità educativa” che da Don Bosco in poi accompagna il percorso di tanti consacrati e sacerdoti nel mondo, sempre a servizio dei più giovani e dei più bisognosi.
Oggi, la Chiesa lo affida alla misericordia del Signore, nella certezza che, come lo stesso Pontefice ha affermato, il Cardinale Amato, “servo buono e vigilante”, possa contemplare il volto di Dio nella gloria dei santi che egli stesso ha contribuito a riconoscere. La sua testimonianza, resa concreta da una vita donata e da una profonda preparazione teologica, resta come segno e incoraggiamento per tutti coloro che desiderano servire la Chiesa con fedeltà, mitezza e dedizione, fino al termine del loro pellegrinaggio terreno.
In questo modo, il messaggio di speranza e di santità che ha animato ogni sua azione trova compimento: chi semina nel solco dell’obbedienza, della verità e della carità, raccoglie un frutto che diviene bene comune, ispirazione e luce per le generazioni future. Ed è questa, in definitiva, l’eredità più bella che il Cardinale Angelo Amato lascia alla sua famiglia religiosa, alla diocesi di Molfetta e all’intera Chiesa.

E non possiamo trascurare l’eredità scritturistica che il Cardinale Angelo Amato ci ha lasciato. Presentiamo a continuazione un elenco, sicuramente non completo delle sue pubblicazioni.


























































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































Anno



Titolo



Info



1



1974



I
pronunciamenti tridentini sulla necessità della confessione
sacramentale nei canoni 6-9 della sessione XIV (25 novembre 1551)



Saggio
di ermeneutica conciliare



2



1975



Problemi
attuali di cristologia



Conferenze
della facoltà teologica Salesiana 1974-1975



3



1976



La
Chiesa locale: prospettive teologiche e pastorali



Conferenze
della Facoltà teologica salesiana 1975-1976



4



1977



Cristologia
metaecclesiale?



Considerazioni
sulla cristologia “metadogmatica” di E. Schillebeeckx



5



1977



Il
Gesù storico



Problemi
e interpretazioni



6



1977



Temi
teologico-pastorali







7



1978



Annuncio
cristiano e cultura contemporanea







8



1978



Studi
di cristologia patristica attuale



A
proposito di due recenti pubblicazioni di Alois Grillmeier



9



1979



Il
sacramento della penitenza nelle “Risposte” del
patriarca Geremia II ai teologi luterani di Tübingen
(1576,1579,1581)







10



1980



Annunciare
Cristo ai giovani



(coautore)



11



1980



Il
Cristo biblico-ecclesiale



Proposta
di una sintesi criteriologica sui contenuti essenziali
dell’annuncio cristologico contemporaneo



12



1980



Il
Cristo biblico-ecclesiale latinoamericano



Il
modulo cristologico “religioso-popolare” di Puebla



13



1980



La
figura di Gesù Cristo nella cultura contemporanea



Il
Cristo nel conflitto delle interpretazioni



14



1980



Selezione
orientativa sulle pubblicazioni cristologiche in Italia







15



1980



L’enciclica
del dialogo rivisitata



A
proposito del Colloquio internazionale di studio sull’”Ecclesiam
suam
” di
Paolo VI (Roma, 24-26 ottobre 1980)



16



1981



Il
Salvatore e la Vergine-Madre: la maternità salvifica di
Maria e le cristologie contemporanee



Atti
del 3º Simposio mariologico internazionale (Roma, ottobre
1980)



17



1981



La
risurrezione di Gesù nella teologia contemporanea







18



1981



Mariologia
in contesto



Un
esempio de teologia inculturata: “Il volto meticcio di Maria
di Guadalupe” (Puebla n.446)



19



1982



Il
sacramento della penitenza nella teologia greco-ortodossa



Studi
storico-dogmatici, sec. XVI-XX



20



1983



Inculturazione-Contestualizzazione:
teologia in contesto



Elementi
di bibliografia scelta



21



1983



La
dimension “thérapeutique” du sacrement de la
pénitence dans la théologie et la praxis de l’Église
gréco-orthodoxe







22



1984



Come
conoscere oggi Maria







23



1984



Inculturazione
e formazione salesiana



Dossier
dell’incontro di Roma, 12-17 settembre 1983 (coautore)



24



1984



Maria
e lo Spirito Santo



Atti
del 4º Simposio Mariologico Internazionale (Roma, ottobre,
1982)



25



1985



Come
collaborare al progetto di Dio con Maria



Princìpi
e proposte



26



1987



La
Madre della misericordia







27



1988



Gesù
il Signore



Saggio
di cristologia



28



1989



Essere
donna



Studi
sulla lettera apostolica “Mulieris
dignitatem

di Giovanni Paolo II (coautore)



29



1990



Cristologia
e religioni non cristiane



Problematica
e attualità: considerazioni introduttive



30



1991



Come
pregare con Maria







31



1991



Studio
dei Padri e teologia dogmatica



Riflessioni
a partire dall’Istruzione della Congregazione per
l’educazione cattolica del 10 novembre 1989 (=IPC)



32



1991



Verbi
revelati ‘accommodata praedicatio’ lex omnis
evangelizationis”

(GS n.44)



Riflessioni
storico-teologiche sull’inculturazione



33



1992



Angeli
e demoni Il dramma
della storia tra il bene e il male







34



1992



Dio
Padre – Dio Madre



Riflessioni
preliminari



35



1992



Il
mistero di Maria e la morale cristiana







36



1992



Il
posto di Maria nella “Nuova evangelizzazione”







37



1993



Cristologia
della Secunda
Clementis



Considerazioni
iniziali



38



1993



Lettera
cristologica dei primi concili ecumenici







39



1994



Trinità
in contesto







40



1996



Maria
presso la Croce, volto misericordioso di Dio per il nostro tempo



Convegno
mariano delle Serve di Maria Riparatrici, Rovigo, 12-15 settembre
1995



41



1996



Tertio
millennio adveniente
:
Lettera apostolica di Giovanni Paolo II



Testo
e commento teologico pastorale



42



1996



Vita
consecrata
. Una
prima lettura teologica







43



1997



Alla
ricerca del volto di Cristo: … ma voi chi dite che io sia?



Atti
della XXVII Settimana teologica diocesana, Figline Valdarno, 2-5
settembre 1997



44



1997



Gesù
Cristo verità di Dio e ricerca dell’uomo



Cristologia



45



1997



La
catechesi al traguardo. Studi sul Catechismo della Chiesa
cattolica



(coautore)



46



1997



Super
fundamentum Apostolorum



Studi
in onore di S. Em. il cardinale A.M. Javierre Ortas (coautore)



47



1998



El
Evangelio del Padre







48



1998



Gesù
Cristo morto e risorto per noi consegna lo Spirito



Meditazioni
teologiche sul mistero pasquale (coautore)



49



1998



Il
Vangelo del Padre







50



1998



Una
lettura cristologica della “Secunda
Clementis



Esistenza
di influssi paolini?



51



1999



Evangelización,
catequesis, catequistas



Una
nueva etapa para la Iglesia del tercer milenio



52



1999



La
Vergine Maria dal Rinascimento a oggi







53



1999



Missione
della Chiesa e Chiesa in missione]. Gesù Cristo, Verbo del
Padre



Ambito
II



54



1999



La
Chiesa santa, madre di figli peccatori



Approccio
ecclesiologico ed implicanze pastorali



55



2000



Dominus
Iesus
: l’unicità
e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e
della Chiesa



Dichiarazione



56



2000



Gesù
Cristo e l’unicità della mediazione



(coautore)



57



2000



Gesù
Cristo, speranza del mondo



Miscellanea
in onore di Marcello Bordoni



58



2000



La
Vierge dans la catéchèse, hier et aujourd’hui



Communications
présentées à la 55e Session de la Société
française d’études mariales, Sanctuaire
Notre-Dame-de-la-Salette, 1999 (coautore)



59



2000



Maria
e la Trinità



Spiritualità
mariana ed esistenza cristiana



60



2000



Maria
nella catechesi ieri e oggi



Un
sintetico sguardo storico



61



2001



Crescere
nella grazia e nella conoscenza di Gesù







62



2002



Dichiarazione
Dominus
Iesus
” (6
agosto 2000)



Studi
(coautore)



63



2003



Maria
Madre della speranza



Per
una inculturazione della speranza e della misericordia. [Parte
componente di monografia]



64



2005



La
Madre del Dio vivo a servizio della vita



Atti
del 12. Colloquio internazionale di mariologia, Santuario del
Colle, Lenola (Latina), 30 Maggio – 1° giugno 2002 (coautore)



65



2005



Lo
sguardo di Maria sul mondo contemporaneo



Atti
del XVII Colloquio internazionale di mariologia, Rovigo, 10-12
settembre 2004



66



2005



Maria,
sintesi di valori



Storia
culturale della mariologia (coautore)



67



2007



Sui
sentieri di Clotilde Micheli fondatrice delle Suore degli Angeli
adoratrici della SS. Trinità



Spiritualità
e promozione umana (coautore)



68



2007



San
Francesco Antonio Fasani apostolo francescano e culture
dell’Immacolata







69



2007



Il
vescovo maestro della fede



Sfide
contemporanee al magistero della verità



70



2008



Gesù,
identità del cristianesimo Conoscenza
ed esperienza







71



2008



La
Dominus Iesus
e le religioni







72



2009



Catholicism
and secularism in contemporary Europe







73



2009



Futuro
presente Contributi
sull’enciclica “Spe salvi” di Benedetto XVI



(coautore)



74



2009



La
santità dei papi e di Benedetto XIII







75



2009



Maria
di Nazaret. Discepola e testimone della parola







76



2009



Reflexiones
sobre la cristología contemporánea







77



2010



I
santi nella Chiesa







78



2010



Il
celibato di Cristo nelle trattazioni cristologiche contemporanee



Rassegna
critico-sistematico



79



2010



Il
celibato di Gesù







80



2010



Il
santo di Dio. Cristologia e santità







81



2011



Dialogo
interreligioso Significato
e valore







82



2011



I
santi si specchiano in Cristo







83



2011



Istruzione
Sanctorum
mater



Presentazione



84



2011



Le
cause dei santi



Sussidio
per lo “Studium



85



2011



Maria
la Theotokos.
Conoscenza ed esperienza







86



2012



I
santi testimoni della fede







87



2012



Santa
Ildegarda di Bingen







88



2012



Santi
e beati. Come
procede la Chiesa







89



2012



Testi
mariani del secondo millennio



(coautore)



90



2013



I
santi evangelizzano



Contributo
nel Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2012, che documenta
l’indispensabile natura evangelizzatrice dei Santi, che
grazie alla loro esemplare condotta cristiana, nutrita di fede,
speranza e carità, diventano così dei punti di
riferimento per la Chiesa Cattolica e per i fedeli di tutto il
mondo e tutte le culture, orientandoli verso una vita di santità.
Il volume è diviso in due parti: nella prima si trovano le
riflessioni dottrinali sul concetto di Santità e sulle
cause dei Santi, la seconda parte raccoglie invece omelie, lettere
e relazioni, tenute nell’arco del 2012, che descrivono la
vita e l’operato di Santi, Beati, Venerabili e Servi di Dio



91



2013



Il
Paradiso: di che si tratta?







92



2014



Accanto
a Giovanni Paolo II



Gli
amici e i collaboratori raccontano (coautore)



93



2014



I
santi profeti di speranza







94



2014



La
Santissima Eucaristia nella fede e nel diritto della Chiesa



(coautore)



95



2014



San
Pietro Favre







96



2014



Sant’Angela
da Foligno







97



2015



I
santi: apostoli di Cristo risorto







98



2015



Gregorio
di Narek. Dottore della Chiesa







99



2015



Beato
Oscar Romero







100



2015



Santa
Maria dell’incarnazione







101



2015



San
Joseph Vaz







102



2015



I
Santi apostoli di Cristo risorto







103



2016



I
santi: messaggeri di misericordia







104



2016



Misericordiosi
come il Padre



Esperienze
di misericordia nel vissuto di santità



105



2017



I
santi, ministri della carità



Contiene
considerazioni sulla carità e una galleria di uomini e
donne (santi, beati, venerabili e servi di Dio) esemplari per
l’esercizio eroico di questa energia divina che è la
carità



106



2017



Il
messaggio di Fatima tra carisma e profezia



Atti
del Forum Internazionale di Mariologia (Roma 7-9 maggio 2015)



107



2018



I
santi e la Madre di Dio







108



2019



Perseguitati
per la fede



Le
vittime del nazionalsocialismo in Europa centro-orientale



109



2019



Sufficit
gratia mea



Miscellanea
di studi offerti a Sua Em. il Card. Angelo Amato in occasione del
suo 80º genetliaco



110



2019



Un’inedita
Sicilia. Eventi e personaggi da riscoprire







111



2020



Il
segreto di Tiffany Grant







112



2021



Iesus
Christus heri et hodie, ipse et in saecula



Raccolta
di contributi promossa dalla Pontificia Università
Salesiana per il Card. Angelo Amato, in occasione del suo 80º
genetliaco



113



2021



Dici
l’anticu… La cultura popolare nel paese del Gattopardo.
Proverbi di Palma di Montechiaro







114



2023



Una
Sicilia ancora da scoprire. Eventi e personaggi inediti