Don Bosco e la sua data di nascita

Gli archivi parlano del 16 agosto: ma c’è una curiosa e affettuosa interpretazione.

I dati d’archivio
Il Registro dei battesimi della Parrocchia di Sant’Andrea in Castelnuovo d’Asti parla chiaro nella scrittura latina del parroco don Sismondo. Ne diamo qui la traduzione italiana:
«17 agosto 1815. — Bosco Giovanni Melchiorre, figlio di Francesco Luigi e di Margherita Occhiena coniugi Bosco, nato ieri sera e questa sera battezzato solennemente dal Reverendissimo don Giuseppe Festa, Vicecurato. Furono padrini Occhiena Melchiorre di Capriglio e Bosco Maddalena, vedova del fu Secondo Occhiena, di Castelnuovo.
Giuseppe Sismondo, Parroco e Vicario Foraneo».

Dunque, secondo l’Atto ufficiale di battesimo, don Bosco nacque la sera del 16 agosto 1815. Eppure don Bosco nelle sue «Memorie» afferma:
«Il giorno consacrato a Maria Assunta in cielo fu quello della mia nascita, l’anno 1815; in Murialdo, borgata di Castelnuovo d’Asti».
La differenza sembra evidente, anche se don Bosco non scrisse di esser nato il 15 di agosto, ma semplicemente «il giorno consacrato a Maria Assunta in cielo».
Fino alla morte di don Bosco si interpretò sempre quel «giorno consacrato a Maria Assunta in cielo» nel suo significato più ovvio e cioè di «15 agosto», senza che don Bosco vi facesse osservazione.
Così si può leggere sul Bollettino Salesiano del gennaio 1879, così nel libro su Don Bosco e la Società Salesiana pubblicato dal Du Boys a Parigi nel 1884, così persino sulla pergamena posta nella cassa di don Bosco il 2 febbraio 1888 e firmata anche da don Rua.
Subito dopo la morte di don Bosco, però, i Salesiani sentirono l’urgenza di raccogliere tutte le possibili testimonianze su di lui in vista di un Processo di Beatificazione e Canonizzazione. In questo clima di ricerche si recò a Castelnuovo d’Asti il salesiano castelnovese Don Secondo Marchisio, con l’intento di interrogare sul posto le persone più anziane dei Becchi, di Castelnuovo e di Moncucco su ciò che ricordavano della giovinezza di don Bosco. Dopo circa tre mesi di lavoro, nell’ottobre del 1888 don Marchisio se ne tornava a Torino con un ricco materiale di testimonianze. Tra il resto, si era fatto anche il dovere di consultare l’archivio parrocchiale di Castelnuovo dove aveva visto l’atto di battesimo che indicava il 16 agosto, e non il 15, come data di nascita di don Bosco.
Viene quindi naturale chiederci se si sia sbagliato don Bosco o il suo parroco o se i parenti abbiano denunciato una data per un’altra, come a volte avveniva, o se, addirittura, come alcuni ipotizzano, don Bosco non abbia volontariamente ritoccato la data per far cadere la propria nascita nel giorno dell’Assunta. Per dare una risposta a queste domande, conviene prima richiamarci all’ambiente popolare di quel tempo.

La Madonna d’agosto nel calendario del popolo
Nei nostri paesi del Piemonte, e non in quelli soltanto, la gente non soleva un tempo indicare i giorni festivi con una data del calendario ma con il nome di un santo, di una festa, di una sagra, di un avvenimento.
Il primo di gennaio era semplicemente chiamato «il giorno della strenna» (él dì dla strena), gli ultimi di quel mese «i giorni della merla» (ij dì dla merla), e così avanti. Il 3 febbraio era quello della benedizione della gola; il 6 giugno, a Torino, il giorno del miracolo; il 23-24, la festa di san Giovanni; l’8 settembre, la Madonna di settembre, ecc.
Non c’era allora tutta quella preoccupazione che oggi si ha per le cifre del calendario. Le date di nascita, di battesimo e di morte si trovavano solo nei registri parrocchiali che, fino al 1866, erano gli unici registri anagrafici esistenti e, per di più, sino al 1838, scritti solo in latino.
In questa situazione si può capire come i tre giorni del ferragosto, 14-15-16, fossero semplicemente indicati come «la Madonna d’agosto» (La Madòna d’agost).
Quella dell’Assunta era una delle festività più importanti e più sentite dell’anno, e la devozione alla Madonna d’agosto era tra le più radicate e celebrate in tutto il Piemonte. Basti pensare che le cattedrali di Asti, Ivrea, Novara, Saluzzo e Tortona, sono dedicate all’Assunta e che, ancor oggi, in tutto il territorio delle diocesi piemontesi, ben 201 (duecento e una!) chiese parrocchiali sono intitolate all’Assunta. Per far solo qualche nome, ricordiamo tra i paesi più vicini a Castelnuovo la parrocchia di Arignano, quella di Lauriano, di Marentino, di Riva presso Chieri, di Villafranca d’Asti. E non sarà inutile ricordare che la diocesi di Acqui ha 9 parrocchie dedicate all’Assunta, quella di Alba ne ha 10, Alessandria 9, Aosta 5, Asti 4, Biella 9, Casale 9, Cuneo 4, Fossano 3, Ivrea 12, Mondovì 18, Novara 34, Pinerolo 6, Saluzzo 12, Susa 7, Torino 16, Vercelli 18, Tortona 28, 16 delle quali in territorio piemontese.
Come si può quindi immaginare, la festa della Madonna d’agosto si celebrava ovunque solennissimamente con processioni e sagre che duravano al minimo tre giorni. Ancor oggi a Castelnuovo Don Bosco la Festa dell’Assunta (èl dì dla Madòna — si noti la somiglianza con la frase di don Bosco «il giorno consacrato a Maria Assunta in cielo» —) viene celebrata con grande solennità. Dopo una novena devota di preghiera, tutti accorrono alla Madonna del Castello per la processione, autorità e popolazione del paese. Seguono otto giorni di allegria con giostre e carrozzoni in piazza. Manco a dirlo, la festa di San Rocco, al 16 agosto, non è considerata festa a sé, ma fusa praticamente con quella dell’Assunta.

La data di nascita di don Bosco

È solo considerando queste usanze e divozioni che si può venire a capire la datazione della sua nascita da parte di don Bosco. Mamma Margherita deve aver sempre detto a suo figlio Giovanni: «Tu sei nato alla Madonna d’agosto». Non ne abbiamo, evidentemente, documentazione scritta, ma chi conosce l’ambiente e il linguaggio non può davvero immaginare espressione diversa sulle sue labbra. E quando nel 1873, per ordine di Pio IX, don Bosco si accinse finalmente a compilare le sue «Memorie», italianizzando, con un dialettalismo tra i tanti, così frequenti nel suo scritto, l’espressione piemontese della madre (a la Madòna d’agost), scrisse: «Il giorno consacrato a Maria Assunta in cielo fu quello della mia nascita l’anno 1815».
Don Eugenio Ceria, biografo di don Bosco, da buon piemontese, dà alla frase l’interpretazione che abbiamo fatta nostra: «Giova ricordare che in Piemonte di cosa avvenuta poco prima o poco dopo il 15 agosto, si dice spesso, senza troppo precisare, che avvenne alla Madonna d’agosto, e ognuno vede la facile conseguenza».

Atto di nascita di don Bosco

Don Michele Molineris, attento raccoglitore di usi locali, rimane dello stesso parere, mentre don Teresio Bosco avanza una nuova possibile interpretazione: «Sua mamma gli aveva detto tante volte: — Tu sei nato nel giorno della Madonna —, e don Bosco ripeterà per tutta la sua vita che era nato il 15 agosto 1815, festa dell’Assunta. Non andò mai a consultare il registro parrocchiale dove è scritto che nacque il 16 agosto? Un errore della madre? Una distrazione del parroco? Probabilmente né l’uno né l’altra. A quei tempi i parroci esigevano dai loro cristiani che portassero i neonati al battesimo nelle prime ventiquattro ore. Molti papà per non rischiare la vita del bimbo, glielo portavano qualche giorno dopo, e per non provocare la sfuriata del parroco posticipavano il giorno della nascita. Così capitò a Giuseppe Verdi, contemporaneo di don Bosco e a tanti altri. E i figli credevano più alle madri che ai registri».
Chi scrive questo articolo sa di essere nato il 27 agosto; eppure i documenti anagrafici gli assegnano come giorno di nascita il 28. Non sarà quindi il primo a negare la possibilità dell’ipotesi di don Teresio, secondo la quale don Bosco può essere veramente nato il 15.
Ciò che rimane inaccettabile invece è l’ipotesi che si sia trattato di un accorgimento di don Bosco, per potere, manipolando la data di nascita, costruirsi una leggenda, una sorta di biografia esemplare che avrebbe avuto come primo fatto provvidenziale la nascita dell’eroe il 15 di agosto, giorno esatto dell’Assunta.
Don Bosco era, senz’altro, un abilissimo narratore, che sapeva all’occorrenza colorire ed amplificare i particolari di un fatto per suscitare interesse, stupore o ilarità nei suoi giovani ascoltatori, o arrotondare le cifre per dischiudere le borse e far riflettere sull’inarrestabile sviluppo della sua opera, ma non era un vendifrottole, né un ingenuo. Chi lo può immaginare così sprovveduto da ignorare che presto o tardi la vera data della sua nascita sarebbe stata conosciuta?
Dovrebbe piuttosto essere chiaro a chi conosce il Santo dei Becchi, che egli non era uomo da fissarsi sul significato «cronachistico» delle date, ma su quello religioso. Per lui la storia umana, anche quella sua personale, era storia sacra, storia provvidenziale di salvezza. Vedeva un piano divino nella propria vita e voleva che i suoi lo ricordassero a loro incoraggiamento.

Per tirare le somme
Possiamo quindi riassumere e concludere dicendo che la data del 16 agosto, fornita dal registro parrocchiale è, molto probabilmente, quella esatta; ma non si può escludere del tutto che don Bosco sia di fatto nato il 15.
Comunque sia, don Bosco sapeva di essere nato «alla Madonna d’agosto» e ne era felice.
Le due date del 15 e del 16 non erano, nell’accezione popolare del tempo, sostanzialmente separate. Si trattava di una sola festività, quella dell’Assunta. Si poteva quindi parlare in tutti e due i casi di «giorno consacrato a Maria SS. Assunta in cielo».
Non ci risulta che don Bosco abbia espressamente parlato di «15 agosto», ma è possibile, tanto più che non è da escludersi che credesse esatta quella data.
Certo così credettero i discepoli prima della sua morte, interpretando in senso stretto affermazioni come questa: «io son nato alla Madonna di agosto» (Non ci si dimentichi che con don Bosco, in conversazione privata, i più parlavano ancora in piemontese).
La santa Mamma Margherita alla sua entrata in seminario gli aveva anche detto: «Quando sei venuto al mondo, ti ho consacrato alla Beata Vergine Maria; quando hai cominciato i tuoi studi, ti ho raccomandato la divozione a questa nostra Madre: ora ti raccomando di esserle tutto suo: ama i compagni divoti di Maria; e, se diverrai sacerdote, raccomanda e propaga la divozione di Maria». E così fece don Bosco per tutta la vita.
In un rigido mattino d’inverno, il 31 gennaio 1888, don Bosco chiudeva il suo pellegrinaggio terreno a Valdocco al suono dell’Ave Maria. Sarà quello il termine di un lungo faticoso cammino intrapreso in una calda sera d’estate alla «Madonna d’agosto» sul Colle dei Becchi.




La GMG come esperienza sinodale di rinnovamento della Chiesa

Interrompere la vita di una città è sempre un atto straordinario. Riempire le strade di giovani provenienti da ogni angolo del mondo è un ricordo commovente. Una Giornata Mondiale della Gioventù è questo e molto di più.

L’organizzazione di una GMG richiede tantissime di ore di lavoro, mettendo a disposizione dei giovani, risorse di ogni tipo. Se porterà frutti spirituali in proporzione allo sforzo, ne sarà valsa la pena, il tutto per una ragione educativa, comunicativa ed evangelizzatrice: l’obiettivo di un evento come questo è quello di far conoscere Gesù Cristo a moltissimi giovani, e di riuscire a far capire loro che seguire Lui è un modo sicuro per trovare la felicità.

È ai giovani che dobbiamo guardare in questi giorni con particolare predilezione e scoprire il segreto di un fenomeno sorprendente: nel mondo dei giovani è in atto una “rivoluzione silenziosa”, il cui palcoscenico più grande sono le Giornate Mondiali della Gioventù. Giovani che sollevano domande tra i cristiani e non hanno paura di mostrarsi come tali, giovani che non vogliono essere intimiditi e tanto meno ingannati, giovani che portano l’entusiasmo e la passione per realizzare il cambiamento.

Questi incontri continuano a sorprendere sia all’interno sia all’esterno della Chiesa. E sono un’istantanea di una gioventù molto diversa da quella proposta da alcuni, assetata di valori, alla ricerca del significato più profondo della vita, con un desiderio di un mondo diverso da quello che abbiamo trovato al nostro arrivo.

Oggi, una percentuale significativa dei partecipanti alla GMG proviene da contesti familiari, sociali e culturali molto diversi. Molti di questi giovani pellegrini non hanno punti di riferimento cristiani nei loro contesti. In questo senso, la vita di molti di loro assomiglia al surf: non possono pretendere di cambiare l’onda, ma si adattano ad essa per dirigere la tavola dove vogliono che vada. Questi volti radiosi della Chiesa si svegliano ogni giorno con il desiderio di essere migliori seguaci di Gesù in mezzo ai loro familiari, amici e conoscenti.

I giovani hanno la forza di dare il meglio di sé, ma devono sapere che questo impegno è fattibile, hanno bisogno della complicità degli adulti, devono credere che questa lotta non sia sterile né destinata al fallimento. Per questo motivo, le giornate sono un modo per far sperimentare ai giovani la sinodalità, lo stile particolare che caratterizza la vita e la missione della Chiesa. L’appartenenza alla loro comunità ecclesiale locale implica l’appartenenza a una comunità molto più grande e universale. Una comunità in cui abbiamo bisogno che tutti, giovani e adulti, si “prendano carico del mondo”.

Per questo, è necessario coltivare alcune attitudini per questa nuova spiritualità sinodale. La GMG ci permette di:
– condividere le piccole storie degli altri, sperimentando il coraggio di parlare liberamente e di portare in tavola conversazioni profonde che vengono da dentro;
– imparare a crescere insieme agli altri e di apprezzare come ci stiamo aggiungendo a vicenda, anche se a “velocità” diverse (stili, età, visioni, culture, doni, carismi e ministeri nella Chiesa);
– prendersi cura degli “spazi verdi comunitari” per la nostra relazione con Dio, per occuparci della nostra connessione con la fonte della vita, con Colui che si prende cura di noi, per radicare la nostra fiducia e le nostre speranze in Lui, per scaricare le nostre preoccupazioni su di Lui, per essere in grado di “prendere in carico” la missione che Lui lascia nelle nostre mani;
– accettare e accogliere la nostra fragilità, che ci collega alla fragilità del nostro mondo e della madre Terra;
– essere una voce che si unisce a molte altre per denunciare gli eccessi che si stanno commettendo attualmente nei confronti del Pianeta e per intraprendere azioni comuni che contribuiscano alla nascita di una cittadinanza più responsabile ed ecologica;
– riorientare insieme i processi pastorali da una prospettiva più aperta e inclusiva, che ci renda pronti ad “andare incontro” a tutti i giovani dove si trovano, e rendere visibile e reale il desiderio di essere una “Chiesa in movimento” che si avvicini a credenti e non credenti, e che diventi una compagna di viaggio per coloro che lo desiderano o ne hanno bisogno.

In breve, una Chiesa sinodale che favorisca un cambiamento di cuore e di mente che ci permetta di affrontare la nostra missione in MODO GESÙ. Un invito a sentire dentro di noi il tocco e lo sguardo di Gesù che ci rende sempre nuovi.

Sito ufficiale del GMG 2023: https://www.lisboa2023.org
Sito saleisani al GMG 2023: https://wyddonbosco23.pt




Casa salesiana Tibidabo

Situata nella vetta più alta delle montagne di Collserola che offre una bella vista su Barcellona, la Casa salesiana Tibidabo ha una storia particolare, legata alla visita di don Bosco in Spagna, compiuta nel 1886.

Il nome della collina, “Tibidabo”, discende dal latino “Tibidabo”, che significa “ti darò”, e deriva da alcuni versetti della Sacra Scrittura: “… et dixit illi haec tibi omnia dabo si cadens adoraveris me”, “… e gli disse: Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai” (Matteo 4,9). Questa frase viene pronunciata dal demonio a Gesù da una grande altezza, mostrandogli i regni della terra, cercando di tentarlo con le ricchezze di questo mondo.
Il vecchio nome della collina barcellonese era Puig de l’Àliga (Collina dell’Aquila). Il nuovo nome di “Tibidabo”, come altri nomi biblici (Valle di Hebron, il Monte Carmelo ecc.), è stato dato da alcuni religiosi che vivevano nella zona. La scelta di questo nuovo nome è stata fatta per la vista maestosa che offre sulla città di Barcellona, da un’altezza che dà la sensazione di dominare tutto.

Durante il suo viaggio in Spagna, don Bosco si recò nel pomeriggio del 5 maggio 1886, alla basilica di Nostra Signora della Misericordia, patrona della città di Barcellona, per ringraziarla dei favori ricevuti durante la sua visita alla città e per l’opera salesiana iniziata a Sarrià. Lì, alcuni signori delle Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli lo avvicinarono, gli diedero la proprietà di un terreno in cima al Tibidabo e lo pregarono di costruirvi un santuario del Sacro Cuore di Gesù. Gli chiesero questo favore “per mantenere salda e indistruttibile la religione che Lei ci ha predicato con tanto zelo ed esempio e che è l’eredità dei nostri padri”.

La reazione di don Bosco fu spontanea: “Sono confuso da questa nuova e inaspettata prova della sua religiosità e pietà. La ringrazio per questo; ma sappia che, in questo momento, lei è uno strumento della Provvidenza divina. Mentre lasciavo Torino per venire in Spagna, pensavo tra me e me: ora che la chiesa del Sacro Cuore a Roma è quasi terminata, dobbiamo studiare come promuovere sempre di più la devozione al Sacro Cuore di Gesù. E una voce interiore mi rassicurò che avrei trovato i mezzi per realizzare il mio desiderio. Questa voce mi ripeteva: Tibidabo, tibidabo (ti darò, ti darò). Sì, signori, voi siete gli strumenti della Divina Provvidenza. Con il vostro aiuto, presto sorgerà su questa montagna un santuario dedicato al Sacro Cuore di Gesù; lì tutti avranno la comodità di accostarsi ai santi Sacramenti, e la vostra carità e la fede di cui mi avete dato tante e così belle prove saranno sempre ricordate” (MB XVIII,114).

Il 3 di luglio dello stesso anno, 1886, l’ormai venerabile Dorotea de Chopitea, promotrice del lavoro salesiano a Barcellona e facilitatrice della visita di don Bosco alla città, finanziò la costruzione di una piccola cappella dedicata al Sacro Cuore sulla stessa collina.
Il progetto di costruzione del tempio subì un ritardo significativo, soprattutto a causa della comparsa di un nuovo progetto per la costruzione di un osservatorio astronomico sulla cima del Tibidabo, che alla fine fu costruito su una collina vicina (Osservatorio Fabra).
Nel 1902, fu posata la prima pietra della chiesa e nel 1911 fu inaugurata la cripta dell’attuale santuario del Tibidabo, alla presenza dell’allora Rettor Maggiore, don Paolo Albera. Alcuni giorni dopo l’inaugurazione, quest’ultimo fu nominato “Tempio Espiatorio e Nazionale del Sacro Cuore di Gesù” conforme a una decisione presa nell’ambito del XXII Congresso Eucaristico Internazionale, che si tenne a Madrid alla fine del mese di giugno del 1911. L’opera fu completata nel 1961 con l’erezione della statua del Sacro Cuore di Gesù, settantacinque anni dopo la visita di Giovanni Bosco a Barcellona. Nel 29 ottobre 1961, la chiesa ricevette il titolo di basilica minore, concesso da papa Giovanni XXIII.

Oggi, il tempio continua ad attirare un gran numero di pellegrini e visitatori da tutto il mondo. Accoglie cordialmente tutti coloro che vengono alla Basilica del Sacro Cuore di Gesù, per qualsiasi motivo, dando loro l’opportunità di ricevere il messaggio del Vangelo e di accostarsi ai sacramenti, in particolare all’Eucaristia e alla Riconciliazione. È allo stesso tempo una parrocchia affidata ai Salesiani, anche se ha pochi parrocchiani stabili.
Per coloro che sono venuti con l’intenzione di trascorrere un po’ di tempo in preghiera mette a disposizione anche i materiali offerti dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa, di cui il Tempio è membro.
Si continua l’adorazione del Santissimo Sacramento durante il giorno, e si incoraggia la pratica dell’adorazione notturna.
E a coloro che voglio fare un ritiro, mette a disposizione alloggio e vitto all’interno della struttura salesiana.
Un’opera dedicata al Sacro Cuore di Gesù voluta dalla Provvidenza tramite san Giovanni Bosco, che continua la sua missione attraverso la storia.

don Joan Codina i Giol, sdb
direttore Tibibabo

Galleria foto – Casa salesiana al Tibidabo

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Benedizione della Cappella del Sacro Cuore, Tibidabo, 03.07.1886
Sentiero alla Cappella del Sacro Cuore, Tibidabo, 1902
Tempio Espiatorio del Sacro Cuore. Cripta nel 1911
Statua del Sacro Cuore al Tibidabo
Cupola dell'altare della cripta al Tibidabo
Dettaglio nella cupola dell'altare della cripta al Tibidabo. Don Bosco riceve la proprietà