Padre Crespi e il Giubileo del 1925

Nel 1925, in vista dell’Anno Santo, Padre Carlo Crespi si fece promotore di una mostra missionaria internazionale. Richiamato dal Collegio Manfredini di Este, fu incaricato di documentare le imprese missionarie in Ecuador, raccogliendo materiali scientifici, etnografici e audiovisivi. Grazie a viaggi e proiezioni, la sua opera collegò Roma e Torino, evidenziando l’impegno salesiano e rafforzando i legami tra istituzioni ecclesiastiche e civili. Il suo coraggio e la sua visione trasformarono la sfida missionaria in un successo espositivo, lasciando un segno indelebile nella storia della Propaganda Fide e dell’azione missionaria salesiana.

            Quando Pio XI, in vista dell’Anno Santo del 1925, volle programmare a Roma una documentata Esposizione Missionaria Internazionale Vaticana, i Salesiani fecero propria l’iniziativa con una Mostra Missionaria, da tenersi a Torino nel 1926, anche in funzione del 50° delle Missioni salesiane. A tale scopo i Superiori pensarono subito a don Carlo Crespi e lo chiamarono dal Collegio Manfredini di Este, dove era stato assegnato per insegnare Scienze naturali, Matematica e Musica.
            A Torino don Carlo conferì con il Rettore Maggiore, don Filippo Rinaldi, con il superiore referente per le missioni, don Pietro Ricaldone e, in particolare, con Mons. Domenico Comin, vicario apostolico di Méndez e Gualaquiza (Ecuador), che ne doveva appoggiare l’opera. In quel momento, viaggi, esplorazioni, ricerche, studi e quant’altro doveva nascere dall’opera di Carlo Crespi, ebbero l’avallo e il via ufficiale dai Superiori. Seppure mancassero quattro anni alla progettata Esposizione, chiesero a don Carlo di occuparsene direttamente, affinché svolgesse al completo un lavoro scientificamente serio e credibile.
Si trattava di:
            1. Creare un clima d’interesse a favore dei Salesiani operanti nella missione ecuadoriana di Méndez, valorizzandone le imprese tramite documentazioni scritte e orali, e provvedendo ad una congrua raccolta di fondi.
            2. Raccogliere materiale per l’allestimento dell’Esposizione Missionaria Internazionale di Roma e, trasferirlo successivamente a Torino, per commemorare solennemente i primi cinquant’anni delle missioni salesiane.
            3. Effettuare uno studio scientifico del suddetto territorio al fine di convogliare i risultati, non solo nelle mostre di Roma e Torino, ma soprattutto in un Museo permanente e in un’opera “storico-geo-etnografica” precisa.
            Dal 1921 in avanti, i Superiori incaricarono don Carlo di condurre in diverse città italiane attività propagandistiche a favore delle missioni. Per sensibilizzare l’opinione pubblica al riguardo, don Carlo organizzò la proiezione di documentari sulla Patagonia, la Terra del Fuoco e gli indios del Mato Grosso. Ai filmati girati dai missionari, abbinò commenti musicali eseguiti personalmente al pianoforte.
            La propaganda con conferenze fruttò circa 15 mila lire [rivalutati corrispondono a € 14.684] spese poi per i viaggi, il trasporto e per i seguenti materiali: una macchina fotografica, una cinepresa, una macchina da scrivere, alcune bussole, teodoliti, livelle, pluviometri, una cassetta di medicinali, attrezzi da agricoltura, tende da campo.
            Diversi industriali del milanese offersero alcuni quintali di tessuti per il valore di 80 mila lire [€ 78.318], tessuti che furono ripartiti più tardi fra gli indios.
            Il 22 marzo 1923 padre Crespi s’imbarca, dunque, sul piroscafo “Venezuela”, alla volta di Guayaquil, il porto fluviale e marittimo più importante dell’Ecuador, di fatto la capitale commerciale ed economica del Paese, soprannominata per la sua bellezza: “La Perla del Pacifico”.
            In uno scritto successivo rievocherà con grande commozione la sua partenza per le Missioni: “Ricordo la mia partenza da Genova il 22 marzo dell’anno 1923 […]. Quando, tolti i ponti che ancora ci tenevano avvinti alla terra natia, il bastimento incominciò a muoversi, l’anima mia fu pervasa da una gioia così travolgente, così sovrumana, così ineffabile, che tale non l’avevo mai provata in nessun istante della mia vita, neppure nel giorno della mia prima Comunione, neppure nel giorno della mia prima Messa. In quell’istante cominciai a comprendere che cosa era il missionario e che cosa a lui riserbava Iddio […]. Pregate fervidamente, affinché Iddio ci conservi la santa vocazione e ci renda degni della nostra santa missione; affinché nessuna perisca delle anime, che nei suoi eterni decreti Iddio ha voluto che si salvassero per mezzo nostro, affinché ci faccia baldi campioni della fede, fino alla morte, fino al martirio” (Carlo Crespi, Nuovo drappello. L’inno della riconoscenza, in Bollettino Salesiano, L, nr.12, dicembre 1926).
            Don Carlo adempì l’incarico ricevuto mettendo in pratica le conoscenze universitarie, in particolare attraverso la campionatura di minerali, flora e fauna provenienti dall’Ecuador. Ben presto, però, andò oltre la missione affidatagli, entusiasmandosi su temi di carattere etnografico e archeologico che, in seguito, occuperanno molto tempo della sua intensa vita.
            Fin dai primi itinerari, Carlo Crespi non si limita ad ammirare, ma raccoglie, classifica, appunta, fotografa, filma e documenta qualunque cosa attragga la sua attenzione di studioso. Con entusiasmo, si addentra nell’Oriente ecuadoriano per film, documentari e per raccogliere valide collezioni botaniche, zoologiche, etniche e archeologiche.
            Questo è quel mondo magnetico che già gli vibrava nel cuore ancor prima di arrivarci, del quale così riferisce all’interno dei suoi quadernetti: “In questi giorni una voce nuova, insistente, mi suona nell’animo, una sacra nostalgia dei paesi di missione; qualche volta anche per il desiderio di conoscere in particolare cose scientifiche. Oh Signore! Sono disposto a tutto, ad abbandonare la famiglia, i parenti, i compagni di studi; il tutto per salvare qualche anima, se questo è il tuo desiderio, la tua volontà” (Senza luogo, senza data. – Appunti personali e riflessioni del Servo di Dio su temi di natura spirituale tratti da 4 quadernetti).
            Un primo itinerario, durato tre mesi, iniziò a Cuenca, toccò Gualaceo, Indanza e terminò al fiume Santiago. Raggiunse poi la valle del fiume San Francesco, la laguna di Patococha, Tres Palmas, Culebrillas, Potrerillos (la località più alta, a 3.800 m s.l.m.), Rio Ishpingo, la collina di Puerco Grande, Tinajillas, Zapote, Loma de Puerco Chico, Plan de Milagro e Pianoro. In ognuno di questi luoghi raccolse campioni da essiccare e integrare nelle varie collezioni. Taccuini da campo e numerose fotografie documentano il tutto con precisione.
            Carlo Crespi organizzò un secondo viaggio attraverso le valli di Yanganza, Limón, Peña Blanca, Tzaranbiza, nonché lungo il sentiero di Indanza. Com’è facile supporre, gli spostamenti all’epoca erano difficoltosi: esistevano solamente mulattiere, oltre a precipizi, condizioni climatiche inospitali, belve pericolose, ofidi letali e malattie tropicali.
            A ciò si aggiungeva il pericolo di attacchi da parte degli indomiti abitanti dell’Oriente che don Carlo, però, riuscì ad avvicinare, ponendo le premesse del lungometraggio “Los invencibles Shuaras del Alto Amazonas”, che girerà nel 1926 e verrà proiettato il 26 febbraio 1927 a Guayaquil. Superando tutte queste insidie, riuscì a riunire seicento varietà di coleotteri, sessanta uccelli imbalsamati dal meraviglioso piumaggio, muschi, licheni, felci. Studiò circa duecento specie locali e, utilizzando la sotto classificazione dei luoghi visitati dai naturalisti sulle Allioni, s’imbatte in 21 varietà di felci, appartenenti alla zona tropicale al di sotto degli 800 m s.l.m.; 72 a quella subtropicale che va dagli 800 ai 1.500 m s.l.m.; 102 a quella Subandina, tra i 1.500 e i 3.400 m s.l.m., e 19 a quella Andina, superiore ai 3.600 m s.l.m. (Interessantissimo è il commento del prof. Roberto Bosco, prestigioso botanico e componente della Società Botanica Italiana che, quattordici anni dopo, nel 1938, decise di studiare e ordinare sistematicamente “la vistosa collezione di felci” preparata in pochi mesi dal “Prof. Carlo Crespi, erborizzando nell’Equatore).
            Le specie maggiormente degne di nota, studiate da Roberto Bosco, furono battezzate “Crespiane”.
            Per riassumere: già nell’ottobre del 1923, don Carlo, per preparare l’Esposizione Vaticana, aveva organizzato le prime escursioni missionarie per tutto il Vicariato, fino a Méndez, Gualaquiza e Indanza, raccogliendo materiali etnografici e molta documentazione fotografica. Le spese furono coperte con i tessuti e i finanziamenti raccolti in Italia. Con il materiale raccolto, che in seguito avrebbe trasferito in Italia, organizzò un’Esposizione fieristica, tra i mesi di giugno e luglio del 1924, nella città di Guayaquil. Il lavoro suscitò giudizi entusiastici, riconoscimenti e aiuti. Di questa Esposizione riferirà, dieci anni dopo, in una lettera del 31 dicembre 1935 ai Superiori di Torino, per informarli sui fondi raccolti dal novembre 1922 al novembre 1935.
            Padre Crespi passò il primo semestre del 1925 nelle foreste della zona di Sucùa-Macas, studiando la lingua Shuar e raccogliendo ulteriore materiale per l’Esposizione missionaria di Torino. Nell’agosto dello stesso anno cominciò una trattativa con il Governo per ottenere un grosso finanziamento, che si concluse il 12 settembre con un contratto per 110.000 sucres (pari a 500.000 lire di allora e che oggi sarebbero € 489.493,46), che permettesse di ultimare la mulattiera Pan-Méndez). Inoltre, ottenne pure il permesso di ritirare dalla dogana 200 quintali di ferro e materiale sequestrato ad alcuni commercianti.
            Nel 1926 don Carlo, rientrato in Italia, portò gabbie con animali vivi della zona orientale dell’Ecuador (una difficile raccolta di uccelli ed animali rari) e casse con materiale etnografico, per l’Esposizione Missionaria di Torino, che organizzò personalmente tenendovi anche il discorso ufficiale di chiusura il 10 ottobre.
            Nello stesso anno fu occupato nell’organizzare l’Esposizione e, poi, nel tenere diverse conferenze e partecipando al Congresso Americano di Roma con due conferenze scientifiche. Questo suo entusiasmo e questa sua competenza e ricerca scientifica rispondevano perfettamente alle direttive dei Superiori, e, pertanto, attraverso l’Esposizione Missionaria Internazionale del 1925 a Roma e del 1926 a Torino, l’Ecuador poté essere ampiamente conosciuto. Inoltre, a livello ecclesiale, contattò l’Opera di Propaganda Fide, la Santa Infanzia e l’Associazione per il Clero Indigeno. A livello civile, intrecciò rapporti con il Ministero degli Esteri del Governo Italiano.
            Da questi contatti e dalle interviste con i Superiori della Congregazione Salesiana, si ottennero alcuni risultati. In primo luogo i Superiori gli fecero il regalo di concedergli 4 sacerdoti, 4 seminaristi, 9 fratelli coadiutori, e 4 suore per il Vicariato. Inoltre, ottenne una serie di aiuti economici dagli Organismi Vaticani e la collaborazione con materiale sanitario per gli ospedali, per il valore di circa 100.000 lire (€ 97.898,69). Come regalo dei Superiori Maggiori per l’aiuto prestato per l’Esposizione Missionaria, essi si fecero carico della costruzione della Chiesa di Macas, con due quote di 50.000 lire (€ 48,949, 35), inviate direttamente a Mons. Domenico Comin.
            Esaurito il compito di collezionista fornitore e animatore delle grandi mostre internazionali, padre Crespi nel 1927 tornò in Ecuador, che divenne la sua seconda patria. Si stabilì nel Vicariato, sotto la giurisdizione del vescovo, Mons. Comin, sempre dedito, in spirito di obbedienza, a escursioni di propaganda, per assicurare sovvenzioni e fondi speciali, necessari alle opere delle missioni, quali la strada Pan Méndez, l’Hospital Guayaquil, la scuola Guayaquil a Macas, l’Hospital Quito a Méndez, la Scuola agricola di Cuenca, città dove, già dal 1927, incominciò a sviluppare il suo apostolato sacerdotale e salesiano.
            Per alcuni anni, poi continuò a occuparsi di scienze, ma sempre con lo spirito dell’apostolo.

Carlo Riganti
Presidente Associazione Carlo Crespi

Immagine: 24 marzo 1923 – Padre Carlo Crespi In partenza per l’Ecuador sul Piroscafo Venezuela




Salesiani in Ukraina (video)

La Visitatoria salesiana di Maria Ausiliatrice di rito bizantino (UKR) ha rimodellato la propria missione educativo‑pastorale dall’inizio dell’invasione russa del 2022. Tra sirene antiaeree, rifugi improvvisati e scuole nei sotterranei, i salesiani si sono fatti prossimità concreta: ospitano sfollati, distribuiscono aiuti, accompagnano spiritualmente militari e civili, trasformano una casa in centro di accoglienza e animano il campus modulare “Mariapolis”, dove ogni giorno servono mille pasti e organizzano oratorio e sport, persino la prima squadra ucraina di Calcio Amputati. La testimonianza personale di un confratello rivela ferite, speranze e preghiere di chi ha perso tutto, ma continua a credere che, dopo questa lunga Via Crucis nazionale, per l’Ucraina sorgerà la Pasqua della pace.

La pastorale della Visitatoria di Maria Ausiliatrice di rito bizantino (UKR) durante la guerra
La nostra pastorale ha dovuto modificarsi quando iniziata la guerra. Le nostre attività educativo-pastorali hanno dovuto adattarsi a una realtà completamente diversa, segnata spesso da un suono incessante delle sirene che annunciano il pericolo di attacchi missilistici e bombardamenti. Ogni volta che scatta l’allarme, siamo costretti a interrompere le attività e a scendere con i ragazzi nei rifugi sotterranei o nei bunker. In alcune scuole, le lezioni si svolgono direttamente nei sotterranei, per garantire maggiore sicurezza agli allievi.

Sin dall’inizio ci siamo messi senza indugio ad aiutare e soccorrere la popolazione sofferente. Abbiamo aperto le nostre case per accogliere gli sfollati, abbiamo organizzato la raccolta e distribuzione degli aiuti umanitari: prepariamo con i nostri ragazzi e i giovani migliaia di pacchi con i viveri e vestiario e con tutto l’occorrente per mandare alla gente bisognosa nei territori vicini ai combattimenti o nelle zone dei combattimenti. Inoltre, alcuni nostri confratelli salesiani operano come cappellani nelle zone dei combattimenti. Dove danno un sostegno spirituale ai giovani militari, ma anche portando aiuto umanitario alle persone che sono rimaste nei paesi sotto continui bombardamenti, aiutando ad alcuni di loro a trasferirsi in un luogo più sicuro. Un confratello diacono che è stato nelle trincee si ha logorato la salute e ha perso la caviglia. Quando alcuni anni fa leggevo nel Bollettino salesiano in lingua italiana un articolo dove parlava dei salesiani in trincea, nella prima o seconda guerra mondiale non pensavo che questo si sarebbe avverato in quest’epoca moderna nel mio paese.  Mi hanno colpito una volta, le parole di un giovanissimo soldato ucraino, che citando uno storico e eminente ufficiale difensore e combattente per l’indipendenza del nostro popolo diceva: “Noi lottiamo difendendo la nostra indipendenza non perché odiamo chi ci sta davanti, ma perché amiamo chi ci sta dietro di noi.”

In questo periodo abbiamo trasformato anche una nostra Casa Salesiana in un centro di accoglienza per gli sfollati.

Per sostenere la riabilitazione fisica, mentale, psicologica e sociale dei giovani che hanno perso gli arti in guerra, abbiamo creato una squadra di Calcio Amputati, la prima squadra di questo tipo in Ucraina.
Sin dall’inizio dell’invasione nel 2022, abbiamo messo a disposizione del municipio di Leopoli un nostro terreno, destinato alla costruzione di una scuola salesiana, per realizzare un campus modulare per sfollati interni: “Mariapolis” dove noi salesiani operiamo in collaborazione con il Centro del Dipartimento Sociale del Municipio. Diamo un sostegno assistenziale e un accompagnamento spirituale rendendo l’ambiente più accogliente. Sostenuti dall’aiuto della nostra Congregazione, delle varie organizzazioni tra cui VIS e Missioni Don Bosco, le varie procure e altre fondazioni di beneficienza, agenzie anche statali di altri paesi, abbiamo potuto organizzare la cucina del campus con il rispettivo personale che ci permette a offrire il pranzo ogni giorno per circa 1000 persone. Inoltre, grazie al loro aiuto possiamo organizzare varie attività nello stile salesiano per 240 ragazzi e giovani che sono presenti nel campus.

Una piccola esperienza e una povera testimonianza personale
Vorrei condividere qui la mia piccola esperienza e testimonianza…Io davvero ringrazio il Signore che, tramite il mio Ispettore, mi ha chiamato a questo servizio particolare. Da tre anni lavoro nel campus che ospita circa 1.000 sfollati interni. Fin dall’inizio, sto accanto a persone che hanno perso in un momento tutto, tranne la dignità. Le loro case sono distrutte e saccheggiate, i risparmi e i beni accumulati con fatica lungo gli anni della vita sono svaniti. Molti hanno perso molto di più e di più prezioso: i loro cari, uccisi davanti ai loro occhi da missili o mine. Alcuni delle persone che sono nel campus hanno dovuto vivere per mesi nei sotterranei di palazzi crollati, nutrendosi di quel poco che trovano, anche se scaduto. Bevevano l’acqua dei termosifoni e bollivano le bucce di patate per sfamarsi. Poi, alla prima possibilità sono scappati o evacuati senza sapere dove andare, senza certezze su cosa li aspettava. Inoltre, alcuni hanno visto i loro paesi, come Mariupol, rasi al suolo. Infatti, in onore di questa bellissima città di Maria noi salesiani abbiamo chiamato il campus per gli sfollati con il nome “Mariapolis” affidando questo luogo e gli abitanti del campus alla Vergine Maria. E Lei come la mamma sta accanto ad ogni uno in questi momenti di prova. Nel campus, ho allestito una cappella dedicata a Lei, dove c’è un’icona disegnata da una signora del campus proveniente dalla martoriata città di Kharkiv. La cappella è diventata per tutti residenti indipendentemente a che confessione di fede cristiana loro appartengono, luogo di incontro con Dio e con sé stessi.

Stare con loro, voler loro bene, accoglierli, ascoltarli, consolarli, incoraggiarli, pregare per loro e con loro e sostenerli in quello che posso, sono i momenti che fanno parte del mio servizio che ormai è diventata la mia vita in questo periodo. È una vera scuola di vita, di spiritualità, dove imparo moltissimo stando accanto alla loro sofferenza. Quasi tutti loro sperano che la guerra finisca presto e arrivi la pace, per poter tornare a casa. Ma per molti, quel sogno è ormai irrealizzabile: le loro case non esistono più. Cosi come posso cerco di offrire loro qualche appiglio di speranza, aiutandoli a incontrare Colui che non abbandona nessuno, che è vicino nelle sofferenze e nelle difficoltà della vita.

A volte mi chiedono di prepararli alla Riconciliazione: con Dio, con sé stessi, con la dura realtà che sono costretti a vivere. Altre volte, li aiuto nei bisogni più concreti: medicine, vestiti, pannoloni, visite in ospedale. Faccio anche il lavoro di amministratore insieme ai mie tre colleghi laici.  Ogni giorno, alle 17:00, preghiamo per la pace, e un piccolo gruppo ha imparato a recitare il Rosario, pregandolo quotidianamente.

Come salesiano cerco di essere attento ai bisogni dei ragazzi: sin dall’inizio io con aiuto degli animatori abbiamo creato oratorio all’interno del campus. Inoltre attività, gite, campeggi in montagna durante l’estate. Inoltre, uno degli impegni che porto avanti è seguire la mensa, per assicurare che nessuno delle persone residenti al campus rimanga senza un pasto caldo.

Tra gli abitanti del campus c’è il piccolo Maksym, che si sveglia nel cuore della notte, terrorizzato da ogni rumore forte. Maria, una madre che ha perso tutto anche il marito e ogni giorno sorride ai figli per non far pesare loro il dolore. Poi c’è Petro, 25 anni, che con la sua ragazza era in casa quando un drone russo ha lanciato una bomba. L’esplosione gli ha amputato le due gambe, mentre la sua ragazza è morta poco dopo. Petro è rimasto tutta la notte in fin di vita, finché i soldati lo hanno trovato al mattino e lo hanno portato in salvo. L’ambulanza non poteva avvicinarsi a causa dei combattimenti.
In mezzo a tanta sofferenza, continuo il mio apostolato con l’aiuto del Signore e il sostegno dei miei confratelli.

Noi salesiani di rito bizantino, insieme ai nostri 13 confratelli di rito latino presenti in Ucraina – in gran parte di origine polacca e appartenenti all’Ispettoria salesiana di Cracovia (PLS) – condividiamo profondamente il dolore e le sofferenze del popolo ucraino. Come figli di Don Bosco, continuiamo con fede e speranza la nostra missione educativo-pastorale, adattandoci ogni giorno alle difficili condizioni imposte dalla guerra.

Siamo accanto ai giovani, alle famiglie, e a tutti coloro che soffrono e hanno bisogno di aiuto. Desideriamo essere segni visibili dell’amore di Dio, affinché la vita, la speranza e la gioia dei giovani non siano mai soffocate dalla violenza e dal dolore.

In questa testimonianza comune, riaffermiamo la vitalità del nostro carisma salesiano, che sa rispondere anche alle sfide più drammatiche della storia. Le nostre due peculiarità, quella di rito bizantino e quella di rito latino, rendono visibile quell’unità inscindibile del Carisma Salesiano quanto affermano le Costituzioni Salesiane all’art. 100: “Il carisma del Fondatore è principio di unità della Congregazione e, per la sua fecondità, è all’origine dei modi diversi di vivere l’unica vocazione salesiana.

Crediamo che il dolore, la sofferenza non hanno l’ultima parola: e che nella fede, ogni Croce contiene già il seme della Risurrezione. Dopo questa lunga Settimana Santa, giungerà inevitabilmente la Risurrezione per Ucraina: verrà la vera e giusta PACE.

Alcune informazioni
Alcuni confratelli capitolari chiedevano delle informazioni sulla guerra in Ucraina. Permettetemi di dire qualche cosa in modo di un Flash. Una precisazione cha guerra in Ucraina non può essere interpretata come un conflitto etnico o una disputa territoriale tra due popoli con rivendicazioni contrapposte o diritti su un determinato territorio. Non si tratta di una lite tra due parti in lotta per un pezzo di terra. E dunque non è una battaglia tra pari. Quella in Ucraina è un’invasione, un’aggressione unilaterale. Qui si tratta di un popolo che ha aggradito impropriamente un all’altro. Una nazione, che fabbricò delle motivazioni infondate, inventandosi un presunto diritto, violando l’ordine e le leggi internazionali, decise di attaccare un altro Stato, violandone la sovranità e l’integrità territoriale, il diritto di decidere la propria sorte e direzione del proprio sviluppo, occupandone e annettendone dei territori. Distruggendo città e paesi, molti dei quali rasi al suolo, togliendo la vita a migliaia di civili. Qui c’è un aggressore e un aggredito: è proprio questa la peculiarità e l’orrore di questa guerra.
Ed è partendo da questo presupposto che dovrebbe essere concepita anche la pace che attendiamo. Una pace che ha il sapore della giustizia e essere basata sulla verità, non temporanea, non opportunistica, non una pace fondata sulle convenienze nascoste e commerciali, evitando di creare precedenti per regimi autocratici nel mondo che potrebbero un giorno decidere ad invadere altri Paesi, occupare o annettere una parte di un paese vicino o lontano, semplicemente perché lo desiderano o perché li piace così, o perché sono più potenti.
Un’altra assurdità di questa guerra non provocata e non dichiarata che l’aggressore vieta alla vittima il diritto di difendersi, cerca intimidire e minacciare tutti quelli in questo caso altri paesi che si schierano dalla parte di chi è indifeso e si mettono ad aiutare a difendersi e a resistere la vittima aggredita ingiustamente.

Alcune tristi statistiche
Dall’inizio dell’invasione del 2022 fino ad oggi (08.04.2025), l’ONU ha registrato e confermato i dati relativi a 12.654 morti e 29.392 feriti tra I CIVILI in Ucraina.

Secondo le ultime notizie disponibili verificate dell’UNICEF almeno 2.406 BAMBINI sono stati uccisi o feriti dall’escalation della guerra in Ucraina dal 2022. Le vittime infantili comprendono 659 BAMBINI UCCISI e 1.747 FERITI – ovvero almeno 16 bambini uccisi o feriti ogni settimana. Milioni di bambini continuano ad avere vite sconvolte a causa degli attacchi in corso o nel dover scappare ed evacuarsi in altri posti e paesi. I bambini del Donbas soffrono dalla guerra già da 11 anni.
La Russia ha avviato insieme al piano di un’invasione dell’Ucraina anche un programma di deportazioni forzate dei bambini ucraini. Ultimi dati dicono 20 000 bambini prelevati dalle case, detenuti per mesi e sottoposti a una forzata russificazione attraverso un’intensa propaganda prima dell’adozione forzata.

don Andrii Platosh, sdb






L’eredità di Papa Francesco

In mezzo al fiume di articoli e di commenti che hanno accompagnato questi giorni, desideriamo esprimere semplicemente il nostro grazie a Papa Francesco per il patrimonio umano e spirituale che ci consegna:

1. Per la Misericordia divina. Grazie per averci ricordato instancabilmente che «Dio non si stanca di perdonare» e per lo straordinario Giubileo della Misericordia.

2. Per la gioia della fede. Grazie per averci insegnato che la fede in Gesù Cristo permette di vivere «sulle ali della speranza»: davvero Spes non confundit.

3. Per la devozione a Maria. Grazie per la testimonianza di filiale devozione alla Madre di Dio, Maria Santissima.

4. Per la semplicità disarmante. Grazie per uno stile di vita sobrio che ha attraversato ogni gesto del suo pontificato.

5. Per il primato degli ultimi. Grazie per aver posto al centro poveri, senza tetto, rifugiati, migranti e carcerati.

6. Per la denuncia della “cultura dello scarto”. Grazie per aver condannato lo sfruttamento e la strumentalizzazione delle persone, il profitto senza scrupoli e il consumismo sfrenato.

7. Per il valore della famiglia. Grazie per averci avvertito che gli animali da compagnia non possono sostituire i figli.

8. Per l’attenzione agli anziani. Grazie per aver ricordato che la vita fragile non è da scartare: gli anziani non sono da eutanasiare per essere inutili o non produttivi, ma sono testimoni di pace, amore e benedizione.

9. Per la sinodalità. Grazie per aver mostrato che il cristianesimo non è «fai-da-te», ma comunione con Dio e con i fratelli.

10. Per l’apertura ecumenica. Grazie per aver ricercato l’unità tra i cristiani con gesti concreti e coraggiosi.

11. Per la lotta per la pace. Grazie per aver levato la voce in un mondo lacerato da una «terza guerra mondiale a pezzi».

12. Per lo sguardo profetico sul tempo presente. Grazie per averci fatto capire che non viviamo semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma il cambiamento di un’epoca.

Grazie. Che Dio ricompensi tutto il bene seminato sulla terra.




Santa Pasqua di Risurrezione 2025!

“Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto.” (Lc 24,12)

Per contemplare il Signore Risorto non bastano i nostri occhi umani, occorre la luce della fede. Possa questa fede, illuminata e rafforzata dalla gioia della Risurrezione che celebriamo in questa Santa Pasqua 2025, guidare sempre il vostro cammino della vita terrena verso la patria del Cielo.

Cristo è risorto!




Intervista al nuovo ispettore don Peter Končan

Piccola biografia
Ha completato il noviziato nella comunità di Pinerolo, in Italia, professando i primi voti l’8 settembre 1993 a Ljubljana Rakovnik, e i voti perpetui sei anni dopo. Ha ricevuto la propria formazione teologica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma dal 1997 al 2000 ed è stato ordinato sacerdote a Ljubljana il 29 giugno 2001.
In qualità di sacerdote, la maggior parte del suo lavoro educativo e pastorale è stata svolta all’interno dell’opera salesiana di Želimlje. Dal 2000 al 2003 ha operato come educatore e successivamente, fino al 2020, ha ricoperto il ruolo di direttore del convitto. In quegli anni è stato anche professore di religione presso il liceo salesiano e responsabile per la formazione salesiana dei laici.
Dal 2010 al 2016 ha esercitato la funzione di direttore della comunità di Želimlje e, dal 2021 al 2024, è stato direttore della Comunità salesiana di Ljubljana Rakovnik. Dal 2018 al 2024 ha ricoperto l’incarico di Vicario dell’Ispettore e di Delegato per la Formazione. Nel 2021 ha assunto il coordinamento di questo settore a livello europeo in qualità di coordinatore della RECN.
Il 6 dicembre 2023 è stato nominato 15° Ispettore dell’Ispettoria dei Santi Cirillo e Metodio di Ljubljana.

Puoi presentarti?
Sono nato il 30 maggio 1974 a Ljubljana, Slovenia, nella famiglia contadina in un piccolo paese chiamato Šentjošt. Sono il più piccolo dei 4 figli, che oggi tutti hanno una famiglia, allora ho 11 nipoti con cui siamo molto legati. Il mio paese nativo e anche la mia famiglia sono stati fortemente segnati dal terrore comunista durante e dopo la seconda guerra mondiale, alcuni dei parenti sono stati uccisi, le case distrutte … Nella situazione molto difficile i miei genitori hanno dovuto ricominciare a costruire la cascina da capo, hanno dovuto usare tutta la loro laboriosità e ingegnosità per provvedere a noi figli. I genitori hanno coinvolto noi figli nel lavoro quotidiano e in questo modo anch’io ho imparato, che per ottenere qualcosa d’importante bisogna lavorare forte.

Chi ti ha raccontato per primo la storia di Gesù?
I miei genitori hanno sempre apertamente espresso la loro identità cristiana, anche se in quei tempi essere cristiano non era opportuno e hanno avuto per questo non pochi problemi. Ogni sera, dopo il lavoro compiuto ci siamo ritrovati come famiglia per pregare il rosario, le litanie e altre preghiere. A me piaceva fare il chierichetto e per questo spesso andavo a piedi nella chiesa che distava 2 chilometri da casa mia per partecipare alla messa. L’esempio dei genitori, la vita cristiana nella famiglia e nella parrocchia sono quindi le ragioni fondamentali per sentire la chiamata di Dio sin da piccolo.

Come hai conosciuto don Bosco?
I miei genitori andavano spesso nel pellegrinaggio a Ljubljana Rakovnik dove erano i salesiani e così ho conosciuto anch’io don Bosco, che mi ha affascinato subito. Ho iniziato a frequentare i ritiri organizzati dai salesiani e dopo la scuola elementare a 14 anni mi era molto naturale di andare nel seminario minore guidato dai salesiani a Želimlje. I miei genitori sono stati molto contenti della mia decisione e mi hanno sempre sostenuto nel mio cammino. Sono veramente molto grato a loro per tuto amore, per la famiglia serena in quale sono cresciuto e per tanti valori importanti che mi hanno trasmesso. Don Bosco ha affascinato anche loro e cosi nel processo della mia formazione anche loro hanno fatto le promesse come salesiani cooperatori.

Esperienza della formazione iniziale
Io stavo facendo la scuola superiore nel tempo quando è crollato il comunismo e la Slovenia diventava indipendente e allora anche i salesiani potevamo riprendere il nostro lavoro tipico. Per questo sono stato preso dall’entusiasmo di tante possibilità di lavoro giovanile che si stavano aprendo e negli anni vissuti nelle case formative internazionali in Italia mi si è anche allargato l’orizzonte perché ho avuto la possibilità di conoscere tanti salesiani da tutto il mondo e tante esperienze nuove. In questo periodo ho lavorato molto nella mia crescita umana e spirituale e ho anche imparato ad amare tantissimo don Bosco e il suo modo di stare e lavorare con i giovani. Sempre di più sono diventato convinto che questa è una strada pensata da Dio per me e che il carisma salesiano è un grandissimo dono per i giovani del nostro tempo.

Quale è la tua esperienza più bella?
Gli 20 anni vissuti nel convitto a Želimlje e dopo a Rakovnik, vivendo con quasi 300 giovani ogni giorno, sono stati veramente molto belli e hanno molto segnato la mia vita. Avevo il privilegio di seguire la loro crescita umana, intellettuale e spirituale e di toccare da vicino le loro gioie, speranze e ferite. I giovani mi hanno insegnato quanto è importante “perdere” il tempo stando con loro. In questo periodo ho imparato e sperimentato anche quanto sono preziosi i collaboratori laici, senza quali non possiamo portare avanti la nostra missione.

Come sono i giovani del luogo e quali sono le sfide più rilevanti?
Nelle opere salesiane e intorno ai nostri programmi ci sono ancora molti giovani generosi, con cuore aperto e disponibile per fare del bene ai loro coetanei. Sono molto fiero del loro entusiasmo e anche contento che molti nel don Bosco trovano il modello e la forza per la loro crescita umana e spirituale.
Dall’altra parte è anche vero che sono molto segnati dal mondo virtuale e di tutte le altre sfide del nostro tempo. Per fortuna i valori tradizionali non sono spariti del tutto, ma è anche vero, che non sono più abbastanza forti per guidare i giovani. Per questo i salesiani cerchiamo di aiutare i giovani con le proposte concrete di sostegno e camminando con loro. All’ultimo capitolo ispettoriale abbiamo individuato alcune povertà (sfide) del nostro contesto: la famiglia debole, la tiepidezza spirituale, il relativismo e la ricerca dell’identità, il passivismo, l’apatia e la mancanza della preparazione concreta dei giovani per la vita.

Dove trovi la forza di continuare?
Per prima nei confratelli. Per fortuna ho intorno a sé confratelli molto bravi e generosi che mi sono di grandissimo sostegno. L’ispettore da solo non può fare molto. Sono convinto che l’unico modo giusto di portare avanti le cose è quello che tutti (salesiani, giovani e laici) mettiamo i propri doni e forze per il bene comune.  E come secondo, noi tutti e la nostra missione siamo solo una piccola parte in un grande disegno di Dio. È Lui che è il vero protagonista e questa consapevolezza mi dà una grande serenità interiore.

Quale posto occupa nella tua vita Maria Ausiliatrice?
Già nella famiglia ho imparato che Maria è un grande sostegno per la vita quotidiana. Molto volentieri e con tanta fiducia mi reco in pellegrinaggio nei vari santuari mariani, dove Maria mi riempie di pace e forza interiore per tutte le sfide della mia vita. Posso testimoniare molte delle grazie che attraverso Maria sono state concesse a me o ai miei cari.

don Peter KONČAN,
ispettore Slovenia




donbosco.info: un motore di ricerca salesiano

Presentiamo la nuova piattaforma donbosco.info che è un motore di ricerca salesiano pensato per rendere più agevole la consultazione dei documenti legati al carisma di Don Bosco. Nato per supportare il Bollettino Salesiano Online, supera i limiti dei tradizionali sistemi di archiviazione, spesso incapaci di intercettare tutte le occorrenze delle parole. Questa soluzione integra un hardware dedicato e un software sviluppato appositamente, offrendo anche una funzione di lettura. L’interfaccia web, volutamente semplice, permette di navigare tra migliaia di documenti in diverse lingue, con la possibilità di filtrare i risultati per cartella, titolo, autore o anno. Grazie alla scansione OCR dei documenti PDF, il sistema individua il testo anche quando non perfetto, e adotta strategie per ignorare punteggiatura e caratteri speciali. I contenuti, ricchi di materiale storico e formativo, mirano a diffondere il messaggio salesiano in modo capillare. Con l’upload libero per documenti, si incoraggia l’arricchimento continuo della piattaforma, migliorando la ricerca.​

Nell’ambito dei lavori per la redazione del Bollettino Salesiano OnLine, si è resa necessaria la creazione di vari strumenti di supporto, fra cui un motore di ricerca dedicato.

Questo motore di ricerca è stato concepito tenendo conto dei limiti attualmente presenti nelle varie risorse salesiane disponibili in rete. Molti siti offrono sistemi di archiviazione con funzionalità di ricerca, ma spesso non riescono a individuare tutte le occorrenze delle parole, a causa di limiti tecnici o restrizioni introdotte per evitare il sovraccarico dei server.

Per superare tali difficoltà, anziché costruire un semplice archivio di documenti con una funzione di ricerca, abbiamo realizzato un vero e proprio motore di ricerca, dotato anche di una funzione di lettura. Si tratta di una soluzione completa, basata su hardware dedicato e su un software sviluppato appositamente.

In fase di progettazione, abbiamo valutato due opzioni: un software da installare localmente oppure un’applicazione server-side accessibile via web. Poiché la missione del Bollettino Salesiano Online è diffondere il carisma salesiano al maggior numero di persone, si è deciso di optare per la soluzione web, così da consentire a chiunque di cercare e consultare documenti salesiani.

Il motore di ricerca è disponibile all’indirizzo www.donbosco.info. L’interfaccia web è volutamente essenziale e “spartana”, per garantire maggiore velocità di caricamento. Nella “home page” sono elencati i file e le cartelle presenti, con lo scopo di agevolarne la consultazione. I documenti non sono soltanto in italiano, ma disponibili anche in altre lingue, selezionabili tramite l’apposita icona in alto a sinistra.

La maggior parte dei file caricati è in formato PDF ricavato da scansioni con OCR (riconoscimento ottico dei caratteri). Poiché l’OCR non è sempre perfetto, a volte non tutte le parole cercate vengono rilevate. Per ovviare a ciò, sono state implementate diverse strategie: ignorare la punteggiatura e i caratteri accentati o speciali, e consentire la ricerca anche in presenza di caratteri mancanti o errati. Ulteriori dettagli sono consultabili nella sezione FAQ, accessibile dal piè di pagina.

Data la presenza di migliaia di documenti, la ricerca può restituire un numero molto elevato di risultati. Per questo è possibile restringere l’ambito della ricerca per cartelle, per titolo, autore o anno: i criteri sono cumulativi e aiutano a trovare più rapidamente ciò che serve. I risultati vengono elencati in base a un punteggio di pertinenza, che attualmente tiene conto principalmente della densità delle parole chiave all’interno del testo e della loro vicinanza.

Idealmente, sarebbe preferibile disporre dei documenti in formato vettoriale invece che scannerizzati, poiché la ricerca risulterebbe sempre accurata e i file sarebbero più leggeri, con conseguenti vantaggi in termini di velocità.

Se possedete documenti in formato vettoriale o di qualità migliore rispetto a quelli già presenti nel motore di ricerca, potete caricarli tramite il servizio di upload disponibile su www.donbosco.space. Potete anche aggiungere altri documenti non presenti nel motore di ricerca. Per ottenere le credenziali di accesso (nome utente e password), inviate una richiesta via e-mail a bsol@sdb.org.




Don Bosco International

Don Bosco International (DBI) è un’organizzazione non governativa con sede a Bruxelles, rappresenta i Salesiani di Don Bosco presso le istituzioni dell’Unione Europea, con focus su difesa dei diritti dei minori, sviluppo dei giovani e istruzione. Fondata nel 2014, DBI collabora con vari partner europei per favorire politiche sociali e educative inclusive, prestando attenzione ai soggetti vulnerabili. L’organizzazione promuove la partecipazione giovanile nella definizione delle politiche, valorizzando l’importanza dell’educazione informale. Attraverso attività di networking e advocacy, DBI mira a creare sinergie con le istituzioni europee, le organizzazioni della società civile e le reti salesiane a livello globale. I valori guida sono la solidarietà, la formazione integrale dei giovani e il dialogo interculturale. DBI organizza seminari, conferenze e progetti europei volti a garantire una maggiore presenza dei giovani nei processi decisionali, favorendo un contesto inclusivo che li sostenga nel percorso di crescita, autonomia e sviluppo spirituale, attraverso scambi culturali e formativi. La segretaria esecutiva, Sara Sechi, ci spiega l’attività di questa istituzione.

L’advocacy come atto di responsabilità per e con i nostri giovani
            Il Don Bosco International (DBI) è l’organizzazione che cura la rappresentanza istituzionale dei Salesiani di Don Bosco presso le istituzioni europee e le organizzazioni della società civile che ruotano intorno ad esse. La missione del DBI è incentrata sull’advocacy, traducibile in “incidenza politica”, quindi tutte quelle azioni mirate ad influenzare un processo decisionale-legislativo, nel nostro caso quello europeo. L’ufficio del DBI è basato a Bruxelles e viene ospitato dalla comunità salesiana di Woluwe-Saint-Lambert (Ispettoria FRB). Il lavoro nella capitale europea è dinamico e stimolante, ma la vicinanza della comunità ci permette di mantenere vivo il carisma salesiano nella nostra missione, evitando di restare intrappolati nella così detta “bolla europea”, quel mondo di relazioni e dinamiche ‘privilegiate’ spesso distanti dalle nostre realtà.
            L’azione del DBI segue due direzioni: da un lato, avvicinare la missione educativa-pastorale Salesiana alle istituzioni attraverso la condivisione di buone pratiche, istanze dei giovani, progetti e relativi risultati, creando degli spazi di dialogo e partecipazione per coloro che tradizionalmente non li avrebbero; dall’altro, portare la dimensione europea all’interno della Congregazione tramite il monitoraggio e l’informazione sui processi in atto e le nuove iniziative, la facilitazione di nuovi contatti con rappresentati istituzionali, ONG ed organizzazioni confessionali che possano dar vita a nuove collaborazioni.
            Una domanda che nasce spesso spontanea è come il DBI riesca a creare concretamente un’incidenza politica. Nelle azioni di advocacy è fondamentale il lavoro in rete con altre organizzazioni o entità che condividano principi, valori ed obiettivi. A tal proposito, il DBI garantisce una presenza attiva in alleanze, formali e informali, di ONG o attori confessionali che lavorano insieme su tematiche care alla missione di Don Bosco: la lotta alla povertà e l’inclusione sociale, la difesa dei diritti dei giovani, soprattutto quelli in situazione di vulnerabilità, e lo sviluppo umano integrale. Tutte le volte che una delegazione salesiana visita Bruxelles, facilitiamo per loro gli incontri con i Membri del Parlamento Europeo, i funzionari della Commissione, i corpi diplomatici, inclusa la Nunziatura Apostolica presso l’Unione Europea, ed altri attori di interesse. Spesso riusciamo ad incontrare i gruppi di giovani e studenti delle scuole salesiane che visitano la città, organizzando per loro un momento di dialogo con altre organizzazioni giovanili.
            Il DBI è un servizio che la Congregazione offre per dare visibilità alle proprie opere e portare nei fori istituzionali la voce di chi, altrimenti, non verrebbe ascoltato. La Congregazione Salesiana ha un potenziale di advocacy non totalmente espresso. La presenza in 137 Paesi a tutela dei giovani a rischio di povertà ed esclusione sociale rappresenta una rete educativa e sociale sulla quale poche organizzazioni possono contare; tuttavia, si fatica ancora a presentare strategicamente i buoni risultati ai tavoli decisionali, dove si delineano politiche e investimenti, soprattutto a livello internazionale. Per tale ragione, garantire un costante dialogo con le istituzioni, rappresenta allo stesso tempo un’opportunità ed un atto di responsabilità. Un’opportunità perché nel lungo periodo la visibilità facilita contatti, nuovi partenariati, finanziamenti per i progetti e la sostenibilità delle opere. Una responsabilità perché, non potendo restare in silenzio davanti alla difficoltà affrontate dai nostri ragazzi e ragazze nel mondo di oggi, l’incidenza politica è la testimonianza attiva di quell’impegno civico che spesso cerchiamo di generare nei giovani.
            Garantendo diritti e dignità per i ragazzi, Don Bosco è stato il primo attore di incidenza politica della Congregazione, per esempio attraverso la firma del primo contratto di apprendistato italiano. L’Advocacy rappresenta un elemento intrinseco della missione salesiana. Ai Salesiani non mancano l’esperienza, né le storie di successo, né le alternative concrete e innovative per affrontare le sfide attuali, ma spesso una coesione che permetta un lavoro in rete coordinato ed una comunicazione chiara e condivisa. Dando voce alle testimonianze autentiche dei giovani possiamo trasformare le sfide in opportunità, creando un impatto duraturo nella società che dia speranza per il futuro.

Sara Sechi
Don Bosco International – DBI, Bruxelles

Sara Sechi, Segretaria Esecutiva del DBI è presente a Bruxelles da due anni e mezzo. È figlia della generazione Erasmus+, che insieme ad altri programmi europei gli hanno garantito esperienze di vita e formazione altrimenti negate. È molto grata a Don Bosco e la Congregazione Salesiana, dove ha trovato meritocrazia, crescita ed una seconda famiglia. E noi gli auguriamo un buon e proficuo lavoro per la causa dei giovani.




Il Vicario del Rettor Maggiore. Don Stefano Martoglio

Abbiamo la gioia di annunciare che don Stefano Martoglio è stato rieletto come Vicario del Rettor Maggiore.
I capitolari, lo hanno eletto oggi con maggioranza assoluta e dal primo scrutinio.

Auguriamo un fruttuoso apostolato a don Stefano e le assicuriamo le nostre preghiere.




Nuovo Rettor Maggiore: Fabius Attard

Abbiamo la gioia di annunciare che don Fabius Attard è il nuovo Rettor Maggiore, l’undicesimo successore di don Bosco.

Brevissime informazioni del nuovo Rettor Maggiore:
Nato: 23.03.1959 a Gozo (Malta), diocesi di Gozo.
Noviziato: 1979-1980 a Dublin.
Professione perpetua: 11.08.1985 a Malta.
Ordinazione presbiterale: 04.07.1987 a Malta.
Ha svolto diversi incarichi pastorali e formativi all’interno della sua ispettoria di origine.
È stato per 12 anni il Consigliere generale per la Pastorale Giovanile, 2008-2020.
Dal 2020 è stato il Delegato del Rettor Maggiore per la Formazione Permanente dei salesiani e dei laici in Europa.
Ultima comunità di appartenenza: Roma CNOS.
Lingue conosciute: Maltese, Inglese, Italiano, Francese, Spagnolo.

Auguriamo un fruttuoso apostolato a don Fabio e le assicuriamo le nostre preghiere.




Rettori Maggiori della Congregazione Salesiana

La Congregazione Salesiana, fondata nel 1859 da San Giovanni Bosco, ha avuto alla sua guida un superiore generale chiamato, già dai tempi di don Bosco, Rettor Maggiore. La figura del Rettore Maggiore è centrale nella leadership della congregazione, fungendo da guida spirituale e centro di unità non solo dei salesiani ma anche dell’intera Famiglia Salesiana. Ogni Rettore Maggiore ha contribuito in modo unico alla missione salesiana, affrontando le sfide del loro tempo e promuovendo l’educazione e la vita spirituale dei giovani. Facciamo un breve riassunto dei Rettori Maggiori e delle sfide che hanno dovuto affrontare.

San Giovanni Bosco (1859-1888)
San Giovanni Bosco, fondatore della Congregazione Salesiana, incarnò qualità distintive che hanno plasmato l’identità e la missione dell’ordine. La sua profonda fede e fiducia nella Divina Provvidenza lo resero un leader carismatico, capace di ispirare e guidare con visione e determinazione. La sua dedizione instancabile all’educazione dei giovani, specialmente dei più bisognosi, si manifestò attraverso l’innovativo Sistema Preventivo, basato su ragione, religione e amorevolezza. don Bosco promosse un clima di famiglia nelle case salesiane, favorendo relazioni sincere e fraterne. La sua capacità organizzativa e il suo spirito imprenditoriale portarono alla creazione di numerose opere educative. La sua apertura missionaria spinse la Congregazione oltre i confini italiani, diffondendo il carisma salesiano nel mondo. La sua umiltà e semplicità lo resero vicino a tutti, guadagnandosi la fiducia e l’affetto di collaboratori e giovani.
San Giovanni Bosco affrontò molte difficoltà. Dovette superare l’incomprensione e l’ostilità di autorità civili ed ecclesiastiche, che spesso diffidavano del suo metodo educativo e della sua rapida crescita. Affrontò gravi difficoltà economiche nel sostenere le opere salesiane, spesso contando solo sulla Provvidenza. Gestire giovani difficili e formare collaboratori affidabili fu un compito arduo. Inoltre, la sua salute, logorata dall’intenso lavoro e dalle continue preoccupazioni, fu un limite costante. Nonostante tutto, affrontò ogni prova con fede incrollabile, amore paterno per i giovani e una determinazione instancabile, portando avanti la missione con speranza.

1. Beato Michele Rua (1888-1910)
Il ministero di Rettor Maggiore del Beato Michele Rua si caratterizza come fedeltà al carisma di don Bosco, consolidamento istituzionale e espansione missionaria. È stato nominato da don Bosco come successore per ordine del papa Leone XIII, nell’udienza del 24.10.1884. Dopo la confermazione del Papa, nel 24.09.1885, don Bosco ha reso pubblica la sua scelta davanti al Capitolo Superiore.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– agì come “regola vivente” del sistema preventivo, mantenendo integro lo spirito educativo di don Bosco attraverso formazione, catechesi e direzione spirituale; fu un continuatore del fondatore;
– diresse la Congregazione in crescita esponenziale, gestendo centinaia di case e migliaia di religiosi, con visite pastorali in tutto il mondo nonostante problemi di salute;
– fronteggiò calunnie e crisi (come lo scandalo del 1907) difendendo l’immagine salesiana;
– promosse le Figlie di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori, rafforzando la struttura tripartita voluta da don Bosco;
– sotto la sua guida, i Salesiani passarono da 773 a 4.000 membri, e le case da 64 a 341, estendendosi in 30 nazioni.

2. Don Paolo Albera (1910-1921)
Il ministero di Rettor Maggiore di don Paolo Albera si distingue per fedeltà al carisma di don Bosco ed espansione missionaria globale. Eletto nel Capitolo Generale 11.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– mantenne integro il sistema preventivo, promuovendo la formazione spirituale dei giovani salesiani e la diffusione del Bollettino Salesiano come strumento di evangelizzazione;
– affrontò le sfide della Prima Guerra Mondiale, con salesiani mobilitati (oltre 2.000 chiamati alle armi, 80 di loro morti in guerra) e case trasformate in ospedali o caserme, mantenendo coesione nella Congregazione; questo conflitto causò la sospensione del Capitolo Generale previsto e interruppe molte attività educative e pastorali;
– affrontò le conseguenze di questa guerra che generò un aumento della povertà e del numero di orfani, richiedendo un impegno straordinario per accogliere e sostenere questi giovani nelle case salesiane;
– aprì nuove frontiere in Africa, Asia e America, inviando 501 missionari in nove spedizioni ad gentes e fondando opere in Congo, Cina e India.

3. Beato Filippo Rinaldi (1922-1931)
Il ministero di Rettor Maggiore del Beato Filippo Rinaldi si caratterizza per fedeltà al carisma di don Bosco, espansione missionaria e innovazione spirituale. Eletto nel Capitolo Generale 12.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– mantenne integro il sistema preventivo, promuovendo la formazione interiore dei salesiani;
– inviò oltre 1.800 salesiani in tutto il mondo, fondò istituti missionari e riviste, aprendo nuove frontiere in Africa, Asia e America;
– istituì l’associazione degli Ex-allievi e il primo Istituto secolare salesiano (Volontarie di don Bosco), adattando lo spirito di don Bosco alle esigenze del primo Novecento;
– rianimò la vita interiore della Congregazione, esortando a una “confidenza illimitata” in Maia Ausiliatrice, eredità centrale del carisma salesiano;
– enfatizzò l’importanza della formazione spirituale e dell’assistenza agli emigrati, promuovendo opere di previdenza e associazioni tra lavoratori;
– durante il suo rettorato, i membri passarono da 4.788 a 8.836 e le case da 404 a 644, evidenziando la sua capacità organizzativa e il suo zelo missionario.

4. Don Pietro Ricaldone (1932-1951)
Il ministero di Rettor Maggiore di don Pietro Ricaldone si caratterizza per consolidamento istituzionale, impegno durante la Seconda Guerra Mondiale e collaborazione con le autorità civili. Eletto nel Capitolo Generale 14.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– potenziò le case salesiane e i centri di formazione, fondò l’Università Pontificia Salesiana (1940) e curò la canonizzazione di don Bosco (1934) e Madre Mazzarello (1951);
– affrontò la Guerra Civile Spagnola (1936-1939) che rappresentò una delle principali difficoltà, con persecuzioni che colpirono duramente le opere salesiane nel paese;
– successivamente affrontò la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) causò ulteriori sofferenze: molti salesiani furono deportati o privati della libertà, e le comunicazioni tra la Casa Generalizia di Torino e le comunità sparse nel mondo furono interrotte; inoltre, l’avvento di regimi totalitari in Europa orientale portò alla soppressione di diverse opere salesiane;
– durante la guerra, aprì le strutture salesiane a sfollati, ebrei e partigiani, mediando per la liberazione di prigionieri e proteggendo chi era in pericolo;
– promosse la spiritualità salesiana attraverso opere editoriali (es. Corona patrum salesiana) e iniziative a favore dei giovani marginalizzati.

5. Don Renato Ziggiotti (1952-1965)
Il ministero di Rettor Maggiore di don Renato Ziggiotti (1952-1965) si caratterizza per espansione globale, fedeltà al carisma e impegno conciliare. Eletto nel Capitolo Generale 17.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– fu il primo Rettor Maggiore a non aver conosciuto personalmente don Bosco e a rinunciare all’incarico prima della morte, dimostrando grande umiltà;
– durante il suo mandato, i salesiani passarono da 16.900 a oltre 22.000 membri, con 73 ispettorie e quasi 1.400 case in tutto il mondo;
– promosse la costruzione della Basilica di San Giovanni Bosco a Roma e del santuario sul Colle dei Becchi (Colle don Bosco), oltre al trasferimento del Pontificio Ateneo Salesiano nella capitale;
– fu il primo Rettor Maggiore a partecipare attivamente alle prime tre sessioni del Concilio Vaticano II, anticipando il rinnovamento della Congregazione e il coinvolgimento dei laici;
– compì un’impresa senza precedenti: visitò quasi tutte le case salesiane e Figlie di Maria Ausiliatrice, dialogando con migliaia di confratelli, nonostante le difficoltà logistiche.

6. Don Luigi Ricceri (1965-1977)
​Il ministero di Rettor Maggiore di don Luigi Ricceri si caratterizza per rinnovamento conciliare, centralizzazione organizzativa e fedeltà al carisma salesiano. Eletto nel Capitolo Generale 19.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– adattamento post-conciliare: guidò la Congregazione nell’attuazione delle indicazioni del Concilio Vaticano II, promuovendo il Capitolo Generale Speciale (1966) per il rinnovamento delle Costituzioni e la formazione permanente dei salesiani;
– trasferì la Direzione Generale da Valdocco a Roma, separandola dalla “Casa Madre” per integrarla meglio nel contesto ecclesiale;
– la revisione delle Costituzioni e dei Regolamenti fu un compito complesso, mirato a garantire l’adeguamento alle nuove direttive ecclesiali senza perdere l’identità originaria;
– potenziò il ruolo dei Cooperatori e degli Ex-allievi, rafforzando la collaborazione tra i diversi rami della Famiglia salesiana.

7. Don Egidio Viganò (1977-1995)
​ Il ministero di Rettor Maggiore di don Egidio Viganò si caratterizza per fedeltà al carisma salesiano, impegno conciliare e espansione missionaria globale. Eletto nel Capitolo Generale 21.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– la sua partecipazione come esperto al Concilio Vaticano II influenzò significativamente il suo operato, promuovendo l’aggiornamento delle Costituzioni salesiane in linea con le direttive conciliari e guidò la Congregazione nell’attuazione delle indicazioni del Concilio Vaticano II;
–  collaborò attivamente con il papa san Giovanni Paolo II, divenendone confessore personale, e partecipò a 6 sinodi dei vescovi (1980-1994), rafforzando il legame tra la Congregazione e la Chiesa universale;
– profondamente legato alla cultura latinoamericana (dove trascorse 32 anni), ampliò la presenza salesiana nel Terzo Mondo, con un focus su giustizia sociale e dialogo interculturale;
– fu il primo rettor maggiore eletto per tre mandati consecutivi (su dispensa papale);
– potenziò il ruolo dei Cooperatori e degli Ex-allievi, promuovendo la collaborazione tra i diversi rami della Famiglia salesiana;
–  rafforzò la devozione a Maria Ausiliatrice, riconoscendo l’Associazione dei Devoti di Maria Ausiliatrice come parte integrante della Famiglia Salesiana;
– la sua dedizione alla ricerca scientifica e al dialogo interdisciplinare lo portò a essere considerato il “secondo fondatore” dell’Università Pontificia Salesiana;
– sotto la sua guida, la Congregazione avviò il “Progetto Africa”, espandendo la presenza salesiana nel continente africano che diede molti frutti.

8. Don Juan Edmundo Vecchi (1996-2002)
Il ministero di Rettor Maggiore di don Juan Edmundo Vecchi si distingue per fedeltà al carisma salesiano, impegno nella formazione e apertura alle sfide del post-Concilio. Eletto nel Capitolo Generale 24.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– è il primo Rettor Maggiore non italiano: figlio di immigrati italiani in Argentina, rappresentò un cambio generazionale e geografico nella guida della Congregazione, aprendo a una prospettiva più globale;
– promosse la formazione permanente dei salesiani, sottolineando l’importanza della spiritualità e della preparazione professionale per rispondere alle esigenze dei giovani;
– promosse una rinnovata attenzione all’educazione dei giovani, enfatizzando l’importanza della formazione integrale e dell’accompagnamento personale;
– attraverso le Lettere Circolari, esortò a vivere la santità nella quotidianità, legandola al servizio giovanile e alla testimonianza di don Bosco;
– durante la sua malattia, continuò a testimoniare fede e dedizione, offrendo riflessioni profonde sull’esperienza della sofferenza e dell’anzianità nella vita salesiana.

9. Don Pascual Chávez Villanueva (2002-2014)
​Il ministero di Rettor Maggiore di don Pascual Chávez Villanueva si distingue per fedeltà al carisma salesiano, impegno nella formazione e l’impegno nelle sfide della globalizzazione e delle trasformazioni ecclesiali. Eletto nel Capitolo Generale 25.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– promosse la rinnovata attenzione alla comunità salesiana come soggetto evangelizzatore, con priorità alla formazione spirituale e all’inculturazione del carisma nei contesti regionali;
– rilanciò l’impegno verso i giovani più vulnerabili, ereditando l’approccio di don Bosco, con particolare attenzione agli oratori di frontiera e alle periferie sociali;
– curò la formazione permanente dei salesiani, sviluppando studi teologici e pedagogici legati alla spiritualità di don Bosco, preparando il bicentenario della sua nascita;
– guidò la Congregazione con un approccio organizzativo e dialogante, coinvolgendo le diverse regioni e promuovendo la collaborazione tra centri di studio salesiani;
– promosse una maggiore collaborazione con i laici, incoraggiando la corresponsabilità nella missione salesiana e affrontando le resistenze interne al cambiamento.

10. Don Ángel Fernández Artime (2014-2024)
Il ministero di don Ángel Fernández Artime si distingue per fedeltà al carisma salesiano, e al papato. Eletto nel Capitolo Generale 27.
Alcune caratteristiche del suo rettorato:
– guidò la Congregazione con un approccio inclusivo, visitando 120 paesi e promuovendo l’adattamento del carisma salesiano alle diverse realtà culturali, mantenendo saldo il legame con le radici di don Bosco;
– rafforzò l’impegno verso i giovani più vulnerabili, delle periferie, ereditando l’approccio di don Bosco;
– affrontò le sfide della globalizzazione e delle trasformazioni ecclesiali, promuovendo la collaborazione tra centri di studio e rinnovando gli strumenti di governo della Congregazione;
– promosse una maggiore collaborazione con i laici, incoraggiando la corresponsabilità nella missione educativa e pastorale;
– dovete affrontare la pandemia di COVID-19 che ha richiesto adattamenti nelle opere educative e assistenziali per continuare a servire i giovani e le comunità in difficoltà;
– dovete affrontare la gestione delle risorse umane e materiali in un periodo di crisi vocazionale e cambiamenti demografici;
– sposto la Casa Generalizia dalla Pisana all’opera fondata da don Bosco, Sacro Cuore di Roma;
– il suo impegno culminò nella nomina a Cardinale (2023) e a Pro-Prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata (2025), segnando un riconoscimento della sua influenza nella Chiesa universale.

I Rettori Maggiori della Congregazione Salesiana hanno svolto un ruolo fondamentale nella crescita e nello sviluppo della congregazione. Ognuno di loro ha portato il proprio contributo unico, affrontando le sfide del loro tempo e mantenendo vivo il carisma di san Giovanni Bosco. La loro eredità continua a ispirare le generazioni future di salesiani e giovani in tutto il mondo, garantendo che la missione educativa di don Bosco rimanga rilevante e vitale nel contesto contemporaneo.

Presentiamo sottostante anche una statistica di questi rettorati.

 Rettor Maggiore Nato il Inizio mandato Rettor Maggiore Eletto a … anni Fine mandato Rettor Maggiore Rettor Maggiore per… Ha vissuto per… anni
BOSCO Giovanni 16.08.1815 18.12.1859 44 31.01.1888 (†) 28 anni e 1 mese 72
RUA Michele 09.06.1837 31.01.1888 50 06.04.1910 (†) 22 anni e 2 mesi 72
ALBERA Paolo 06.06.1845 16.08.1910 65 29.10.1921 (†) 11 anni e 2 mesi 76
RINALDI Filippo 28.05.1856 24.04.1922 65 05.12.1931 (†) 9 anni e 7 mesi 75
RICALDONE Pietro 27.07.1870 17.05.1932 61 25.11.1951 (†) 19 anni e 6 mesi 81
ZIGGIOTTI Renato 09.10.1892 01.08.1952 59 27.04.1965 († 19.04.1983) 12 anni e 8 mesi 90
RICCERI Luigi 08.05.1901 27.04.1965 63 15.12.1977 († 14.06.1989) 12 anni e 7 mesi 88
VIGANO Egidio 29.06.1920 15.12.1977 57 23.06.1995 (†) 17 anni e 6 mesi 74
VECCHI Juan Edmundo 23.06.1931 20.03.1996 64 23.01.2002 (†) 5 anni e 10 mesi 70
VILLANUEVA Pasqual Chavez 20.12.1947 03.04.2002 54 25.03.2014 11 anni e 11 mesi 76
ARTIME Angel Fernandez 21.08.1960 25.03.2014 53 31.07.2024 10 anni 4 mesi 64