Intervista a don Klement VÁCLAV, nuovo Provinciale Africa Meridionale (AFM)

Don Václav Klement ha avuto vari incarichi nel Consiglio Generale: Consigliere per la Regione Asia Est-Oceania (2002-2008), Consigliere Generale per le Missioni (2008-2014), Consigliere per la Regione Asia Est-Oceania (2014-2020) e Visitatore Straordinario “ad nutum et pro tempore” (2020-2022). Nel dicembre 2022, il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, con il consenso del Consiglio Generale, lo ha nominato come nuovo Superiore della Visitatoria Africa Meridionale per il sessennio 2023-2029. Ecco l’intervista concessa in occasione del nuovo incarico.

1. Parlaci un po’ del tuo background familiare e delle tue origini.
Rendo grazie a Dio per la mia famiglia di umili origini, ma profonda nella fede, cresciuta con tre fratelli più piccoli, un padre lavoratore e una madre teneramente amorevole. Entrambi i genitori sono cresciuti nel gruppo giovanile della stessa parrocchia e sono noti per il loro impegno di tutta una vita nell’educazione dei giovani nel tempo libero. La nostra vivace parrocchia, con molti eccezionali sacerdoti diocesani dopo il Concilio Vaticano II, è stata una scuola quotidiana di fede vissuta in azione, soprattutto nel contesto dell’educazione atea in tutte le scuole pubbliche che ho frequentato in Cecoslovacchia fino a 26 anni. Non è facile immaginare la persecuzione che si è protratta per 40 anni, con tutti i 15000 religiosi e religiose dispersi, le loro opere di missione distrutte e chiamati a consegnare il loro carisma nella clandestinità. Solo dopo il crollo del regime comunista venni a sapere che anche mio zio, operaio, che viveva nella stessa piccola casa, era un religioso, vescovo della Chiesa clandestina.

2. Che cosa ti ha attratto e ti ha fatto scegliere la vita religiosa, in particolare la vita consacrata salesiana? Quali salesiani ti hanno influenzato di più?

Direi che le mie aspirazioni, i miei sogni e la mia preparazione personale sono scattati “semplicemente” con il primo invito esplicito a partecipare al primo incontro vocazionale salesiano clandestino “Vieni e vedi”. Sono stato profondamente toccato, stupito, attratto da tutti quei salesiani anziani che hanno saputo trasmettere la vocazione e il carisma salesiano dopo anni di carcere, lavori forzati e vita sacrificata. Non posso dimenticare il mio primo incontro con il “Bollettino Salesiano”, le storie dei santi della famiglia salesiana e soprattutto l’ambiente della spiritualità salesiana: spirito di famiglia, slancio apostolico e fede profonda. Poiché fino al 1989 non esistevano “strutture formative ufficiali”, il carisma salesiano veniva trasmesso attraverso un accompagnamento spirituale personalizzato e chiuso. Non un solo maestro dei novizi, ma tre salesiani si sono presi cura di loro durante quell’anno speciale! A oggi i Salesiani di Don Bosco sono la congregazione religiosa maschile più numerosa della Repubblica Ceca.

3. Che cosa facevi prima di entrare nella vita religiosa?
In realtà, per me “entrare nella vita religiosa” non è stato come “entrare nella casa salesiana”. Durante quei tempi “benedetti” del regime totalitario comunista c’erano 400 salesiani nel mio paese, ma nessuna casa salesiana “ufficiale”. Metà dei salesiani viveva e lavorava in clandestinità, mentre un’altra metà era coinvolta nelle strutture diocesane della Chiesa. Nella mia vivace parrocchia d’origine (la seconda città ceca di Brno) fin dall’infanzia sono stato coinvolto in molti servizi come chierichetto, boy scout, membro del coro, volontario o animatore. All’età di 10 anni ho avuto per la prima volta tra le mani la biografia di don Bosco, ma il primo salesiano vivente l’ho incontrato solo all2età di 22 anni, al termine di due anni di servizio militare. Quegli anni “prima” di diventare salesiano sono stati un periodo di duro studio, di duro lavoro in parrocchia, come animatore giovanile in vari modi, mentre vivevo come cittadino di seconda classe, essendo un giovane fervente cattolico.

4. Dopo aver vissuto tanti anni di vita consacrata salesiana, come riassumeresti la tua vita di sacerdote salesiano fino a ora?
All’età di 65 anni probabilmente si è già raggiunto un momento per “tirare le somme” della propria vita, no? Difficile dirlo in poche parole. Il mio motto di vita è cambiato nel corso degli anni e dal 2008 mi attengo alla versione asiatica di Da mihi animas, cetera tolle: Tutti per Gesù, Gesù per tutti! Significa vivere ogni compito e missione della mia vita con entusiasmo, gioia e passione. Negli ultimi 20 anni al fianco del Rettor Maggiore non mi sono mai “guardato indietro”, cercando sempre di contribuire alla crescita del carisma salesiano con il meglio delle mie forze. Beh, la vita inizia a 65 anni!

5. Vuoi condividere con noi l’evento più memorabile della tua vita come salesiano di don Bosco?
Beh, conservo troppi ricordi salesiani. Prima di tutto il periodo di formazione clandestina in Cecoslovacchia, come le 24 ore di cammino in montagna per raggiungere una riunione segreta di un giorno dell’ispettoria o l’ascolto dei racconti di confratelli che hanno trascorso anni nelle prigioni e nei campi di lavoro forzato. Davvero, è molto difficile citare l’evento “più memorabile”: ogni giorno durante i 16 anni in Corea è stato un momento speciale, poi come primo consigliere regionale per l’Asia Orientale – Oceania (EAO – East Asia – Oceania) probabilmente è stata la nostra prima Visita d’équipe (2005) con il workshop Vision-Mission o il Congresso dei Fratelli Salesiani EAO in Vietnam (2018). Sono troppi gli eventi per i quali ringrazio Dio nel corso della mia vita. Non sono mai abbastanza per raccontare e ringraziare queste storie ed eventi! Se accedi al notiziario EAO (Asia Orientale-Oceania) “AustraLasia” sul sito www.bosco.link potrai saperne un po’ di più!

6. Hai qualche rimpianto nella vita?
Sì, i miei rimpianti sono sempre della stessa natura. Alla fine della giornata (dopo un evento, una missione apostolica, un compito affidato) mi pento di non aver dedicato tutto il mio cuore a questo compito o missione. In concreto, non ho ascoltato abbastanza il confratello o i partner laici della missione, non ho dato il meglio di me al processo in corso (forse un discernimento, la preparazione di un evento regionale).

7. Quale consiglio daresti a un giovane che sta considerando la vita religiosa? Quale messaggio vuoi inviare ai giovani riguardo alla vocazione missionaria?
Vorresti consacrarti a Dio? Vorresti seguire Gesù come don Bosco e i suoi famigliari? Dona il tuo cuore completamente a Gesù! – Vorrei condividere questo invito di don Bosco nel linguaggio dei giovani per essere attratti da questo stile di vita di “diventare pane per gli altri”.
Vuoi essere profondamente felice? Condividi la tua fede con coloro che non hanno il privilegio di incontrare Gesù faccia a faccia! Negli ultimi 30 anni ho incontrato la maggior parte dei 14000 salesiani e ho scoperto che i più felici tra loro sono solitamente i missionari che hanno lasciato tutto, il proprio paese e la propria cultura, per essere luce di Gesù come missionari! Senza la condivisione della fede la Chiesa cesserebbe di respirare.

8. Quando hai saputo di essere stato nominato provinciale, qual è stata la tua reazione?

Sì, è stata una grande sorpresa e in qualche modo scioccante. Solo due giorni prima del Natale 2022, già preparato per un’altra visita straordinaria, questa volta in Asia meridionale, sono stato chiamato dal Rettor Maggiore. Don Ángel mi chiese di accettare questa nuova e inaspettata obbedienza. In tutta la mia vita non ho mai detto “no” a don Bosco. Dal momento che questa nuova chiamata è avvenuta a Valdocco, ho avuto il tempo di digerire questo drammatico cambiamento nella mia vita e di pregare per ognuno dei confratelli dell’AFM il primo giorno, per poi iniziare lentamente il cambiamento di mentalità dalla Corea del Sud all’Africa del Sud. Il 1° gennaio 2023 mi sono recato in pellegrinaggio a piedi da Valdocco ai Becchi, per chiedere a don Bosco di benedire tutti noi dell’AFM!

Questa chiamata non fu molto diversa da quella del 1996, quando don Juan E. Vecchi mi raggiunse telefonicamente nelle Filippine durante un congresso regionale dell’Asia Orientale-Oceania dei Salesiani Cooperatori. È stato uno shock travolgente, che non mi ha fatto dormire per tutta la notte, assolutamente inaspettato, dato che non ero nemmeno un membro del consiglio provinciale e avevo appena raggiunto la Corea 10 anni prima di questa nuova chiamata.

9. Quali sono, secondo te, le qualità di leadership che apporti al tuo nuovo ruolo di provinciale?
Sono felice di condividere con i miei confratelli salesiani, i partner missionari laici, i membri della Gioventù Salesiana e della Famiglia Salesiana la mia vita, la mia fede e le mie convinzioni salesiane per i prossimi 6 anni. Guidare è possibile soprattutto attraverso la testimonianza di vita; questa è la mia profonda convinzione personale. Come ogni discepolo-missionario di Gesù, probabilmente il primo contributo è la mia personale testimonianza di vita di salesiano appassionato, missionario, comunicatore, amico dei giovani, profondamente innamorato di don Bosco.
Nel recente passato ho assistito molte ispettorie nel loro processo di discernimento per rimodellare, crescere, vedere e andare avanti. Dopo due anni come rettore, sei anni come provinciale di Corea e 20 anni con il consiglio del Rettor Maggiore come visitatore straordinario, vorrei condividere questa esperienza con le dinamiche di crescita carismatica salesiana. Come Salesiani di Don Bosco siamo molto ricchi di spirito, viviamo in famiglia con tanti santi (vivi o che aiutano dal cielo). Come mio stile di animazione personale, mi piace portare l’attenzione di tutti a custodire e far fruttare questi tesori in Lesotho, eSwatini e Sudafrica.
L’animazione e il governo della comunità cattolica e della famiglia salesiana sono radicati nell’ascolto profondo. Non a caso riflettiamo sulle 127 domande di Gesù nei Vangeli. Anche l’attuale tema del CG28 termina con un punto interrogativo: Che tipo di salesiani per i giovani dell’Africa meridionale? Mi piace condividere le domande e “perdere tempo” ascoltando e camminando con ogni confratello.
Tornare dopo 21 anni al servizio dell’autorità, dopo aver servito per molti anni come consigliere, è una sfida. Tuttavia, promuovere lo spirito di famiglia e il lavoro di squadra, investire nella formazione permanente di tutti i confratelli e avvicinarmi a don Bosco sono le qualità principali che desidero nel mio servizio di leadership iniziale.




In memoriam. Don Sergio DALL’ANTONIA, sdb

Don Sergio Dall’Antonia, missionario salesiano e fondatore della presenza salesiana in Romania, ha finito il suo pellegrinaggio terreno a Bacau, Romania, il 21.02.2023, a 83 anni.

Sergio Dall’Antonia era nato a Pieve di Soligo (Treviso, Italia), l’11 aprile 1939. I suoi genitori furono Sonia e Angelo Lombardi. La famiglia comprendeva un fratello maggiore, Francesco, e una sorellina, Mariella, che morirà a un anno di età. Fu battezzato il 14 di aprile, ricevendo i nomi Sergio e Livio. All’età di sette anni rimarrà orfano di madre.

Frequenta le scuole elementari in paese e le scuole medie nell’istituto salesiano Astori, di Mogliano Veneto, dove si era trasferita la famiglia. Grazie al contatto con i salesiani capisce la chiamata divina e al termine della quinta ginnasiale chiede di essere salesiano. Finirà il noviziato il 15 agosto 1954 sotto la guida del maestro don Vigilio Uguccioni, ad Albarè di Costermano, diventando salesiano a pieno titolo.

Dopo gli studi liceali e filosofici a Nave (1955-1958) e a Foglizzo (1958-1959) rientra in ispettoria per il tirocinio pratico, svolto a Tolmezzo (1959-1961) e poi a Pordenone (1961-1962), facendo la professione perpetua nel 13 di agosto del 1961.

Dopo gli studi teologici a Monteortone (1962-1966), conclusi con l’ordinazione presbiterale (02.04.1966) nel Santuario Mariano di Monteortone, i superiori lo segnalano come possibile futuro docente nello studentato, e per questo viene inviato a Roma, presso l’Università Pontificia Salesiana, per studiare la morale (1966-1970). Per problemi di salute, dopo gli studi di morale, torna alla casa di Pordenone (1970-1973) come catechista e insegnante. Comincia così a manifestare doti da buon organizzatore, artistiche, di animazione, che lo renderanno celebre.

La casa salesiana di San Luigi di Gorizia lo avrà per una quindicina d’anni (1973-1986): qui diventerà l’anima dell’Associazione Turismo Giovanile Salesiano Isontino. Organizza feste per i ragazzi e genitori, mostre d’arte, ma soprattutto si fa promotore delle celebri “Marcia dell’Amicizia”, in primavera, e “Pedalando in amicizia”, in autunno. Rimarranno nella memoria locale come le uniche manifestazioni che negli anni della Cortina di ferro permettevano di attraversare il confine con la Jugoslavia esibendo unicamente il tagliando dell’iscrizione alla manifestazione. Questi eventi si concludevano con un piatto caldo di pastasciutta offerto a tutti i partecipanti, italiani e jugoslavi, dalle cucine da campo dell’Esercito, ospitate nei cortili del San Luigi.

Per un altro decennio torna a Pordenone (1986-1996), lavorando sempre nel campo della scuola, fino quando il Signore – attraverso i superiori – gli chiede di andare in Romania per aprire una presenza salesiana. Non è stato facile a 57 anni trasferirsi in un paese sconosciuto, ex-comunista, di maggioranza ortodossa e imparare una lingua che non gli servirà ad altro che comunicare l’amore di Dio ai giovani. Però, grazie alla sua disponibilità (che lo caratterizzò tutta la vita) parte e diventa così fondatore di due case salesiane: prima a Constanța (1996-2001) e poi a Bacău, dove rimarrà fino alla fine del suo pellegrinaggio terreno.

I ricordi di quelli che lo hanno conosciuto lo descrivono come una persona che parlava poco ma faceva tanto, essendo grande e instancabile lavoratore. Sempre in mezzo ai ragazzi, li intratteneva con intelligente fantasia e creatività. Nell’annuncio del messaggio cristiano era entrato con animo giovanile anche nel mondo di Internet animando ben quattro blog, tirando fuori dal suo repertorio per i giovani “cose vecchie e cose nuove”.

Uomo di fedelissima orazione, pregava la Liturgia delle Ore interamente davanti al tabernacolo e amava meditare il rosario con i confratelli disponibili ogni sera, dopo la cena. Era gran devoto non solo della Santissima Eucaristia, ma anche della Madonna. Dava prova della sua fede nelle visite ai vicini santuari mariani e non mancava alle feste della Santissima Vergine. Era fedele nella sua confessione quindicinale e disponibile come confessore, apprezzato dai confratelli, dai religiosi della zona e dai fedeli.
Lascia il ricordo come di un patriarca, come il “don Bosco della Romania”.

La sua salda fede rimane riflessa anche nel suo testamento spirituale, che riportiamo in calce.

Gesù mio, perdonami! Che io ti ami per sempre!
In caso di morte, consento di prelevare dal mio corpo alcuni organi utili per la vita di altra persona, consenziente il mio Superiore diretto della casa salesiana a cui appartengo. Li cedo volentieri come umile segno della Carità di Cristo che si è fatto tutto a tutti per ricondurre tutti al Padre.
Chiedo perdono ai miei cari, ai confratelli e ai giovani del male fatto, dei cattivi esempi dati e del bene non fatto o trascurato. La Chiesa mi accolga nel suo perdono e nella sua preghiera di suffragio. Se qualcuno ritenesse di avermi in qualche modo offeso sappia che lo perdono di cuore e per sempre.
Gesù e Maria siano i miei dolci amici per sempre. Essi mi accompagnino per mano al Padre nello Spirito Santo, ottenendomi misericordia e perdono. Dal Cielo, ove spero di giungere per l’Infinita Misericordia di Dio, vi amerò per sempre, pregherò per voi e chiederò ogni benedizione per voi dal Cielo.
don Sergio Dall’Antonia

L’eterno riposo dona a lui, o Signore, e splenda a lui la luce perpetua. Riposi in pace!

Riportiamo sottostante ultimo suo video pubblicato.






Dio ha dato a don Bosco un cuore grande

…senza confini, come i lidi del mare. Di quel cuore ogni giorno sento il battito

Lui si chiama Alberto. Di lei, una giovane madre, non so il nome.
Lui vive in Perù. Lei vive a Hyderabad (India).
Ciò che unisce queste due storie, due vite, è che le ho incontrate in occasione del mio servizio, Alberto in Perù e la giovane madre in India la settimana successiva.
Ciò che le accomuna è il prezioso filo d’oro della carezza di Dio attraverso l’accoglienza che don Bosco ha riservato loro in una delle sue case. Il cuore dei Salesiani ha cambiato le loro vite, salvandole dalla situazione di povertà e forse di morte a cui erano condannate. E credo di poter dire che il frutto della Pasqua del Signore passa anche attraverso gesti umani che guariscono e salvano.
Queste sono le due storie.

Un giovane riconoscente
Qualche settimana fa mi trovavo a Huancayo (Perù). Stavo per celebrare l’Eucaristia con più di 680 giovani del movimento giovanile salesiano dell’Ispettoria, insieme a diverse centinaia di persone di quella città, a 3200 metri di altitudine sulle alte montagne del Perù, e mi è stato detto che un ex studente voleva salutarmi. Aveva impiegato quasi cinque ore di viaggio per arrivare e ne doveva affrontare altre cinque per tornare.
«Sarò veramente felice di incontrarlo e ringraziarlo per il suo bel gesto» risposi.
Poco prima dell’inizio dell’Eucaristia, quel giovane si avvicinò e mi disse che era molto contento di salutarmi. «Mi chiamo Alberto e ho voluto fare questo viaggio per ringraziare don Bosco di persona perché i Salesiani mi hanno salvato la vita».
Lo ringraziai e gli chiesi perché mi stava dicendo questo. Lui ha continuato con la sua testimonianza, e ogni parola mi toccava sempre di più il cuore. Mi disse che era un ragazzo difficile; che aveva dato molti problemi ai Salesiani che lo avevano accolto in una delle case per ragazzi in difficoltà. Aggiunse che avrebbero avuto decine di motivi per sbarazzarsi di lui perché «ero un povero diavolo, e potevo aspettarmi solo qualcosa di brutto dal mondo e dalla vita, ma loro sono stati molto pazienti con me».
E continuò: «Sono riuscito a farmi strada, ho continuato a studiare e, nonostante la mia ribellione, di volta in volta mi hanno dato nuove opportunità, e oggi sono un padre di famiglia, ho una bellissima bambina e sono un educatore sociale. Se non fosse stato per quello che i Salesiani hanno fatto per me, la mia vita sarebbe molto diversa, forse sarebbe addirittura già finita».
Ero senza parole e molto commosso. Gli dissi che gli ero molto grato per il suo gesto, le sue parole e il suo cammino, e che la sua testimonianza di vita era la più bella soddisfazione per un cuore salesiano.
Fece un gesto discreto e mi indicò un salesiano che era là presente in quel momento, che era stato uno dei suoi educatori e uno di quelli che avevano avuto molta pazienza con lui. Il salesiano si avvicinò sorridendo e, credo con una grande gioia nel cuore, mi confermò che era stato proprio così. Condividemmo il pranzo insieme e poi Alberto tornò dalla sua famiglia.

Una mamma felice
Cinque giorni dopo questo incontro, mi trovavo nel sud dell’India, nello stato di Hyderabad. In mezzo a tanti saluti e attività, un pomeriggio mi annunciarono una visita. Era una giovane madre con la sua bambina di sei mesi che mi aspettava alla reception della casa salesiana. Voleva salutarmi.
La bambina era bellissima e, poiché non era spaventata, non ho resistito a prenderla in braccio e a benedire anche lei. Abbiamo scattato alcune foto ricordo, come desiderava la giovane mamma. Questo è stato tutto in questo incontro.
Non ci sono state altre parole, ma la storia era dolorosa e splendida nello stesso tempo. Quella giovane madre un tempo era una bambina “buttata via”, che viveva per strada e senza nessuno. È facile immaginare il suo destino.
Ma un giorno, nella provvidenza del buon Dio, fu trovata da un salesiano che aveva iniziato ad accogliere i bambini di strada nello stato di Hyderabad. Fu una delle ragazze che riuscì ad avere una casa insieme ad altre ragazze. Insieme agli educatori, i miei fratelli salesiani si assicurarono che tutti i bisogni essenziali fossero soddisfatti e curati.
Così questa bambina, raccattata dalla strada, poté rifiorire, fare un percorso di vita che l’ha portata a essere oggi moglie e madre e, cosa per me incredibilmente inestimabile, insegnante nella grande scuola salesiana dove ci trovavamo in quel momento.
Non potevo fare a meno di pensare a quante altre vite così, salvate dalla disperazione e dall’ angoscia, ci sono nel mondo salesiano, quanti miei buoni fratelli e sorelle salesiani si inginocchiano ogni giorno a “lavare i piedi” dei Gesù piccoli e grandi delle nostre strade.
Questa è la chiave di come molte vite possono essere trasformate in meglio.
Come non vedere in questi due fatti la “mano di Dio” che ci raggiunge attraverso il bene che possiamo fare? E che siamo tutti noi che, in qualsiasi parte del mondo, in qualsiasi situazione di vita e professione, crediamo nell’umanità e crediamo nella dignità di ogni persona, e crediamo che si debba continuare a costruire un mondo migliore.
Scrivo questo perché anche le buone notizie devono essere rese note. Le cattive notizie si diffondono da sole o trovano persone interessate. Queste due storie di vita reale, così vicine nel tempo per me, confermano una volta e mille volte quanto valga il bene che cerchiamo di fare tutti insieme.
E anche quello che un canto salesiano poeticamente esprimeva: «Dico che Giovanni Bosco è vivo, non pensare che un Padre così possa abbandonarci. Non è morto, il Padre vive, c’è sempre stato e rimane, lui che si è preso cura di giovani abbandonati e orfani, di ragazzi di strada, soli, che aiutava a cambiare… Dico che Giovanni Bosco è vivo e ha intrapreso mille iniziative. Non vedi la sua sollecitudine di padre che opera adesso in tutto il mondo? Non lo senti intonare il suo canto a tante figlie, a tanti figli, che portano questi riflessi del Padre che amiamo? Lui vive, quando i suoi salesiani sono così».
Auguro a tutti voi una Buona Pasqua; e a chi si sente lontano da questa certezza di fede, auguro ogni bene, con tanta cordialità.




La Lira italiana dal 1861 al 2001 e al 2022. La moneta nei tempi di don Bosco

La Lira italiana, con le sue suddivisioni in 100 centesimi, è stata la valuta ufficiale dell’Italia dal 1861 al 2002 quando è stata sostituita definitivamente dalla moneta europea, l’Euro. È stata la moneta nei tempi di don Bosco e degli inizi della storia della Congregazione salesiana.

La Lira italiana (abbreviata come £ o Lit.) fu coniata per la prima volta dalla Repubblica di Venezia nel 1472. Nel 1806, fu adottata dal Regno napoleonico d’Italia, noto anche come Regno Italico, fondato nel 1805 da Napoleone Bonaparte, quando si fece incoronare quale sovrano della parte settentrionale e centro-orientale dell’attuale Italia. Dieci anni più tardi, nel 1814, in seguito allo scioglimento dello stato napoleonico, la moneta del Regno venne mantenuta solo nel Ducato di Parma e nel Regno di Sardegna. Dopo altri due anni, nel 1816, il re Vittorio Emanuele I di Savoia introdusse la Lira sabauda, che rimase in circolazione fino alla nascita del Regno d’Italia nel 1861, quando divento la Lira italiana. Questa moneta rimase in circolazione fino al 2002, quando venne sostituita definitivamente dall’Euro.

Quando si segue la storia di don Bosco e della Congregazione salesiana, ci si imbatte sempre nella difficoltà di quantificare correttamente gli sforzi finanziari che vennero affrontati per sostenere ed educare migliaia, anzi decine di migliaia di ragazzi, poiché la moneta italiana ha subito grandi variazioni lungo gli anni. La difficoltà è aumentata ancor più con l’adozione della moneta europea, quando nel 2002 il cambio venne fissato a 1936,27 lire italiane per un Euro. E non sono mancate ulteriori variazioni significative a causa dell’inflazione.
Proponiamo in calce una tabella di calcolo della rivalutazione della Lira dal 1861 al 2002 con la possibilità di un aggiornamento al 2022.


 

Lire –> Euro

=
lire dell’anno euro del 2001

=
lire dell’anno euro del 2022 (+ 38.7%)

Euro –> Lire

=
euro del 2001 lire dell’anno

=
euro del 2022 (+ 38.7%) lire dell’anno



I calcoli sono stati fatti in base ai coefficienti di rivalutazione forniti dall’Istituto centrale di statistica (ISTAT) e sono stati determinati in funzione dell’andamento degli indici del costo della vita, che dal 1968 hanno assunto la denominazione di indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Per il periodo successivo all’anno 2002 si è aggiunto l’indice di inflazione che nel 2022 arriva a 38,70% rispetto al momento di lancio della moneta unica (Euro), in base ai dati forniti dallo stesso ISTAT (1 Euro del 2002 = 1,39 Euro del 2022).




Aggiornamenti sito (1)

Per facilitare ai lettori l’accesso alle novità di questa pubblicazione, in quanto alla parte statica del sito, ogni tanto – quando si accumulano alcune modifiche degne di segnalare – faremo un aggiornamento tramite un articolo.

Per adesso segnaliamo l’apertura dei canali del social media Facebook e Twitter che permettono restare aggiornati sui nuovi articoli tramite questi servizi, oltre al FEED-RSS e Newsletter, già presenti dal lancio. I link gli trovate in basso pagina (nel footer).

L’Archivio Bollettino Salesiano si è arricchito con i numeri del Bollettino Salesiano italiano cartaceo fino all’anno 1901. Si tratta di una nuova scannerizzazione in alta definizione e riconoscimento di caratteri (OCR) che permetta una ricerca più accurata. L’intenzione è quella di offrire la collezione completa di questo Bollettino, inclusi i numeri supplementari, che non sono stati mai presentati.
Gli indici sono disponibili per adesso dall’inizio, dall’agosto 1877, fino al maggio del 1883; ulteriormente saranno anche loro completati.
Abbiamo pensato di offrire un accesso rapido ai numeri di questa pubblicazione, creando una pagina apposta, alla quale si accede tramite il link indicato nel testo inziale della pagina Archivio Bollettino Salesiano, e anche presente QUI.
Ricordiamo che la pagina è disponibile solo in italiano perché il Bollettino è in lingua italiana. Comunque, i PDF essendo ricercabili, i testi si possono selezionare, copiare e far tradurre tramite il servizio Google ® Translate o altri servizi simili.

Ringraziamo dell’attenzione e vi auguriamo una fruttuosa lettura.




Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà

La missione salesiana in Uruguay condivisa da un vietnamita, padre Domenico Tran Duc Thanh: l’amore cristiano attraverso la vita vissuta con la gente del posto.

I Salesiani furono fondati ufficialmente come Congregazione nel 1859, ma il sogno era in cantiere da molto tempo. Già all’inizio del suo lavoro, don Bosco capì che l’opera doveva essere condivisa, come aveva intuito in molti dei suoi sogni. Così coinvolse persone di ogni estrazione sociale a collaborare in vari modi alla missione giovanile che Dio gli aveva affidato. Nel 1875, con l’inizio delle missioni, si apre una tappa importante nella storia della Congregazione. La prima destinazione sarebbe stata l’Argentina.

Il 13 dicembre del 1875, la prima spedizione missionaria salesiana, guidata da don Giovanni Cagliero, diretta a Buenos Aires, passò per Montevideo. Così l’Uruguay è diventato il terzo Paese fuori dall’Italia raggiunto dai Salesiani di Don Bosco. I salesiani si insediarono nel quartiere di Villa Colón, tra enormi difficoltà, iniziando il loro lavoro presso il Colegio Pío, che venne inaugurato il 2 febbraio 1877. Nello stesso anno, le Figlie di Maria Ausiliatrice arrivarono in Uruguay e si stabilirono anche loro in questo quartiere: in questo modo, Villa Colón divenne la culla da cui il carisma si diffuse non solo in Uruguay, ma anche in Brasile, Paraguay e altre terre del continente latino-americano.

Con il tempo, quella presenza salesiana è diventata un’Ispettoria e oggi ha una varietà di opere salesiane in diverse parti del paese: scuole, servizi sociali, parrocchie, basiliche, santuari, cappelle rurali e urbane, centri sanitari, residenze studentesche e universitarie, Movimento Giovanile Salesiano e altro. È una pluralità che mostra la risposta alle necessità del territorio e la flessibilità dei Salesiani di adeguarsi alla situazione locale. Visitando la gente del quartiere, cercando di capire ciò che la gente sta vivendo attraverso il dialogo e il vissuto quotidiano, si porta avanti l’adattamento alle nuove situazioni per poter rispondere meglio alla missione affidata. Questo uscire, andare incontro ai giovani, soprattutto ai più bisognosi, fa felici i Salesiani, permettendo loro giorno per giorno di continuare a scoprire la bellezza della vocazione salesiana.
Il lavoro in queste opere è stato condiviso con i fedeli laici e, avendo curato la loro formazione, oggi troviamo un bel numero di loro che lavorano in queste attività, condividendo la vita con i Salesiani e rafforzando la loro missione. L’apertura verso gli altri ha permesso di accogliere in queste terre anche Salesiani che non sono originari del luogo. È il caso di don Dominic che svolge lì la sua missione salesiana.

La risposta alla vocazione missionaria è quella che ha lasciato un forte segno nella sua vita. Ci racconta che si è trovato quasi all’improvviso in un paese sconosciuto, con una lingua e cultura diverse, avendo dovuto separarsi da tutte le persone conosciute, rimaste lontane. Bisognava ricominciare da zero, con una apertura diversa, con una nuova sensibilità. Se prima pensava che essere missionario significasse portare Gesù in un altro luogo, una volta giunto in Uruguay ha scoperto che Gesù era già lì, ad aspettarlo in altre persone. “Qui in Uruguay, attraverso gli altri, ho potuto incontrare un Gesù totalmente diverso: più vicino, più umano, più semplice”.
Quello che non si è perso, è stata la presenza materna di Maria che lo accompagna nella quotidianità della vita missionaria e che gli dà una forza profonda, che spinge ad amare Cristo negli altri. “Quando ero bambino, mia nonna mi portava ogni giorno in una chiesa a recitare il rosario. Da quei giorni ai suoi piedi fino ad oggi, mi sento ancora protetto sotto il manto di Maria”. Il culto mariano dà i suoi frutti; l’amore si paga con amore.

Ci confessa che: “In Uruguay sono un giovane che non ha nulla; ho solo la fede, la fede di sapere che Cristo e Maria sono sempre presenti nella mia vita; la speranza di una Chiesa sempre più vicina, piena di santità e di gioia”. Ma è forse questa povertà che lo aiuta a preparare il cuore a seguire Cristo, educare il cuore a stare con i fratelli e le sorelle che si incontrano lungo la strada. Questo lo porta a vedere la Chiesa come un luogo d’incontro gioioso, una festa che manifesta la fede dell’altro, un incontro che implica unità e santità.
E questo lo porta anche ad accorgersi che il suo posto è proprio lì dov’è, nella sua comunità con i suoi fratelli, con la gente del quartiere, con gli animatori, con i bambini, con i laici, con gli educatori.
Si manifesta così la bellezza della vocazione missionaria: lasciando agire la Provvidenza, tramite l’umiltà e la docilità verso lo Spirito Santo, si trasforma l’ordinario in straordinario.

Marco Fulgaro

Galeria foto Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà

1 / 18

2 / 18

3 / 18

4 / 18

5 / 18

6 / 18

7 / 18

8 / 18

9 / 18

10 / 18

11 / 18

12 / 18

13 / 18

14 / 18

15 / 18

16 / 18

17 / 18

18 / 18


Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà
Don Bosco in Uruguay. Il sogno missionario è diventato una realtà





San Francesco di Sales. La volontà di Dio cercata e seguita (5/8)

(continuazione dall’articolo precedente)

LA VOLONTÀ DI DIO CERCATA E SEGUITA, IN SAN FRANCESCO DI SALES (5/8)

È questo il tema più gettonato negli scritti di San Francesco di Sales, il tema su cui torna più spesso.

La scoperta di Dio come Padre Provvidente e l’amore alla sua volontà va di pari passo nella vita di Francesco: egli ci ricorda che:
“tutti i giorni gli chiediamo: Sia fatta la tua volontà, ma, quando dobbiamo farla realmente, come riesce difficile! Ci offriamo a Dio così spesso e gli diciamo ogni volta: ‘Io sono vostro; eccovi il mio cuore!’ Ma, quando Egli vuole servirsi di noi, siamo così neghittosi! Come possiamo dire di essere suoi, se non vogliamo uniformarci alla sua santa volontà?”

“La volontà di Dio deve diventare l’unica cosa da cercare e volere, senza mai allontanarsene per nessun motivo! Camminate sotto la guida della Provvidenza di Dio, non pensando che al giorno presente e lasciando a Nostro Signore il cuore che gli avete dato, senza mai volerlo riprendere per nessuna cosa”.

Francesco di Sales insegna che seguire la volontà di Dio è la via migliore per arrivare a farsi santi e questa via è aperta a tutti. Scrive:
“Io intendo offrire i miei insegnamenti a quelli che vivono nelle città, in famiglia, a corte, e che, in forza del loro stato, sono costretti, dalle convenienze sociali, a vivere in mezzo agli altri. La devozione deve essere vissuta in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla nubile, dalla sposa; ma non basta, l’esercizio della devozione deve essere proporzionato alle forze, alle occupazioni e ai doveri dei singoli”.

Quella che Francesco di Sales chiama devozione, Papa Francesco la chiama santità e scrive parole che sembrano uscire direttamente dalla penna di Francesco di Sales:
“Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova”.

In una lettera Francesco scrive:
“Per l’amore di Dio, abbandonatevi interamente alla sua volontà e non crediate di poterlo servire in altro modo, perché non lo serviamo mai bene se non quando lo serviamo come vuole Lui”.

Questo richiede
“di non dover seminare nel campo del vicino, per quanto esso sia bello, finché il nostro non è ancora stato seminato del tutto. È sempre molto dannosa quella distrazione del cuore che porta ad avere il cuore in un posto e il dovere in un altro”.

Di tanto in tanto mi sento rivolgere questa domanda:
“Come faccio a capire qual è la volontà di Dio nei miei confronti?”.

Ho trovato una risposta nella vita del santo.

Per più di sei anni è durata l’attesa di Giovanna di Chantal prima di poter consacrare tutta sé stessa al Signore e fondare con Francesco quello che diventerà l’Ordine della Visitazione. Durante tutto questo periodo il Santo cerca di comprendere qual è la volontà di Dio al riguardo. Ce ne parla lui stesso in una lettera a Giovanna:
“Quel grande movimento di spirito che vi ha condotta come per forza e con grande consolazione; la lunga riflessione che mi sono imposto prima di darvi il mio assenso; il fatto che né voi né io ci siamo fidati solo di noi stessi; il fatto che abbiamo dato alle prime agitazioni della vostra coscienza tutto il tempo per calmarsi; le preghiere, non di un giorno o due, ma di parecchi mesi, che hanno preceduto la vostra scelta, sono segni infallibili che ci permettono di affermare senza ombra di dubbio che tale era la volontà di Dio”.

Preziosa questa testimonianza che mette in luce la prudenza di Francesco, che sa attendere con calma, senza rinunciare a tutti i mezzi a disposizione per decifrare la volontà di Dio a riguardo suo e della baronessa. Sono mezzi che valgono anche per te oggi: riflettere a lungo davanti al Signore, chiedere consiglio a persone sagge, non prendere decisioni affrettate, pregare tanto.
Ne dà la motivazione a Giovanna:
“Finché Dio vorrà che restiate nel mondo per amore di Lui, restateci volentieri e con gioia. Molti escono dal mondo senza però uscire da sé stessi e cercano in questo modo i loro gusti, la loro tranquillità e le loro soddisfazioni. Usciamo dal mondo per servire Dio, per seguire Dio e per amare Dio. Dato che non aspiriamo ad altro che al suo santo servizio, dovunque lo serviamo, ci troveremo sempre contenti”

Una volta compresa con sufficiente chiarezza quella che è la volontà di Dio, si richiede l’obbedienza, cioè metterla in pratica, viverla!
Alla baronessa di Chantal scrive queste righe a lettere maiuscole: saranno il programma di tutta la sua vita e direi il concentrato della spiritualità di Francesco:

OCCORRE FARE TUTTO PER AMORE E NULLA PER TIMORE; OCCORRE AMARE L’OBBEDIENZA PIU’ DI QUANTO SI TEME LA DISOBBEDIENZA

Obbedire è dire l’amore a Dio che mi chiama a vivere la sua volontà in concrete circostanze di vita.

L’obbedienza è la forma dell’amore
Ecco le conseguenze di questa consegna alla volontà di Dio che Francesco ricorda a tante persone con immagini splendide. Alla signora Brûlart, madre di famiglia, scrive:
“Tutto quello che noi facciamo riceve il suo valore dalla nostra conformità alla volontà di Dio. Bisogna amare quello che ama Dio. Ora egli ama la nostra vocazione. Dunque amiamola anche noi e non perdiamo il tempo pensando a quella degli altri”.

I progressi vanno sottolineati e incoraggiati.
“Mi avete detto una parola meravigliosa: che Dio mi metta nella salsa che vuole; non me ne importa, purché lo possa servire. Bisogna amare questa volontà di Dio e l’obbligo che essa suppone in noi, fosse anche quello di custodire i porci o di compiere gli atti più umili per tutta la vita, perché, in qualunque salsa ci metta il buon Dio, non deve importarci un bel nulla. Questo è il traguardo della perfezione”.

E ora alcune immagini: quella del giardino.
“Non seminate i vostri desideri nel giardino d’un altro, ma badate solo a coltivar bene il vostro. Non desiderate di non essere quello che siete, ma desiderate di essere nel migliore dei modi quello che siete. Questo è il grande segreto e il segreto meno compreso della vita spirituale. A che giova costruire castelli in Spagna, se dobbiamo vivere in Francia? Questa è una mia vecchia lezione, e voi la comprendete bene”.

L’immagine della barca.
“A noi pare che, cambiando barca, staremo meglio. Sì, staremo meglio se cambieremo noi stessi! Io sono nemico giurato di tutti quei desideri inutili, pericolosi e cattivi. Infatti, sebbene quello che desideriamo sia buono, il nostro desiderio è cattivo, poiché Dio non ci chiede quel bene, ma un altro al quale vuole che ci applichiamo.”

L’immagine del bambino.
Occorre affidare “il nostro proposito generale alla Provvidenza divina, abbandonandoci tra le sue braccia, come il bambinello, che per crescere mangia ogni giorno quello che gli dà suo padre, sicuro che lo fornirà sempre di cibo, in proporzione del suo appetito e delle sue necessità”.

Francesco insiste su questo punto che è fondamentale:
“Che importa a un’anima, veramente innamorata, che lo Sposo celeste sia servito in un modo o in un altro? Chi cerca unicamente la soddisfazione del suo Diletto è contento di tutto quello che lo rende contento!”.

Commuove leggere questo passo, scritto a seguito di una brutta malattia di Giovanna di Chantal:
“Voi, per me, siete più preziosa che me stesso; ma questo non mi impedisce d’uniformarmi pienamente alla volontà divina. Noi intendiamo servire Dio in questo mondo con tutto il nostro essere: se egli stima meglio che siamo uno in questo mondo e uno nell’altro o tutti e due nell’altro, sia fatta la sua santissima volontà”.

Per concludere ancora qualche altro flash dalle lettere:
“Noi vogliamo servire Dio, ma seguendo la nostra volontà e non la sua. Dio dichiarò di non gradire nessun sacrificio contrario all’ubbidienza. Dio mi comanda di servire le anime e io voglio restare in contemplazione: la vita contemplativa è buona, ma non quando è in opposizione all’ubbidienza. Non possiamo scegliere noi stessi i nostri doveri: dobbiamo vedere quello che vuole Dio; e, se Dio vuole che lo serva facendo una cosa, non devo volerlo servire facendone un’altra”
“Se siamo santi secondo la nostra volontà, non saremo mai santi come si deve: dobbiamo esserlo secondo la volontà di Dio!”

(continua)







Vera Grita, mistica dell’Eucarestia

            Nel centenario della nascita della Serva di Dio Vera Grita, Laica, Salesiana cooperatrice (Roma 28 gennaio 1923 – Pietra Ligure 22 dicembre 1969) viene presentato un profilo biografico e spirituale della sua testimonianza.

Roma, Modica, Savona
            Vera Grita nasce a Roma il 28 gennaio 1923, secondogenita di Amleto, fotografo di professione da generazioni, e di Maria Anna Zacco della Pirrera, di nobili origini. La famiglia, molto unita e affiatata, era composta anche dalla sorella maggiore Giuseppa (detta Pina) e dalle minori Liliana e Santa Rosa (detta Rosa). Il 14 dicembre dello stesso anno Vera ricevette il Battesimo nella parrocchia di San Gioacchino in Prati, sempre a Roma.

            Vera manifesta fin da bambina un carattere buono e mite che non verrà scalfito dagli eventi negativi che si abbattono su di lei: undicenne deve lasciare la famiglia e distaccarsi dagli affetti più cari insieme alla sorella minore Liliana, per raggiungere a Modica, in Sicilia, le zie paterne che si sono rese disponibili ad aiutare i genitori di Vera colpiti da dissesto finanziario per la crisi economica del 1929-1930. In questo periodo Vera manifesta la sua tenerezza verso la sorella più piccola standole vicino quando la sera quest’ultima piange per la nostalgia della mamma. Vera è attratta da un grande quadro del Sacro Cuore di Gesù, appeso nella sala dove con le zie ogni giorno recita le preghiere del mattino e il Rosario. Rimane spesso in silenzio davanti a quel dipinto e ripete di frequente che da grande vuole diventare suora. Il giorno della sua Prima Comunione (24 maggio 1934) non vuole togliersi l’abito bianco perché teme di non dimostrare abbastanza a Gesù la gioia di averlo nel cuore. A scuola ottiene buoni risultati ed è socievole con le compagne di classe.
            A diciassette anni, nel 1940, rientra in famiglia. La famiglia si è trasferita a Savona e Vera, l’anno successivo, ottiene il diploma presso l’Istituto Magistrale. Vera ha vent’anni quando deve affrontare un nuovo e doloroso distacco per la morte prematura del padre Amleto (1943) e rinuncia a proseguire gli studi universitari cui aspirava, per aiutare economicamente la famiglia.

Nel giorno della Prima Comunione

Il dramma della guerra
            Ma è la Seconda guerra mondiale con il bombardamento su Savona del 1944 che arrecherà a Vera un danno irreparabile: esso determinerà il corso successivo della sua vita. Vera viene travolta e calpestata dalla folla che, in fuga, cerca riparo in una galleria-rifugio.

Vera intorno ai 14-15 anni

La medicina chiama sindrome da schiacciamento le conseguenze fisiche che si verificano in seguito a bombardamenti, terremoti, crolli strutturali, a causa dei quali un arto o tutto il corpo sono schiacciati. Quello cui si assiste poi è un danno a livello muscolare che si ripercuote su tutto l’organismo, compromettendo soprattutto i reni. Per lo schiacciamento, Vera riporterà lesioni lombari e dorsali che creeranno danni irreparabili alla sua salute con febbri, mal di testa, pleuriti. Inizia con questo avvenimento drammatico la “Via Crucis” di Vera che durerà 25 anni, durante i quali alternerà al lavoro lunghi ricoveri ospedalieri. A 32 anni le viene diagnosticato il morbo di Addison che la consumerà debilitando il suo organismo: Vera arriverà a pesare soli 40 chili. A 36 anni Vera subisce un intervento di isterectomia totale (1959) che le causerà una menopausa precoce con conseguente acuirsi della astenia di cui già soffriva a causa del morbo di Addison.
            Nonostante le sue precarie condizioni fisiche, Vera sostiene e vince un concorso come insegnante nelle scuole elementari. Si dedicherà all’insegnamento durante gli ultimi dieci anni della sua vita terrena prestando servizio in sedi scolastiche dell’entroterra ligure difficili da raggiungere (Rialto, Erli, Alpicella, Deserto di Varazze), destando stima e affetto tra le colleghe, nei genitori e negli scolari.

Salesiana cooperatrice
            A Savona, nella parrocchia salesiana di Maria Ausiliatrice, partecipa alla Messa ed è assidua al sacramento della Penitenza. Dal 1963 è suo confessore il salesiano don Giovanni Bocchi. Salesiana Cooperatrice dal 1967, realizza la sua chiamata nel dono totale di sé al Signore, che in modo straordinario si dona a lei, nell’intimo del suo cuore, con la “Voce”, con la “Parola”, per comunicarle l’Opera dei Tabernacoli Viventi. Sottopone tutti gli scritti al direttore spirituale, il salesiano don Gabriello Zucconi, e custodisce nel silenzio del proprio cuore il segreto di quella chiamata, guidata dal divino Maestro e dalla Vergine Maria che l’accompagneranno lungo la via della vita nascosta, della spoliazione e dell’annientamento di sé.

            Sotto l’impulso della grazia divina e accogliendo la mediazione delle guide spirituali, Vera Grita risponde al dono di Dio testimoniando nella sua vita, segnata dalla fatica della malattia, l’incontro con il Risorto e dedicandosi con eroica generosità all’insegnamento e all’educazione degli allievi, sovvenendo alle necessità della famiglia e testimoniando una vita di evangelica povertà. Centrata e salda nel Dio che ama e sostiene, con grande fermezza interiore è resa capace di sopportare le prove e le sofferenze della vita. Sulla base di tale solidità interiore da testimonianza di un’esistenza cristiana fatta di pazienza e costanza nel bene.
            Muore il 22 dicembre 1969 a Pietra Ligure all’ospedale di Santa Corona in una cameretta dove aveva trascorso gli ultimi sei mesi di vita in un crescendo di sofferenze accettate e vissute in unione a Gesù Crocifisso. “L’anima di Vera – scriverà don Giuseppe Borra, Salesiano, suo primo biografo – con i messaggi e le lettere entra nella schiera di quelle anime carismatiche chiamate ad arricchire la Chiesa con fiamme di amore a Dio e a Gesù Eucaristico per la dilatazione del Regno”. È uno di quei chicchi di grano che il Cielo ha lasciato cadere sulla Terra per portare frutto, a suo tempo, nel silenzio e nel nascondimento.

In pellegrinaggio a Lourdes

Vera di Gesù
            La vita di Vera Grita si è svolta nel breve arco di tempo di 46 anni segnati da eventi storici drammatici quali la grande crisi economica del 1929-1930 e la Seconda guerra mondiale e si conclude poi alle soglie di un altro evento storico significativo: la contestazione del 1968, che avrà ripercussioni profonde a livello culturale, sociale, politico, religioso ed ecclesiale.

Con alcuni famigliari

La vita di Vera inizia, si sviluppa e si conclude in mezzo a questi eventi storici dei quali ella subisce le conseguenze drammatiche sul piano familiare, affettivo e fisico. Al tempo stesso, la sua storia evidenzia come ella abbia attraversato questi eventi affrontandoli con la forza della fede in Gesù Cristo, testimoniando così una fedeltà eroica all’Amore crocifisso e risorto. Fedeltà che, al termine della sua vita terrena, il Signore ripagherà donandole il nome nuovo: Vera di Gesù. “Ti ho donato il mio Nome santo, e d’ora in poi ti chiamerai e sarai ‘Vera di Gesù’” (Messaggio del 3 dicembre 1968).
            Provata dalle diverse malattie che, nel tempo, delineano una situazione di generalizzata e irrecuperabile usura fisica, Vera vive nel mondo senza essere del mondo, mantenendo stabilità ed equilibrio interiori dovuti alla sua unione con Gesù Eucaristia ricevuto quotidianamente, e alla consapevolezza della sua Permanenza eucaristica nella sua anima. È pertanto la Santa Messa il centro della vita quotidiana e spirituale di Vera, dove, come piccola “goccia d’acqua”, ella si unisce al vino per essere inseparabilmente unita all’Amore infinito che continuamente si dona, salva e sostiene il mondo.
            Pochi mesi prima di morire Vera scrive al padre spirituale, don Gabriello Zucconi: “Le malattie che mi porto dentro da più di venti anni sono degenerate, divorata dalla febbre e dai dolori in tutte le ossa, io sono viva nella Santa Messa”. Ancora: “Rimane la fiamma della Santa Messa, la scintilla divina che mi anima, mi dà vita, poi il lavoro, i ragazzi, la famiglia, l’impossibilità di trovare in essa un posticino tranquillo ove isolarmi per pregare, ovvero la stanchezza fisica dopo la scuola”.

L’Opera dei Tabernacoli Viventi
            Nei lungi anni di sofferenza, consapevole della sua fragilità e limitatezza umana, Vera impara ad affidarsi a Dio e ad abbandonarsi totalmente alla sua volontà. Mantiene tale docilità anche quando il Signore le comunica l’Opera dei Tabernacoli Viventi, negli ultimi 2 anni e 4 mesi di vita terrena. L’amore per la volontà di Dio conduce Vera al dono totale di sé stessa: dapprima con i voti privati e il voto di “piccola vittima” per i sacerdoti (2 febbraio 1965); successivamente con l’offerta della vita (5 novembre 1968) per la nascita e lo sviluppo dell’Opera dei Tabernacoli Viventi, sempre in piena obbedienza a chi la dirige spiritualmente.
            Il 19 settembre 1967 iniziò l’esperienza mistica che la invitava a vivere a fondo la gioia e la dignità di figlia di Dio, nella comunione con la Trinità e nell’intimità eucaristica con Gesù ricevuto nella S. Comunione e presente nel Tabernacolo. “Il vino e l’acqua siamo noi: Io e te, tu e Io. Siamo una cosa sola: Io scavo in te, scavo, scavo per costruirmi un tempio: lasciami lavorare, non pormi ostacoli […] la volontà del Padre mio è questa: che Io rimanga in te, e tu in Me. Insieme porteremo gran frutto”. Sono 186 i messaggi che costituiscono l’Opera dei Tabernacoli Viventi che Vera, lottando con il timore di essere vittima di un inganno, scrisse in obbedienza a don Zucconi.
            Il “Portami con te” esprime in modo semplice l’invito di Gesù fatto a Vera. Dove, portami con te? Dove vivi: Vera viene educata e preparata da Gesù a vivere in unione con Lui. Gesù vuole entrare nella vita di Vera, nella sua famiglia, nella scuola dove insegna. Un invito rivolto a tutti i cristiani. Gesù vuole uscire dalla Chiesa di pietra e vuole vivere nel nostro cuore con l’Eucaristia, con la grazia della permanenza eucaristica nell’anima. Vuole venire con noi dove andiamo, per vivere la nostra vita familiare, e vuole raggiungere vivendo in noi le persone che vivono lontane da lui.

Nella scia del carisma salesiano
            Nell’Opera dei Tabernacoli Viventi sono espliciti i riferimenti a Don Bosco e al suo “da mihi animas cetera tolle”, a vivere l’unione con Dio e la fiducia in Maria Ausiliatrice, per donare Dio attraverso un apostolato instancabile che cooperi alla salvezza dell’umanità. L’Opera, per volontà del Signore, viene affidata in prima istanza ai figli di Don Bosco per la sua realizzazione e diffusione nelle parrocchie, negli istituti religiosi e nella Chiesa: “Ho scelto i Salesiani poiché essi vivono con i giovani, ma la loro vita di apostolato dovrà essere più intensa, più attiva, più sentita”.

            La causa di Beatificazione della Serva di Dio Vera Grita è stata avviata il 22 dicembre 2019, 50° anniversario della sua morte, a Savona con la presentazione del Supplice libello al vescovo diocesano mons. Calogero Marino da parte del Postulatore don Pierluigi Cameroni. Attore della Causa è la Congregazione salesiana. L’Inchiesta diocesana è stata celebrata dal 10 aprile al 15 maggio 2022 presso la Curia di Savona. Il Dicastero delle Cause dei Santi ha dato la validità giuridica a tale Inchiesta il 16 dicembre 2022.
            Come ha scritto il Rettor Maggiore nella Strenna di quest’anno: “Vera Grita attesta anzitutto un orientamento eucaristico totalizzante, che si fa esplicito soprattutto negli ultimi anni della sua esistenza. Non ha pensato in termini di programmi, di iniziative apostoliche, di progetti: ha accolto il “progetto” fondamentale che è Gesù stesso, fino a farne vita della propria vita. Il mondo odierno attesta un grande bisogno di Eucaristia. Il suo cammino nella faticosa operosità dei giorni offre anche una nuova prospettiva laica alla santità, divenendo esempio di conversione, accettazione e santificazione per i “poveri”, i “fragili”, i “malati” che in lei possono riconoscersi e ritrovare speranza. Come Salesiana Cooperatrice, Vera Grita vive e lavora, insegna e incontra la gente con una spiccata sensibilità salesiana: dall’amorevolezza della sua presenza discreta ma efficace alla sua capacità di farsi amare da bambini e famiglie; dalla pedagogia della bontà che attua con il suo costante sorriso alla generosa prontezza con cui, incurante dei disagi, si volge di preferenza agli ultimi, ai piccoli, ai lontani, ai dimenticati; dalla generosa passione per Dio e la Sua Gloria alla via della croce, lasciandosi togliere tutto nella sua condizione di malata”.

Nel giardino di Santa Corona nel 1966

Per conoscere di più:
Vera Grita, una mistica dell’Eucaristia.
Epistolario di Vera Grita e dei sacerdoti salesiani don Bocchi, don Borra e don Zucconi.
Autore: Centro studi Opera Tabernacoli Viventi. A cura di: Scrimieri Pedriali Maria Rita.
Vedi QUI.

Portami con te!
L’Opera dei Tabernacoli Viventi nei manoscritti originali di Vera Grita.
Autore: Centro studi Opera Tabernacoli Viventi.
Vedi QUI.




Pasqua 2023

Cristo è RISORTO!

“Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce.” (1Pt. 1,3-4)

Santa Pasqua a tutti i nostri lettori!